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Autore: Anya_tara    16/09/2018    1 recensioni
" ... Lo guardo allontanarsi, con quel suo passo fluido ingannevolmente tranquillo, e invece rapido e spedito. La strana sensazione che mi ha preso prima torna, mi prende nel petto, al cuore, facendomi provare un improvviso, intenso calore.
Chi sei davvero, Alejandro? Mi sembra di conoscerti da sempre, eppure di te non so niente ".
La strana coppia in una versione ancora più strana. Almeno secondo la sottoscritta.
Genere: Commedia, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Capricorn Shura, Leo Aiolia, Scorpion Milo, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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La convalescenza non è poi così male.
Ma chi voglio prendere in giro. Sono solo al terzo giorno, e già mi pare di essere sul punto di dare i numeri.
Vedere Ale occuparsi di tutto, e io zoppicare pietosamente da una camera all’altra come un cavolo di zombie mi fa sentire peggio che infortunato, un essere inutile.
E pensare che al liceo avrei pagato, per trovarmi in una situazione del genere. C’è solo da immaginare la fila che avrei avuto fuori da casa, le ragazze intente a confortarmi e tenermi compagnia finché non sarei sanato dalle mie ferite, neanche fossi un eroe di guerra.
Adesso invece sono così frustrato che vorrei prendere a calci qualcosa. Ed evito solo perché ho il terrore di invalidarmi anche l’altra gamba.
La suoneria del mio cellulare.
Milo.
Il vago senso di colpa nei suoi confronti mi spinge a rispondere. << Sì, Mi? >>.
<< Oh, sei morto? Ma che fine hai fatto? >>.
<< Scusa, sono sotto con lo studio >>.
<< Va bene, ma non è una scusa per dimenticarti gli amici >>, mi rimbrotta. Poi prende un tono cospiratore. << Sai, pare che Marit stia riallacciando i rapporti col suo ex >>, dice.
Non riesco a trattenere una smorfia disgustata. Non per la ragazza, che anzi un tempo lontano non mi sarei fatto scrupolo di appoggiare, tanto più dopo un bidone simile; eppure adesso mi urta il pensiero che stia tornando al suo ragazzo dopo avergli messo le corna con Milo. << E certo, ora che si è vendicata … bella roba >>.
<< Da quando sei diventato tanto bacchettone? >>.
<< Macché bacchettone … dico solo che io al suo posto non vorrei vederlo nemmeno dipinto, dopo il bidone che le ha tirato. Vendetta o non vendetta >>.
<< L’amore sa perdonare >>.
<< Milo, non farmi essere sgradevole. Comunque no, non mi sono dimenticato di te, ma ho avuto … un piccolo contrattempo >>.
<< Fammi indovinare. Alta, mora e con due gambe da gazzella? >>.
Sbuffo, irritato. Senza far caso alla descrizione del mio amico, e che guarda caso, corrisponde pari pari al mio tipo di ragazza ideale.
Non per niente, Shaina è così. << E ma che palle! Possibile che pensi sempre e solo ad una cosa? >>.
<< Non è solo una, sono almeno tre o quattro, eh! >>.
<< Ma quando ti decidi a piantarla, una buona volta? >>.
<< Quando tu ti deciderai a rinsavire. Non riesco a credere che ti sia messo la catena al collo alla tua età. Ma il peggio è abbia deciso di tenertela anche ora!  >>.
<< Senti, Milo, credo di aver capito com’è che non ti chiamo poi così spesso. Hai il magico potere di farmi venire il mal di testa ogni volta che parlo con te >>.
<< Potere che sembra abbia effetto solo da quando stai con … lei >>.
<< Si chiama Shaina, te l’ho già detto. E non ti rispondo male solo perché ti conosco, e so che quel “lei” non implica nulla di disdiscevole, a parte il fatto che non collaboro più ai tuoi loschi piani >>.
<< I miei. Strano caso, ricordavo fossi tu quello che li orchestrava … e io il tuo fidato complice. Ma niente, è colpa mia, non dovevo lasciarti da solo così a lungo … comunque, che ti è capitato? >>.
<< Mi sono tirato addosso un bollitore. Ho una gamba che sembra un agnello allo spiedo >>.
