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Autore: Laura Sparrow    18/09/2018    1 recensioni
Quinto capitolo della saga di Caribbean Tales. - La Perla è perduta. Jack è perduto. Una tempesta separa Laura Evans dalla sua ciurma e dal suo capitano, per gettarla sola su coste sconosciute. Devono ritrovarsi, mentre il pericolo incombe sottoforma di uno spietato cacciatore di pirati incaricato di trovare proprio loro...
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Elizabeth Swann, Hector Barbossa, Jack Sparrow, Nuovo Personaggio, Will Turner
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 14



Sulle pareti del Palazzo dei Relitti c'erano scheletri di granchi. Granchi e molluschi, a quanto potevo vedere. Considerando che anche le celle erano state, in fin dei conti, parte di una nave per lungo tempo, non sorprendeva che le pareti di legno si portassero dietro un simile retaggio.
Anche le sbarre erano incrostate di antichi residui di molluschi. Oltre la graticola potevo vedere il profilo di Robert Silehard che non guardava nella mia direzione, ma ancora non mi decidevo a farmi avanti.
Per un attimo molto strano le immagini di due vite diverse incominciarono a sovrapporsi. Un momento prima mi trovavo nel Palazzo, quello successivo la cella divenne il corridoio in mattoni grigi di un forte militare. L'ombra proiettata dalle sbarre sul pavimento era la stessa in entrambe le visioni.
Redmond. Il forte dove ero stata mandata a lavorare insieme a Faith, quando avevo temuto che fosse quello il massimo a cui avremmo mai potuto aspirare per il nostro futuro.
La cella dove avevo incontrato Jack per la prima volta.
Sorrisi, anche se era sgradevole mescolare quel bel ricordo con la presenza di Silehard. Che ingenua ragazzina avventata che ero stata allora. Fortuna che mi fosse capitato lui invece di qualche altro uomo altrettanto brillante ma con molti meno scrupoli, o la mia storia avrebbe potuto prendere un corso ben diverso.
Ma, fortunatamente, il destino aveva deciso che mi spettasse in sorte Jack. Con tutte le conseguenze del caso.
Feci un passo in avanti e l'illusione del carcere di Redmond si dileguò. Silehard a malapena si voltò sentendomi avvicinare.
- Ebbene, hanno mandato voi a condurre l'interrogatorio?- sospirò con voce ruvida. - Pensavo che mi avrebbero chiuso qui e poi si sarebbero dimenticati della mia presenza, come nella migliore tradizione piratesca. -
C'era un secchio vuoto accanto alla parete: lo rovesciai e mi ci sedetti sopra. Silehard stava seduto a terra accanto alle sbarre, con le braccia incrociate: dalla manica sinistra spuntava la sua mano con le tre dita rimaste, posata sul ginocchio.
- Chissà. - mi chinai leggermente perché i nostri volti fossero alla stessa altezza. - Magari, se aveste considerato per un istante di condividere le vostre informazioni con la Fratellanza, invece di scatenare un vespaio, ci avremmo guadagnato tutti quanti. -
Silehard strozzò una risatina di gola simile a un colpo di tosse e mi scoccò un'occhiata sardonica.
- Come se voi e Sparrow aveste mai accettato di ascoltarmi e accogliermi in seno alla Fratellanza, figuriamoci. -
- Difficile, in effetti. Ma siete comunque riuscito a fare di peggio. Mi congratulo. -
- Sapevo che non avreste resistito alla tentazione di venire qui a gongolare. State perdendo tempo, temo. Non sono io il vostro nemico. -
- Non siete neppure mio amico. -
Finalmente l'uomo voltò il viso verso di me. Era ancora ricoperto dalla patina di sudore lucido che lo faceva apparire febbricitante. Mentre mi squadrava appoggiò la mano sinistra alle sbarre, e le tre dita rimanenti si chiusero come artigli attorno al metallo.
