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Autore: mirimellecarlottina    21/09/2018    0 recensioni
Dopo l'ennesimo rifiuto Dominic conclude che il proprio sogno non si realizzerà. Da sempre desidera diventare un cantante, ma comincia a pensare che nessuno pagherà mai per la sua voce, che forse converrebbe concentrarsi sulle cose più reali. Preso dalle difficoltà economiche di tutti i giorni, un padre pericoloso, un lavoro che odia, tenta di dimenticare ciò in cui ha sperato per tutta la vita. Almeno finché non incontra Alex, un ragazzo strano, un musicista eccentrico, uno spirito indipendente. Con lui accanto i sogni sembrano più reali, la musica viene dal cuore e ogni cosa appare semplicemente per come è. Con Alex vicino Dominic sente di poter ribaltare finalmente tutte, ma proprio tutte le proprie certezze. Una nuova band è pronta a fare la sua entrata in scena.
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: Lemon | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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Salve a tutti, sono Mirime e sono davvero, davvero svampita. Ho dimenticato di presentarmi pubblicando il primo capitolo (ero in ansia come per un esame, sono seria). Comunque eccomi qua, dopo anni e anni di letture su questo sito ho deciso di provare a scrivere qualcosa a mia volta. Non ho idea di che effetto possa fare questa storia, spero sinceramente che possa piacere a qualcuno, io mi sto divertendo a scriverla. Ora la smetto, buona lettura ^.^
 
Erano passati due giorni e Dominic non aveva ancora ottenuto l'anticipo per pagare l'affitto arretrato. Così il suo umore galleggiava in una pozza di veleno, parlava poco, malvolentieri, lavorava male e pensava peggio. In ogni persona incontrata al supermercato vedeva qualcuno più felice e sereno di quanto lui potesse essere e, ingiustamente, ne era consapevole, pensava che quel qualcuno non lo meritasse. C'era poi lo strano comportamento di sua madre, evidentemente preoccupata. Cercava di farla parlare, ma tutto era inutile e come lei si chiudeva nei suoi problemi, lui si stringeva nel suo malessere. Ad aggiungersi a tutto, poi, era arrivata la consapevolezza che il freddo vero era alle porte e che il riscaldamento andava pagato.
Dominic gettò un’occhiata all'orologio sulla parete, sollevato dal vedere che da lì a dieci minuti si sarebbe potuto spogliare dell'orrenda divisa per andare a casa. Non che a casa ci fosse molto da fare, ma almeno non sarebbe stato costretto a parlare.
“Hey" non riconobbe la voce, ma gli bastò una sbirciata per riconoscere i capelli rosa pallido
“Bentornato” rispose Dominic, che altro avrebbe dovuto dire?  Inaspettatamente l'altro rise e il cassiere si strinse nelle spalle, imbarazzato. Passò uno shampoo per capelli tinti sul lettore dei prodotti, guardando, come sempre, rigorosamente in basso.
“Sei Dominic, giusto?”
“Sì, e tu sei… Alex" alzò appena lo sguardo. Il capo si lamentava spesso del fatto che i clienti non capissero se li stava ascoltando o meno, con quella sua aria assente. Si stupì di ricordare effettivamente il suo nome e quando alzò appena lo sguardo su di lui si rese conto di ricordare molti altri particolari. Lo smalto, il piercing, gli occhi. Una cosa che non aveva notato prima era, invece, il naso appena incurvato all'insù. Dominic era sempre stato un buon osservatore, era uno dei motivi per cui aveva tentato di scrivere canzoni, per dare sfogo alla massa di piccole cose che riusciva a cogliere del mondo esterno e gli si accumulavano nella testa come falene impazzite.
“Senti…” Alex si grattò nervosamente una mano, parlando “Non vorrei essere insistente, ma non sono riuscito a trovare il negozio. In realtà non so dove si trovino la dodicesima o il centro studi. Potrei avere qualche altra indicazione?”
