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Autore: Nami Nakamura    11/07/2009    2 recensioni
-Che ci fai qui? Come hai fatto a trovarmi? – -Che t’importa di come ho fatto? Quel che conta è che sono qui, no? – -Lo vedo che sei qui, ma a fare cosa mi chiedo. Se sei venuto qui per chiedere favori, gira al largo, non è aria. – -Non sono così prevedibile, ma questo avrai tempo di scoprirlo presto. Sono qui per parlare. – Un ghigno. -Parlare? E di che? – -Fai troppe domande, Cooper. – -Rispondi solo a questa: perché con me? – -Perché so che tu puoi capire. –
Genere: Romantico, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Blaise Zabini, Draco Malfoy, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Patto Tra Demoni

Devil’s embassys: ambasciatori del diavolo

 

Capitolo 1: patto tra demoni

 

-Che ci fai qui? Come hai fatto a trovarmi? –

-Che t’importa di come ho fatto? Quel che conta è che sono qui, no? –

-Lo vedo che sei qui, ma a fare cosa mi chiedo. Se sei venuto qui per chiedere favori, gira al largo, non è aria. –

-Non sono così prevedibile, ma questo avrai tempo di scoprirlo presto. Sono qui per parlare. –

Un ghigno.

-Parlare? E di che? –

-Fai troppe domande, Cooper. –

-Rispondi solo a questa: perché con me? –

-Perché so che tu puoi capire. –

 

Eveline Cooper. Serpeverde, alta, capelli castani lunghi e lisci, occhi color delle castagne, altrettanto stuzzicanti, ma anche capaci di fulminarti. Diciassette anni di vita, forme invitanti e armoniche, morbide.

E un ghigno accattivante che soggiogava i deboli e attraeva i forti.

E un sangue puro, purissimo, che avrebbe preferito non avere.

Era una ragazza che parlava poco, ma quando parlava, ciò che diceva era legge. 

Era, parlando di lupi, la femmina alfa. C’era sì chi la sfidava, ma non c’era chi potesse abbatterla.

Una Dafne Greengrass qualsiasi, Venere bionda, non poteva competere con chi, a dire dei maschi, era Atena, dea della guerra e dell’intelligenza.

Perché lei era astuzia, era scaltrezza, era di una macchiavellica determinazione che spaventava anche i più forti.

Solo una ragazza in tutta Hogwarts poteva essere paragonata a lei, e si chiamava Hermione Granger. 

Era la sua antitesi, ma anche la sua sosia. 

Avevano lo stesso carattere autoritario, lo stesso cipiglio severo e la saggezza tipica dei leader, coloro che non staranno mai sotto ad un capo, ma saranno sempre sopra, a gestire le vite altrui. Solo che Hermione era la tipica brava ragazza, aiutava tutti senza chiedere nulla in cambio, e sbandierava a tutti le sue conoscenze. 

Aveva il sangue sporco, per quanto lo può essere un liquido rosso dalla dubbia importanza etica. E doveva dimostrare che il suo sangue misto non pregiudicava una carenza d’intelletto. Ed era finita per diventare la So-Tutto-Io della scuola.

Eveline era la sua gemella cattiva. Non aiutava mai nessuno, a meno che non fosse necessario per il benessere suo o del suo ristrettissimo gruppo di fidati amici. E in cambio della sua lealtà ne pretendeva una ancora più pressante e ossessiva, se eri amico suo, non potevi nemmeno pensare di farle uno sgarbo, l’avresti pagato con niente di meno della tua integrità fisica e psicologica. 

Ebbene, a queste due ragazze senza pregiudizi non importava nulla delle differenze di casa, una tra le serpi peggiori, l’altra tra i grifoni più famosi del mondo magico.

Ma ora stiamo parlando di Eveline, La Serpeverde, la Signora delle Serpi.

Le era appena arrivata una notizia che l’aveva scossa in tutta la sua profonda e imperscrutabile anima nera. 

Matrimonio combinato. 

E con un idiota patentato di cui sapeva a malapena il nome, e che sicuramente non valeva nemmeno un quarto di lei. Suo padre era sempre stato uno stolto, e ora lo dimostrava senza sforzo e remore. Pur di mantenere la purezza del suo immacolato sangue, l’aveva promessa ad un beota, era lo sgarbo più grande che potesse farle.

Era scappata dalla sala comune, dopo aver letto quella dannata lettera, dove tra mille svolazzi calligrafici suo padre le annunciava che presto sarebbe diventata la signora Butler, moglie di Trevor Butler, il più grande deficiente che madre natura avesse messo sulla terra. Era uscita come una furia, non aveva spiegato niente a nessuno, aveva travolto chiunque le era capitato tra i piedi, e si era infilata nell’aula in disuso che solo lei conosceva. 