- Se è per questo vi sarete accorta che non ne avete tanti, di amici. Certamente non qui al Palazzo dei Relitti. I Pirati Nobili sono un mazzetto di micce dentro una polveriera, è sempre stato così. -
- Che cosa sapete di Balthazar?-
- Non collaboro con lui. E non ho simpatia per lui. -
- Ma sapete che fa paura a molti, e ne avete approfittato per venire qui e tentare di volgere la cosa a vostro vantaggio. -
- E chi può biasimarmi? Non illudetevi che la vostra Fratellanza abbia tanto potere su di lui. Si faranno ammazzare. -
- Voi invece avreste saputo come fare diversamente?-
- Io non mi sarei mai messo a combatterlo. C'è differenza. -
- Che cosa vuole Balthazar? Come agisce? Chi è?-
- Vi sento irritata, miss Sparrow. Quanto è frustrante quando nessuno vuole darvi spiegazioni, vero?-
Mi sforzai di non cedere alla sua provocazione, e tenni la bocca chiusa. Silehard non pareva essersi aspettato il mio silenzio, e lo guardai mentre mi osservava da dietro la grata con un'espressione in cui cominciai a riconoscere qualche guizzo di delusione. Sapevo che in realtà desiderava parlare. Un uomo dall'ego spropositato come il suo non poteva aver preso la decisione di presentarsi alla Baia dei Relitti senza la speranza di trovare un pubblico più che interessato a qualsiasi rivelazione potesse vantare di portare in dono.
Restai ancora in silenzio. L'umidità gocciolava dalle pareti, e si udiva il ticchettio delle gocce d'acqua che picchiettavano sul pavimento da qualche parte nelle profondità della prigione.
Il pirata fece uno sbuffo di esasperazione e mi gettò un'occhiata di sbieco, come se mi stesse chiedendo silenziosamente se intendessi scherzare. Non aprii bocca.
- Balthazar si fa vanto di non conoscere o rispettare bandiera. - sbottò infine Silehard con un sospiro, con l'aria di starmi concedendo un grande favore. - È stato un pirata sanguinario per anni, poi si è messo al servizio del Re come corsaro e ha svolto un lavoro da sicario paurosamente eccellente. Dopodiché è stato capace di sputare sulla sua preziosa lettera di marca e trucidare un'intera flotta inglese, semplicemente perché non gli andava che lo considerassero troppo affidabile. Mette tutt'ora in asta i suoi servigi come se nulla fosse successo, e la regia Marina ancora si arrischia a richiedere il suo intervento, di tanto in tanto, per quanto siano spaventati da lui. Ha ucciso ben due Pirati Nobili del Consiglio originario. -
Per quanto fossi seduta, a un tratto mi sentii come se mi stesse prendendo un capogiro. Erano state le sue ultime parole: su quelle sentii lo stomaco cominciare a serrarsi e il calore affluire al volto. Intrecciai svelta le dita, come facevo sempre quando mi sentivo aggredire dall'ansia. Non significava niente, mi dissi, di sicuro i Pirati Nobili dovevano conoscere bene il genere di minaccia che quell'uomo rappresentava, e dovevano sapere come difendersi.
- Quindi, naturalmente temete di averlo come nemico. - replicai, badando di non lasciare che il tremito che sentivo dentro trapelasse dalla mia voce.
- Non temo solo la sua spietatezza. Ci sono uomini peggiori di lui, al mondo. Quello che mi spaventa è il potere che sta riuscendo a ottenere. -
- Che cosa intendete?-
- Balthazar sta solo facendo ciò che stavo cercando di fare io. Ma lui ci è riuscito. -
Strizzai le palpebre una volta sola. La sensazione sgradevole di calore alla faccia se ne stava andando, ma il nodo di preoccupazione si era stretto alla bocca dello stomaco e sapevo che non se ne sarebbe andato presto.
- A fare cosa, a recuperare il tesoro di Cortez? Mi dispiace deludervi, ma Jack e i suoi hanno affrontato ben più di una ciurma di pirati maledetti, e non sarebbe certamente questo a preoccuparli. -
Silehard si mosse bruscamente e abbassò la voce a un sibilo.
- Non limitate la vostra immaginazione al tesoro maledetto di Cortez. Pensate a cosa c'è dietro. Ragionate sulle potenzialità, se ne siete capace. -
- Parlate chiaro o chiudete il becco, perché io non so di che stiate parlando!-
- Me ne sono accorto. E, a quanto vedo, continuerete a non sapere. -
Lo sferragliare di una grata ci interruppe. Sollevai lo sguardo e vidi William apparire in fondo al corridoio, in cima alla scala di legno che una volta era stata quella che portava a una sentina: ora conduceva a una prigione situata a diversi piedi al di sopra del livello del mare.
Il volto del giovane Turner era corrucciato quando ricambiò la mia occhiata.
- Credo che dovresti venire di sopra. -
- Non abbiamo finito qui. Il prigioniero si sta divertendo a fare lo spiritoso. - replicai, additando la sagoma di Silehard che le sbarre tagliavano a scacchi.
- Lui non andrà da nessuna parte. -
La voce di Will sembrava preoccupata, così mi alzai e lo seguii, mentre alle mie spalle Silehard si schiariva la gola con un colpo di tosse e continuava a fissare il soffitto.