Dominic corrugò la fronte, lo fissò per qualche istante mettendolo evidentemente a disagio, poi la sua lingua agì per conto proprio
“Io ho quasi finito, ti ci posso accompagnare”
Si sarebbe chiesto per un'eternità che cosa lo avesse spinto a proporsi. Finito il turno si cambiò lentamente, si guardò allo specchio e si sistemò i capelli senza convinzione, prima di uscire dallo spogliatoio. Avrebbe sfigurato comunque di fianco a quel ragazzo da copertina di una rivista alternativa. Quasi sperò di averci messo troppo e che se ne fosse andato. Invece lo trovò in piedi accanto alla porta scorrevole con la busta della spesa tra le mani e quei jeans così fottutamente stretti addosso.
“Hey, grazie”
“Figurati, è  vicino"
Ci voleva quasi mezz'ora a piedi, per dire la verità, ma ormai si era infilato in quel pasticcio e non ne sarebbe uscito così facilmente. Camminavano zitti l’uno di fianco all'altro seguendo il marciapiede. Alex era più basso di Dominic di almeno dieci centimetri e con quel suo stile, taglio e colore di capelli poteva sembrare un ragazzino
“Quanti anni hai?” Chiese Dom. Non che avesse qualcosa contro i silenzi, solo temeva che la situazione diventasse ancora più strana, e poi era diventato bravo con le parole inutili, lavorando alla cassa.
“Ventuno, sono di dicembre, e tu?
“Ventidue fatti a giugno”
Dom riprese a guardare le crepe nell'asfalto. Non guardava mai avanti a sé camminando. Alex invece osservava tutto intorno, alzava lo sguardo al cielo, sbirciava le vetrine, seguiva le macchine.
“Vivi qui da tanto?”
“Ci sono nato" Dominic si stupì della domanda. Aveva sempre pensato di averla stampata sulla fronte l’appartenenza a quella città. Non aveva mai visto altro.
“È bella"
“Cosa?”
“La città”
Alzò le spalle, non si era mai posto il problema. Gli ci volle poco a comprendere che Alex non sarebbe stato zitto. Si ostinava a riempire ogni silenzio con una tale dedizione che presto Dom si trovò a rispondere con effettivo piacere. Era passata un’eternità dall'ultima vera chiacchierata fatta con qualcuno che non fosse sua madre. Parlarono della scuola, dei licei che avevano frequentato; Alex stava proseguendo gli studi in campo artistico, ma il suo sogno sarebbe stata la musica. Dominic si limitò ad annuire a quell'affermazione con l'aria di chi la sa lunga. Non aveva troppa voglia di sbottonarsi su certi argomenti, sui suoi fallimenti in particolare.
Fu una delle mezze ore più veloci degli ultimi tempi. Ma quando si trovarono davanti al negozio il ragazzo rosa esitò ad entrare e in Dominic lo strano istinto sconosciuto riprese il sopravvento
“Vuoi che ti accompagni dentro?”
“Lo faresti?”
Avrebbe potuto rispondere che tanto non aveva niente di meglio da fare, o più probabilmente inventarsi una scusa, invece sorrise appena ed annuì.
Alex era un chitarrista. Appropriato per il piccolo punk che sembrava essere. Parlò per una decina di minuti con il proprietario del negozio di questioni che Dominic non capiva, di amplificatori, di pedali, di un sacco di roba sconosciuta, poi giunse alla domanda decisiva
“Conosce qualcuno che voglia far parte di un gruppo?”
Gli occhialini del negoziante, anziano insegnante di violino, non nascosero l'aria vagamente scocciata del loro padrone mentre rispondeva “Non saprei”
Quando uscirono Alex era visibilmente deluso. Esitò di nuovo, fermo sul marciapiede, con le mani nelle tasche della felpa su cui era disegnata la testa sorridente di  Jack Skellington. Poi d'un tratto si illuminò
“Tu canti" esclamò, puntando un dito verso Dominic che si ritrasse involontariamente per protestare
“No, io ho smesso"
“È perché mai?”
“Non sono bravo" avrebbe voluto che la discussione finisse li, ma l'altro continuò
“Chi lo dice?”
“Tutti…”
“Tutti chi?” Dio, sapeva essere esasperante
“Senti, ho fatto dei provini, molti, e sono sempre stato rifiutato"
Alex scoppiò a ridere “E questo cosa dovrebbe significare? La musica è libertà”
Dominic si fermò a guardarlo “Mi hanno rifiutato tutti" ripeté
“Io non sono tutti"
No, non lo era. Se c'era una cosa che era apparsa da subito chiara era che non c'era niente di comune in lui. Era qualcosa di diverso, non solo nell’aspetto.