Buia, polverosa, caotica, come era il suo spirito tormentato in quel momento.

Ad una persona come lei potevi togliere tutto, potevi sottoporla al dolore fisico, a quello emotivo, persino all’umiliazione pubblica, e lei avrebbe sopportato tutto stoicamente, senza fiatare, senza lamenti o pianti, avrebbe semplicemente evitato di darti soddisfazioni di alcun genere. 

Potevi toglierle davvero tutto, meno due cose: la dignità, e la libertà.

Senza il suo orgoglio, che dominava ogni singolo respiro della sua vita, sarebbe morta come senza ossigeno, soffocata. 

E senza la sua libertà, la sua assoluta indipendenza, sarebbe esplosa in milioni di parti, pur di fuggire dalla gabbia che sarebbe stato il matrimonio.

Un pettirosso nato libero non può essere tenuto in una gabbia, anche se fatta d’oro.

Ed ora era lì, su una coperta verde bosco fatta apparire appositamente per abbandonarcisi sopra. Sotto ad una delle finestre, guardava i fringuelli che svolazzavano allegri al di fuori, e pensava a come fare per impedire in tutti i modi, anche a costo di scappare di casa, di convolare a nozze con quell’insipido Trevor.

E mentre fumava la sua quinta sigaretta, l’ultima del pacchetto aperto solo il giorno prima, e mentre l’essenza di rose selvatiche si spandeva per l’aria, mischiandosi alla polvere in strani arabeschi grigi sopra la sua testa, aveva sentito la porta aprirsi, e aveva visto la luce inondare la stanza e le volute di fumo che stava osservando.

-Che ci fai qui? Come hai fatto a trovarmi? –

chiese subito, senza guardarlo in faccia. L’aveva visto, sapeva chi era, le bastava. Rimase sdraiata, a fumare.

-Che t’importa di come ho fatto? Quel che conta è che sono qui, no? –

rispose lui, la voce calda, avvolgente come le spire di un cobra. Gli occhi saettavano veloci per la stanza, mentre chiudeva la porta e la faceva ripiombare nel buio cospiratore che la caratterizzava.

-Lo vedo che sei qui, ma a fare cosa mi chiedo. Se sei venuto qui per chiedere favori, gira al largo, non è aria. –

rispose pronta lei, tirando nervosamente un’altra boccata di fumo.

-Non sono così prevedibile, ma questo avrai tempo di scoprirlo presto. Sono qui per parlare. –

Rispose lui, il biondo dei capelli che sfidava l’oscurità, e riluceva di luce propria, troppo chiari per essere messi in ombra.

Un ghigno, le labbra rosse e irrisorie che si piegavano in quel modo che ti conquistava, e poi ti uccideva.

-Parlare? E di che? –

-Fai troppe domande, Cooper. –

Mani in tasca, passo cadenzato, incedeva verso di lei, lambendo con lo sguardo quelle gambe lunghe e snelle che, accavallate, si scoprivano, facendo salire la gonna verde argento della divisa. Era un invito a saggiare con mano quanto potesse essere morbida la sua pelle.

-Rispondi solo a questa: perché con me? –

Rispose allora, incuriosita, Eveline, finendo con un ultimo tiro la sua sigaretta, e spegnendo il mozzicone sul pavimento. Si alzò a sedere, sostenendo il busto con le braccia dietro di se, le gambe sempre sensualmente accavallate. Aspettava la risposta.

-Perché so che tu puoi capire. –

Gli occhi grigi, tempestosi e agitati, due pareti di ghiaccio che nascondevano tesori sconosciuti e inviolabili, parlavano senza voce.

Voleva aiuto. Non aveva abbastanza coraggio, o così poco orgoglio, da chiederlo a parole, ma i suoi occhi lo volevano, lo desideravano con tanta forza, che lei lesse la richiesta senza dover indagare. E sorrise. In quel modo che diceva tutto da se. Diceva: “Avrai una possibilità”.

-Interessante. Bene, Malfoy, io e te non siamo in grande confidenza, quindi spiegati. Se non è importante, fa che uscire ora, ho bisogno di starmene per i cazzi miei per un po’. Ho un problema grande quanto il Big Beng. – disse la giovane, alzandosi dalla coperta.

Andò alla finestra, cercando tra le tasche della camicia una sigaretta superstite.

-Merda! Mi mancava solo questa, ho pure finito le sigarette! – esclamò agitata, appoggiandosi al davanzale.

-Se è solo per questo, favorisci pure. – le disse il biondo, porgendole il suo pacchetto.