- Che cosa succede?- chiesi a William, mentre mi guidava nel dedalo di corridoi di legno che costituivano le viscere del palazzo.
- Un paio d'ore fa hanno avvistato una nave. - replicò a voce bassa. - È rimasta alla fonda all'orizzonte, ma pare che una scialuppa con una bandiera bianca si stia avvicinando alla Baia. La tengono sotto tiro coi cannoni, ma penso che vorrai essere lassù se dovesse succedere qualcosa. -
- Eccome. - accelerai il passo per stare dietro alla falcata del giovane Turner. A un certo punto lui si voltò verso di me e un sorrisetto divertito aleggiò sulle sue labbra come se avesse cercato di trattenerlo fino a quel momento.
- Il consiglio della Fratellanza, alla fine, era strano quanto lo descrivevano, non è vero?- la sua voce suonava rassegnata e ammirata al tempo stesso.
- Non dirmelo. Non so ancora come abbiamo fatto a uscirne tutti interi. - ricambiai l'occhiata. - Anche per te era la prima volta che assistevi a un'adunanza?-
- Quando si riunirono l'ultima volta, io non ero qui. - Will annuì. - Elizabeth me lo raccontò, ma non pensavo che mi sarebbe mai capitato di assistere ad un altro. È strano trovarcisi ora... E stare al fianco di Elizabeth sapendo di non poter fare nulla per facilitarle il compito. -
Quasi mi fermai. Non mi ero aspettata di sentire pronunciare a William parole simili, specie quando, probabilmente senza saperlo, lui aveva appena dato voce a ciò che da un po' di tempo mi stava tormentando.
- Lo hai pensato anche tu?- azzardai. - Insomma, sapere di essere qui e fare parte della ciurma, ma... -
Le spalle di William sussultarono per una risata silenziosa.
- Essere sposati con uno dei Pirati Nobili?-
- Esattamente! Mi sentivo così impotente. La mia parola non aveva alcun valore lì in mezzo. -
- Purtroppo in questo caso siamo chiamati a fare ben poco se non i consorti. Ma credimi... loro hanno bisogno della nostra presenza. -
Risalimmo fino alla sala del consiglio, ora deserta, e poi ci recammo sulla terrazza che era stata il teatro dello scontro tra Barbossa e Robert Silehard. Il neoeletto Re dei Pirati si trovava ancora lì, insieme a Elizabeth e Jack.
Trovai molto curioso il fatto che stessero tutti e tre vicini accanto al parapetto, poi notai che cosa aveva catalizzato la loro attenzione: Elizabeth stava scrutando l'orizzonte con un cannocchiale in ottone, e gli altri due capitani stavano in attesa con espressioni impazienti. Barbossa sembrava sul punto di strappare il cannocchiale di mano alla ragazza quando arrivammo Will ed io.
Elizabeth allontanò lo strumento dal viso e si corrucciò ancor di più.
- Le scialuppe si sono fermate all'imboccatura della Baia. - ci informò in tono sbrigativo. - A quanto pare sanno che se avanzano ancora le affonderemo. -
- “Le” scialuppe?- domandai.
- Sono due. Ciascuna con un uomo a bordo. -
Barbossa prese il cannocchiale e diede una lunga occhiata. Da dove ci trovavamo dominavamo l'intera città dei Relitti e il golfo racchiuso tra le braccia di roccia. Le scialuppe dovevano trovarsi all'imboccatura del tunnel: troppo lontane per essere più che sagome scure a occhio nudo. Il pirata osservò per qualche istante. Poi passò lo strumento a Jack scoccando a tutti noi uno strano sguardo.
- Osservate la seconda scialuppa. Voglio che mi diciate se significa qualcosa per voi. -
Il cannocchiale passò di mano in mano mentre ci chiedevamo cosa intendesse dire. Quando finalmente potei mettervi sopra le mani, lo puntai all'orizzonte e per un po' presi a cercare il punto esatto in cui erano finite le imbarcazioni.
Le vidi. Gusci di noce sull'acqua agitata all'ingresso della baia. C'erano due uomini, solo che uno di loro aveva fatto accostare la sua imbarcazione all'altra per salirvi a bordo. Lasciarono la seconda scialuppa sguarnita per poi spingere con energia la fiancata e allontanarla, lasciando che galleggiasse in balia della corrente che cominciava a spingerla all'interno della baia. La barca affondava nell'acqua quasi tutta la chiglia, le onde sfioravano i bordi. Era carica. E il suo carico, a quanto potevo valutare nella visione ravvicinata offerta dalla lente, era un gigantesco forziere borchiato.
