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Autore: _Cthylla_    17/09/2018    2 recensioni
[one shot strettamente legata a Downpour, di vermissen_stern, di cui per tale ragione consiglio la lettura]
Durante la "vacanza forzata" di Jiren nella città di Dima, la quotidianità e le frequentazioni del Grigio si fanno leggermente più bizzarre del consueto... o del dovuto.
Dal testo:
"Nel corso della propria esistenza aveva visto molte cose più o meno strane, al punto da avere a volte la presunzione di ritenere che ormai nulla potesse più sorprenderlo. Aveva affrontato avversari di ogni sorta, esseri malvagi di ogni tipo, mostri più o meno orribili; l’ultimo di questi, un leviatano che era riuscito ad avvelenarlo, era tra i motivi del prolungamento forzato della sua vacanza a Dima.
Nonostante ciò, l’idea di aver visto una civetta volare a testa in giù davanti al vetro riusciva a farlo sentire piuttosto perplesso. "
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Jiren, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Ehilà! 
Ce l'ho fatta finalmente!
Cronologicamente parlando, quel che state per leggere è collocato diversi capitoli prima rispetto all'ultimo pubblicato da Vermissen.
Nient'altro da aggiungere, per cui...a voi!


 


Say “Ehilà” to the family -parte seconda

 

 
 
 
 
 
 
 
 
 

Raggiunto il piano terra e uscita dal palazzo, Ember si stiracchiò pigramente.
Ormai da qualche tempo viveva in casa di Jiren, per una serie di sfortunati eventi che avevano portato il Grigio e Verna -la vicina di casa piena di gatti- a una “lotta” che aveva letteralmente devastato il suo povero appartamento, costringendola dunque a trasferirsi.
 
Stare più a stretto contatto con Jiren tuttavia non le dispiaceva: si stavano conoscendo e legando man mano, al punto di essersi sentita sufficientemente a proprio agio per parlargli del proprio passato, e non era qualcosa che fosse successo con chiunque. Oltre a questo c’era stato anche un bacio, un “qualcosa” di piccolo che però venendo da una persona chiusa come Jiren riusciva addirittura a farle pensare che magari -forse, un giorno, prima o poi- il loro rapporto si sarebbe stretto ulteriormente. 
 
Mise la mano in una delle tasche dei pantaloni e, dopo aver tastato per qualche istante, sbuffò. «Come ho potuto dimenticare la lista della spesa?!»
 
Si voltò, diede un’occhiata al palazzo e comprese una cosa fondamentale: pur essendo una venticinquenne attiva e vitale, non aveva la minima voglia di salire e scendere le scale un’altra volta.
Fece mente locale: i medicinali per Jiren -al momento tra le cose più importanti, essendo nuovamente malandato- non mancavano e si rese conto di riuscire a ricordare abbastanza bene il resto delle cose che erano scritte sulla lista, che non doveva acquistare con urgenza; sarebbe riuscita ad andare a fare la spesa e tornare a casa prima che Jiren si svegliasse.
 
«Beeeeeeeh!»
 
Sobbalzò leggermente per lo stupore, poi guardò in basso: c’era una capra di montagna che le stava tirando una manica.
Una capra.
A Dima.
Passato l’attimo di smarrimento però ricordò di aver già visto quella bestiola, precisamente il giorno in cui casa sua era stata devastata per colpa dei parassiti della pioggia, di un’infermiera improvvisata un po’troppo zelante e di un Grigio che si era messo un mezzo con un po’troppa forza.
 
«Guarda che restare per strada non è molto conveniente, la gente di queste parti non ci penserebbe due volte a cercare di mangiarti per pranzo» disse Ember alla capra «Più che altro mi chiedo come tu abbia fatto a evadere dall’appartamento di Verna. O beh…»
 
Fece per andarsene ma la capra, di nuovo, tirò una manica della sua felpa grigia. Quell’animale non sembrava molto intenzionato a lasciarla andare!
 
