Capitolo 17: Ship of Doom
One, two, three, four
can you hear the cannons roar
Five, six, seven, eight
it has been too long a wait
Nine, ten, eleven, twelve
now we need to raise some hell
So now sing with us
Oh we have come to
your town
with our following
To bring you light but we’re gone very soon
We are the kings of a world that has never been
Oh we are bound to the ship of doom…
(“Ship of Doom” – Xandria)
Dopo la grande paura, tutti
riabbracciavano commossi gli amici che avevano creduto perduti e che adesso
avevano ritrovato.
E poi una voce si fece
sentire alle spalle di Stark, quella voce che lui aveva temuto di non udire mai
più, la voce il cui suono bastò a rasserenare il cuore dell’uomo che, fino a
quell’istante, sembrava aver trattenuto il respiro in una sorta di vita che non
era più vita.
“Signor Stark” disse
Peter, timidamente, come se non ci credesse nemmeno lui. “Sono tornato.”
Tony si voltò di scatto,
quasi temendo che, se avesse aspettato troppo, il ragazzo sarebbe scomparso di
nuovo. E Peter era lì, in piedi, come se nulla fosse accaduto. Era lì che gli
sorrideva con la dolcezza di sempre, riuscendo a portare la luce anche in quel
pianeta ormai morto.
Esitò. Una parte di lui
avrebbe voluto slanciarsi verso il ragazzino, stringerlo tra le braccia e
baciarlo, baciarlo come se non ci fosse un domani, senza respiro, senza curarsi
della presenza degli altri… Un’altra parte gli imponeva autocontrollo, gli
ordinava di mostrare la sua gioia in modo misurato, così come avrebbe fatto per
chiunque altro dei suoi amici.
Ma non era quello il
momento degli scrupoli. Non in quel momento, non lì. Peter era tornato da lui e
nient’altro importava, al diavolo la dignità e il politicamente corretto!
Stark
annullò in un secondo la pur breve distanza che lo separava da Peter, lo
abbracciò con tanta veemenza da sollevarlo tra le braccia, incredulo, felice di
sentirlo concreto e vero e tiepido nel suo abbraccio, non più polvere di
stelle, ma il corpo minuto e delicato del suo ragazzino, della sua luce, del
suo raggio di sole.
“Sei
qui, sei tornato” mormorava Tony, ripetendolo a se stesso per convincersi che
fosse tutto vero, quasi avesse timore che Peter potesse dissolversi ancora una
volta anche dal cerchio protettivo delle sue braccia. “Stai bene, ragazzo, eh?
Stai bene?”
“Adesso
sì” rispose Peter, abbandonandosi a quella stretta sicura e provando un senso
di pace e gioia che non riusciva nemmeno a contenere tanto era immensa e lo
pervadeva tutto, amplificata mille volte dai suoi sensi di ragno. La gioia di
essere sano e salvo, certo, ma ancora di più la gioia di ritrovarsi abbracciato
al signor Stark, di essere tornato da lui. “Adesso sto bene, signor Stark.”
Quello
che aveva provato, la terribile esperienza avuta, sarebbe tornata ancora a
tormentarlo nei suoi incubi. Lui, per la speciale sensibilità che gli dava il
suo potere, aveva vissuto quei momenti molto più drammaticamente,
anticipandoli, avvertendo ogni minimo segnale, sentendone tutta la spaventosa
intensità. Ma non ne avrebbe parlato ora, non voleva nemmeno pensarci.
Era
tornato dal signor Stark, era al sicuro nel suo abbraccio protettivo e
confortante, e tutto il resto sbiadiva al confronto dell’emozione di essere di
nuovo insieme a lui.
“Ehm…
potrei dirvi prendetevi una stanza,
ma non credo che su questo pianeta del cavolo ci siano hotel” intervenne Peter
Quill, spezzando l’incanto di quel momento. “Dobbiamo restare qui ancora a
lungo o qualcuno ha un piano diverso?”
Scuotendosi
come al risveglio di un sogno bellissimo, Tony depose Peter a terra e, prima di
staccarsi da lui, lo sfiorò ancora con una lieve carezza e lo guardò a lungo,
come se non riuscisse a credere che fosse tornato e volesse averlo sempre sott’occhio
perché non sparisse ancora.
“Signor
Stark, cosa voleva dire Quill con prendetevi
una stanza?” domandò subito il ragazzo, incuriosito dalla strana frase del
giovane eroe. “Non vorrà mica dormire qui su Titano!”