- Che diavolo stanno facendo?- mormorai.
Barbossa aggrottò le sopracciglia. - Ci mandano un regalo, a quanto pare. -
- Che dobbiamo fare?- lo sguardo di Will vagò fra di lui, Elizabeth e Jack. - Potrebbe essere pericoloso? Non possono mandarci dell'esplosivo, oppure... -
- Non ho visto micce. Nulla che vi assomigliasse, almeno. - rimuginò Elizabeth.
Jack tamburellò le dita sul cannocchiale mentre ancora osservava la baia.
- Azzarderei a dire che, se si sono presi il disturbo di recapitarci quel forziere, sono molto interessati a fare in modo che ne scopriamo il contenuto. -
- Di chi è la nave?- domandai.
- Troppo lontana. - sbottò Barbossa. - Ma credo che sappiamo tutti di chi potrebbe trattarsi. -
- Quindi che si fa?- insisté Will. - La abbattiamo coi cannoni? O lasciamo che raggiunga la riva?-
Jack chiuse il cannocchiale con uno scatto.
- Andiamo a vedere di che cosa si tratta. -

*


Il porto fu liberato in fretta, anche se nulla poteva dissuadere i curiosi che si accalcarono ugualmente da dietro gli angoli, le porte e le finestre. La Fratellanza al completo era scesa dall'alto del Palazzo per raccogliersi sul molo. La scialuppa priva di nocchiero era stata trascinata dalle onde fino alla costa più bassa dove non c'era la banchina ma affioravano le rocce, costantemente sorvegliata dalle vedette che ne osservavano preoccupati l'avanzata. Ora la chiglia strusciava contro i sassi, e il moto ondoso faceva andare su e giù l'imbarcazione dando l'impressione che presto o tardi il peso del carico l'avrebbe fatta inabissare.
Io ero laggiù insieme ai nove Pirati Nobili. E non c'era nulla che sembrasse risvegliare la loro conoscenza di aneddoti terrificanti come l'arrivo di una missiva misteriosa.
- Nitroglicerina. - sentenziò Villanueva. - Si riempie una cassa di bottiglie piene fino all'orlo. Poi basta che il primo sventurato abbia la sfortuna di provare a forzare la serratura. Se gli va bene, allora la apre e si accorge di che razza di carico gli è capitato. Mentre se gli va davvero male non se ne accorge, uno scossone di troppo, e l'intero contenuto gli salta in aria sotto le mani. -
- Potrebbe non essere così prevedibile. - ribatté la vedova Ching. - So di furfanti che sono riusciti a sterminare una città intera regalando un tappeto. Quel tappeto si portava nella trama il contagio del vaiolo. Se lo mise in casa il sindaco, e nel giro di un paio di mesi non rimase un solo sopravvissuto. -
- Non c'è bisogno di essere così raffinati. - replicò Jocard, sbuffando. - Basterebbe che dentro ci fosse un cadavere. Un bel cadavere infetto, e le mani di chiunque aprirà quel lucchetto diventeranno dispensatrici di morte. -
- Certo, ma di un cadavere ti sbarazzeresti immediatamente. - rincarò Chevalle. - Mentre non sospetteresti mai di un innocente tappeto, ne c'est pas?-
- Sospetterei di un dannato gattino, se venisse dalle mani di un mio nemico!-
- Tutto questo parlare di esplosivi, tappeti, cadaveri e gattini è affascinante, e dico sul serio. - li interruppe Jack, con gli occhi persi sul moto ondoso che avvicinava e allontanava l'oggetto della contesa. - Potrei stare per ore ad ascoltarvi fare le vostre ipotesi. Ma che cosa vogliamo fare con l'evidente elefante nella scialuppa?-
Sri Sumbhajee scoccò un'occhiata stranita al forziere, quindi a Jack. Il capitano si chinò confidenzialmente verso il pirata indiano, mentre abbassava la voce e precisava: - No no, non preoccupatevi, la vostra comprensione dell'inglese è sempre perfetta, altezza... Elefante, capite? È una forma figurata. Nel senso, qualcosa che non si può ignorare, non un elefante in senso strettamente... -
Barbossa avanzò di qualche passo e scese sulle rocce spruzzate dalla spuma. La barca continuava a cozzare contro gli spuntoni affioranti con cupa regolarità, producendo un suono costante come un rintocco.
- Suppongo che sia nel nostro interesse aprirla. - si voltò verso gli altri pirati in attesa, con le mani sui fianchi. - Sapete che potrei ordinare a chiunque di voi di farlo e, in rispetto delle leggi del Codice, mi dovreste obbedienza. -
L'intera Fratellanza lo fissò con astio malcelato.
