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Autore: orchidee    17/09/2018    3 recensioni
Dopo una serata a chiacchierare con le mie amiche dei nostri primi amori, sono tornata a casa ed ero così felice, da buttare sulla carta qualche pensiero. Il giorno dopo ho ripreso quei pensieri e ho provato a dar loro una forma... Ho rubato i figli dei protagonisti delle mie precedenti storie e li ho resi i miei nuovi personaggi. Non ho idea di come si evolverà questa Fanfiction. Per ora ho scritto con entusiasmo il primo capitolo e spero di riuscire ad esprimere i sentimenti provati quella sera. Spero di riuscire a dare alla ma protagonista il carattere che ho immaginato per lei. Vorrei fosse una donna solo all'apparenza fragile e insicura. Che con il passare dei capitoli, acquisti sempre di più l'aspetto della donna forte e consapevole.
È una storia che si discosterà completamente dalla serie. Ho solo usato i nomi, i luoghi per dare una scenografia alla mia protagonista.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 13


 Forbes sarebbe tornato in Texas entro qualche giorno. Poteva fidarsi di Riccardo e non aveva il minimo dubbio che il suo lavoro sarebbe stato all'altezza. Del resto i progetti che gli aveva presentato erano al di sopra delle aspettative e sapeva bene che le cose non potevano che migliorare. Dopo aver parlato con Forbes, Riccardo aveva chiamato Francesca ma il suo telefono era spento. Probabilmente era impegnata o non poteva rispondere. La sua Farfallina non era più la ragazzina che giocava a fare la modella, era una donna con un lavoro che sapeva fare bene e per cui si impegnava come non aveva mai fatto in vita sua.
Si scopriva spesso a pensare a lei. Gli capitava mentre discuteva con un collega o dava indicazioni a qualche operaio o mentre scriveva una nota. Immaginava le sue mani, le sue labbra e in quei momenti tutto scompariva e gli sembrava quasi di poterla toccare.
 Era completamente coinvolto in quello che stavano vivendo e si morse il labbro pensando a quanto tempo avesse perso. Lei aveva sofferto senza che lui se ne rendesse conto e lui aveva cercato qualcosa per tutta la vita, qualcosa che lo rendesse completo e felice, senza riuscire a vedere che lei era tutto. La sua Francesca, bella e dolce, piena di vita e entusiasmo. Particolare, allegra, ingenua, spontanea e sexy, eccitante, appassionata e passionale. Era capace di essere mille donne diverse, rimanendo sempre se stessa.
 Sentiva il suo cuore pieno, tanto che si convinse che prima o poi sarebbe scoppiato. Mai prima aveva provato sensazioni così forti e totalizzanti. Sentiva che non era mai abbastanza, che ogni fibra del suo corpo esigeva di più.
 Quando a Miami aveva preso atto che la vita senza di lei, non sarebbe stata realmente completa, non avrebbe mai immaginato che lasciarsi amare da lei, sarebbe stato così.
 Provava quasi un dolore fisico quando il mattino, erano obbligati a sciogliere il loro contatto. Avrebbe solo voluto che lei gli restasse accanto ogni istante.
 Dov'era finita la sua razionalità?
 Sospirò, sorridendo. Cosa stava facendo lei?
 Diede un'occhiata al telefono e fu deluso di leggere un suo messaggio con il quale lo avvertiva che sarebbe stata impegnata tutto il giorno e che si sarebbero visti solo a notte fonda.
 Si chiese perché non gli avesse chiesto di raggiungerla e, anche se conosceva bene le ragioni, si innervosì più del dovuto.
 Salì in auto e guidò verso la loro casa e quando aprì la porta le sue narici furono riempite dal profumo che aleggiava in quei locali. Un odore di buono, di casa, di lei.
 Guardò l'orologio e si rese conto che era fin troppo presto.
 Raggiunse la camera da letto e raccolse la sottoveste in seta che la sua donna aveva indossato la notte precedente. La strinse tra le mani e la portò al naso. Annusò la stoffa che sapeva della sua  pelle e chiuse gli occhi, rivedendola mentre la infilava dopo aver fatto l'amore. Era seduta sul letto, l'aveva guardata nella penombra e si era quasi commosso. Era così bella e sensuale che aveva desiderato che quel momento non finisse.
 Era perfettamente consapevole che la sua si stava trasformando in una vera e propria ossessione. Quel bisogno di averla non era mai pago e soffriva come un idiota sapendo che per lei era diverso. Lei usciva di casa con il sorriso, adoravo il suo lavoro e adorava i suoi colleghi.
 La gelosia che provava nei confronti di quei momenti dai quali era escluso, gli bruciò il petto.
 La sua Farfallina aveva imparato a bastarsi e la sensazione che lei non fosse completamente sua gli fece male.
 Un brivido gli percorse tutto il corpo. Se l'avesse persa nulla avrebbe avuto più senso. Quel pensiero era assurdo. Nulla e nessuno avrebbe potuto separarli.
 Aveva una vita, Francesca, piena di soddisfazioni, aveva amici, ma aveva sempre vissuto per lui. Il suo amore era indiscutibile. Ma la paura lo aveva sconvolto.
 Strinse di più la seta che aveva nelle mani e prese una decisione
 Non l'avrebbe lasciata sola quella sera. Voleva starle vicino, guardarla, anche solo da lontano, e nessun paparazzo l'avrebbe tenuto lontano da lei. Avrebbe partecipato a quella serata e l'avrebbe guardata lavorare, perché non c'era nulla di tanto bello che condividere con lei ogni cosa. E lei ne sarebbe stata felice.
 Sorrise, finalmente tranquillo.

 “Riccardo...”
 La voce della madre era severa. Alzò gli occhi spazientito. Non aveva mai sopportato il modo che aveva di tormentarlo per sapere tutto ciò che lo riguardava. Le sue intromissioni lo avevano sempre esasperato; ma aveva bisogno di lei e si morse la lingua per non mandarla al diavolo.
 “Lo so mammina, sono imperdonabile! Dovrei trovare un momento per parlare con te e papà. Giuro che mi impegnerò e lo faremo... Ma adesso ho un favore da chiederti!”
 La madre sospirò.
 “Immaginavo che non mi avessi chiamata per fare due chiacchiere! Cosa ti serve?”
 Chiese secca.
 “Un invito! Per stasera!”
 Dopo qualche secondo di esitazione, Betty riprese a parlare.
 “Questa sera io e tua zia saremo all'inaugurazione di una mostra!”
 Gli angoli della sua bocca si alzarono e la soddisfazione si dipinse sul suo viso.
 “Ne ero certo. E voglio accompagnarti. Papà non verrà?”
 “No, saremo solo io e Marcella! Perché vuoi venire?”
 Domandò Betty, perplessa.
 “Perché lei sta seguendo l'evento per il suo giornale! Avevamo deciso di non farci vedere in giro, per via di quello che è successo dopo la nostra cena, ma ho cambiato idea!”
 Rispose sicuro.
 “E l'hai cambiata solo tu?”
 “Voglio farle una sorpresa!”
 Suo figlio non sarebbe mai cambiato. Era caparbio, prevaricatore. Da bambino era sempre stato capace di ottenere qualsiasi cosa, nascondendo i suoi desideri come fossero delle necessità di tutti. Anche in quel caso giustificava il suo bisogno di stare con lei come una sorpresa che voleva farle. Scosse la testa.
 “Perché non rispetti le sue scelte? Perché pensi solo a quello che può rendere felice te? Perché vuoi metterla in una situazione difficile con i colleghi? Ho saputo del caos che si è creato fuori dalla redazione del suo giornale! Credi che quello che fai per te stesso non abbia conseguenze anche su di lei? Dubito che i suoi colleghi siano felici delle pressioni che certe situazioni portano. Hai pensato che potrebbero licenziarla per evitare di diventare oggetto di pettegolezzi?”
 Odiava essere messo in discussione! Sua madre non sapeva nulla! Lei ne sarebbe stata felice e il resto non era importante!
 “Perché mamma? Perché non mi permetti mai di essere me stesso? Perché credi che non sappia mai quello che faccio?”
 “Perché sei egoista, Riccardo! Perché pensi solo a te stesso! Il tuo amore è... È asfissiante!”
 “Asfissiante? Stai scherzando, vero? Voglio essere lì per lei!”
 “Non dubito che tu voglia starle accanto, ma lei cosa vuole?”
 Stava raggiungendo il limite. D'improvviso si ricordò le ragioni che lo avevano portato lontano da quella famiglia e dalla sua città. Sua madre e suo padre si erano sempre sentiti in diritto di dargli consigli o peggio di giudicare le sue scelte.
 “Dimmelo tu, mammina! Dimmi quello che vuole! Sembra tu lo sappia meglio di lei e di me... Se non vuoi aiutarmi troverò un invito da solo! Non ho bisogno del tuo aiuto per entrare dove voglio!”
 Betty lo sapeva, anche in quell'occasione avrebbe avuto ciò che voleva. Sospirò sfinita.
 “Lo so! So bene che sai ottenere sempre quello che vuoi! È proprio questo quello di cui parlo! Non guardi in faccia a nessuno per avere quello che vuoi!”
 “Credevo avessi capito che sono sincero e che sono io ad aver bisogno di lei...”
 “So che la ami! So che hai bisogno di lei! E sono contenta stiate insieme e che siate felici, davvero. Ma questo tuo modo di fare mi preoccupa. Vuoi tutto e non riesci a fare un passo indietro nemmeno quando sarebbe meglio... Le farai del male...”
 “No, mamma! Ti sbagli! Non gliene farò! Vuoi aiutarmi, sì o no?”
 Prima o poi Riccardo si sarebbe scontrato con se stesso, ma forse, quella sera, anche lei sarebbe stata felice di vederlo.
 “Passa a prenderci alle nove! E per favore, vestiti in modo adeguato!” Ma sapeva bene che non l'avrebbe fatto. Quel suo carattere ribelle che tanto amava del figlio, era anche lo stesso che temeva da sempre.

 “Siete meravigliose! Sarò l'uomo più invidiato della serata!”
 Con fare plateale, mimò un inchino all'indirizzo delle due donne. Marcella rise divertita e diede un bacio all'uomo.
 “Sei carino, ma sappiamo tutti e tre che una volta arrivati alla mostra, ci lascerai sole!”
 “Non lo farò! Sono il vostro accompagnatore!”
 Replicò Riccardo con uno sguardo fintamente risentito.
 Betty lo guardò e provò un misto di allegria nel vederlo così bello e nel complesso elegante e di fastidio. Perché Riccardo era davvero incapace di accettare i rifiuti.