«Su, fai il bravo, devo andare a fare la spesa!... e se continui a starmi attorno, visti i precedenti, potrei iniziare a pensare che sia anche tu un mio familiare. Di’ un po’, sono imparentata anche con te?» domandò la ragazza alla capra, scherzando.
 
Dal loro primo incontro Ember non aveva più visto Eve, nonostante i propositi dichiarati da quest’ultima. Pur essendo rimasta leggermente disorientata aveva imputato la questione al fatto che la sua altra madre avesse avuto da fare o magari non avesse trovato quel che cercava a Dima oltre a lei, qualunque cosa fosse; in ogni caso non ne aveva fatto un dramma, dal momento che Eve non era mai stata presente nella sua vita -anche se di ciò non le si poteva fare una colpa.
 
«Effettivamente sì, tu e io siamo imparentati da parte di madre. Sorpresa!» esclamò la capra, sorridendo e alzandosi in piedi su due zampe.
 
Ember rimase in silenzio e con la bocca leggermente spalancata a fissare il suo bizzarro interlocutore, indicandolo con la mano destra e sbattendo le palpebre più volte come per cercare di scacciare una temporanea allucinazione che divenne ancora più delirante nel momento in cui la capra mutò le proprie sembianze, acquisendone di più umane.
Davanti a Ember ora c’era un ragazzo alto e rosso di capelli, con un corpo da atleta valorizzato dai jeans e una camicia bianca a maniche corte.
 
«Ciao Ember, io sono Finnan, tuo fratello» si presentò, andando a stringere la mano con cui Ember lo stava ancora indicando «Eve mi ha detto che nel vostro incontro ti aveva accennato alla mia esistenza, per cui eccomi qui. Sono tanto contento di conoscerti. Ho una sorella! È bellissimo!» esclamò «Strano, eppure Eve mi aveva detto che quando vi siete incontrate ha reagito bene alla trasfor… pft. Avrei dovuto immaginarlo: immagino che tu abbia reagito “bene” secondo il suo personalissimo metro di giudizio».
 
«N-non ho urlato, se è questo che intendeva» riuscì a rispondere Ember, una volta che si fu ripresa abbastanza dalla sorpresa.
 
Avrebbe tanto voluto una camomilla.
Ma anche due.
Ma anche dodici.
 
«Colpa mia che le ho dato retta. Eppure lo so com’è fatta... e va beh» concluse il ragazzo, facendo spallucce «Ricominciamo da capo: ciao sorella, io sono tuo fratello!»
 
Finnan sorrideva, e i suoi occhi verde oliva erano pieni di un entusiasmo talmente genuino da non lasciare alcun dubbio riguardo il fatto che fosse veramente contento di quell’incontro.
 
Notando questo, Ember riuscì a rilassarsi abbastanza da poter sorridere un po’ a sua volta. «Ciao fratello, io sono tua sorella… nonché l’unica a non essere una mutaforma, a quanto pare!»
 
Da quando Eve le aveva parlato di quel misterioso fratello si era trovata a immaginare come potesse essere, e ora la sua curiosità poteva dirsi soddisfatta: all’apparenza era un po’eccentrico, come del resto era Eve, ma non sembrava una cattiva persona.
 
«Immagino che tu in questo senso abbia preso più dalla madre che ti ha partorita, anche se il tuo aspetto è praticamente identico a quello di Eve. Vi assomigliate ancor più di quanto mi fossi immaginato. A proposito, ti manda i suoi saluti e vuole farti sapere che tonerà appena avrà finito con i fantasmi! Sul pianeta dove abitiamo è iniziata la stagion-»
 
«Aspetta: che vuol dire “quando avrà finito con i fantasmi”?!» si stupì Ember.
 
«Non ti ha parlato di questo?»
 