“Non mi conosci" Dominic pensò così di aver sfoderato la sua arma migliore, invece l'altro gli sorrise, con quel suo piercing da strafigo che luccicava al sole
“Ecco… ti andrebbe di conoscerci meglio?”
Questa volta fu lui ad esitare. Sentiva qualcosa di sbagliato in ciò che stava facendo e allo stesso tempo qualcosa di attraente. Quel ragazzo non era il tipo di persona con cui era solito legare quando ancora si preoccupava di fare amicizia, ma forse era proprio quello ad interessarlo; era come avere la possibilità di dimostrare di essere cambiato. Anche con una vena di narcisismo, magari.
“Vieni, ti porto in un posto"
 
La vecchia area fuori città era raggiungibile solo prendendo un bus. Guardando fuori dal finestrino, mentre viaggiavano, Dominic si chiedeva che cosa stesse combinando. Sarebbe dovuto andare a casa a fissare il soffitto invece di prendere uno sconosciuto apparentemente rispettabilissimo e portarlo in un luogo fuori mano, abbandonato, pericolante e pieno di coppiette. Ma nella sua mente quel posto funzionava come un test. Solo rendendosi conto di questo comprese che voleva effettivamente provare ad essere amico di Alex e che il modo in cui avrebbe reagito, una volta raggiunto il punto esatto a cui lui aveva pensato, avrebbe funzionato da spartiacque. Voleva capire quanto profondi fossero i sogni di quel ragazzo, perché sapeva che non sarebbe mai potuto essere amico di un non sognatore.
Il bus frenò improvvisamente gettandogli addosso un Alex estremamente divertito ed evidentemente non abituato ai mezzi pubblici cittadini. Dominic lo afferrò istintivamente mettendogli un braccio intorno alla vita e  impedendogli di cadere.
“Grazie" non la smetteva di ridere, parlando “Come fai ad essere così calmo e compassato qui sopra?”
“Compassato?”
Quando il bus si fermò al semaforo più vicino Dom si ritrasse immediatamente
“Sei sempre così quiet?”
“Ci provo”
Alex si sistemò la frangia, stranamente in silenzio per qualche istante. Era carino quando pensava.
“Scusami… per prima” esordì “Farò più attenzione ora”
“Non è niente. E poi tra poco scendiamo, ti conviene fare attenzione alle porte adesso… sai, non sbatterci contro" era la prima volta che si sentiva di scherzare. Per quanto la battuta fosse venuta fuori goffa Alex rise. Rideva decisamente troppo, ma a Dominic fece piacere in quel momento.
Lo scheletro dell'ex area eventi cittadina li accolse nelle sue gelide braccia fatte di edifici abbandonati. Assomigliava ad un cimitero, per dirla tutta, con quella massa di capannoni e vecchi prefabbricati; erano rimasti persino dei gazebo che un tempo erano stati bianchi e scintillanti al sole. La puzza di plastica esposta a troppi agenti atmosferici li aggredì in pieno una volta scesi dal bus, unita a quella di legno marcio, erba, terra umida e ferraglia. Dominic si diresse con passo sicuro verso il varco che conosceva nella rete di metallo, ne sollevò una parte, attento a non graffiarsi con il materiale arrugginito.
“Ti fidi?” Chiese, in risposta Alex si chinò e sgattaiolò veloce dall'altro lato. Dominic lo seguì, controllando che nessuno li avesse notati. Sarebbe stato strano farsi vedere in un posto simile in compagnia. Già era strano che ci si recasse da solo, ma l’essere notato in una zona appartata con quello che poteva sembrare ugualmente un ragazzino o una ragazzina non gli andava a genio.
“Che roba è?” il ragazzo rosa si guardava intorno con aria rapita, come se davvero riuscisse a vedere qualcosa di interessante
“Ex area eventi" rispose Dom, cominciando a marciare tra le erbacce “Attento a non inciampare”
“Abbandonata?”
“Già”
Il palco svettava ancora in mezzo alle rovine, con la sua giungla di tubi rosso ruggine e i fari fracassati ancora puntati verso il centro. Raggiunsero lo spiazzo dedicato al pubblico, invaso da erba e pozze d’acqua piovana.
“Oddio, è grandioso" osservò Alex “Ci si può salire?”