 Lo riprese mentre si croggiolava in sé stesso. Era incredibile quanto fosse presuntuoso.
 “Riccardo, sei mio figlio ma non sopporto quando fai così! Tuo padre è felice tu sia con noi! Io no! Quindi sali in macchina e non perdiamo altro tempo!”
 Senza minimamente considerare l'obiezione di sua madre, Riccardo sorrise e aiutò lei e la zia a salire in auto.
 All'esterno del museo c'era una folla imprevista. Molti appassionati si erano radunati per poter ammirare le opere di Valerio. Si vociferava sarebbe stata l'ultima esposizione che avrebbe fatto in Colombia. Era da parecchio infatti che voleva ritirarsi e mantenere solo la sua galleria a Soho, a New York.
 Con fare fin troppo teatrale, Riccardo si frappose tra le due donne che lo accompagnavano, prendendole sotto braccio. I flash dei fotografi, appostati nella speranza di immortalare qualche esponente dell'alta società, furono tutti per loro.
 Betty finse indifferenza e Marcella si affrettò per raggiungere l'entrata. A Riccardo non importava nulla delle chiacchiere. Era completamente indifferente a quel circo, aveva imparato fin da bambino che quello che i giornali raccontavano erano solo sciocchezze. E poi era interessato solo a lei. La mostra, l'artista, gli ospiti, la madre e la zia, i giornalisti, avrebbero potuto sparire e forse nemmeno se ne sarebbe accorto.
 Nella grande sala che apriva la mostra, un numero indefinito di persone si muoveva per ammirare le opere o semplicemente per chiacchierare e passare una serata mondana, circondati da amici e conoscenti.
 Poco dopo il loro ingresso furono raggiunti da un uomo vestito in maniera strana, che avrebbe attratto l'attenzione di chiunque, tranne quella di Riccardo. Valerio aveva immediatamente addocchiato le due donne ed era corso ad accoglierle con un abbraccio sincero che si protrasse per qualche secondo.
 Riccardo nemmeno ci fece caso, troppo impegnato a cercarla tra le persone che affollavano le sale in cui erano esposti i quadri dell'artista.
 “Ciao piccolo, Riccardo!"
 Si voltò in direzione della voce, abbozzò un sorriso di circostanza e cercò di essere gentile.
 “Maestro Villareal, è un piacere conoscerla!”
 Gli strinse la mano, impaziente che quei convenevoli finissero in fretta.
 “Ma noi ci conosciamo già, ma forse eri troppo piccolino per ricordarti di me..."
 Strinse gli occhi, cercando di ricordare in quale occasione lo avesse già incontrato, ma non riuscendo a recuperare nessun ricordo, si convinse che non fosse poi così importante.
 In fondo, per lui, quel momento non era altro che una distrazione.
 La sua impazienza non sfuggì a Valerio che gli sorrise.
 "Stai cercando la piccola Marcella?”
 “Cosa?”
 Gli chiese senza capire la domanda.
 “La tua donna, la figlia di Marcella...”
 “Sì, sta cercando lei! Il mio bambino è fatto così! È capace di usare anche sua madre per soddisfare i suoi capricci!”
 Betty si intromise, guardando il figlio di sbieco.
 Riccardo nemmeno la ascoltava, aveva infatti ormai trovato ciò che cercava e nulla avrebbe potuto distoglierlo dai suoi pensieri.
 Lei era in un angolo a parlare con una donna che guardava qualcosa che lei aveva in mano. Bellissima, concentrata su quello che faceva, le sembrò ancora più sensuale.
 Si spostò dalla madre e fece per raggiungerla. Fu Marcella a fermarlo.
 “Sta lavorando. Per favore... Riccardo, ti piacerebbe se ti interrompessero mentre lavori? È impegnata...”
 “Sì e lavora molto bene. Ho preteso mi mostrasse alcuni scatti dell'allestimento e sono davvero soddisfatto. Lo sai tesoro? Tua figlia è un capolavoro. È bellissima e ha qualcosa di speciale che ancora non ho compreso!”
 Riccardo continuava guardarla, la tentazione di correre da lei e stringerla tra le braccia lo divorava. I suoi occhi si accesero di desiderio e di amore.
 “Riccardo, non fare lo stupido e ascolta quello che ti ha detto tua zia!”
 Disse Betty, percependo i suoi pensieri.
 “Forse sei tu quel qualcosa di speciale... Hai la stessa luce negli occhi!"
 Tutte quelle sciocchezze lo indispettivano. 
 "Sai, somigli a tuo padre!”
 “Già, me lo dicono tutti!”
 Rispose con ovvietà.
 Se avesse potuto, Betty lo avrebbe volentieri preso a schiaffi. Quell'aria arrogante sembrava non abbandonarlo mai e si sentì in imbarazzo. Sospirò sconsolata.
 “E va bene... Mio figlio è solo un maleducato che non si accorge di quanto riesca ad essere patetico. Vi chiedo scusa... Beviamo qualcosa? E poi mi piacerebbe godermi i tuoi dipinti!”
 “La mia Betty deve aver scordato che una storia d'amore può far perdere la testa...”
 “No, Valerio, non l'ho dimenticato!”
 Valerio la guardò incuriosito. Marcella sembrava divertita dall'atteggiamento di Riccardo, mentre Betty sembrava quasi volesse trascinarlo via da lì. Betty gli aveva parlato di lui e di quanto fosse incapace di trovare una strada che lo rendesse felice, gli aveva anche raccontato di come aveva scoperto la loro storia e di quello che era successo prima. La conosceva molto bene ed era certo che i suoi dubbi non fossero semplici preoccupazioni. Riccardo però, gli sembrò innamorato, completamente perso in quell'amore. Lo si vedeva da come la guardava e da come avesse cancellato chiunque si trovasse accanto a lui.
 “Signore, lasciamo che il piccolo Riccardo scopra da solo la mia arte, venite! Non vedo l'ora di chiacchierare con voi!”
 Tagliò corto l'artista e in compagnia delle due donne si allontanò, lasciando Riccardo impegnato ad osservare la sua donna da lontano.
 Più che guardarla la ammirava; Francesca portava i capelli legati in una coda alta, era stuccata e indossava un semplice pantalone nero e una camicia bianca, nessun abito da sera, niente tacchi a spillo, eppure nessuna era bella quanto lei. Decise di restare defilato, ma senza perderla di vista. Rimase sempre ad una certa distanza, senza accorgersi degli sguardi che molte donne gli riservavano.
 La serata procedeva senza intoppi. I presenti erano entusiasti della mostra e sua madre, sua zia e Valerio, si erano appartatati in un angolo a raccontarsi qualcosa di evidentemente molto interessante. Lui era impaziente che tutto finisse per tornare a casa e passare la notte con lei. Aveva deciso di dimenticare il lavoro il giorno dopo. Poteva aspettare e si sarebbe occupato solo di lei e a fare progetti.
 Quando i primi ospiti, cominciarono ad andarsene la vide togliere la tracolla della macchina fotografica e riporla nella custodia. Consegnò alcuni contenitori alla donna che doveva essere a sua collega e iniziò a sistemare il resto dell'attrezzatura. Finalmente poteva correre da lei senza che i rimproveri fastidiosi di sua madre e di Marcella lo trattenessero.
 Era soddisfatto che la sua presenza fosse stata discreta e che lei nemmeno si fosse accorta di lui, le avrebbe fatto una sorpresa.
 Era a pochi passi, quando fu raggiunta da un uomo che le mise le mani sugli occhi.
 Si fermò ed osservò la sua reazione. Credeva si sarebbe arrabbiata, invece quando si girò, sorrise a quell'idiota e lo abbracciò. Strinse i pugni, facendosi quasi male, fu tentato di spezzare il braccio di quell'uomo che rimaneva fermo sul suo fianco. la gola si seccò e per un momento fu tentato di andarsene e correre a fare le valigie. Ma qualcosa lo bloccava, forse la curiosità di comprendere che cosa diavolo stesse succedendo. Si appoggiò alla parete, in disparte e fissò la scena che si svolgeva davanti a lui. Non riusciva a sentire quello che si dicevano ma lei era divertita e gli parlava allegramente. I suoi sensi era in allerta, era pronto a scattare e prendere a calci quell'idiota che si permetteva di toccarla e trascinare via lei, cancellando il sorriso che riservava ad un altro uomo.
 Non seppe per quanto tempo restarono vicini, per quanto tempo quella mano sfiorò i suoi fianchi, il tempo aveva smesso di scorrere. Un malessere lo percorreva dalla testa ai piedi e la odiò con tutto se stesso.
 L'idiota, prima di defilarsi, le diede un bacio e la vide ricambiare con trasporto, poi ricominciò a sistemare gli obiettivi e l'attrezzatura. Aspettò che la donna che le era accanto la salutasse e la raggiunse, con tutta la tranquillità che la sua rabbia gli permetteva.
 “Solo un messaggio in tutto il giorno!”
 Si voltò e sul suo volto poté leggere lo stupore ma non la gioia che percorse i suoi occhi, troppo arrabbiato per accorgersene.
 “Amore mio! Sei qui? È così bello vederti...” Francesca era sinceramente felice, gli sorrise e con un dito, cercò di sfiorargl la guancia, ma lui si spostò, evitando quel contatto.
 "Di là ci sono tua madre e la mia. Conoscono molto bene questo Valerio.”
 Gli disse con fastidio.
 Rimase per qualche istante immobile, socchiudendo gli occhi e cercando di capirlo.
 “C'è qualcosa che non va?”
 “Sono stanco, molto! Devi sbrigarti!”
 “Ho finito. Saluto il signor Valerio e sono pronta...”
 Non sapeva come reagire di fronte a quell'atteggiamento strano e freddo.
 Riccardo si spostò e la invitò ad andare e con fare presuntuoso la seguì.
 “Carissima, è stato un piacere conoscerti... E anche tu piccolo Riccardo! È stato bello rivederti... Siete il segno del tempo che passa...”
 “Spero che il nostro lavoro la soddisfi. La prego di scusarmi se abbiamo creato qualche problema!”
 Disse gentilmente Francesca stringendo la mano all'artista che la avvolse in un caloroso abbraccio, accompagnandola da Betty e Marcella.
 “Nessuno! Nessun problema! Spediscimi l'articolo, tua madre conosce il mio indirizzo...”
 Mentre lei parlava, Riccardo sembrava sulle spine.
 “Dobbiamo andare!”
 Le disse senza considerare le persone che aveva di fronte.
 “Riccardo...”
 “Mamma...”
 Disse con sarcasmo.