«Quel che ha fatto quando è venuta qui è stato presentarsi, dirmi che ho un fratello, molestare il mio coinquilino e, da quel che ho saputo in seguito, andare a letto con un mio collega e approcciarsi con un altro collega ancora. Di fantasmi non- no, aspetta» si contraddisse la ragazza «A pensarci bene mi sembra che abbia accennato vagamente qualcosa riguardo al fatto che i fantasmi fossero “fuori stagione”, ma pensavo che scherzasse!»
 
«Eeeeh, non esattamente» disse Finnan, grattandosi la fronte «Purtroppo i fantasmi esistono eccome. Ma non dovrebbe stupirti troppo dal momento che una delle tue madri si trasforma in un gatto e in un gufo, il sottoscritto si trasforma in capra, i tuoi colleghi di lavoro fanno cose strane con le ombre e c’è gente in giro che annichilisce pianeti con uno schiocco di dita. Sbaglio?»
 
Non aveva tutti i torti, tanto che alla fine Ember fece spallucce. «Messa così hai ragione. Io però non ho mai visto fantasmi».
 
«Meglio così. Passiamo ad argomenti più piacevoli: cos’hai in programma per oggi, a parte fare la spesa?»
 
«Non ho un programma preciso» disse la ragazza.
 
«Perfetto allora. Se non hai impegni particolari mi piacerebbe trascorrere del tempo insieme, così potremmo conoscerci un pochino! Potremmo trasformare la spesa in uno shopping selvaggio ovunque tu voglia, ovviamente a spese mie» propose Finnan «E, anche pensando a quel che è successo con l’appartamento, su questo punto non accetto un “no”».
 
«Ma io-»
 
«Speravo proprio che avresti detto di sì!» esclamò lui con espressione soddisfatta, ignorando quella basita di Ember, alla quale mise un braccio attorno alla spalla «Percepisco la presenza di tanta bella roba interessante in questa città, che aspetta solo noi due! Lo senti, Ember? Senti il richiamo del ciarpame?» sorrise, allargando il braccio rimasto libero.
 
«C-ciarpame?» fu tutto quel che riuscì a dire la ragazza, pensando che quella parte della sua famiglia fosse veramente bizzarra.
 
«Sì, uno dei miei padri lo chiama così, e ormai lo ha fatto talmente tante volte che mi ha contagiato! In realtà non è “ciarpame”, sono oggetti carini, possibilmente piuttosto rari, possibilmente piuttosto strani e, a volte, con un paio di maledizioni comprese nel prezzo. Ma questa è un’altra storia, ora andiamo! Aspetta: a te piace il ciarpame?»
 
«Sì, se non è maledetto…»
 
«Ottimo! Allora entreremo in ogni negozio che questo quartiere ha da offrire!»
 
«Ehm… non so come dirtelo, ma in questo blocco non c’è chissà quale spropositato numero di negozi. A esserne pieno è il blocco A. Lì si può trovare letteralmente di tutto» spiegò Ember al fratello «Ci sono strade e palazzi pieni di negozi, tutti uno di fila all’altro».
 
«Grazie per l’informazione! Non conosco granché la città, sono finito nell’appartamento di Verna un po’troppo presto. È un tipino particolare, però è simpatica. Tornando a noi, da che parte è il blocco A?»
 
Ember fece un cenno vago verso destra. «A breve potremo raggiungerlo con i mezzi pubblic- IIIIIIH!»
 
Il grido di Ember era perfettamente giustificato, dal momento che Finnan le aveva passato un braccio attorno alla vita e, senza avvisare o curarsi di quel che avrebbe potuto pensare chicchessia, era schizzato in aria assieme a lei.
 
«Ma volate tutti quanti tranne me?!» gridò la ragazza. Non era la prima volta in cui qualcuno la faceva volare -la prima volta lo aveva fatto Jiren- ma tra questo e l’abituarsi a una cosa simile c’era una certa differenza.
 