Sì,
Peter era proprio tornato, anche con le sue domande inopportune, ma stavolta
Stark fu felicissimo di rispondergli.
“No,
non voleva dire quello e… beh, te lo spiego quando sei più grande, ragazzo”
disse, cercando di nascondere un sorriso. “Naturalmente adesso dovremo tornare
tutti sulla Terra e immagino che il Dottor Strange ci teletrasporterà. Era un
biglietto di andata e ritorno, vero?”
“Certamente”
replicò lo stregone. “Ora che tutti sono ritornati posso aprire il portale.”
“Un
portale? Ah, no, niente diavolerie del genere per me!” protestò subito Quill. “Io
ho la mia astronave e con i miei amici useremo quella. Thor, tu vieni con noi?”
“Ti
ringrazio, ma ho abbastanza esperienza con portali e teletrasporto e credo che
approfitterò di quello che ci sta offrendo lo stregone” rispose l’Asgardiano.
“Oh,
beh, peggio per te. Qualcun altro preferisce i mezzi tradizionali?”
“Se
è possibile, vorrei venire con voi” disse Nebula, avvicinandosi a Quill. “La
mia navicella si è distrutta quando è atterrata su Titano…”
“Ma
certo, ti diamo volentieri un passaggio, vero, ragazzi? Coraggio, saliamo. Dov’è
il punto d’incontro?” chiese poi il giovane, mentre i suoi amici iniziavano a
salire sulla nave spaziale.
“In
che momento precisamente abbiamo deciso che loro sarebbero venuti con noi?” s’informò
Sam, guardandoli con un’espressione piuttosto perplessa.
“Ci
hanno aiutato e ci aiuteranno ancora” rispose Strange, avvicinandosi al
portale. “E contro Thanos avremo bisogno di tutte le risorse disponibili. Anzi,
ti siamo grati per la tua generosa offerta.”
“La
destinazione è il quartier generale degli Avengers a New York. Attiva il GPS o
qualsiasi cosa tu abbia e ci vediamo là” spiegò Stark.
E
così, mentre Peter Quill con i suoi compagni e Nebula partiva da Titano, il
Dottor Strange si teletrasportò attraverso il portale per ritornare all’Avengers
Tower e, dopo di lui, gli Avengers si prepararono per farsi teletrasportare a
loro volta.
Stark
e Peter rimasero tra gli ultimi e, pochi istanti prima che toccasse a loro, un
nuovo e agghiacciante dubbio attraversò la mente dell’uomo.
“Aspettate
un attimo, ma… se Strange ha riportato indietro il tempo su Titano, siamo
assolutamente certi che quelli che sono ritornati indietro non… non spariranno
di nuovo una volta rientrati sulla Terra?” domandò a nessuno in particolare, ma
sentendo il bisogno impellente di dare voce al timore che lo aveva
improvvisamente raggelato.
Cosa
avrebbe fatto se, una volta raggiunta l’Avengers Tower, Peter fosse di nuovo
svanito davanti a lui? Non poteva permetterlo assolutamente!
“Il
Dottor Strange ha parlato di un paradosso temporale” rispose Banner, sperando
di tranquillizzare così l’amico. “Su Titano è stato riportato indietro il
tempo, ma adesso noi torneremo alle coordinate temporali terrestri: vivremo
nello stesso momento nel tempo di Titano e nel tempo della Terra e proprio qui
sta il paradosso.”
“Questo
cosa significa, signor Stark?” chiese Peter, avvicinandosi di più all’uomo.
Credeva di aver capito che cosa intendesse dire Banner, ma aveva bisogno della
rassicurazione di Tony che non sarebbe successo di nuovo, che non si sarebbe
sentito risucchiare via, sempre più debole e fragile, per ritrovarsi poi in un
luogo che…
“Significa
che non ti succederà niente, ragazzo” dichiarò Stark con fermezza, ancora una
volta per convincere se stesso più che per rispondere a Peter. Gli circondò la
vita con un braccio e lo strinse saldamente a sé prima di accingersi ad
attraversare con lui il portale: questa volta Peter non sarebbe scomparso e,
nel caso, sarebbe svanito anche lui insieme al suo ragazzino.
Non
lo avrebbe lasciato mai più solo, mai più.
All’Avengers
Tower, intanto, gli eroi tornavano l’uno dopo l’altro.