 “Hai dimenticato anche le buone maniere?”
 Betty era stanca e frustrata da quell'atteggiamento.
 “Betty, ha solo voglia di stare con lei! Sarà mia premura riaccompagnarvi personalmente...”
 Disse Valerio che aveva ben capito che la tensione poteva tagliarsi con un coltello.
 Francesca, che ancora non capiva cosa stesse succedendo, si rivolse allegramente a Betty e Marcella.
 “Ciao zia. Ciao mamma. Come sta il papà?”
 “Bene tesoro! Sono sicura ti chiamerà presto!”
 Rispose la madre accarezzandole una guancia.
 Rise e cercò gli occhi del compagno che si voltò come se quello sguardo lo disturbasse.
 “Va bene... Allora noi andiamo!”
 Lo disse cercando di stringergli la mano ma lui non ricambiò il gesto.
 “Ciao tesoro! Riccardo, togliti quell'espressione insopportabile dalla faccia per favore!”
 Si voltò senza rispondere alla madre, prendendo un braccio di Francesca e, senza salutare, la trascinanò quasi di peso.
 Camminava velocemente, come se dovesse scappare da qualcosa, senza pensare al pesante trolley che conteneva il materiale e che lei cercava di sorreggere con una sola mano.
 Si fermò di scatto e con uno scossone, si liberò dalla sua presa.
 “Mi stai facendo male! Che ti succede?”
 Si voltò, guardandola inviperito e si parò a pochi centimetri dal suo volto.
 “Non sopporto mia madre quando mi tratta come un ragazzino e anche quel cretino che fa tanto l'amico! Ti ho detto che sono stanco e voglio andare a casa!”
 “Va bene, ma perché mi stringi così il braccio? Mi stai facendo male davvero!"
 "Allora cerca di muoverti!"
 "Chicco, ho la mia auto..."
 "Che significa?"
 "Che se sei stanco puoi avviarti! Io devo sistemare queste cose in macchina... E ci vorrà qualche minuto!”
 Sul volto di Riccardo, comparve un ghigno sarcastico e cattivo.
 “Magari devi anche portare il tuo lavoro da Bolanos?”
 “Ma no! Ha tutto Barbara...”
 Si giustificò.
 “Allora muoviti per favore! Dammi questa dannata borsa! E facciamola finita! Vieni a casa con me e penseremo alla tua macchina domani!”
 Le strappò il trolley dalle mani e non le diede il tempo di replicare.
 Finalmente i fotografi avevano qualcosa da fare. Non appena misero il naso fuori dall'ingresso, cominciarono a spingere per riuscire ad ottenere lo scatto migliore. Francesca era mortificata da lui e impreparata a quell'assalto, inciampò in un gradino e quasi cadde. Lui la sorresse e si mise a spingere i paparazzi che non le davano tregua. Quando finalmente raggiunsero l'auto, la fece sedere in fretta e buttò nel bagagliaio il trolley, senza nemmeno pensare che potesse danneggiare la macchina fotografica e i vari strumenti.
 “Si può sapere che ti prende?”
 “Non aprire bocca! Mi pare di averti già detto che sono stanco!”
 Lo guardò ancora per qualche secondo e poi si voltò verso il finestrino e si limitò a tacere. Non l'aveva mai visto comportarsi in quel modo. Era arrabbiata e avrebbe voluto capire cosa stasse succedendo per riscire a reagire. Conosceva Riccardo e  sapeva che qualcosa l'aveva turbato, ma quell'espressione dura e seria proprio non riuscì ad interpretarla. Si limitò a restare in silenzio mentre lui guidava l'auto senza considerare il codice stradale.
 Parcheggiò l'auto e scese immediatamente, sbattendo la portiera che fece un rumore sordo.
 Senza aspettarla entrò nel palazzo.
 Lo guardò allontanarsi e con calma e cura, scaricò il trolley sperando che nulla si fosse rotto. Sospirò e lentamente raggiunse il suo appartamento.
 La porta era rimasta accostata e la spinse piano, entrò e si guardò in giro, cercandolo. Sentì il rumore dell'acqua e capì che fosse in bagno, sotto la doccia.
 Sempre più sconcertata, si tolse la giacca e controllò che non ci fossero problemi all'attrezzatura.
 Si inginocchiò e aprì la borsa, accertandosi che la poca attenzione non avesse creato qualche danno.
 Rimase immbile per qualche istante, guardando la macchina fotografica, indecisa se raggiungerlo, ma decise di aspettare che finisse e andasse in camera.
 Corse in bagno, si spogliò e lasciò che l'acqua bollente le scaldasse il corpo e il cuore. Rimase a lungo senza muovere un muscolo, cercando di non pensare a quello che stava succedendo. Quando si ridestò, con calma si avvolse nel grande asciugamano che poco prima aveva usato lui e aspirò il suo odore. In quel momento sentì gli occhi pungere ma si sforzò di non piangere. Sistemò l'asciugamano e si guardò allo specchio.
Un grosso livido sul braccio la fece trasalire. Era la prima volta che un uomo le lasciava un segno tanto brutto e incomprensibile ed era stato lui a farglielo. Lo toccò con le dita e si morse un labbro: le faceva male.
 Non capiva cosa lo avesse sconvolto, cosa lo avesse portato a comportarsi in quel modo, ma nulla giustificava quello che aveva fatto e lei non gli avrebbe mai più permesso di farle del male.
 In nessun modo. Si preparò a quello che credeva inevitabile e giurò a se stessa che non avrebbe pianto, non lo avrebbe pregato. Avrebbe semplicemente accettato le sue scelte. Sarebbe stato terribile, ma ce l'avrebbe fatta, come sempre.

 Lui era a letto, con il portatile sulle gambe.
 Provava un dolore forte allo stomaco e alla testa.
 Non riusciva a spiegarsi cosa gli fosse successo. Sapeva solo che non aveva mai provato nulla di tanto negativo in tutta la sua vita. Avrebbe solo voluto far del male fisico a quell'uomo e... E cancellare lei dalla sua vita. La sua razionalità era venuta meno.
Con lei non era mai stato razionale, con lei reagiva d'istinto. Era sempre stato così. Lei gli rubava la ragione.
 Per un momento odiò lei e il suo amore, odiò se stesso e la dipendenza in cui era caduto.
 La sua vita era stata sempre facile, aveva sempre saputo ciò che voleva essere e non era mai stato difficile programmare tutto. Ma da quando il dolore di saperla persa, lo aveva portato a lei, non aveva più alcuna certezza. C'era solo lei.
 Era destabilizzato, confuso.
 Non poteva essere gelosia, non era mai stato geloso. Mai.
 Non era mai stato geloso... Eppure il dolore che aveva provato e che ancora scorreva nelle sue vene, non sembrava completamente sconosciuto. Era simile a quelle piccole fitte che provava ogni volta che leggeva di lei e dei suoi amanti, o a quel malessere provato quando aveva scoperto che si sarebbe sposata con un modello, o a quando l'aveva vista stringere la mano ad un conte francese. Era un dolore simile, ma amplificato, esasperato.
 Finse di non accorgersi di lei e non la guardò quando si infilò sotto le coperte, continuò a fissare lo schermo del suo portatile, mostrandosi indifferente.
 La sua voce giunse alle sue orecchie, accarezzandolo dolcemente.
 “Credevo fossi stanco!”
 “Lo sono, ma devo rispondere a delle mail. Sta' tranquilla: non ti disturberò a lungo!”
 La sentì deglutire rumorosamente.
 “Cosa vuoi dire?"
 Si voltò e la guardò con durezza.
 “Quello che ho detto!”
 “È finita? È questo che stai dicendo? È il nuovo modo che hai trovato per scappare da me? Mio Dio, scappare... Come se ti avessi chiuso in una gabbia!”
 “Sei pazza!”
 Disse con fastidio. Ma ci aveva pensato. Aveva pensato di andarsene e di tornare a condurre la vita che conosceva e in cui si era sempre sentito così sicuro.
 “Fammi sapere quello che vuoi fare! Se vuoi domani posso uscire e lasciarti preparare le tue cose con calma!”
 Si avvolse nelle lenzuola e chiuse gli occhi.
 “Ma che diavolo dici?”
 Buttò il portatile in un angolo e puntò gli occhi su di lei, che sembrava gli avesse letto dentro.
 Lei era girata su un fianco e non lo considerò, dentro si sentiva morire, ma non gli avrebbe dato la soddisfazione di vedere la sua disperazione.
 In un attimo notò quel grande segno violaceo sul braccio e provò un senso di vertigine.
 “Cos'hai fatto? Cos'è quel livido?”
 Si sollevò, guardandolo stupita.
 “Stai scherzando? Ti avevo detto che mi stavi facendo male!”
 “Sono stato io?”
 Scosse la testa con rassegnazione e sorrise.
 “Per una volta, Chicco, una sola volta, vorrei che tu mi dicessi perché? Cos'ho fatto?”
 Le guardava il braccio e si sentì male. Le orecchie gli fischiarono.
Mai! Mai nella vita avrebbe voluto farle del male. Mai avrebbe pensato di lasciare sulla sua pelle un marchio così terribile Era stato lui a farle del male? Era davvero stato lui a segnarla in quel modo. L'idea di far del male a chiunque, gli era insopportabile eppure lo aveva fatto a lei. A lei che era la donna della sua vita, il suo amore. Non si era nemmeno accorto di averle stretto il braccio in quel modo, tanto era accecato dalla rabbia. Cos'era scattato in lui? La gelosia gli aveva annebbiato la mente al punto da aver smesso di ragionare.
Aveva smesso di ragionare!
 Le sfiorò il braccio facendola ritrarre. Quel suo gesto era molto più eloquente di qualsiasi parola. Aveva paura che potesse farle ancora male!
 “Non volevo... Scusami! Dimmi che sai che non volevo farti male...”
 La supplicò con un filo di voce.
 “Io non lo so! Io non so cosa sia successo! Perché tu mi abbia trattata in quel modo! Ma immagino sia dovuto al fatto che più siamo vicini, più il tuo modo di troncare la nostra storia, o quello che è, sia drastico e crudele! L'hai detto tu!"
 Le lacrime le riempirono gli occhi e lui sentì la nausea crescere e un forte dolore allo stomaco. Lei non lo guardava più e cercava di essere forte e non piangere.
 “No, no amore mio!”
 La sollevò fino ad abbracciarla e la strinse sussurrandogli che non avrebbe potuto vivere senza di lei, che non avrebbe mai voluto farle del male e che si faceva schifo da solo per quello che aveva fatto. La pregò di perdonarlo e quando la sentì piangere, lasciandosi vincere da quelle parole, la scostò e le diede un bacio sulla bocca. La guardò e con il pollice le asciugò le lacrime.