«Dipende da cosa intendi con “tutti quanti”. Fino a poco tempo fa però anche io, come Eve, volavo solo quando mi trasformavo. Da che parte hai detto che è il blocco A?»
 
«Alla nostra destra» ripeté Ember «Poi cos’è successo?»
 
«Cosa intendi?»
 
«Prima volavi solo quando eri trasformato, ora però voli anche in questa forma, quindi cos’è successo?» si azzardò a domandare, spinta dalla curiosità e dalla situazione improbabile.
 
Finnan non rispose, limitandosi a sorridere e volare veloce come un missile in direzione del blocco A.
 
Quando avvistò “strade e palazzi pieni di negozi, tutti uno di fila all’altro”, ossia quel che Ember aveva descritto, scelse un vicolo nel quale atterrare con tutta la tranquillità del mondo.
O meglio: nel quale atterrare con tutta la tranquillità del mondo  mentre Ember gli si era aggrappata addosso come un gatto al tronco di un’acacia.
 
«Stando a quel che mi hai descritto direi che siamo arrivati. Ehi, tranquilla» disse Finnan alla sorella, dandole delle leggere pacche sulla schiena «Siamo entrambi interi, no?»
 
«L-le gambe dovrebbero essere entrambe al loro posto, dal momento che le sento tremare. Quando torneremo a casa potremmo andare un po’più piano? Solo un pochino».
 
Finnan annuì. «Lo terrò a mente. Allora… che lo shopping selvaggio abbia inizio! Sei liberissima di svuotare tutti i negozi che vuoi, prima di finire nell’appartamento di Verna ho cambiato un bel po’ mele».
 
«Mele?»
 
«Mele!» confermò il giovane «Il frutteto di nostra madre ne è sempre pieno».
 
«Non credevo che le mele fossero valutate tanto».
 
«Dipende dal tipo di mela, Ember!»
 
Finnan non aggiunse altro ed Ember, seppur vagamente perplessa per quella faccenda, decise di accantonare la questione e far strada a suo fratello tra le vie del blocco A.
Col risultato -una volta fatta la spesa per la quale era uscita di casa- di farsi risucchiare del tutto dall’entusiasmo di Finnan.
Era una cosa impressionante il modo in cui stava riuscendo a trascinarla da un negozio all’altro, con brevi attimi di pausa per fermarsi in questo o quel baracchino per mangiare e/o bere qualcosa, ed Ember era ben lungi sia dal dispiacersi, sia dal dare almeno un’occhiata all’orologio, motivo per cui non si accorse minimamente che erano passate quattro ore e mezza dal momento in cui era uscita di casa.
 
«Finnan, puoi ricordarmi perché ho cinque tentacoli di gomma infilati alle dita?» chiese la ragazza al fratello, uscendo dall’ennesimo negozio.
 
«Io ne ho dieci!» ribatté l’altro, sollevando le mani per mostrare le dita inguainate in tentacoli blu «Non è la prima volta che mi capita nei negozi di questa catena: c’è qualcosa nell’aria dei TYger che rende la gente alquanto vogliosa di ciarpame, e io lo sono già di mio, per cui!...»
 
«Abbiamo comprato quindici tentacoli di gomma, sei cuscini a forma di bocca, delle lanterne con nappa, otto barattoli decorativi, due tazze dorate a forma di dente…» elencò Ember «Due scatole a forma di tartaruga per le saponette, due supporti per nastro adesivo a forma di rana, quattro confezioni di cannucce nere, due temperini per carote, dodici gomitoli, colla glitter colorata e due mini carrelli per la spesa da tenere sopra la scrivania, se avessi ancora una scrivania!»
 
«L’abbiamo già comprata, è nel tuo borsello».
 
Un borsello di cuoio minuscolo che Finnan aveva tirato fuori da una tasca, per la precisione.
Se Ember fosse stata meno avvezza a cose del genere -invece lo era grazie alla frequentazione di Ice e Chill, con la loco capacità di immagazzinare cose nelle ombre- sarebbe stata ancora allibita per quell’ennesima stranezza.
 