<< Davvero? >>.
<< No, non è così grave. Ma è meglio se evito di uscire, per qualche giorno, anche perché ho un casino da studiare >>.
<< E ho capito, ma un whatsapp puoi mandarlo, mica ti cascano le mani. Almeno con la sinistra, se la destra è occupata >>.
<< Milo, Santo Dio, fammi chiudere >>.
Niente da fare. Ogni volta che parlo con lui finisco ad un passo dal litigarci.
Ma come mai non mi sono mai accorto di che razza di sessuomane esaltato sia? Mah. Mistero.
Il cellulare trilla di nuovo. Sbuffo, e apro senza guardare il numero. So già ch’è di nuovo lui, la prende male quando gli sbatto il telefono in faccia. << Sì, che c’è? >>, sbotto.  
<< Ciao. Bel modo d’intavolare una conversazione, eh! E’ una moda inglese? >>.
La voce morbida, sensuale. Inconfondibile.
Shaina.
A momenti mi prende un colpo. Se non sapessi che è solo un’assurda coincidenza, penserei che ho qualche cimice nel cellulare, e mi abbia telefonato perché si è sentita tirata in ballo. << Ehi, che bella sorpresa! >>, esclamo, più scioccato che contento, in realtà.
Non me l’aspettavo. Posso dire quel che mi pare, ma ormai avevo perso le speranze di sentirla.
E si vede, anzi si sente, come nella migliore tradizione di Leo Diamantis. << Ma come mai mi chiami … a quest’ora? >>.
Accidenti. Salvato in calcio d’angolo.
Stavo giusto per domandarglielo. E fare l’ennesima inevitabile figura del cavolo.
Lei tuttavia non sembra farci caso. << Mah, ero un attimo … in pausa e siccome mi mancavi … ho pensato che potevo provare a chiamarti. Come stai? >>, domanda, e il suo tono si fa quasi accorato.
<< Sto bene. Cioè, insomma, è tutto okay. Per il momento >>. A nessun costo le rivelerò del mio piccolo incidente. Perché delle due l’una: o penserà che lo dico per impietosirla, o mi darà del solito bamboccio che si lamenta per niente.
Anzi, possono anche verificarsi tranquillamente tutt’e due.
Per la prima volta in tutta la nostra relazione mi rendo effettivamente conto che forse non sono io quello che ha tutto sbagliato.
Ma è un istante. Che subito va via, << Ma, Alex, va tutto bene? Mi sembri un po’ strano >>.
<< Ah ah. Sì, certo. A parte il fatto … che mi manchi davvero tanto >>.
<< Tesoro … anche tu mi manchi, sai? E’ solo un mese, ma sembra sia passato un anno >>.
<< Già >>. A questo punto, non so più cosa dire. Mi vengono in mente gli ultimi due mesi della nostra relazione. I messaggi sempre più rari, le chiamate sempre più brevi, i silenzi sempre più lunghi, lei sempre più distratta, lontana, anche mentre facevamo l’amore, ancora più di rado del solito. E quel “ dovremo prenderci una pausa”, che ancora mi brucia, più della scottatura.
<< Quando torni? >>.
<< Non lo so. Appena finisco. Forse tra un paio di mesi >>.
Lei tace, all’altro lato del segnale elettromagnetico. << Mi dispiace. Mi … dispiace di … averti spinto a questo >>.
<< Non devi sentirti in colpa. In fondo era mia intenzione farlo comunque, lo sai, no? >>, dico, sistemandomi meglio sul divano.
<< E certo. Come se a tuo padre fregasse qualcosa, di quel che fai o no >>.
Di colpo torna quella sensazione di sbagliato. Non di me, di lei.
Eppure non ha torto. Anzi.
Però per una volta, vorrei che la vedesse da un altro punto di vista. Almeno una, una sola, maledetta volta. << Dai, Sha. Non … ricominciamo, va bene? >>.
<< Hai ragione. Sono sempre la solita stupida egoista >>, fa lei in  tono piatto. Come per farmi notare meglio che l’errore è sempre e soltanto mio.
E non riesco a non cederle anche stavolta. << Non è vero >>.