 “Giurami che mi credi! E che non mi lascerai anche se sono un idiota inqualificabile!”
 “Perché?”
 “Ho perso la testa! Io... Io credo di essere geloso! Quando l'ho visto darti un bacio io...”
 “Chi? Di cosa parli?”
 Chiese cercando di capire a cosa si riferisse.
 “Di quell'uomo con cui parlavi! L'hai detto tu, non sapevi fossi lì e ti ho visto! Ti ho visto abbracciarlo e baciarlo!”
 “Parli di Artur? È un mio amico... Eravamo in classe insieme! È sposato e sua moglie è anche incinta... Gli stavo solo facendo le congratulazioni...”
 Un idiota! Un idiota meschino e stupido.
 “Ma io non lo sapevo. Ho pensato... Non so nemmeno a cosa abbia pensato o forse non ho pensato a niente, ma ho provato il desiderio di prenderlo a botte!”
 Glielo disse con disperazione, pregandola con gli occhi di perdonarlo e capirlo.
 “Sei geloso di me? Tu?”
 “Sì, è assurdo! Hai avuto tanti amanti e solo oggi mi accorgo che immaginarti tra le braccia di qualcuno mi fa male...”
 “Non ne ho avuti così tanti...”
 “Vorrei che tu fossi stata solo mia! Lo so, sono egoista e maschilista, ma... Sono ridicolo, lo so!”
 Le stringeva le mani sul volto, guardandola negli occhi e a lei non era mai sembrato tanto indifeso.
 “Sei dolce... Ma davvero non devi essere geloso!”
 “È irrazionale!”
 "Già... Chicco... Mi hai fatto del male!"
 "Per favore... Ti prego, perdonami!"
 E mentre lo diceva la strinse cercando di rassicurarla e perché lei curasse il male che provava.
 Con il viso sul suo petto, sospirò e si strinse a lui.
 "Giurami che gli unici segni che lascerai su di me, saranno quelli dei tuoi baci! Giurami che mi toccherai solo per accarezzarmi! Devi giurami che su di me, sentirò solo il tuo profumo! Non farmi mai più del male!"
 "Te lo giuro! Te lo giuro sulla mia vita! Mai più, piccola! Per favore, dimmi che mi perdoni! Dimmi che sai che non volevo! Non volevo..."
 Poteva sentire il suo corpo tremare, devastato da quello che le aveva fatto. Si staccò da lui e lo guardò. Gli accarezzò un guancia e sorrise.
 "Oh, Chicco, prima o poi mi farai impazzire davvero! So che non volevi farmi del male! Ma... Ma vorrei che tu mi parlassi, che ti aprissi... Non devi più respingermi! Lo hai sempre fatto... Ti chiudevi e mi obbligavi ad andare via ed è... È destabilzzante! Ti assicuro che è molto più doloroso di questo livido! Quindi, ti prego, parla con me!"
 Come se non riusisse a staccarsi da lei, tornò a baciarla e con quel bacio pieno di amore, volle trasmetterle tutte le sue emozioni.
 "Sei così speciale, Farfallina! Tu riesci a sconvolgermi completamente! Sono pazzo! Pazzo di te, di quello che sei e di ciò che sai darmi! Giurami che non mi lascerai mai! Giurami che sarai sempre pronta a capirmi e ad accettarmi!"
 Gli spostò una ciocca di capelli dalla fronte. Riccardo gli sembrò completamente diverso. La sua sicurezza, la sua superbia, l'arroganza, erano sparite. Sul suo volto c'era solo vergogna per ciò che le aveva fatto e bisogno. Bisogno del suo perdono e bisogno di lei.
 "Sempre, Chicco! Sono tua! Non devo accettarti, devo solo amarti! E ti amo da sempre! Tu lo sai, Chicco! Da sempre!"
 Le parve di scorgere nei suoi occhi delle lacrime, ma rimasero tra le sue lunghe ciglia, o forse caddero sulla sua pelle, perché le baciò piano il braccio e sentì le sue labbra calde su quel livido. Fu un contatto così leggero, che riuscì appena a percepirlo, sentì la sua pelle bagnarsi e il suo respiro percorrere il suo profilo fino al collo.
 "Ogni giorno ti bacerò quel livido fino a quando non sarà scomparso. Ogni giorno ti amerò di più! Ogni giorno, per tutti i giorni della mia vita, ricorderò ciò che ti ho fatto! Ogni giorno curerò questo livido e tutte le altre ferite che ti ho inferto!"
 La prese tra le braccia e la strinse per sentirla, per assaporarla, perché fosse sua. Non era necessario essere dentro di lei era averla, stavano facendo l'amore anche se i loro corpi erano divisi. Facevano l'amore con le mani, con le carezze, con i tocchi lievi sulle loro schiene.
 Sprofondarono tra le lenzuola, senza mai staccarsi, lei col viso affondato sul suo petto, lui che la avvolgeva con le braccia e nascondeva il volto tra il suo collo e la sua spalla.
 Il tempo perse importanza, si lasciavano cullare dalla musica dei loro cuori e dei loro respiri.
 Il silenzio li avvolgeva e li nascondeva persino da loro stessi.
 A spezzarlo, fu lei, che con voce tremante e incerta gli chiese:
 “Quante donne hai avuto, Chicco?”
 “Cosa?"
 "Quante donne hanno condiviso il tuo letto."
 "Perché me lo chiedi?"
 "È così difficile rispondermi?"
 "No! Non lo è! Tu sai quante donne ho avuto..."
 Sospirò e dopo qualche secondo continuò.
 "Sono state importati per te..."
 "Hanno solo condiviso una parte del mio tempo, ma nessuna ha mai contato nulla! Nessuna contava davvero!”
 Interruppe il loro abbracciò e cercò i suoi occhi.
 “Chicco Ho fatto l'amore solo con te!”
 “Anche io, amore mio!”
 Le disse, sorridendo.
 “No, è vero! Ho avuto tanti fidanzati ma non ho mai fatto l'amore con nessuno...”
 Le sue guance si colorarono e l'imbarazzo le fece abbassare lo sguardo. Si rifugiò sul suo collo.
 Riccardo sentì che il suo cuore accelerava, che si riempiva di tenerezza. Non seppe descrivere l'emozione che provò, ma fu qualcosa di così intenso che sentì ogni fibra del suo corpo sussultare e la strinse forte.
 “È vero?”
 Riuscì a dire con un filo di voce.
 “Non te l'avrei detto...”
 E la strinse ancora di più, come se volesse che i loro corpi diventassero uno solo.
 "Chicco... Ahia! Mi fai male...”
 Non la ascoltò tanto era il bisogno di averla addosso.
 “Hai fatto l'amore solo con me...”
 Ripetè più a sé stesso che a lei.
 “Sì! Tu sei sempre stato l'unico! Per me sei sempre stato tutto!”
 La obbligò ad alzare il viso e si avvicinò alle sue labbra, sfiorandole il naso col suo.
 "Perché non me l'hai mai detto?"
 Sorrise amaramente.
 "Non mi avresti creduto... E poi hai sempre dato per scontato che quei pettegolezzi fossero veri!"
 Le baciò le labbra.
 “Se potessi tornare indietro, non ti lascerei mai più sola!”
 “Non lasciarmi ora!”
 "Non posso, piccola! Non posso proprio vivere senza di te!"
 La spogliò per sentire ogni centimetro della sua pelle, la baciò dappertutto, rubandole il piacere e respirando i suoi gemiti. Le loro anime erano unite come i loro corpi. Il loro sangue si mischiò, come la loro essenza.
 Erano una cosa sola.

 Betty, Marcella e Valerio avevano parlato a lungo quella sera. Era stato un po' come annullare il tempo che li aveva separati. Fu una bella serata e le due donne si fecero riaccompagnare a casa con la promessa di vedersi presto. Marcella aveva invitato Valerio a cena ma l'uomo, troppo impegnato con la mostra, che si sarebbe conclusa in pochi giorni, sarebbe rientrato a New York subito dopo. Era tardi e Betty, prima di raggiungere Armando nel loro letto, si sedette in veranda a bere una tisana. Si stupì quando il suo telefono squillò.
 “Marcella, va tutto bene?”
 “Sì... Cioè no! Betty, perché non sei felice per loro?"
 Le chiese tutto d'un fiato.
 “Ti sbagli, lo sono e ti giuro che ho sognato tante volte si mettessero insieme...”
 “Lo sai da molto? Di loro? Lo sai da quando?”
 “Lo so da poco più di un anno. Ma non me l'hanno detto loro! Ho ascoltato una loro conversazione e ho tirato le conclusioni! Poi mio figlio l'ha confermato!”
 “Ma tu hai lasciato che le stesse lontano per un anno...”
 “Non è così! Lei lo aveva lasciato. La loro è stata una storia strana, incomprensibile, Marcella! Io ho solo chiesto a Riccardo di rispettare la sua decisione! Anche quando insisteva nel voler riallacciare i rapporti!”
 “Ma se davvero si amano...”
 “Sì, si amano! Ma lui le ha fatto molto male, Marcella! Mio figlio ha fatto del male a tua figlia e non sai nemmeno quanto! Ora lui è tornato... E io credo che si impegnerà, che davvero voglia renderla felice! È sincero e lei è... Oh Marcella tua figlia è una donna meravigliosa. È dolce, buona, intelligente! Lei è perfetta. Ma mio figlio nasconde un lato che non capirò mai. Non so cosa abbia sbagliato, ma dentro ha qualcosa di irrisolto...”
 “Io credo che sia lei quel lato di lui... Ora sono insieme!”
 “Sono arrabbiata con lui! Lo amo più di me stessa, ma il suo atteggiamento... Sembra che tutto gli sia dovuto!”
 “Anche Armando era così...”
 “È vero, ma ho insegnato a mio figlio a rispettare le persone!”
 “Credi non la rispetti?”
 “Non dico questo! Ma anche questa sera ha voluto essere presente quando lei non glielo aveva chiesto... E quando si è attardata sembrava non la capisse. Io so che si ameranno sempre, ma ho paura che mio figlio faccia degli errori ed entrambi ne paghino le conseguenze!”
 “Anche Nicola la pensa come te!”
 “Mi dispiace! Mi spiace che proprio mio figlio sia stata la causa di un litigio tra lui e Francesca.”