«Eh… giusto. Mi ero dimenticata di avere un borsello in cui potrei entrare anche io».
 
«Se ti serve puoi tenerla, ne ho tante altre» disse Finnan, sorridendo «E non provare a ringraziarmi un’altra volta, l’hai già fatto abbastanza».
 
«Hai voluto comprare praticamente tutto il mobilio che è stato distrutto, ringraziarti mi sembra anche poco. Per non parlare del fatto che non sono abituata ad avere un fratello pronto a trascinarmi a fare shopping, ma anche solo ad avere un fratello, in effetti. Tutto questo mi sembra quasi irreale. Ho come la sensazione che da un momento all’altro scoprirò che è tutto uno scherzo o di aver sognato».
 
«Capisco la sensazione. Puoi anche non credermi, ma sappi che per me è lo stesso» ammise Finnan.
 
«Non l’avrei detto. In tutto questo sembri perfettamente a tuo agio».
 
«Lo sono, ma scoprire di non essere il solo figlio di Eve è stata una sorpresa per te come per me. Non sapevo nulla della tua esistenza, come non lo sapeva lei. Devo ammettere che inizialmente, riguardo quest’ultimo particolare, ho pensato il contrario. Vedi, lei…» occhieggiò un vicolo «Ember, ti dispiacerebbe se ci spostassimo in un posto più tranquillo? Vorrei narrarti alcuni dei miei disagi».
 
«Un posto tipo un tetto?»
 
«Tipo».
 
«Nessun problema» disse la ragazza, pur sapendo che avrebbe significato volare di nuovo.
 
Il discorso che Finnan aveva iniziato la incuriosiva, ed era comprensibile, perché c’erano ottime possibilità che le desse modo di conoscere qualcosa in più riguardo quella parte della sua famiglia. Non avevano fatto shopping in silenzio, ma l’avevano fatto parlando del più e del meno quando invece ci sarebbe stato da dire ben altro.
 
Raggiunsero il vicolo e poi il tetto con un breve volo, trovando poi un basso muretto su cui sedersi.
 
«Premetto che non intendo affatto denigrare nostra madre» riprese Finnan «Ormai ho capito perché ha fatto determinate scelte. Detto ciò, ammetto che quando mi ha parlato di te ho pensato che fosse successo qualcosa di simile a quel che è successo con me. Se ci hai fatto caso, prima ho detto di avere due padri».
 
«Ammetto che mi era sfuggito».
 
«Uno è mio padre biologico, l’altro invece è quello che mi ha cresciuto e che dunque, per me, resta mio padre in ogni caso» le spiegò Finnan «Loro due e Eve sono un trio di amici stretti, dunque ho conosciuto bene i miei genitori biologici fin da subito, ma a sapere come stavano le cose era solo Eve. Mio padre adottivo mi ha trovato in una cesta davanti alla porta di casa sua, mentre mio padre biologico non sapeva di esserlo».
 
«Una situazione… intricata» osservò Ember, attenta a non dare giudizi su un argomento tanto delicato.
 
«Aveva le sue ragioni. La sua particolare biologia le ha permesso di rendersi conto della gravidanza solo quando ormai era tardi per interromperla, mio padre biologico stava passando un momento estremamente difficile in cui non sarebbe stato in grado di gestire un figlio» continuò il ragazzo «E lei, per sua stessa ammissione e come sa chiunque la conosca almeno un po’, sarebbe stata “una madre totalmente incapace di crescermi in modo decente”. Eve mi ha lasciato a qualcuno di sua totale fiducia che mi ha garantito un’esistenza serena in tutto e per tutto, è stata presente nella mia vita e, in modo un più o meno diretto, ha contribuito al mio mantenimento. Il vero errore che ha fatto è stato tacere… per il resto, considerati i suoi standard, si può dire che mamma sia stata responsabile. Questa verità è venuta fuori non molto tempo fa e, sebbene si sia risolto tutto, sono stato sollevato nel sapere che Eve verso di te non ha colpe».
 