Lei si voltò e ne prese una, passandola sotto il naso. Sentì distintamente il profumo della menta piperita stuzzicarle i sensi, sorrise. Tirò fuori lo zippo babbano che le avevano regalato per il compleanno, e si accese la sigaretta. Con gli occhi socchiusi assaporò il sapore della menta, che le invadeva la bocca, accarezzandole il palato. Emise l’ennesima nuvoletta di fumo della giornata, godendo fino all’ultimo del suo profumo.

-Allora, il tempo è denaro. Di cosa hai bisogno? Finito di nuovo il Fire-Wisky? – chiese poi, sarcastica.

-Mio padre mi ha promesso. Ha osato promettermi alla Parkinson. Quella non è una ragazza, è una belva. E io non sono un animale da vendere al mercato, non mi lascio cedere così, e non a lei. – disse Malfoy, gli occhi d’argento brillavano iracondi tra la polvere e i fasci di luce che invadevano l’aula, dalle finestre socchiuse che risucchiavano suoni e odori.

Ci misero poco a incontrare quelli di lei. Duri, oscuri e decisi, volevano la stessa cosa dei suoi: libertà.

-A che ti servo io? – chiese lei, guardandolo intensamente.

-So che anche tuo padre ti ha appena promessa, e sono praticamente certo che l’idiota a cui sei destinata ti è indigesto come per me la Parkinson. – asserì sicuro il ragazzo, guardandola con aspettativa.

-Blaise, Blaise, Blaise, lui e quella sua boccaccia. Te l’ha detto lui, vero? – rispose Eveline, la voce quasi divertita da quanto sapeva essere pettegolo a volte quel pazzo del suo migliore amico. L’altro ghignò, quasi complice.

-Sì. Era preoccupato per te. Voleva aiutarti, ma non sapeva come fare. Gli ho dovuto impedire di irrompere a casa tua, voleva convincere tuo padre a desistere. – ribatté divertito il biondo.

Lei sorrise, sinceramente. Grata, probabilmente, all’amico di sempre.

-Sì, è da lui. In che modo progettavi di sganciare entrambi da questa situazione di merda? – disse lei.

-Semplice. Loro vogliono solo che il casato mantenga la purezza del sangue, niente di più. Basterà fingere che stiamo insieme, in modo serio, e loro si arrenderanno. –

-Un falso fidanzamento, quindi. Uhm, molto interessante. – replicò la strega, facendo cadere la cenere con un deciso colpo delle dita sottili.

Si appoggiò al muro, incrociando le braccia sotto il seno. Rifletteva, e pensava ad ogni singolo risvolto, positivo e negativo, che avrebbe potuto assumere quell’accordo. Non aveva grandi contro, e il pro principale era mantenersi libera come l’aria. 

Non c’era un altro piano, una tattica di scorta. La sua mente di stratega si era appena messa in moto quando il biondo l’aveva interrotta, e le aveva dato la risposta su un piatto d’argento. Si morse l’unghia del pollice, mentre osservava la sigaretta che tra l’indice e il medio emetteva graziosi filamenti grigi evanescenti.

-Va bene. Saremo ufficialmente fidanzati, da ora alla fine di questa malsana storia. –rispose infine Eveline. Malfoy ghignò, vittorioso.

-Perfetto. Hai preso la decisione giusta, avremo entrambi quello che vogliamo. –

Si voltò, diretto alla porta.

-Aspetta. Non pregiudicherò la mia libertà attuale con te per averne una futura. Noi siamo fidanzati solo in pubblico, nel privato possiamo stare con chi ci pare. Nel mio caso, voglio stare sola. Tu puoi sbatterti tutte le ochette che vuoi, non m’importa, basta che non trapeli in giro, non voglio che gli altri mi facciano presente che ho un palco di corna più grande di un cervo. Ho la mia reputazione da difendere. Siamo intesi? – disse dura Eveline, aspettandosi nient’altro che un sì.

-Ovviamente. Non mi sarei mai precluso la caccia per una sola preda. Credevo fosse sottinteso che non avrei rinunciato al mio giro solo per un accordo. –

-Niente è sottinteso con una serpe. Ciò che è oscuro si può sempre rivoltare contro di te. – rispose lei.

-Già. A presto, “amore”. –

-Arrivederci, “tesoro”. – due ghigni, e una cicca che viene schiacciata sulla liscia superficie di un banco.

 

 

Antro dell’autrice

Salve. Questa fan è finita da diverso tempo, la pubblicazione sarà settimanale, o al limite ogni quindici giorni. Festeggio così la fine degli esami di maturità. Spero che questo primo capitolo vi abbia intrigato almeno un po’. Alla prossima!

Firmato: Nami l’autrice insonne

  
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