Shuri
era arrivata di corsa non appena aveva percepito l’aprirsi del portale e adesso
guardava con ansia tra gli Avengers, sperando di rivedere il fratello e, al
tempo stesso, temendo che lui non sarebbe tornato. Non le era sfuggita,
infatti, l’esitazione di Strange al momento della loro partenza e aveva subito
pensato che lo stregone sapesse qualcosa sul destino di T’Challa che non voleva
rivelare.
Ecco
Sam, poi Natasha, Visione e Wanda insieme, Thor, War Machine, Steve e Bucky…
E
dopo di loro, finalmente, il volto familiare e amato del fratello.
“T’Challa!”
gridò la ragazza, volando tra le braccia di lui. Solo in quel momento si
concesse di scoppiare in lacrime di gioia e di sollievo e si rese conto che, in
realtà, per tutto il tempo era stata convinta che suo fratello non avrebbe
fatto ritorno.
“Sto
bene, Shuri, sto bene, non piangere, sorella” disse con tenerezza l’eroe, abbracciando
la giovane e asciugando le sue lacrime. Non c’era bisogno di parlare per
comprendere quanto la povera Shuri avesse sofferto e temuto la sua perdita, ma
adesso erano di nuovo insieme. Forse, un giorno, le avrebbe rivelato ciò che
era accaduto su Titano, ma non era quello il momento. Ora erano insieme, lui
era sano e salvo, non c’era alcun motivo di turbarla ancora.
Quando
tutti furono rientrati sulla Terra, il Dottor Strange poté chiudere il portale.
Forse
qualcuno notò che, nonostante il rientro all’Avengers Tower e la scomparsa del
portale, Stark continuava a tenere allacciato a sé Peter, quasi temesse ancora
che qualcosa o qualcuno potesse sbucare dall’ombra e portarlo via. Ma, se il
gesto di Tony fu colto da qualcuno, questo qualcuno preferì non dire niente.
“E
adesso che cosa faremo?” domandò Natasha.
“Abbiamo
un sacco di cose da fare” rispose Stark, accorgendosi con un po’ di ritardo di
tenere ancora stretto Peter e staccandosi da lui… ma solo di un passo. “Innanzitutto
dovremo cercare di scoprire quanta gente sia svanita qui sulla Terra e se
abbiamo perso qualcuno dei nostri amici.”
“Zia
May!” gridò Peter, colto da un improvviso timore. “Non sarà successo qualcosa a
mia zia? Posso… signor Stark?”
“Ma
certo, ragazzo, chiamala pure” replicò l’uomo, cercando di rassicurarlo. “Vedrai
che tua zia starà benissimo.”
Ma
nemmeno lui era così sicuro che le cose stessero a quel modo e si domandava
cosa ne fosse stato delle persone a lui care: Pepper, Happy, Clint, Fury…
chissà se qualcuno di loro si era dissolto com’era successo a Peter? Il conto
degli scomparsi sarebbe stato sicuramente terribile e avrebbero dovuto
prepararsi a qualche perdita. Tony poteva solo sperare che le perdite non
fossero troppo gravose…
“Bene,
ognuno di noi chiamerà gli amici e le persone care, per verificare che tutti
loro… beh, siano sani e salvi” disse poi, rivolto agli altri Avengers. “Io
cercherò di contattare Pepper e Happy.”
“Io
chiamerò Clint” si offrì Natasha.
“Io
telefonerò a Fury e a Scott” disse Steve.
Gli
Avengers erano ritornati al loro quartier generale sani e salvi ed erano
riusciti a guadagnare tempo ingannando Thanos, così come era stato previsto dal
piano di Rogers. Però, e lo comprendevano solo in quel momento, avevano vinto
una piccola battaglia e non l’intera guerra. Sarebbe stato atroce venire a
conoscenza del destino toccato ai loro cari rimasti sulla Terra e poi avrebbero
dovuto organizzarsi nuovamente e elaborare un’altra strategia per sconfiggere
definitivamente Thanos.
Avevano
urgentemente bisogno di nuovi alleati e non sarebbe bastato l’aiuto, seppure
volenteroso e generoso, di Peter Quill e dei suoi compagni.
Sarebbe
stato necessario coinvolgere lo S.H.I.E.L.D. e avvalersi delle avanzatissime
tecnologie di cui disponeva… e chissà se sarebbe stato sufficiente?
Fine capitolo
diciassette