Restiamo in silenzio per qualche secondo. Poi riprende a parlare, il tono fattosi di nuovo caldo. << Non è che … no? >>.
<< Cosa? >>.
<< Ti va di … giocare un po’? >>.
<< Giocare? >>.
<< Alex, non ti sarai rimbambito, vero? Dicevo … sesso telefonico >>.
Al solo sentirle pronunciare la parola “sesso” mi viene duro come un blocco di marmo. Niente male, considerato che sono mezzo bendato come una mummia egizia, e intontito dalle medicine.
<< Ma … puoi? >>.
<< Certo che sì >>. Un leggero sospiro. << Non sai quanto mi manca, averti dentro di me, Alex >>.
A momenti mi strozzo con l’aria.
Se fossi un altro le farei bellamente notare quante volte ha rifiutato di stare con me, e il gelo che ci piombava addosso come una cappa dopo aver consumato in fretta e furia, senza quasi darci il tempo di spogliarci.
Ma ora come ora, fanculo. Non riesco a concentrarmi su nulla oltre il suo tono, vaporoso e … bagnato. << Anche le tue dita. Mi piaceva un sacco, sentirle sondarmi a fondo, prima di … >>.
Okay, altra mezza parola e mi ritroverò in guai seri. Serissimi.
Ma non fa in tempo a proferire un’altra virgola, che ci sono comunque.
Il tintinnio della serratura. La chiave che fa scattare la molla.
Oh. Merda. Merda, merda, merda. << Scusa, devo scappare … ti amo, ciao Sha >>, mormoro in un filo di voce, senza attendere risposta.
E chiudo. Col fiatone e un’erezione che farebbe sfigurare tutte le colonne doriche da un capo all’altro della Grecia.
Ci metto su il plaid, e anche il tomo, giusto per stare più tranquillo, che non si sa mai. << Ehi, buongiorno, Darkman >>.
<< Ah ah. Divertente >>.
<< Come va? >>.
<< Be … bene >>. Ho una cosetta tra le gambe che sarebbe pronto a testimoniare sotto giuramento che no, non va bene … un cazzo, è il caso di dire.
Ma non posso certo spiegarlo a lui. << Che dici, lo sbrighiamo adesso, l’affare? >>.
<< N…No! >>.
<< O… okay >>, fa Ale, alzando le mani. << Possiamo farlo dopo, prima che vada a lavoro >>. Imperturbabile, sfila la spesa dai sacchetti e inizia a mettere a posto. E mi sento in colpa.
Se potessi, mi defilerei elegantemente sotto la doccia e rinverdirei i vecchi tempi. Ma non posso bagnarmi e non posso muovermi, anche perché ho il libro in equilibrio come un funambolo sul sesso fremente … e dolente.
<< Ahi >>.
<< Che, fa male? >>.
<< Eh … un po’, sì >>.
<< Forse sarebbe il caso di tornare in pronto soccorso >>.
<< No, non è niente >>.
<< Vuoi che ti aiuti ad alzarti? >>.
<< No, sto bene così, grazie >>.
Lui sbuffa, levando gli occhi al soffitto. << Ti offendi se ti dico che sei un pessimo paziente? >>.
<< No, è solo che non sono abituato a star fermo >>.
<< Ti capisco. Quando avevo dodici anni mi ruppi le ossa della mano. Indice, mignolo e metatarso. Quaranta giorni di gesso >>.
<< Immagino >>.
<< Dopo venti l’ho levato da solo >>.
<< Io ne ho messi sei. Ma raramente sono riusciti a levarmeli … quasi sempre li mandavo in pezzi prima. Li consumavo da sotto >>. Mi sfugge un lieve sorriso, nel rammentare quei tempi. << Mio fratello diceva che distruggo tutto quello che tocco >>.
<< Eh, ha ragione. Ma … dov’è che sta adesso, tuo fratello? >>.
<< A Melbourne. Fa l’avvocato … delle cause perse. No, davvero. Segue pro-bono i casi di quelli che non possono permettersi di pagare >>.
<< Tu lo ammiri molto, vero? >>.