Barbossa sfoderò i denti giallastri.
- Tuttavia, mi limiterò a chiedere molto educatamente a un volontario di farsi avanti. -
Borbottii, sussurri, e poi silenzio di gelo. La fiancata della barca strusciò ancora una volta contro le rocce. Barbossa roteò gli occhi con quel gesto che gli veniva così naturale, e aveva appena aperto la bocca forse per sputare uno dei suoi commenti caustici, quando una voce si alzò dalla piccola folla formata dai pirati radunati.
- Lo faccio io. -
Riconobbi la voce e mi voltai di scatto. Ettore era emerso dal gruppo assiepato sul molo. Sentii Elizabeth soffocare una protesta e gli uomini rumoreggiare. Jack fece un passo avanti: lui ed Ettore si fissarono.
- Sai che come tuo capitano potrei proibirti di farlo, vero?-
- Certo, capitano. Ma mi sono offerto volontario per il Re dei Pirati. -
Forse avevo solo immaginato la durezza che sentii nella sua voce quando pronunciò quelle parole. Ma ciò che corse fra lui e Barbossa quando il pirata passò al suo fianco sulle rocce, no, quello non potevo essermelo immaginato. Il capitano dagli occhi color ferro: i pugni sui fianchi e la bocca serrata in un volto privo di espressione. Ettore: iridi castane che mandarono un lampo come se lo stesse sfidando a... Cosa? Per che cosa? Che cosa si aspettava esattamente Ettore da suo padre?
Ettore superò il capitano e avanzò reggendosi in equilibrio sulle rocce affioranti. Afferrò la fiancata della scialuppa e cominciò a condurla dove il terreno era più liscio.
Feci un passo in avanti, ma Jack mi trattenne con una mano.
- Buoni, entrambi voi due. Per favore. -
C'era un tratto della scogliera dove le rocce diventavano piatte e si tuffavano nell'acqua. Sbuffando, Ettore puntò i piedi e trascinò la barca nella giusta direzione, ma era evidente che non ce l'avrebbe fatta da solo a tirarla all'asciutto: dopo qualche momento in cui continuò a strattonare l'imbarcazione, digrignando i denti, all'improvviso altri si mossero. Altri uomini della Perla, altri di ciurme che non conoscevo.
Faith. La vidi venire avanti di corsa e affiancarsi a suo marito mentre insieme tiravano in secca la barca dal contenuto misterioso.
Quando fu fatto, Ettore insisté perché tutti si allontanassero di nuovo. Salì sulla scialuppa da solo, esaminò a lungo il forziere, quindi si alzò per gettare una voce a noi altri.
- Non è chiuso a chiave. Ora lo apro. -
Sentii come se una folla intera avesse trattenuto il fiato nel medesimo istante. Ettore fece scattare il fermo metallico. Prese il coperchio a due mani, lo spalancò lentamente. Rimase in piedi, sovrastando il forziere e il suo contenuto, e siccome da dove stavo non potevo vedere l'interno guardai la sua faccia.
La sua espressione fu impossibile da decifrare. Ettore fissò l'interno del baule dapprima con sospetto, poi gli occhi si allargarono, in totale confusione. La faccia che ci rivolse era molto meno tesa, ma completamente disorientata.
- Signori... credo che dovreste venire voi a controllare, perché per me questo non ha senso. -
La curiosità ebbe definitivamente meglio sulla prudenza e ci avvicinammo, un anello che si chiuse attorno al forziere. Ettore si scostò di un passo, accennando con una mano al contenuto del baule e il viso rivolto ai Pirati Nobili come a chiedere spiegazioni.
- Sono... non lo so. Cose. Semplici oggetti. E ciascuno ha i vostri nomi sopra. -
- Che cosa?- vinto ogni indugio, Barbossa fu il primo a chinarsi sul forziere.
Ritrasse la mano molto lentamente. Ero abbastanza vicina da vedere che cosa aveva raccolto. L'oggetto era di poco più piccolo del palmo della sua mano, e quasi spariva fra le dita, ma lo riconobbi: una clessidra. Era vuota. Il vetro dell'ampolla inferiore si era rotto e doveva aver lasciato fuoriuscire tutta la sabbia. Un biglietto era legato al collo sottile della clessidra con uno spago, e una calligrafia elegante citava: Capitan Hector Barbossa.
- Che pessimo scherzo è questo?-
Uno dopo l'altro, tutti i Pirati misero le mani nel forziere per rovistare alla ricerca del “dono” scelto per loro, spesso arrivando a sgomitarsi l'uno con l'altro. Tutti quanti avevano sulla faccia la stessa espressione di Barbossa.