«Come hai detto tu stesso, non sapeva nulla di me».
 
«Appunto. Eve è un tipo alquanto particolare, però è più che in grado di voler bene ai propri figli; a te come a me, Ember, anche se vi conoscete appena, e io ne sono sinceramente contento» sorrise il mutaforma «Un giorno se vorrai ti porterò con me e ti farò conoscere tutti i miei cari. Essendo un tipo più tranquillo rispetto a me e a mia madre credo che piacerai a entrambi i miei padri».
 
Era confortante sapere che suo fratello non aveva alcun problema con lei, pur essendo diventata il nuovo componente di un sistema familiare che aveva avuto un po’ di problemi -o anche più di un po’. Aveva già capito che Finnan era tutt’altro che ostile ma, conoscendolo da così poco, non poteva che gradire una conferma delle genuine intenzioni nei suoi confronti.
 
«In futuro conoscerò tutti quanti volentieri, quando le acque si saranno calmate. Qui a Dima, intendo!»
 
«Ossia quando avrai fatto qualche altro passetto in avanti col tuo coinquilino dalla pelle grigia?» le chiese Finnan, con un sorrisetto «Non posso dire di conoscerlo ma ammetto che da quel poco che ho potuto vedere mi sembra una bella gatta da pelare. Non una cattiva persona, ma un po’… difficile».
 
«Ecco sì, forse “un po’difficile” è la definizione giusta, ma io credo che sia una persona che vale la pena. Spero solo che pian piano si apra un altro po’» disse con candore la ragazza.
 
«Sai, credo che in questo senso il mio padre biologico potrebbe essere d’aiuto».
 
Ember sollevò le sopracciglia. «Perché? È uno di quei, come si chiamano, life coach, terapista di coppia, o cose simili?»
 
«Non proprio. Di queste cose però è assai esperto, quindi forse… o beh» Finnan fece spallucce «Torniamo a noi: ho finito di narrarti i miei disagi, abbiamo fatto la spesa, abbiamo fatto shopping… a proposito, sei proprio sicura di non volere questo qui? Io ne ho già parecchi!»
 
Nel vedere il fratello tirare fuori dalla tasca dei jeans il monile che avevano trovato nel negozio più nascosto, piccolo, buio e sinistro in cui fosse mai entrata, Ember non poté trattenere una smorfia. Non riusciva proprio ad apprezzare quella sorta di strano uovo sul quale erano presenti dei grossolani tratti facciali. «Sono sicura. Sicurissima. Quel bebbe… jebe… quell’affare mi inquieta, mi sembra perfino che si muova!»
 
«Certo che si muove» confermò Finnan, tranquillissimo «Lo fanno tutti i bejelit».
 
«Sì, è molto meglio che lo tenga tu. Mi trasmette una sensazione strana, a dirla tutta credo che anche a Jiren non piacerebbe avere in casa un-
 
Si interruppe.
Jiren.
Le medicine per Jiren.
La spesa per entrambi.
Che accidenti di ora era?!
Controllò finalmente l’orologio, notando solo in quel momento quanto tempo fosse passato di preciso: più di quattro ore e mezza, e lei non aveva neppure lasciato un biglietto al suo coinquilino. Non che fosse obbligata a farlo ma, onde evitargli eventuali stress e preoccupazioni, sarebbe stato utile.
D’altra parte, però, come avrebbe potuto prevedere che sarebbe stata trattenuta dal suo nuovo fratello?
 