<< E’ il mio eroe. Lui … non ha mai sbagliato niente, nella vita. Mai un ripensamento, mai una caduta >>.
<< Non dev’essere … facile, misurarsi con lui >>. Lo vedo mordersi un labbro. << Scusa, non è stata un’uscita felice >>.
<< No, hai ragione. Io sono sempre stato la testa calda, quello che si beccava le sospensioni a scuola, che rompeva i vetri ai vicini col pallone. Quello che … >>. Stavo per dire “ne cambiava una al giorno”, ma per fortuna mi fermo in tempo. << La pecora nera, insomma >>.
<< E … per questo … non hai ancora … >>.
<< Già. Proprio così >>.
Ha una strana espressione, nello sguardo. Si passa la mano sul volto, quasi per nascondere quello che gli passando in testa in questo momento.
Chissà di che si tratta. Sembra custodire tanti segreti … e io sono proprio la persona meno adatta a sopportarne.
Anche se … anch’io ne ho alcuni, di cui uno proprio con lui. E no, non è quello che nascondo sotto il libro, anche se è meglio che resti tale anche questo. << Ed è impegnato, lui? >>.
<< Chi, Andrèas? No. Per lui esiste solo il lavoro. Ed è  troppo rispettoso, per darsi alle avventure >>.
<< Sei proprio sicuro che sia etero, vero? >>.
<< Sì, dai! >>.
Stira un labbro, poi si alza. << Be’, preparo il pranzo >>.
<< Che disdetta. Sembra che sia successo perché così non potrò più darti una mano, per qualche giorno >>.
<< Vedi, perché a volte è consigliabile lasciare le cose come stanno? Ogni mutamento nel corso dell’Universo può provocare conseguenze spiacevoli … scusa. Il mio sensei >>.
Qui credo di aver lasciato cadere la mascella accanto al cuscino. << Fai arti marziali? >>.
<< Quando ero piccolo. Poi durante l’adolescenza ho smesso >>. Alza le spalle. Tra un po’ comincerò a contare quante volte riesce a farlo durante una conversazione. << Da quando sono qui seguo un corso di meditazione. Quanto ti sentirai meglio potresti venire, se ti va >>.
<< Non credo che mi vada a genio starmene seduto a gambe incrociate >>.
<< Invece ti farebbe bene. Molte cose cambiano prospettiva, quando le guardi a testa in giù, sai? >>.
<< Eh. Chissà come mai, non ne dubito >>.
Mi scocca un’occhiata di traverso. Poi scuote la testa. << Pensi di rimetterti, per sabato prossimo? Dite mi ha invitato ad un evento, e ha tanto insistito che portassi anche te >>.
<< Evento? >>.
<< Una festa. Lui va pazzo per queste cose, spesso si offre volontario per aiutare ad organizzarli o fare volantinaggio per reclutare gente. Io se potessi mi darei malato, o pregherei in ginocchio Diego di farmi cambiare turno, ma Magnus mi toglierebbe il saluto, così sono costretto ad andarci >>. Fa un’espressione seccata, è chiaro che davvero, se ci va, è per non dispiacere a Dite.
E questo mi tira un tantino su di morale. E’ evidente che non ce l’ha con loro per la storia dell’altra volta, quindi è un buon segno.
Inoltre così posso cogliere l’occasione di fare qualche domanda a Magnus e Angelo alla chetichella riguardo i fatti di quella famosa sera, per l’appunto.  
Spero solo di non dover scendere troppo a patti con me stesso, per questo. Il principio del  do ut des va bene, ma solo fino ad un certo punto. << Ed è … a tema? >>, chiedo in tono incerto.
Ale mi lancia uno sguardo incuriosito. Veramente quello che intendevo era se si trattasse di una festa … per soli uomini, cioè, insomma, ci siamo capiti.
Poi sospira. << Sì, in realtà. Anni ottanta, lui ne va pazzo. Ma ti dico subito che io a queste cose non mi presto, è già fin troppo che ci vada >>.  Scuote la testa, con rassegnazione. << Non fraintendermi. Per me è un caro amico, forse l’unico con cui davvero … ho potuto essere me stesso per la prima volta in vita mia senza sentirmi il bisogno di nascondermi o giustificarmi. Ma lui della sua … diversità ne ha fatto una battaglia, e io invece … desidero semplicemente viverla. Essere quello che sono senza dovermi nascondere, vergognare e neanche dimostrare niente a nessuno >>.