“Forse… ma non è sicur…” Dominic non fece in tempo a finire, l'altro si allontanò a grandi passi, scavalcò una transenna e salì le scale a lato del palco
“Non vieni?” gridò spalancando le braccia come un'aquila che si goda il vento
Normalmente non l'avrebbe fatto. Ma ormai era prossimo ad accettare che quel tipo potesse avere su di lui una strana influenza
“Sei un piccolo punk ribelle, eh" osservò Dominic raggiungendolo. Si pentì quasi immediatamente si aver parlato, ma la risatina che seguì lo rassicurò
“E tu sei un bravo ragazzo"
“Lo sei anche tu”
Restarono in silenzio mentre una coppia di ragazzini passava poco lontano
“Ci viene altra gente qui” osservò Alex
“Coppiette”
Il chitarrista arrossì appena
“Perché non canti qualcosa? Sei su un palco" tentò di cambiare argomento
“Assolutamente no" Dominic scosse la testa vigorosamente
“Avanti, a parte qualche fattone, qualche gatto e qualche amante impegnato in altro non può sentirti nessuno"
“Tu puoi"
“Io sono parte della band"
“Non c'è alcuna band. Cioè te la troverai, senza di me"
A quel punto Alex fece qualcosa che Dominic non si sarebbe aspettato mai, ma ancora più inaspettata fu la sua stessa reazione. Il ragazzo rosa gli si avvicinò molto più di quanto sarebbe stato conveniente e si alzò sulle punte per parlargli all'orecchio
“Daaai, fallo per me" Aveva un profumo dannatamente buono.
“Ok…”
Così Dominic nel mezzo di un palco abbandonato si mise a cantare sottovoce Bohemian Rapsody. Avrebbe continuato così, quasi impercettibilmente, fino alla fine. Ma Alex, dopo aver atteso pazientemente il momento giusto, si lanciò nella sua migliore imitazione di Brian May con tanto di assolo immaginario. Aveva energia da vendere e Dom si trovò a fare del suo meglio per non deluderlo. Si fermò solo prima che gli acuti stonati rovinassero la sua performance, ottenendo un applauso convinto.
“Hai voce, mi piaci"
Il cantante cercò di nascondere l'imbarazzo
“Dici?”
“Eccome. E secondo me sei anche molto più potente di così. Ti serve solo una scossa. Che musica ascolti?”
“Quello che capita”
Alex scosse la testa “Tu hai l'aria da Rock" sedette nel centro del palco e tirò fuori dalla tasca il cellulare avvolto in una custodia glitterata. Trafficò per qualche istante prima che una voce chiara e dal tono appena acido si mettesse a cantare su una base semplice di pianoforte.
“Vieni da me"
Dominic obbedì, si sedette di fronte a lui ed ascoltò. E ascoltando come il ritmo cambiava all'improvviso, la voce si faceva più feroce, il suono più squillante, osservò.
“Si chiama Welcome to the Black Parade” disse Alex e lui osservò quello spazio carino tra i suoi incisivi
“Ti piace?”
“Moltissimo" la curva in su del naso, gli occhi azzurrissimi
“My Chemical Romance. Sono il mio mito”
“Sono un ignorante” i capelli sulla fronte, la linea precisa del collo
Era bello. Se fosse stato un artista ne avrebbe fatto volentieri un ritratto.
Mentre la musica proseguiva, le canzoni si susseguivano nella riproduzione automatica di Youtube, ripresero a parlare. Si raccontarono a vicenda qualcosa delle proprie famiglie.
“Ci siamo trasferiti da pochi giorni, viviamo nella zona dei campi sportivi” Esordì Alex
“Con chi vivi?”
“I miei, mamma e papà. Siamo venuti qui per lavoro, papà è rappresentante di una ditta tessile e questa zona era scoperta; mamma invece è infermiera. Tu?”
Dominic alzò le spalle “Siamo io e mia madre. Mio padre non c’è” evitò di accennare alle botte, ai tradimenti, ai commerci illegali e a tutto il resto riguardante lui. Avrebbe preferito che l’altro credesse alla storia di una ragazza madre piuttosto che dovergli spiegare come stavano effettivamente le cose.