Eduardo Villanueva indietreggiò di scatto, caracollando come l'avessero colpito. Il volto dello spagnolo si fece paonazzo sotto la barba nera. Quel che teneva in mano era addirittura più piccolo del cartiglio che recava il suo nome, tanto che solo grazie allo scintillio del solo riconobbi una piccola fede dorata.
- No es posible! Esto... Questo era stato sepolto con lei!-
Guardai gli altri Pirati Nobili, sempre più confusa ad ogni momento che passava. Non tutti lasciarono vedere che cosa avevano estratto dal forziere e, a dirla tutta, ognuno di loro sembrava troppo concentrato sul proprio dono per badare a quelli degli altri.
Mistress Ching era accompagnata come sempre dai suoi guardiani, non potendo vedere. Uno di loro le porse con infinita cautela una spada arrugginita, mentre parlava rapidamente in cinese probabilmente per descrivergliela. La donna appoggiò le mani sulla lama e sull'elsa, la vidi tastare la forma del pomo e della guardia. Poi, per la prima e unica volta, il viso di lei tremò e si deformò, e la donna respinse l'arma con un acutissimo urlo d'orrore che squarciò come una coltellata il silenzio della baia.
Nel trambusto, vidi Jack in piedi con le spalle al forziere. Anche lui ne aveva estratto qualcosa.
Prima che potessi avvicinarmi fu lui a fare due passi verso di me, tenendo un involto di stoffa vicino al petto in modo che soltanto io lo vedessi. Dapprima non riuscii a capire che cosa fosse, poi Jack lo svolse, liberandolo dalla spilla che fissava un biglietto con scritto: Capitan Jack Sparrow.
Riconobbi la forma di un abito, piccolissimo, che avrebbe potuto essere indossata solo da una bambola.
Una vestina da neonato. Fradicia d'acqua di mare tanto che la stoffa bianca era diventata giallastra. Emanava un forte tanfo di alghe, sale e putrefazione.
Sentii il sangue defluire dalle mie guance così in fretta che fui certa di essere diventata color cadavere. Con gesto rigido, Jack abbassò la vestina tenendola con una mano sola, come se non volesse toccarla più di quanto fosse necessario, e con la mano libera prese me per un braccio per tenermi al suo fianco mentre ci allontanavamo di qualche passo dai pirati.
- Chi altri sa che sei incinta?- domandò, con una voce che quasi stentai a riconoscere. Aveva gli occhi sgranati e fissi come palle di vetro.
- Miss Hawk... e Faith, ed Elizabeth e William. -
- E Gibbs... -
- Jack, se lo sa Gibbs, a quest'ora probabilmente lo sa tutta la Baia. -
Dietro di noi, Barbossa sembrava l'unico a non essersi lasciato andare allo sgomento generale che l'apertura del forziere aveva causato. Stava ancora in piedi accanto alla cassa quando ne scrutò il fondo per un attimo, si chinò a frugare, e quindi si rialzò tenendo tra le mani un foglio di pergamena che fino a quel momento era rimasto inosservato.
- Zitti tutti! C'è dell'altro. - abbaiò al di sopra del clamore, riuscendo a zittire i presenti. I suoi occhi scorsero rapidamente quel che vi era scritto, quindi si schiarì la gola e lesse a voce alta. - “Ai membri della Fratellanza che so di trovare qui radunati, vi prego di perdonarmi se mi sono fatto aspettare così a lungo. Ho perso un poco di tempo preoccupandomi di raccogliere alcuni doni appositamente per voi: non ho dubbi che ciascuno saprà attribuire loro un significato speciale. Come vedete, la mia vista si estende ben più lontano di quanto chiunque potrebbe prevedere. Servo qualcuno che un tempo voi stessi tenevate in una gabbia, e non temo nessuno.” -
Il silenzio rotto solo dalle strida dei gabbiani aleggiò a lungo sopra la folla, poi capitan Chevalle tossicchiò con fare casuale.