 “A lui passerà! E anche a te! Non riusciremo a tenerli lontani, a separarli! Lo sai anche tu. E dobbiamo sostenerli... E se qualcosa dovesse andare storto saremo lì a raccogliere i pezzi. Di entrambi, Betty. Perché io non ho mai visto tuo figlio tanto convinto di qualcosa! Non è scappato davanti a mio marito. E sono certa che farà di tutto per far funzionare le cose!”
 “Lo spero, amica mia!”
 Riattaccò il telefono e raggiunse il marito, si accoccolò accanto a lui che la abbracciò.
 Amava Riccardo, era il suo bambino. Lo ammirava per tutto quello che era riuscito a conquistare da solo. Era caparbio, intelligente, brillante, ma era sempre fuggito dai suoi sentimenti e dai problemi. In un certo senso era rimasto un ragazzino viziato, che aveva sempre preso tutto e restituito poco. E da Francesca aveva preso troppo. Pregò perché le rendesse parte di ciò che le aveva tolto. Perché Francesca meritava di essere felice e lo meritava anche lui. Chiuse gli occhi e lasciò andare i pensieri negativi, sperando fossero solo paure senza fondamento.

 Aveva aperto gli occhi solo da qualche minuto ma non aveva mosso un muscolo. Era girata su un fianco e sentiva ancora le stesse emozioni della notte appena passata. Il letto era impregnato del loro odore ed era come se la sua pelle fosse ancora sensibile dopo i baci che lui le aveva dato.
 La camera era in penombra e la figura del suo uomo, leggermente illimitata dalla luce dello schermo del suo portatile, era la cosa più bella che avesse mai visto.
 La bocca era piegata in un leggero sorriso, i capelli, forse un po' troppo lunghi, ricadevano leggeri sulla fronte e le ciglia lunghe e folte incorniciavano i più begli occhi che avessero mai guardato il mondo. La vista delle sue spalle forti, la fecero sospirare e continuò ad osservare il suo torace che si alzava ed abbassava leggermente e regolarmente, evidenziando tutti i muscoli del petto. Le sue lunghe dita, appoggiate sulla tastiera del computer si muovevano come se stesse suonando un pianoforte... Era bellissimo e così incredibilmente sexy che sarebbe rimasta a guardarlo per ore, per giorni interi, senza mai stancarsi.
 Lui non si era accorto che si fosse svegliata. Sembrava impegnato in qualcosa di molto importante.
 “Ciao!”
 Gli disse con una dolcezza che gli destò l'anima.
 “Amore mio... Sei sveglia! Ti ho disturbato io?”
 Allungò un braccio e le accarezzò la guancia con il dorso della mano.
 “Sì! Hai smesso di abbracciarmi...”
 Lo rimproverò imbronciata.
 “Scusami!”
 Appoggiò il computer sul letto e tornò a sdraiarsi accanto a lei baciandole le labbra e avvolgendola tra le sue braccia.
 “Così va meglio!”
 “Come stai?”
 “Bene... Non sono mai stata tanto bene!”
 Gli disse con un sorriso malizioso sulle labbra. Lui rise felice.
 “La mia dolce farfallina birichina...”
 Si guardavano negli occhi, sfiorandosi appena le labbra. In quel momento non erano necessarie le parole, i gesti erano più importanti, ma un pensiero sfiorò la mente di Francesca.
 “Chicco, per te è così importante che tu sia stato l'unico? È cambiato qualcosa? Mi vedi in modo diverso?”
 Gli domandò con una strana espressione.
 “No, Farfallina! Non è così importante! Ti amavo ieri e ti amo oggi e domani ti amerò di più... Solo che io non lo immaginavo! È... È strano! Sei così imprevedibile!”
 Gli rispose con una dolcezza che lei non aveva mai conosciuto.
 “Solo perché non ho mai fatto l'amore con nessuno?”
 Continuò dubbiosa.
 “No! Perché sto scoprendo ogni giorno qualcosa di te! E ogni cosa mi stupisce, mi emoziona. Sei così speciale!”
 “Davvero?”
 “Sì, davvero. Non sarebbe stato importante con quanti uomi tu fossi andata a letto, saresti stata la stessa donna che amo con tutto il cuore! Ma sono deluso da me stesso per non aver capito! Io... Io non ho mai capito davvero che sei semplicemente meravigliosa!”
 “E tu? C'è stata qualcuna con cui hai pensato di costruire qualcosa? Non rispondere che sono io! Hai avuto tante storie, hai portato nella tua vita molte donne!”
 La osservò per qualche istante, leggendo nei suoi occhi qualcosa che non aveva mai davvero visto: curiosità e gelosia.
 “Fino a quando non mi hai lasciato lo scorso anno, non ho mai nemmeno pensato di “costruire” qualcosa... Ma non mento se ti dico che sei l'unica con cui abbia parlato del futuro! Sei l'unica a cui abbia mai detto "ti amo"! Perché sei l'unica che è sempre stata nel mio cuore...”
 In quelle parole, Francesca trovò le rassicurazioni di cui necessitava. Appoggiò la sua mano sulla sua guancia, cercando la sua pelle sotto la barba e sorrise.
 “Ti amo tanto, Chicco...”
 “Anche io! Con tutto me stesso!"
 Poi, ricordandosi improvvisamente di qualcosa, cambiò espressione che da dolce e innamorata divenne impaziente ed eccitata.
 "Vuoi vedere una cosa?”
 Recuperò il computer e lo girò verso di lei.
 “Io non capisco nulla di quello che fai!”
 Gli disse un po' delusa.
 “Non sto lavorando... Guarda!”
 La rassicurò lui con pazienza.
 Le mostrò lo schermo del computer dove c'erano foto e descrizioni di case e appartamenti che aveva selezionato e che riteneva ideali per loro.
 “Quale ti piace? Potremmo andare a vederle quando avrai tempo...”
 Era intontita e incredula.
 “Vuoi... Vuoi davvero comprare una casa per noi?”
 “L'hai detto tu! Ho bisogno di più spazio... È carino qui, ma è piccolo!”
 Il suo sorriso era contagioso e la coinvolse completamente. Dopo aver guardato per qualche minuto le foto e le descrizioni, gli indicò con l'indice un'immagine in particolare.
 “Domani pomeriggio potremmo vedere questa...”
 “Anche a me piace! È quella che speravo scegliessi!”
 Francesca buttò le braccia intorno al suo collo, come un bambina felice e lui ricambiò quel gesto, abbraccinadola. Senza accorgersene, le toccò il braccio e lei trasalì senza farlo apposta.
 Quando se ne rese conto, si ritrasse, come se temesse se stesso. Si sentiva male: era colpa sua, era lui ad averle provocato quel segno doloroso.
 “Non volevo...”
 Le sussurrò mortificato.
 “Lo so!”
 Prese la sua mano e la portò sul suo fianco, invitandolo ad abbracciarla. Quel gesto lo rassicurò e lo fece sentire in pace.
 “Sei tutto, Francesca!”
 “Sei tutto, Chicco!”
 E lo volle dentro di lei, perché aveva bisogno di lui e perché sapesse che non aveva paura delle sue mani e del suo corpo. Si amarono, si presero e si completarono come fossero dei pezzi di un puzzle che per troppo tempo era rimasto incompleto.

 Stavano mangiando sul letto, nudi. Non era una vera cena, non sapevano nemmeno che ore fossero. Mangiavano quello che avevano trovato in casa, qualche mela e della cioccolata e bevevano del vino direttamente dalla bottiglia. Lui la stuzzicava, le faceva il solletico e qualche dispetto e lei rideva. Era felice e lo abbracciava, lo baciava e lo accarezzava.
 "Farfallina, vuoi che cucini qualcosa? Non sono uno chef, ma me la cavo!"
 "Lo so! Ma non ho fame..."
 "Non hai fame? Davvero?"
 Le chiese incerto.
 "No! Ma voglio fare l'amore! Pensi sia una cattiva idea?"
 Quanto era bella quando rideva. Era il suo sorriso ad essergli mancato più di ogni altra cosa. Il suo sorriso e la sua spontaneità. Francesca non aveva inibizioni con lui, era sempre stata se stessa e non aveva mai provato alcuna remora a chiedergli di amarla. E anche quel suo lato lo ammaliava. Era ingenua e spontanea come una ragazzina, ma sapeva amare come nessuna.
 Non era stato necessario risponderle, aveva semplicemente lasciato che lei facesse di lui ciò che desiderava.
 Non era difficile perdere qualsiasi cognizione del tempo quando erano uniti. A scandirlo, bastavano il piacere e la passione, l'amore che nutrivano l'uno per l'altra e quel senso di appagamento, continuava anche quando i loro corpi si staccavano, perché la loro pelle continuava ad essere bollente e a bruciare per la loro vicinanza.
 Si accoccolò sul suo seno, ammaliato dal suo cuore che batteva ancora in maniera irregolare e si beò delle sue dita che accarezzavano la barba.
 "Ti piace tanto la barba?"
 Gli chiese ridendo.
 "A te no? Vuoi che mi rada?"
 "Lo faresti davvero?"
 "Ma sì... Vuoi che lo faccia?"
 "No! Mi piace accarezzarti, sembri un gattino!"
 Rise divertita.
 "Un gattino?"
 Alzò gli occhi, incontrando i suoi che erano allegri e brillanti.
 "E sei bellissimo con la barba... Lo sei anche senza... Tu sei bellissimo!"
 Constatò sicura.
 "Ti sei innamorata di me per questo?"
 Le chiese gonfiando il petto come un pavone.
 "Oh no, io ti amo da sempre, da prima di capire cosa fosse la bellezza! Da bambina non pensavo che tu fossi bello, ma che tu fossi dolce. Ti volevo bene perché con te stavo bene! Poi... È sempre stato così! Ti amo perché solo con te sono serena, sono felice. Ma sei bello... E non mi dispiace!"
 Aveva riso e gli aveva dato un bacio sulla fronte quando lui si era girato completamente verso di lei. E le sue vene, oltre al sangue, portarono al suo cuore la tenerezza.
 "A volte mi sembra di rivedere ancora la stessa bambina che mi assillava per ore..."
 Le sussurrò, stregato dalla sua donna
 "Perché pensi che ti assilli anche ora?"
 Scherzò lei.
 "No, perché a volte hai la stessa innocenza di allora e poi è un ricordo piacevole! Perché non riuscivo a fare a meno di te! Mi assillavi ma quando non lo facevi mi mancavi... Eri dolce e lo sei anche ora!"
 "Io ti amavo... Tu nemmeno mi vedevi, soffrivo!"
 Disse con falso risentimento.
 "Mi dispiace, davvero!"
 Le fece eco con sincerità.
