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Autore: Iskara    16/09/2018    0 recensioni
"Arena Colosseum. Un bellissimo nome per una scuola di magia e stregoneria italiana, quanto impronunciabile e antico. [...] . Il mio nome è Emma Cornelia Angelica Levante. Sì, qui in Italia nelle famiglie di maghi importanti, si danno nomi altrettanto importanti, si deve seguire la prassi. [...] Mi chiamano tutti Emma, tranne qualche imbecille della Domus Caligolea, che si diverte a prendere in giro gli altri. Che poi che avranno da scherzare: il loro araldo rappresenta un cavallo senatore, al loro posto mi sotterrerei, e invece ridono. Ma il mondo è bello perché è vario, o per lo meno così dicono. Io faccio parte della Domus Augustea, intelligenti e creativi, dicono, come i miei genitori e mia sorella, dicono. [...]e poi c’ero io, che avevo voti da paura in materie come “Niente” o “Nulla di importante”, e Larsen sapeva che questo mi feriva e lui infilava il dito nella piaga."
Chi è Larsen?! Un figlio di... La mamma. Povera la mamma!
Genere: Comico, Parodia, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
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-Accidenti. - commentò Allegra, sorpresa quanto me, anche se i suoi occhi verdi nascondevano uno sguardo sornione.
-Cosa?! - grugnii già sapendo ciò che le passava nella mente senza essere una Legilimens.
-Raccontami di nuovo di come hai estratto le Mandragole. – disse accompagnano allo sguardo, questa volta anche un ghigno malefico.
-Allegra. – soffiai perentoria, mentre lei si sistemava con il mento appoggiato ai palmi sul tavolo in legno dell’aula studio. –Ti faccio diventare i capelli azzurri. – la minacciai.
-Anche di Capodanno. – seguitò lei imperterrita, appoggiando i gomiti sui libri aperti sotto il nostro naso.
-Dov’è Diana quando serve? – piagnucolai, infilandomi le mani nei capelli blu oltremare dalle lunghezze azzurre.
-A Hogwarts, il suo semestre lì è da questo Gennaio. E sai che ti direbbe le stesse cose che ti sto dicendo io. – mi disse Allegra senza togliersi quel ghigno dalla faccia.
-Invece ci direbbe “Basta chiacchiere, dovremmo studiare. Per l’appunto. – blaterai facendole il verso.
-Sì, sì, come ti pare. – rispose lei con un gesto della mano a lasciar correre. – Allora? –
-Non te lo racconto di nuovo. Il mio fegato chiederà lo sfratto per la bile. – conclusi aprendo il libro di “Antiche Rune”. Il tomo piuttosto grosso, aperto con foga fece un gran baccano e beccai un’occhiataccia dalla maggior parte dei presenti in aula. Decisi di ignorare gli occhi di Allegra piantati addosso, in attesa.
Della mia rovina.
-Emma… - cantilenò.
-Sto studiando. –
-E smettila, non ti va mai di studiare! – esclamò Allegra chiudendomi il libro sotto il naso.
Sbuffai indispettita e il ciuffo di capelli blu che mi copriva il viso, svolazzò in aria. Pensai di avere un’allucinazione quando vidi i capelli ricadermi davanti agli occhi, insieme ad un bigliettino a forma di aeroplanino, che si posò delicatamente sul libro chiuso di Antiche Rune. Allegra si drizzò con un sopracciglio inarcato e si guardò intorno circospetta, ma lì di nostra conoscenza non c’era nessuno. Ci scambiammo uno sguardo di intesa, e infine aprii il biglietto.
 
“Emma alle 15 agli spalti.
Un bacio magico.
N.”
 
-Ti giuro che lo ammazzo. – dissi rilasciando la tensione accumulata nei cinque minuti dall’arrivo del biglietto, fino alla sua apertura.
-È Nicola. – informai Allegra.
-E aveva bisogno di tutta questa segretezza?! Credevo fosse Kenneth! –
-Sta zitta! – bisbigliai io, nella speranza che il mio tono di voce in qualche modo influisse sulla frase appena pronunciata da lei a voce troppo alta. –E non chiamarlo per nome. –
Che dopo ti ci affezioni. Avrei voluto aggiungere.
E se Allegra si fosse affezionata, i miei piani malefici di spaccare vasi in testa a Larsen o strozzarlo con radici di Mandragola, sarebbero stati solo vaghi ricordi.
E non erano gli unici modi con cui avrei voluto ucciderlo.
Ce ne erano tanti. Ci pensavo la notte.
Ma non è questo né il luogo, né il diario adatto per scrivere questo tipo di sciocchezze.
Per quelle farò un diario a parte. Sono troppe.
Tornando a noi: mancavano cinque minuti alle tre, per cui piantai Allegra in aula studio e mi fiondai correndo agli spalti. Come se Nicola potesse scappare.
Il problema era che dalla lettera che gli aveva inviato non avevo avuto più sue notizie, tranne tre parole scarabocchiate di corsa. Anzi due.
Fammi indagare
Un corno di Unicorno Nicola!
 