- Tutto qui? Nessun accenno a trattative, o un invito ad arrendersi, oppure... -
- Non si tratta di un ultimatum, sottospecie di idiota francese!- ringhiò Barbossa, facendo uno scatto in avanti come se fosse pronto a lanciarsi sul pirata. - E, no, non c'è proprio nessuna condizione per una resa pacifica o per un felice accordo con tanto di vino e strette di mano. Non gli interessa stabilire condizioni. Lui vuole darci la caccia. Anzi, sono sicuro che starà ad aspettare con trepidazione quanti di noi volteranno gabbana col favore della notte e andranno a bussare alla sua porta chiedendogli di trovare un accordo... - i suoi occhi balenarono sui Pirati Nobili con ferocia. - Questo non accadrà. Che si preparino le navi, dobbiamo essere pronti a dare battaglia oggi stesso. -
- Oggi?- rincarò Chevalle, sgomento, facendo eco alle espressioni degli altri che lo circondavano. - Siete sicuro che non intendesse proprio metterci fretta? Potremmo non essere preparati a... -
- Ha “perso un poco di tempo”!- sbraitò il capitano, agitando la lettera come se fosse una prova inconfutabile. - È questo che ha fatto fino ad adesso, che continua a fare! Prende tempo! Spera che ci mettiamo ancora un po' a decidere che cosa sia meglio fare, perché sicuramente in questo tempo ha fatto di meglio: avrà avvertito la Marina! O peggio, altri alleati di cui potremmo non sapere niente. Ha tutto l'interesse a tirarla per le lunghe, perché quella che ho visto io là fuori sull'orizzonte era una nave sola... Ma potrebbe non rimanerla a lungo. Per questo attacchiamo. -
Barbossa chiuse gli occhi e inspirò profondamente, per poi riprendere in tono più calmo. La sua solita veemenza ribolliva ancora sotto la superficie, ma quando parlò di nuovo non c'era più rabbia nella sua voce, ma quell'intensità ispirata con la quale era in grado di catturare l'attenzione di chi lo stava ad ascoltare.
- Affrontiamo un nemico che gioca con le nostre paure, e non vi mentirò negando che ci sia qualcosa di sinistro e innaturale nei metodi che usa contro di noi. Ma non glielo lascerò fare. -
Sollevò l'oggetto che aveva preso dalla cassa, la piccola clessidra vuota. La rimirò per un istante, poi la lasciò cadere sugli scogli come fosse spazzatura. La clessidra tintinnò sulle rocce, senza rompersi, ma un attimo dopo lo stivale del capitano si abbatté su di essa e la frantumò senza pietà sotto il tacco, riducendola a un mucchietto di pezzi di vetro.
- Alzate le nostre bandiere, compagni della Fratellanza. - annunciò, rialzando gli occhi sul cielo che andava annuvolandosi. - Anche io vorrei che potessimo farlo sotto presagi meno infausti. -

*


Prima di tornare al Palazzo, ci stavamo dirigendo verso i quartieri dove si erano radunati i rifugiati di Isla Muelle per informare tutti dell'azione imminente, quando ci accorgemmo di un certo trambusto accanto agli edifici delle lavanderie.
Io e Jack camminavamo alla testa del gruppetto, che comprendeva Faith ed Ettore, e Nathaniel che ci seguiva. Notando la confusione ci avvicinammo, cercando di capire che stesse succedendo. C'erano delle donne radunate attorno alla porta di una delle lavanderie, molte con le mani strette sulla bocca o che si facevano il segno della croce. Alcuni uomini entravano e uscivano, allontanandole dalla visione di qualcosa che doveva essere accaduto oltre la soglia.
A un tratto vidi uscire da quella porta Ben Hawk, pallido come un morto, gli occhi scavati e il passo incespicante. Avanzava accompagnato da un paio dei ragazzi della Sirena, e quando alzò lo sguardo e si accorse del nostro arrivo, la faccia gli si contorse in una smorfia che sembrava sia sollievo che terrore.
- Nathan!- singhiozzò, tendendo le braccia al fratello, ma le mani erano spalancate per intimargli di non avanzare. - Non guardare!-
Naturalmente aveva detto l'unica cosa che avrebbe portato suo fratello a precipitarsi all'interno. Vidi Nathaniel affrettare il passo, lottare contro gli altri due che tentarono di fermarlo mentre lanciava uno sguardo allibito a Ben che in tono sempre più concitato insisteva: - Nathan, no... è la mamma... non possiamo fare più niente... -
“No...”
Sentendomi in preda alla stessa frenesia che aveva colto Nathaniel mi feci avanti, e Jack non perse tempo a cercare di fermarmi ma affrettò il passo al mio fianco. Nathan si fece strada a forza, superò il fratello e spostò a gomitate chiunque altro gli intralciasse il passaggio, per poi spalancare il portone della lavanderia.
L'aria era carica di vapore denso. Subito non riuscii a vedere: c'erano i vasconi di rame, c'erano file e file di abiti stesi ad asciugare simili alle vele di decine di navi, e il vapore aleggiava come nebbia. Poi notai che un gruppo di uomini e donne si era radunato ai piedi di una delle vasche, e un uomo inginocchiato stava esaminando una figura stesa sul pavimento.