 "Non era colpa tua! Forse, ripensandoci, ero piuttosto invadente e tu eri già un uomo!"
 "Non parlo di allora... Mi dispiace per il resto! Parlo di quello che ti ho fatto dopo!"
 Sospirò e dopo qualche secondo gli disse:
 "Ma ora sei qui... Io penso che non sia importante il passato! Anche io ti ho fatto del male, anche se non volevo! Abbiamo fatto degli sbagli, ma alla fine siamo qui e io non ti ho mai amato tanto..."
 Come riusciva a trovare sempre le parole giuste per acuietarlo? Come faceva a dargli la pace ogni volta che provava disagio? Sapeva rassicurarlo, confortarlo, rincuorarlo.
 Sapeva come cancellare i dubbi e le paure.
 E in quel momento si rese conto che doveva sapere. Sperò che lei si aprisse, aveva bisogno di conoscere quello che era successo, quello che aveva vissuto. Non l'avrebbe obbligata a parlare, perché poteva solo immaginare quello che avrebbe significato rivivere quel momento, ma doveva chiederglielo. Si prese qualche istante e poi parlò con calma.
 "Cos'hai provato, piccola?"
 "Non mettermi in imbarazzo! Lo sai quello che ho provato!"
 Gli disse ridendo.
 "Facciamo l'amore da sempre... Siamo chiusi in questa camera da non so quanto tempo e fino a dieci minuti fa ti muovevi su di me e mi facevi impazzire... Eppure riesci ancora ad arrossire..."
 "Lo so, sono stupida!"
 "No, non lo sei! Sei tenera, ingenua, nonostante tutto quello che ti ho fatto, non hai perso la tua spontaneità. Ti amo per questo e per mille altre ragioni... Ma non parlavo di quello che hai provato quando abbiamo fatto l'amore..."
 "No? E a cosa ti riferisci? Cosa vuoi sapere?"
 Chiese perplessa.
 "Non sei obbligata a dirmelo! Se non vuoi, posso capirlo! Voglio che tu sappia che non insisterò né ora né mai... Ma io ho bisogno comunque di chiedertelo!"
 L'espressione di Francesca si fece più cupa, come se avesse percepito a cosa si riferisse.
 "Piccola, cos'hai provato? Cosa hai sentito quando hai saputo di aspettare nostro figlio?"
 La sentì deglutire ma continuò. Le avrebbe lasciato tutto il tempo per rispondere e se non avesse voluto dirglielo, non glielo avrebbe più chiesto.
 "E dopo? Quando hai preso quella decisione?"
 "Perché lo vuoi sapere?"
 Chiese con la voce che tremava.
 "Perché voglio tutto di te! Anche il male! Perché sono io ad avertelo fatto!"
 Respirò a fondo e inghiottì più volte. Si mise seduta e si coprì con il lenzuolo, evitando di guardarlo negli occhi.
 "Io... Io non lo so! Forse... Per un momento, uno solo, ho sentito di amarlo... Poi... Non lo so! Ero confusa..."
 "Piccola... Non devi dirmi niente se non vuoi!"
 Cercò i suoi occhi che lo evitavano e quando finalmente riuscì a trovarli, le impose di non rompere quel contatto.
 "Rispetterò il tuo silenzio! Ne hai diritto e non voglio riaprire quella ferita!"
 Ci pensò e capì che se lei aveva il diritto all'oblio, lui aveva il diritto alla verità. E sapeva di aver taciuto per troppo tempo. Meritava di sapere.
 "No... Riguarda anche te!"
 Gli prese la mano destra e la portò al suo cuore.
 "Era il nostro amore..."
 Quelle parole gli morirono in gola e dovette schiarirsi la voce più volte per riuscire a continuare.
 "Io... Ho pensato che fosse impossibile. Quando mi ha sfiorato l'idea di una gravidanza, credevo fosse una fantasia... Una volta. Avevamo fatto l'amore senza precauzioni una sola volta. Non potevo essere incinta. Non era possibile. Ho pensato che quel ritardo fosse dovuto ad altro, perché ero stressata e stanca. E poi..."
 Gli occhi si riempirono di lacrime e quando le bagnarono le guance, lui fu pronto ad asciugarle.
 "...E poi quello che era successo mi aveva distrutta. Mi sono sentita male fisicamente per giorni, facevo fatica persino a mangiare. Quindi mi ero quasi convinta che quel ritardo fosse dovuto a quello. Ero a casa da più o meno 4 settimane ed ero chiusa nel mio appartamento. Incapace di fare qualsiasi cosa... stavo così male, Chicco!"
 Lui cercò di avvicinarsi e di abbracciarla, ma lei lo pregò di lasciarla continuare.
 "Ero sola, tu mi avevi lasciato, mia madre mi odiava... Solo mio padre era venuto a trovarmi... Era l'unico che non mi disprezzava completamente per quello che avevo fatto, mi disse che quella farsa del matrimonio era conclusa, che era stato annullato ed era come se non fosse successo nulla. Ma era successo tutto invece, Chicco... tutto era cambiato."
 La ascoltava e rivisse quei giorni sulla barca e lo stomaco sembrò contorcersi ripensando a ciò che le aveva detto. Chiuse gli occhi e si passò una mano tra i capelli. Faceva fatica a guardarla, perché il dolore che aveva provato era dipinto sul suo volto.
 "Non riuscivo più a fingere che avrei potuto farcela! Quello che c'era tra noi... Il nostro rapporto era troppo doloroso e mi stava consumando. Non ero nemmeno più certa fosse amore. Forse era un'ossessione. Pensavo a te e a cosa stessi facendo in quel momento. Ed ero sicura che tu stessi pensando solo a te stesso e ai tuoi obiettivi, ai tuoi traguardi, alla tua vita. E io non ne facevo parte. Perché vedi, Chicco, io ci avevo provato in ogni modo. Con l'amore, la dolcezza. Avevo provato a darti tutta me stessa. Ho provato a fingere indifferenza e di essere forte, ho sposato un altro uomo per dimostrarti che potevo fare ciò che volevo... Ma ti avevo supplicato di venire da me. Stavo così male senza di te, non mi ero mai sentiva così sola! Ti avevo chiesto di raggiungermi. Di amarmi! Lo ricordi? Ti avevo solo chiesto di amarmi!"
 Ormai la sua voce era rotta dai singhiozzi. Singhiozzi che lo torturavano ed erano dolorosi come qualcosa che gli lacerava la pelle. Fece per dire qualcosa ma oramai Francesca doveva dirgli tutto.
 "No... Aspetta... Non aprire bocca! Non parlare! Non ti sto accusando di nulla! Ma mi hai chiesto quello che ho provato..."
 Annuì, sperando di riuscire a guardare il male in faccia che le aveva fatto.
 "Ecco, ho accantonato quel pensiero! Per qualche giorno ho finto che presto mi sarebbe arrivato il ciclo, che i miei erano solo degli stupidi dubbi. Ma stavo sempre peggio. Nausee, piccoli dolori che non sapevo spiegare! Sono uscita e ho comprato un test. Lo sai? L'ho guardato per ore! Cercavo di convincermi che era giusto farlo... Ma avevo paura! Ero terrorizzata! Avrei voluto non essere sola... Poi, semplicemente, l'ho fatto. Ed era positivo. E per un momento, solo per qualche secondo, ho pensato che sarebbe stato meraviglioso! Mentre cercavo il tuo nome sul cellulare, ti giuro che non riuscivo a leggere nulla, le lacrime mi impedivano di vedere chiaramente. Poi ho realizzato che noi non eravamo una coppia. Che tra noi c'era solo dolore, ma soprattutto ho ricordato le tue parole e quelle lacrime, forse di gioia, forse di dolore, sono finite. Ho smesso di piangere, ho chiamato un medico per una visita e ho praticamente smesso di pensarci. Fino a quando il medico mi ha visitata... All'inizio ricordo che sembrava mi sorridesse. Poi si è fatto serio e mi ha chiesto se volessi sentire il cuore di mio figlio... Ma che non ero obbligata a farlo, che c'erano tante alternative. Gli ho chiesto di cosa parlasse e mi ha semplicemente detto che se non lo avessi voluto, avrei potuto interrompere la gravidanza... Era abbastanza chiaro che fossi sconvolta, quantomeno."
Sorrise amaramente.
 "Piccola, perché non mi hai cercato? Io... Io ci sarei stato!"
 "Davvero?"
 Lo guardò e alzò un sopracciglio per studiarlo.
 "Io credo che non avresti nemmeno risposto alla mia chiamata. Era passato troppo poco tempo, solo sei settimane... Ero incinta di sei settimane e il mondo mi è crollato addosso... Mi sentivo sopraffatta da quello che stava succedendo. Mio figlio cresceva dentro di me e io, prima di uscire dallo studio del medico, avevo fissato la data per abortire. Avevo paura. Tu avresti pensato che lo avessi fatto apposta! Mi avresti accusato di averti incastrato... E io non volevo che tu lo pensassi. Faceva troppo male sapere quello che pensavi di me. Che ero... Che ero vuota, stupida e superficiale... Che non volevi un figlio da me! Che solo una donna migliore di me avrebbe potuto darti un figlio... Era tutto vero! Tutto quello che mi avevi detto era vero! Solo per una cosa sbagliavi, io non ero mai andata a letto con nessuno. Non ero una puttana che si dava a chiunque. Che si dava a tutti! Ma tu non potevi saperlo. Lo pensavano tutti che fossi una puttana."
 "Io non ho mai pensato che tu lo fossi... Te lo giuro!"
 Era vero! Lui non l'aveva mai giudicata per quello che dicevano i giornali.
 "Lo so... Ma pensavi che una come me non fosse adeguata a crescere tuo figlio... Del resto mi nascondevi al mondo, non mi amavi alla luce del sole come facevi con le altre donne... E poi... Lo ricordi, no? Lo hai detto solo qualche giorno fa! Non mi consideravi una puttana, ma tanto fragile da gettarmi tra le braccia di chiunque per dimenticarti, sì!"
 "Era diverso, piccola... Sono un idiota! Con te lo sono sempre stato!"
 Provò a giustificarsi, ma lei aveva ragione.
 "Comunque sia, le cose stavano in quel modo! Sono andata a parlare con tua madre... Volevo dirglielo che era tuo, forse perché inconsciamente, speravo che me lo avrebbe impedito. Ma poi lei ha creduto fosse del mio finto marito... Era buffo. Anche lei pensava che andassi a letto con tutti!"
 "Piccola, non avrei mai messo in dubbio che fosse mio!"