“Non hai altri parenti?” chiese Alex, giocando con i numerosi anelli che aveva alle dita
“Qualcuno, ma non li vedo. La mia parte di famiglia non viene invitata al pranzo di Natale”
“Nessuno dovrebbe essere escluso dal pranzo di Natale” Per quanto infantile potesse essere, quella considerazione colpì Dominic come un pugno. Pensava di aver superato quella fase della sua vita in cui odiava essere tagliato fuori dalla normalità.
“E tu non hai altri parenti?” chiese
 “Uno zio, una zia, dei cugini. Loro sono nella mia vecchia città, li sento, ogni tanto, come sento i miei amici”
“Immagino che tu ne abbia molti, ti mancano?”
“Mi mancano… ma in pochi” Alex sospirò “Non ero molto popolare a scuola, non praticavo sport, pensavo solo alla musica, ma qualunque cosa avessi fatto sarei stato evitato comunque”
Dominic si ritrovò improvvisamente con una smania dolorosa di capire che cosa potesse spingere qualcuno ad evitarlo. Era una persona per bene, da una buona famiglia. E poi pensava che quelli come lui, così belli e alternativi avessero vita più facile di quella che aveva avuto lui alle superiori
“Davvero?”
“C’e una cosa che non sai”
Alex si rigirò un ingombrante anello nero intorno al dito medio e Dominic ebbe modo di scorgere, sotto ad esso, il piccolo tatuaggio a forma di croce che normalmente era nascosto.
“Io sono gay”
“Sei gay”
“Eh già”
Il cantante esitò, un po' per processare l'informazione, un po' per cercare di capire che cosa avrebbe dovuto rispondere. Ci impiegò un tempo maggiore a quello che l’altro avrebbe ritenuto conveniente.
“Volevo farlo sapere anche a te, nel caso in cui diventassimo amici. Se ti disturba posso cambiare supermercato” Alex si alzò, spolverandosi i pantaloni, raccolse il telefono e staccò la musica mentre una voce maschile cantava qualcosa riguardo al danzare con i lupi. Dominic restò a guardarlo istupidito mentre scendeva a balzi la scala del palco, solo quando si rese conto che non l'avrebbe aspettato scattò in piedi a sua volta e gli andò dietro.
“Alex" provò a chiamarlo ma lui non si fermò “Alex!”
Dovette correre per raggiungerlo, nella foga di fermarlo lo afferrò per un polso e lo costrinse a girarsi verso di lui. Non era arrabbiato, sembrava deluso, però.
“Puoi lasciarmi, sono fermo"
“Mi spiace” Dominic non lo lasciò, allentò solo la presa per permettergli di sfilare il polso, ma lui non lo fece
“Non sono stato abbastanza reattivo”
“Nell’inseguirmi?”
“Nel dirti che è ok" sentì la lingua che si ingarbugliava mentre tentava di spiegarsi “Che tu sei ok… insomma… ciò che hai detto è ok… io…"
Alex alzò le spalle “Tu cosa?”
“Volevo dire che possiamo essere amici ugualmente. Se ti va… possiamo vederci ancora”
Dominic lo osservò attentamente, ma ricevette in risposta solo uno sguardo indagatore. Fissò la sua bocca vide come, pensieroso, si mordeva appena il labbro inferiore e non riuscì a non pensare che sapeva essere sexy.
“Io vorrei vederti ancora. Mi piace stare con te. Tu sei qualcosa… Possiamo andare dove vuoi, fare le cose che facevi con i tuoi amici… non mi tiro indietro…”
Alex d’un tratto scoppiò a ridere e il peso si dissolse dal petto di Dominic.
“Lo voglio anche io, stupido. Mi sono dovuto trattenere per non scoppiarti a ridere in faccia dopo “se ti va”. Quasi mi dispiace di averti interrotto, da come procedevi da qui a qualche secondo mi sarei aspettato una dichiarazione d’amore”
“Dichiarazione di amicizia va bene?” Dom sorrise, imbarazzato dopo essere arrossito come un bambino. La mano del chitarrista scivolò lentamente fino a farsi piccola dentro la sua, le loro dita si intrecciarono per una frazione di secondo. D’un tratto ebbe piena coscienza della presenza fisica di Alex vicino a sé, del modo in cui emanava calore, avvolto nella sua felpa.
“E’ tardi, devo tornare” mormorò.
   
 
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