- Miss Hawk!- gridai, nel momento esatto in cui capivo che era assolutamente inutile.
L'urlo di Nathaniel fece eco al mio, mentre il ragazzo si precipitava al fianco della madre che giaceva esanime a terra. Il corpo della signora era contratto, le guance che ricordavo rubizze avevano assunto un colorito bluastro, e qualcuno doveva aver caritatevolmente chiuso la sua bocca, ma gli occhi restavano strabuzzati e fissi.
Sulla pelle abbondante del collo spiccava netto il segno del laccio che l'aveva strozzata.
Jack si bloccò, con la mano sul mio braccio per fermarmi. Mi bloccai, senza più sapere se volessi avanzare e inginocchiarmi accanto a quel cadavere freddo, o se piuttosto desiderassi ritrarmi il più possibile. Udii Jack imprecare lentamente a voce bassa, e quando mi voltai vidi che il suo sguardo era fisso su Nathaniel, con un'espressione carica di pena.
- Com'è successo? Qualcuno sa cos'è successo?- stava chiedendo Ettore a tutti i presenti, senza ottenere altro che balbettii mortificati che spiegavano come avessero trovato miss Hawk solo poco prima, mentre a quanto pareva non era mai tornata dal suo turno il lavanderia la sera precedente.
Nathan stava accanto al corpo della madre. Aveva smesso di cercare su di lei segni di vita, aveva compreso quanto fosse inutile. Stava solo inginocchiato, e tremava come se fosse sul punto di scagliarsi addosso a qualcuno.
Jack si fece avanti colmando la distanza fra loro in pochi passi. Prima che potessi impedirglielo prese Nathaniel per una spalla, tirandolo per farlo voltare verso di lui.
- Hawk. Vieni via da qui. -
Aveva parlato in tono stranamente pacato per lui, ma Nathan non poteva saperlo. Per un momento temetti di vederlo scoppiare quando si voltò per incrociare lo sguardo di Jack, e invece... qualcosa sul suo volto cambiò, lo vidi che tendeva le orecchie e, inaudito, prestava ascolto alla voce del capitano che gli parlava come se stesse calmando un animale arrabbiato.
- Dammi retta. Vieni via. - lo invitò ancora.
Forse Nathaniel udì quello che avevo sentito anch'io, una gravità estrema nelle sue parole, che vi si era insinuata dal momento in cui aveva tenuto tra le mani la veste da neonato imputridita con sopra il suo nome.
Il ragazzo annuì lentamente e si alzò, accettando la mano di Jack che lo aiutava a rimettersi in piedi.





Note dell'autrice:



Gentildonne e gentiluomini di fortuna, lettori che sono capitati qui solo perché questa storia è improvvisamente balzata in cima alle notifiche, e lettori che questa saga avevano cominciato a leggerla quando erano dei mozzi imberbi mentre ora hanno la barba bianca (sì, anche le gentildonne), le rughe, un arto in meno, una qualifica a Re della Fratellanza.

Salve. Io sono Laura, quella che per anni si è firmata Laura Sparrow qui su EFP, per poi scomparire a tempo indeterminato.

Sono qui per annunciarvi che la saga di Caribbean Tales è finita.

E non nel senso che è stata abbandonata: ho scritto tutti i capitoli conclusivi, e ora sono qui per darvi il finale di cui vi ho privati per tutto questo tempo.
Forse non ci ritroveremo tutti quanti: forse molti lettori avranno giustamente cambiato rotta, ma non mi dispiace pensare che anche fra un po' di tempo potrebbero capitare da queste parti e trovare questa storia aggiornata, quando ormai non ci speravano più. I vostri commenti, il vostro supporto e il vostro entusiasmo sono stati per me il più prezioso dei tesori.
Poi c'è stato qualcosa, anzi qualcuno, che mi ha ricordato che non ero la sola per la quale Caribbean Tales aveva ancora un significato.
Proprio per questo ho preso coraggio e ho finito questa storia.
Pubblicherò quindi un capitolo al giorno a partire da oggi, martedì 18 settembre, e vi spiegherò tutto nel dettaglio quando arriveremo all'epilogo. Sappiate che c'è una motivazione dietro al modo in cui questa storia è stata terminata. Noterete che i capitoli saranno scritti in modo un po' diverso dal solito ma, ve lo prometto, non intendo lasciarvi a bocca asciutta: vi darò un finale.
Si dia inizio alla conclusione.
  
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