Arrivai in cortile trafelata, con i capelli appiccicati alla faccia, e l’uniforme sgualcita dalla corsa. Il libro di Antiche Rune sotto il braccio che forse faceva il mio peso senza copertina rigida.
-Nico! – sbracciai.
Il ragazzo impegnato nella lettura di un tomo leggero (mica il mio!), con un zazzera di capelli scuri e gli occhi azzurri, così chiari da sembrare di ghiaccio, si voltò e mi sorrise dolcemente come solo lui sapeva fare.
Nicola Massimo Augusto Giuli, proveniente da niente poco di meno che dalla famiglia giulia, antica come il Colosseo e gli stessi fori mi stava aspettando seduto sugli spalti. Non mi ero resa conto che una delle squadre si stesse allenando.
E che fosse proprio la Cesarea.
-Ciao splendore! – disse regalandomi un abbraccio. Il suo fare era indiscutibilmente effemminato, come i lineamenti. È talmente bello da essere scambiato per una donna e quegli occhi pieni di ciglia mi fanno proprio invidia. Nemmeno con otto chili di mascara i miei, sarebbero come i suoi al naturale.
Che odio.
-Mi prendi in giro Nico? – esordii prendendo posto accanto a lui.
-Perché? – chiese lui candido, scivolando come sempre dalle nubi.
-Lascia perdere. – dissi con un cenno della mano. – Perché volevi vedermi? –
-Andiamo Emma! – ridacchiò. – Il gufo che mi hai mandato a Natale. Ho qualche informazione, ma nessuna troppo fondata. Sono voci di corridoio. –
-Sono sempre voci di corridoio le tue. – sorrisi furba.
-Beh, da quello che ho scoperto… - iniziò assumendo la solita posa da uomo d’affari quale era. Mi chiedevo spesso se non facesse parte di qualche traffico particolare di informazioni, perché spesso e volentieri era difficile risalire ai suoi informatori.
E il fatto che conducesse uno spaccio interno alla scuola di sigarette magiche, in un posto dove ne era severamente vietato il consumo, qualche domanda la faceva venire spontanea.
In ogni caso il mio sguardo fu attirato dagli allenamenti che si stavano svolgendo al centro del campo. Era la simulazione di una partita con squadre miste tra i titolari e le riserve in caso di infortunio. Larsen stava litigando con il capitano della squadra, entrambi erano rossi in viso per lo sforzo di gridare. Le urla arrivavano agli spalti, ma non si distingueva ciò che si stavano dicendo. Ridussi gli occhi a fessura per cercare di leggere il labiale, ma erano troppo lontani.
-…Si piacciono, dicono. Ma il fatto che abbiano già una promessa di fidanzamento…- diceva Nicola.
-Che hanno?! – gracchiai tornando con l’attenzione a quello che stava dicendo il mio amico.
-Una promessa di fidanzamento. Quando finiranno la scuola si sposeranno. Emma tutto bene? Sei bianca… -
No. Non stavo bene.
Il fidanzamento sancisce l’accordo.” Aveva detto Larsen.
Sentì lo stomaco ribaltarsi.
-Che altro sai? – domandai ignorando la considerazione di Nico.
-Mormorano che ci sia qualcosa sotto, un matrimonio combinato per dei debiti dei Larsen nei confronti dei Yen Gi… -
Mio padre paga per delle cassette di sicurezza alla Banca Romana
Riportai lo sguardo con gli occhi sgranati al campo: Larsen aveva appena fatto un gestaccio al capitano per poi sfrecciare verso gli spogliatoi.  
-E diciamo che a conferma di questo c’è il fatto che… non hanno mai consumato. – concluse Nico.
-Che intendi? – chiesi, riportando l’attenzione su di lui.
-Avanti Emma! Non hanno mai, sai… - disse lui con un po’ di imbarazzo e qualche gesto strano verso il cielo.
-Fatto sesso? – conclusi con un’alzata di sopracciglio.
Nicola deglutì e arrossì. Non capisco perché gli costi così tanto parlare di sesso. Lo fanno tutti ed ormai è un tabù superato.
-Ecco. Sì, quello. – disse lui con un sorriso imbarazzato. –Ti va una burro birra? Emma! –
Ma io mi ero già alzata e stavo correndo verso gli spogliatoi.
   
 
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