 "Oh, non ho mai pensato lo avresti fatto... Non era quello che temevo. Temevo i tuoi occhi. Le tue parole. Temevo avresti creduto che fosse un gioco, che l'avessi programmato. Oppure che avresti pensato che non ero stata nemmeno capace di assumere la pillola... E comunque sapevo che non lo volevi. Eri stato chiaro. Così sono andata a quell'appuntamento."
 Ebbe un conato e portò istintivamente una mano sulla bocca per poi passarla con vigore sul viso e sui capelli.
 "Hai... Hai provato dolore?"
 "No... Fastidio, paura e... E freddo! Ricordo che avevo freddo."
 "Piccola... Mi dispiace così tanto!"
 "È stato tutto molto veloce. La sera stessa ero nel mio letto. Ma quel freddo che sentivo non se ne andava..."
 Puntò gli occhi nei suoi e dopo aver respirato pesantemente per riprendere il controllo, riprese a parlare.
 "... Vuoi sapere come mi sentivo? Vuota! Vuota e sola!"
 "Io ti sarei stato vicino! Se lo avessi saputo sarei corso da te!"
 "Forse... Forse sì, ma non ero pronta nemmeno io ad avere un bambino. Mi sentivo così impreparata! E per tanto tempo ho pensato di averlo fatto per colpa tua! Ma non era così! Avevo scelto io di nasconderti la gravidanza. E lo avevo fatto solo perché le cose non sarebbero cambiate. E ti giuro che credevo di aver superato tutto. Dopo un paio di mesi ho ricominciato a lavorare, sono volata in Europa e semplicemente ho smesso di pensare a tutto. Anche a te! Ho ricominciato ad uscire e a passare da una festa all'altra... Poi ho conosciuto Alfredo... Lo ricordi? Era carino, gentile. Mi piaceva e a me ci teneva davvero, credo! Era l'uomo perfetto perché mi aveva offerto una spalla senza chiedermi nulla in cambio! Poi... Quando sei tornato, per il matrimonio di Giulio e Camilla però... Mi sono resa conto quello che provavo per te era ancora vivo. Ti amavo, più di prima e che anche per te le cose non erano cambiate. Hai giocato con me quella sera, come facevi sempre. Mi provocavi... Volevi ricominciare tutto da dove eravamo rimasti... Come se non fosse successo nulla."
 "Io... Io non potevo saperlo!"
 "No... Ma per me era impensabile ricominciare tutto da capo!"
 "Come hai fatto a non odiarmi?"
 "Oh, ma io ti ho odiato! Ti ho odiato ogni giorno per tanto tempo... Ma quando ero in ospedale, no! In quel momento non pensavo ad altro che al tuo amore... il tuo amore era qualcosa di così grande da aver creato la vita. Ho odiato me stessa per averla interrotta, quella vita..."
 Non riuscì più a resistere e la prese tra le braccia. Lei non rispose a quel gesto, ma lasciò che lui la stringesse e la scaldasse. Sentiva che il cuore dell'uomo batteva in maniera anomala e, anche se impercettibilmente, piccoli fremiti percorrevano tutto il suo corpo.
 "E tu? Quando ti ho detto del bambino, cos'hai provato? Non volevo farti del male... Quando te l'ho detto... Gridato più che altro, volevo solo che tu te ne andassi! Che smettessi di tormentarmi!"
 "Lo so... Tu non mi hai mai fatto del male! Mai! Quando me l'hai detto ho provato odio per me stesso. Per non essere stato l'uomo che avresti meritato. Perché non ero stato capace di darti ciò che meritavi!"
 Si liberò dalle sue braccia e lo guardò perplessa. Aveva smesso di singhiozzare, ma i suoi occhi erano ancora pieni di lacrime.
 "Chicco... Io ti conosco! Devi essere sincero!"
 Sì, doveva essere sincero. Sospirò, cercando di trovare le parole migliori.
 "È stato difficile accettarlo...  Sono stato assalito da mille dubbi e... A Miami... Per un attimo, sì, ti ho odiata! Ero seduto ad un tavolo, a due passi dalla spiaggia e ho visto un bambino di un paio d'anni tenere la mano di suo padre... Quell'uomo... Non avevo mai visto un uomo più felice! Aveva un sorriso così vero da contagiare chiunque di allegria, ma è stato capace di svuotarmi, quel sorriso... Per un attimo ho creduto che tu mi avessi privato di quel sorriso... Lo capisci?"
 Annuì.
 "Ti ho portato via tanto... Non hai avuto la possibilità di decidere... Forse..."
 "No, piccola! È stato solo un attimo! Ho subito capito che... Quel sorriso non mi apparteneva... Non in quel momento! Ma ho provato dolore... Per quello che ti ho fatto. Ho provato ad immaginare quanto tu abbia sofferto... Ci sto provando anche ora... Piccola... Ho provato dolore per quello che ero..."
 "Mi dispiace, Chicco! Mi dispiace tanto! Non avrei mai dovuto mentirti! Sono scappata da tutto... Ero spaventata!"
 "Lo so! So che lo eri... Ero un idiota! Sono stato un idiota per tutta la vita! Ma ti giuro che ti ho sempre amato! Sempre!"
 Si buttò tra le sue braccia, cercando in lui la forza che stava venendo meno. Si strinse a lui che la accolse con tutto il bisogno che aveva di lei.
 "Non eravamo pronti, Farfallina... Ma ora sì!"
 "Siamo pronti per cosa?"
 Sussurrò con la bocca sul suo petto.
 "Per un figlio! Io lo voglio! Con tutto me stesso! Ci penso da prima di sapere che fossi rimasta davvero incinta. Da quando mi sono reso conto che sei tutto! Quella notte, quando me lo hai detto, ho solo pensato a te! E io lo voglio un figlio... E tu? Vuoi darmelo?"
 "Io... Io non lo so!"
 La scostò, sentendola tremare.
 "Ti fa male parlarne?"
 "No... Forse! Sì, fa male... E credo che avere un figlio per sostituirne un altro non sia giusto!"
 Glielo disse alzando la voce. Quella fu quasi un'accusa che lo fece vacillare.
 "No, non voglio averlo per sostituire quello che abbiamo perso! Io credo... Credo che sarebbe... Che sia giusto! Tu saresti una madre perfetta! E io ti amerei ancora di più!"
 Le disse cercando i suoi occhi ed era sincero.
 "Non voglio parlarne, adesso! Per favore..."
 "Scusa, piccola! Ehi, giardami... Ti prego, scusami!"
 Scosse la testa e si prese il viso tra le mani, cercando di trovare ancora un po' di coraggio.
 "Chicco, per favore! Basta! Non chiedermi scusa per qualcosa che nemmeno sapevi! E smetti di farlo anche per tutto il resto! Io... Io lo capisco che tu abbia bisogno di sapere come sono andate le cose! Capisco anche sia giusto! Ma vedi, io le ho vissute, quelle cose! E tu... Tu non ne hai alcuna colpa! Ma ricordare è difficile! Ho provato per anni a dimenticare! Non possiamo tornare indietro! Io non posso! E non voglio, perché farlo significa ripiombare in un incubo! Io... Io ti chiedo di amarmi ora! Di starmi accanto ora! L'hai detto tu, non eravamo pronti, nemmeno per stare insieme. Ora sì! Sei dolce quando mi dici di volere un figlio. E so che sei sincero, ma prima di pensare ad una cosa così grande... io non sono nemmeno sicura di quello che farai domani! Ho sempre paura di dire  una parola sbagliata o fare qualcosa che possa destabilizzarti al punto da spaventarti tanto da farti scappare... Chicco, solo ieri sera sei cambiato per un equivoco. Sei... Sei così instabile... Vuoi un figlio? E se avessimo un figlio e qualcosa ti portasse lontano?"
 "Non lo farò! Te lo giuro! Non andrò mai più via! Mai!! E te lo dimostrerò! Io... Tu mi manchi come l'aria, piccola! Da sempre! Quando eravamo separati sapevo che saresti tornata e io avrei ricominciato a respirare... Era come se riuscissi a vivere in apnea, perché prima o poi tu saresti tornata a darmi ossigeno! Lo scorso anno invece, quando ho capito che mi avevi chiuso ogni porta, mi sembrava di soffocare! Ci ho provato! Ti giuro che ho provato in tutti i modi a vivere la mia vita senza di te, ma pensavo a te ogni istante, anche quando credevo di averti dimenticato! Credevo sarebbe passato quel senso di vuoto e vertigine, ma più passava il tempo e più era peggio! Allora ho capito. Senza di te, era come non avere nulla. Il successo, il lavoro non avevano senso! Sono cose semplici da ottenere! Ma tu... Tu sei la vita! E quando mi hai detto di nostro figlio, ho capito che non solo avevo perso un figlio, ma che lo volevo! Lo volevo la notte in cui me l'hai chiesto e quando ti ho trattato con disprezzo, obbligandoti ad andare via. Lo volevo quando sei scesa dalla barca, quando mi hai lasciato nel giardino dei tuoi genitori, mentre giocavi con i figli di Laura e Lorenzo al ricevimento di Camilla e Giulio. Lo volevo quando sono partito per Miami e per tutto l'anno in cui ti sognavo giorno e notte. Perché io voglio te! Tutto di te!"
 La abbracciava forte, come fosse un bambino in cerca di rassicurazioni. Si stringeva al suo seno e lei gli baciò i capelli. Era suo... Per la prima volta, era suo. Lo sentiva con ogni parte del suo corpo. Era suo il cuore, la mente, la pelle e l'anima. Era suo. E lei... Lei si sentì riempire di felicità. Riccardo, tra le sue braccia, le sembrò fragile come mai. Si era dato a lei come mai prima di allora. Mai era stato più sincero e il futuro non le sembrò più così astratto.
 In quel futuro erano insieme. Come amanti, amici, come compagni, come sposi. Uniti.
 "Hai tutto di me! Lo hai sempre avuto! Non voglio più parlare del passato, Chicco! Voglio vivere quello che abbiamo oggi! Io non ho bisogno di nessun anello per amarti ogni giorno della mia vita... Voglio te, perché sai darmi tutto ciò di cui ho bisogno! Noi siamo una cosa sola! E voglio un figlio, ne voglio mille e sogno abbiano la stessa fossetta che hai tu quando ridi!"
 "Ti amo, farfallina! Sei la mia pace, la mia casa! Sei la mia destinazione. Il mio porto!"
 I sentimenti di Riccardo, in quel momento, presero una forma diversa.
 Lei non era più la ragazzina e la donna che gli aveva rubato il cuore. Non era più la donna meravigliosa che era stata capace di cambiare la sua vita, le sue prospettive e i suoi bisogni.