«Finnan, potresti farmi la gentilezza di riaccompagnarmi a casa? Siamo via da un po’…»
 
«Il tempo vola quando ci si diverte» commentò lui, alzandosi in piedi «Stavolta andrò un pochino più piano, come mi avevi chiesto!»
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
«EMBER! I morti camminano!» esclamò Ice, uscendo dal condominio appena intravide in strada attraverso la porta « La tua salma malmessa vaga senza pace per il corridoio in cerca di te e di cervelli da mangiar… aspetta: lui chi è?»
 
Jiren non era il solo uomo a manifestare in modo più o meno evidente una certa gelosia nei confronti della giovane: anche Ice provava interesse verso la sua persona, dunque non era troppo felice di vederla insieme a un umanoide sconosciuto, specie se l’umanoide era Mister Sorriso Perfetto ed era fisicato quanto lui.
 
«Il mio nome è Finnan, sono il fratello di Ember» disse lo sconosciuto, tendendogli la mano «Tu sei Ice, giusto?»
 
Nei giorni passati Ice ed Ember erano finiti per forza di cose col parlare di Eve -discorso che in alcuni brevi momenti era diventato vagamente imbarazzante- e argomenti correlati, incluso il fatto che suddetta donna avesse accennato a un altro figlio.
Se non si fosse presentato, Ice non avrebbe intuito l’identità di Finnan: doveva aver preso dal padre, perché ad accomunarlo a Eve erano più che altro i capelli rossi.
 
«Già, sono Ice» disse lo shadowjin, stringendo la mano del ragazzo «Ho già avuto il piacere di conoscere tua madre!»
 
Non era stato molto carino da parte sua uscirsene con una simile allusione -tanto che Ember sollevò un sopracciglio- però Ice era fatto così, indipendentemente da chi si trovava davanti.
 
«Allora sei più forte di quanto sembri, perché guardandoti sono sorpreso che tu, avendola conosciuta, sia già in piedi» disse Finnan, sorridendo con tutta la tranquillità del mondo «Dunque Jiren è sveglio?»
 
«Sveglio, nervoso e voglioso di cervelli, sì. Credo che vi intenderete, siete simpatici allo stesso modo» commentò lo shadowjin.
 
«Con un po’di pratica puoi diventarlo anche tu» replicò Finnan, continuando a sorridere.
 
«E tu con un po’di pratica puoi andare a fanc-»
 
«Rimandate i convenevoli! Nelle condizioni in cui è, Jiren non deve andarsene in giro» borbottò Ember, con un vago senso di colpa.
 
«Non hai torto, dunque ti porto da lui in volo. Aggrappati... ecco, brava. Ti saluto, Ice, se ci rivedremo ti offrirò una birra».
 
«Finnan. Andiamo. Subito».
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
«Jiren, tu non dovresti essere qui fuori!»
 
Per malridotto che fosse, l’aspetto del Grigio continuava a risultare alquanto minaccioso agli occhi di una persona normale, soprattutto nei momenti in cui -non diversamente da Ice- lasciava trapelare una gelosia alquanto malcelata, scatenata dallo straniero con i capelli rossi.
 
«Chi è?»
 
Jiren avrebbe detestato sapere di aver avuto, riguardo lo sconosciuto, pensieri quasi analoghi a quelli dello shadowjin.
Ovviamente il corpo del tizio non era minimamente paragonabile al suo, ma era qualcosa che a livello estetico poteva attrarre femmine; inoltre era un umanoide come Ember, e la sua espressione tranquilla, il suo sorriso energico, suggerivano che nella sua vita di… venticinquenne? Ventiseienne? Non avesse -né avesse mai avuto- alcun problema al mondo.
Non aveva problemi di salute perché era un giovane uomo visibilmente sano e forte, non aveva problemi a livello economico perché non serviva chissà quale occhio allenato per riconoscere vestiti semplici ma di buona fattura, e sicuramente non era tormentato da ricordi di gioventù che lo facevano svegliare preda di istinti contradditori e malsani che squarciavano con brutale violenza la sanità della sua psiche.
 