Taccio, pieno di sensazioni difficilmente spiegabili. E’ tutto un miscuglio di approvazione, commozione, e … anche tenerezza. Sembrava così fragile, mentre lo diceva, con lo sguardo basso sulle mani intrecciate in grembo. << Penso tu abbia ragione. E’ … la cosa migliore >>.
<< Peccato che le cose migliori siano sempre quelle più difficili da ottenere, a questo mondo >>.
<< Già >>. Mi guarda, e per un istante dimentico anche il libro poggiato sulle gambe, soprattutto la ragione per cui si trova qui.
Una volta di più mi accorgo che ha … degli occhi così … intensi, profondi. Di un nero che si confonde con la pupilla. Senza limiti, senza confini netti. Si mescolano e si lasciano illuminare entrambe dalla pozza splendente sulla sommità della seconda.
Quando li distoglie ho una fitta, quasi come di dispiacere. E’ … raro che lo veda senza lenti; è insolito anche che mi guardi con così tanta intenzione. Ora che ci faccio caso, è accaduto poche volte che mi fissasse per più di qualche istante.
<< Allora, cosa vuoi mangiare? >>.
<< Veramente … avrei voglia di indiano. Non possiamo ordinare per telefono? >>.
<< Se non ti crea problemi fare colazione con lo spezzatino al curry, certo che sì >>, scherza. E stavolta il medio glielo mostro senza problemi.
In realtà non mi va che debba mettersi ai fornelli, anche se si tratta soltanto di riscaldare qualche porzione di cibo precotto; e malgrado guardarlo muoversi ha qualcosa di trascendentale, di tranquillizzante. Ma vederlo faticare anche fuori dall’orario di lavoro, da solo, proprio non mi va giù.
<< Chiamo io. Vai a farti una doccia, intanto >>.
<< Hai davvero deciso? >>.
<< Sì. Dai, Ale … ehi, ora che mi ricordo … Angelo ti ha chiamato con un nome strano, l’altra volta >>, butto lì con aria innocente. Ma devo aver detto qualcosa di sbagliato, perché corruga la fronte e storce le labbra. << Ma se è un problema fa’ finta che non ti abbia chiesto nulla. Era solo curiosità >>.
<< La curiosità uccise il gatto >>, dice, con un mezzo sorriso. Ma l’espressione cupa è ancora lì, e mi maledico per averlo messo di cattivo umore. Magari è una cosa dolorosa, e ho messo inutilmente il coltello nella piaga. << Anche se questo gatto rischia di più con le fiamme >>.
<< Davvero, lascia stare >>. Nel vedergli riaprir bocca, porto le dita alle tempie. << Guarda, mi chiudo anche le orecchie con le mani, non voglio saperlo >>.
<< Ma … >>. Appena fa per parlare scuoto la testa facendo “lalallala” come i bambini dell’asilo.
Lui si ferma. E mi sento enormemente fiero, dacché gli strappo un sorriso. << Sei un buffone, Leo >>. Si rialza, infilando di nuovo gli occhiali. << E va bene, ordina pure. Il numero è sul frigorifero >>.
Mannaggia. E io che speravo di farmi dare il suo cellulare … non certo per una chiamata a scrocco. Una cosa davvero molto poco onorevole, che non ho mai fatto neppure con un mio amico, o con la mia ragazza.
Potrei fingere di non avere credito, ma … come per il video, davvero voglio sapere?
La curiosità uccise il gatto. E questo gatto, seppur malconcio, ci tiene a rimanere vivo. << Okay >>.
Lo guardo allontanarsi, con quel suo passo fluido ingannevolmente tranquillo, e invece rapido e spedito. La strana sensazione che mi ha preso prima torna, mi prende nel petto, al cuore, facendomi provare un improvviso, intenso calore.
Chi sei davvero, Alejandro? Mi sembra di conoscerti da sempre, eppure di te non so niente.
   
 
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