 Francesca, ai suoi occhi, era una donna la cui straordinarietà, lo emozionava e lo migliorava.
 E si sentì piccolo. Per la prima volta nella sua vita, si sentì inferiore a qualcuno. Lui non era nulla rispetto a lei. Era così incredibile, forte, indipendente, che mai nessuno avrebbe potuto farle altro male. Nemmeno lui.
 Lei era tutto.

 Carol era felice. Ce l'aveva fatta. Era incinta! Ora sarebbe stato tutto più facile. Si guardò allo specchio e pensò che sarebbe stato un peccato rovinare il suo corpo tanto bello, ma avrebbe avuto tempo per tornare ad essere bella, proprio come dopo la sua prima gravidanza. Il piccolo Kyle era con il padre, che aveva preteso di conoscerlo, forse roso dai sensi di colpa per averlo abbandonato. E anche di quello era contenta, non perché volesse fosse lui a crescerlo, anzi avrebbe fatto in modo che tra loro non si creasse nessun affiatamento, ma in quel modo era libera. Avrebbe avuto più tempo e spazio per mettere in pratica il suo intento.
 Sarebbe tornata a Miami con Riccardo.
 Un volta saputo della gravidanza, non l'avrebbe lasciata. Sarebbe stato con lei e con Kyle.
 Lo voleva più di ogni altra cosa e non le importava il modo in cui lo avrebbe ottenuto. Aveva sempre avuto tutto ciò che desiderava e non aveva mai accettato di essere respinta, da nessuno.
 Sarebbero stati una famiglia. Una famiglia unita, lui l'avrebbe amata e lei gli avrebbe fatto dimenticare quell'insignificante ragazzina.
 Lo immaginava tenere in braccio il loro bambino e giocare con lui e Kyle.
 Sorrise allegra, quasi come se quei pensieri fossero normali e inevitabili.
 Ripensò con fastidio, alla notte in cui aveva concepito la creatura che le cresceva nel ventre. Sapeva che l'uomo con cui aveva fatto sesso non l'amava e lei lo aveva usato. Forse se avesse avuto più tempo avrebbe scelto qualcuno di diverso, più simile a Riccardo. Ma il tempo passava e si era dovuta accontentare. Non era un problema: quel figlio, lei, lo avrebbe avuto con Riccardo e finse che a renderla madre, fosse stato proprio lui, l'uomo più bello e affascinante che esistesse.
 “Sono io!”
 Disse innervosita a causa del silenzio all'altro capo del telefono.
 “Carol...”
 “Non essere tanto entusiasta!”
 “Scusa... Come stai?”
 Gilian sospirò.
 “Incinta! Quindi benissimo!”
 Disse lei con un entusiasmo completamente fuori luogo.
 “Cos... Mio Dio! L'hai fatto davvero!”
 La voce della donna, non nascondeva lo sconcerto.
 “Avevi dubbi? Comunque tra qualche giorno partirò per Bogotà!”
 “Non pensi al padre del bambino?”
 “Fidati tesoro, non vuole saperlo!”
 “Forse non è così... Potrebbe crescerlo con amore!”
 “Come sei sciocca! È sposato! Ha una famiglia e quando siamo andati a letto era talmente ubriaco che nemmeno riusciva a trovare il preservativo! Ho giurato che prendevo la pillola! Non voglio sia lui il padre di mio figlio! È un uomo banale e se non fosse per la moglie, non avrebbe un centesimo!”
 Gilian fu pervasa da un moto di rabbia e ribrezzo. Quella donna era impazzita, ma lei non voleva saperne nulla.
 “Ti saluto Carol! Non ti augurerò buona fortuna! Stai rovinando la vita di molte persone! Primo fra tutti quella di un bambino non ancora nato! Non cercarmi più!”
 Moralista! Stupida morarilsta! Aveva avuto qualche rimorso ad aver usato suo marito, se avesse avuto scelta non avrebbe certamente sedotto lui, ma non poteva perdere tempo e quell'idiota era stato molto semplice da sedurre. Le era dispiaciuto all'inizio per l'amica, ma dopo le parole che le aveva detto ne fu felice! Quella moralista aveva quello che meritava! Un marito fedifrago che sarebbe stato padre di un figlio che non avrebbe conosciuto!
 Peccato! Le avrebbe fatto del male volentieri in quel momento! Prenotò il volo e un albergo elegante e costoso. Quella città era orribile ma non si sarebbe trattenuta a lungo.

 Il servizio di Francesca e Barbara era stato un successo. L'articolo era scritto bene e le foto erano dei veri capolavori. Valerio aveva scritto personalmente a lei e a Suarez per complimentarsi e il giornale ne ebbe visibilità. Una rivista d'arte degli Stati Uniti, forse contattata dallo stesso artista, aveva voluto acquistare il servizio e le foto, soprattutto le foto che rappresentavano le opere in modo diverso e particolare. Suarez si complimentò con loro e fu soddisfatto di non averla licenziata dopo il clamore suscitato dalla sua storia privata.
 “È brava... Bravissima, Suarez! Non puoi negare ti abbia stupito!”
 “Non lo nego! È una ragazza speciale e sa esprimere se stessa con quella macchina! Barbara non lo sa, ma per ottenere le sue foto ho obbligato quell'editore ad acquistare anche l'articolo. Mi sembrava giusto...”
 “Le copie sono aumentate da quando lei lavora per noi...”
 “È vero. Ma temo che presto verrà contattata da qualche giornale più importante e se ne andrà! Non abbiamo molto da offrirle!”
 “Io dubito che se ne andrà. Non sa nemmeno lei quanto valga! E crede che siamo stati noi a darle quella possibilità che non avrebbe mai avuto...”
 “Ma sai che prima o poi ce l'avrebbe fatta lo stesso!”
 “Non andrà via!”
 Ripetè per convincere anche se stesso.
 “Forse, ma cosa possiamo fare per esaltare le sue capacità?”
 “Voglio andare per qualche tempo in Venezuela...”
 Disse dopo qualche istante di silenzio.
 “È un momento difficile in quel paese!”
 “Sì, ma ne verrebbe fuori un articolo da premio Pulitzer! E con lei a scattare le foto...”
 “Non voglio occuparmi di politica estera!”
 Precisò il direttore.
 “Nemmeno io... Pensavo a qualcosa di più particolare. Vorrei descrivere il sociale. Come vive la gente... Quello che sogna! Per questo voglio che lei venga con me! Francis sa cogliere il lato  umano delle situazioni... Coglie l'essenza delle persone”
 “Quando? Quando vorresti partire?”
 “Il tempo di sistemare alcune cose. E devo convincerla a partire con me!”
 “Adesso che ha comprato una casa con quel Mendoza? Scordalo, non verrà mai!”
 “Dammi tempo e partiremo! In un modo o nell'altro, la convincerò!”
 “Allora va bene! Fammi sapere per organizzare tutto anche con la nostra ambasciata...”

 Riccardo e Francesca vivevano il loro amore alla luce del sole. Anche i paparazzi si erano arresi e a parte scattare foto a due innamorati, non riuscivano a trovare nulla di particolare che li rendesse interessanti. Avevano acquistato un appartamento in centro, grande e luminoso e lei si era divertita ad arredarlo in modo casuale, l'aveva dipinto con colori tenui in contrasto ai mobili che avevano colori e stili diversi. Lui l'aveva lasciata fare, divertito dal suo entusiasmo che sembrava quello di una bambina. Si scopriva sempre più attratto da lei e dipendente dal suo amore. Lei lo aveva cambiato? No, l'aveva placato. Gli aveva dato quello che lui desiderava e che non aveva mai avuto il coraggio di ammettere.
 Era bella, la sua donna. Ed era fresca e allegra, come una farfalla. Anche Nicola aveva messo da parte i dubbi e lo aveva accolto. E Betty non poteva far altro che ammettere che il figlio era diventato l'uomo che lei aveva sempre sognato.
 Sembrava tutto perfetto, ma Carol era in città da qualche settimana e li aveva osservati. Alle cene nei ristoranti, quando passeggiavano per strada. Era furiosa. Lui era riuscito a lavorare per quella compagnia che aveva contattato personalmente e dai suoi contatti, aveva saputo che Forbes, per accaparrarsi la sua collaborazione, gli aveva offerto un contratto molto più conveniente del precedente. E lei? Lei era una piccola celebrità nel mondo dell'editoria indipendente. Aveva fatto le sue ricerche e aveva saputo che era stata capace di rifiutare anche offerte molto più interessanti e convenienti. Quella sciocca ragazzina! Ma sarebbe durata poco! Il loro mondo perfetto sarebbe crollato presto! E lei l'avrebbe pagata per essersi permessa di portarle via l'uomo che aveva scelto! Avrebbe sofferto, quella stupida! Forse anche lui, ma poi avrebbe accettato le cose e l'avrebbe ricambiata.
 Doveva solo decidere quando parlargli!


°°°°°°°°°°°°
 Mi sono messa di impegno questa volta! Sono riuscita a pubblicare il capitolo nei tempi previsti e devo dire, di esserne felice.
 In questo capitolo, non previsto in realtà, ho voluto mettere completamente a nudo i due protagonisti.
 Ho voluto che emergessero completamente i loro sentimenti, a volte anche non positivi.
 Non ho mai sopportato la gelosia, la capisco, ma non la considero mai costruttiva e quindi ho voluto sottolinearlo e, come al solito, ho usato il mio Riccardo, che ancora una volta ne esce sconfitto, ma credo che quello che ha fatto, gli sia servito di lezione. Non tollero la violenza, in nessuna sua forma e spero che dalle mie parole si evinca. Non importa quanto si faccia del male, non importa se sia o meno intenzione farne, per me mai va giustificata.
 Alla fine però, ho dato spazio alle loro parole e alle loro confessioni.
 Sono infatti felice di aver permesso a Francesca di essere sincera, finalmente, dicendo la verità sul suo conto (gli altri personaggi avranno modo di scoprirlo) e sono anche contenta per come abbia reagito il mio Riccardo. Per lui nulla è cambiato, perché sa, che esattamente come lui, anche Francesca aveva il diritto di fare ciò che preferiva.
 E poi il finale... Mi sono emozionata scrivendolo, davvero.
 Io amo davvero i miei protagonisti, forse perché li ho rubati dalla realtà e spero che anche voi sentiate "qualcosa" leggendo queste righe...
 Ora mi concentrerò sul prossimo capitolo che spero di pubblicare entro il fine settimana anche se so già sarà difficilissimo... Perché la tempesta è proprio alle porte...
 Un abbraccio sincero a tutte!
   
 
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