Nonostante tutto questo, non si sarebbe certo aspettato che Ember dopo il bacio che c’era stato portasse davanti a lui -in quel palazzo, in quel corridoio, vicino al suo rifugio che ormai era praticamente diventato “loro”- un maschio sconosciuto, con il quale aveva trascorso svariate ore.
 
«Lui è Finnan, mio fratello» disse la ragazza «Eve ne ha parlato, sicuramente lo ricordi. Ci siamo incontrati mentre stavo andando a fare la spesa, stando con lui ho perso la cognizione del tempo… però ho comprato tutto quello che serve!»
 
«E anche cose che servono un po’ meno» aggiunse Finnan, sollevando e agitando una mano dalle dita ancora “tentacolate” «Ehilà! Finalmente ti incontro da umano!»
 
Quell’ “Ehilà”.
Quel gesto.
Quell’espressione.
Sì, era decisamente imparentato con la strana madre di Ember.
 
«Tu non puoi saperlo, però tu e io ci siamo già visti. È stato quando l’appartamento di Ember è stato un pochino distrutto» specificò il giovane «Io ero il caprone».
 
Un altro mutaforma strambo. Chissà perché, una volta saputo della parentela lo aveva immaginato.
Il solo lato positivo della faccenda era che, essendo il fratello di Ember, non aveva certo interesse a insidiarla.
Non trovando nulla da dire, tacque.
 
«Sì, in effetti Eve mi aveva detto che sei di poche parole» annuì Finnan, per nulla disturbato.
 
«Ehm… potresti anche dire qualcosa» azzardò Ember, avvicinandosi a Jiren.
 
Per qualche istante, nel corridoio non si sentì null’altro che silenzio siderale.
 
«Qualcosa» disse Jiren, con assoluta serietà.
 
La risata sonora di Finnan colse di sorpresa Ember al punto di farla sobbalzare.
 
«Lo vedi che in fondo sei un tipo simpatico? Orbene, ragazzi, io vi saluto. Vado a cambiare un altro po’di mele e poi a dare una mano a mamma, così la prossima volta che tornerò a Dima potrà esserci anche lei. I fantasmi si cacciano meglio in due, in fin dei conti».
 
«Salutala da parte mia» disse Ember «Aspetta! Prima di andare potresti spiegarmi questa storia delle mele?»
 
Da un borsello di cuoio ancor più piccolo di quello che aveva dato a Ember, Finnan tirò fuori un oggetto rotondo che lanciò con garbo alla sorella.
 
«Ci vediamo!»
 
Senza dare a nessuno il tempo di dire alcunché, quello che fino a poco prima era un ragazzo divenne una piccola rondine che se ne andò in volo, con allegri garriti.
Era evidente che anche lui, come Eve, avesse a disposizione almeno due forme animali.
 
«Mi chiedo che animali sarei diventata se fossi stata una mutaforma come l… oro!» esclamò Ember, osservando con aria attonita l’oggetto che le aveva lanciato il fratello.
 
Per la precisione una mela decisamente non commestibile, dura, pesante e color oro.
 
«Ma no, sicuramente l’ha presa al TYger e mi ha fatto uno scherzo. Non esistono frutteti di mele d’oro vero. O almeno non che io sappia. Giusto?» guardò Jiren «Tu che hai viaggiato più di me ne hai mai sentito parlare?»
 
«No».
 
Quella parte della famiglia di Ember sembrava diventare ogni volta più bizzarra, almeno dal suo personale punto di vista: mele d’oro, borselli minuscoli contenenti cose troppo grandi, e… cos’era quella faccenda dei fantasmi?
Iniziava quasi a pensare che fosse il caso di parlare a Toppo e vedere cosa sarebbe saltato fuori, perché era tutto piuttosto strano.
Se in futuro fosse successo qualcosa di ancor più insolito, nulla avrebbe salvato quelle strane genti dalle indagini.
Per la sicurezza di una persona cui stava iniziando a tenere, questo e altro.
 
   
 
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