Serie TV > Poldark
Segui la storia  |       
Autore: lady lina 77    24/09/2018    3 recensioni
Una nuova fanfiction, una AU (che sarà molto lunga), che parte dal tradimento di Ross della S2. Cosa sarebbe successo se Elizabeth si fosse accorta prima di sposare George, della gravidanza del piccolo Valentine? Cosa sarebbe successo se avesse obbligato Ross a prendersi le sue responsabilità?
Una storia dove Ross dovrà dolorosamente fare i conti con le conseguenze dei propri errori e con la necessità di dover prendere decisioni difficili e dolorose che porteranno una Demelza (già incinta di Clowance) e il piccolo Jeremy lontano...
Una storia che, partendo dalla S2, abbraccerà persone e luoghi presenti nelle S3 e 4, pur in contesti e in modalità differenti.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Demelza Carne, Elizabeth Chynoweth, Nuovo personaggio, Ross Poldark, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

L'inverno era arrivato in anticipo e gli ultimi mesi di gravidanza di Demelza erano stati difficilissimi. Il freddo, la stanchezza fisica e mentale e la tristezza infinita che l'accompagnava sempre, avevano reso il suo stato d'animo logorato e sfinito.

Non era mai stata tanto stanca in vita sua nemmeno ad Illugan e forse sarebbe stata stanca per sempre...

Era ricaduto tutto sulle sue spalle da quando Ross se n'era andato. Lui, come aveva immaginato fin dall'inizio, non era mai venuto ma sperava che, col parto, quella situazione di stallo avrebbe potuto sbloccarsi per il bene dei bambini. Di se stessa le importava poco, quello strappo al suo cuore dopo l'annullamento del matrimonio l'aveva resa apatica a tutto e non si aspettava nulla di buono per se stessa. Il dolore di aver perso Ross era stato troppo, l'aveva annientata e non essere mai riuscita a piangere aveva reso il suo cuore duro come pietra e impermeabile ad ogni emozione...

Si chiedeva spesso se e quando sarebbe crollata ma sapeva di non poterselo permettere per Jeremy e per il bene del bambino che aspettava. Doveva essere forte, lei per tutti. Anche se aveva perso l'amore... Il suo uomo... Colui che, nel mondo, era l'unico a farla sentire completa... La sua ragione di vita...

Per fortuna aveva due meravigliosi angeli custodi accanto, Prudie che le era vicina come una mamma e Dwight, sempre disponibile e scrupoloso, che la seguiva sia come medico che come amico. Erano i suoi unici appigli, gli unici a cui appoggiarsi quando sentiva che tutto era troppo e che quella situazione l'avrebbe schiacciata.

Zachy, dalla miniera, veniva ogni settimana a portare del denaro da parte di Ross ma Demelza aveva deciso di contare solo sulle sue forze per il proprio sostentamento, affidandosi ai doni della terra di Nampara. Non voleva la carità, non voleva nulla da lui!

Aveva usato una parte di quel denaro solo per Jeremy, quando ce n'era stata effettiva necessità. Il resto lo aveva chiuso in un cassetto, dentro a una busta e lo avrebbe restituito a Ross appena lo avesse visto.

Non sapeva perché era rimasta, in quei mesi si era chiesta spesso perché non era andata via e non aveva tentato di ricominciare una vita altrove. Se non fosse stato per Jeremy e per il bambino e per la vaga promessa di Ross di essere presente nella vita dei loro figli, se ne sarebbe già andata. Ma doveva dare una possibilità a quella promessa, lo doveva ai suoi figli più che a Ross. Doveva tentare prima di arrendersi e anche se era consapevole che difficilmente lui sarebbe riuscito ad essere un padre presente, voleva accertarsene di persona prima di gettare la spugna e andarsene coi suoi figli.

La gravidanza, nonostante tutto, era proseguita senza troppi problemi. Il bambino era vispo, scalciava spesso e viste le dimensioni del suo girovita, doveva essere pure bello grosso.

Jeremy, la sera, le accarezzava il pancione e fingeva di parlare col fratellino o la sorellina ed era il momento più dolce della giornata per lei, quello, dove si sentiva amata e protetta dalla presenza dei suoi figli.

Il resto della giornata non era così, il resto della giornata era duro e difficile. Si sentiva sola, spaventata dal futuro e ogni cosa le sembrava impossibile da superare senza Ross...

Eppure stringeva i denti, volta per volta, e ce la faceva...

Sempre...

Non aveva altra scelta se non essere forte, soprattutto per Jeremy. Da quando Ross se n'era andato, era diventato agitato e capriccioso e spesso aveva dovuto imporsi a lui con fermezza, quando il bimbo aveva superato il limite. Faceva storie per mangiare e spesso la notte si svegliava in lacrime. La cercava ma cercava anche Ross...

E in quel momento le si stringeva il cuore perché Jeremy aspettava il suo papà, non capiva perché non lo vedesse più e una volta le aveva chiesto, stentatamente, se se ne fosse andato perché lui era stato cattivo.

Aveva odiato Ross, in quel momento... Quanto male stava facendo a Jeremy? Ne era almeno consapevole?

Lo aveva abbracciato, aveva asciugato le sue lacrime e gli aveva detto che no, non era per quello, che il suo papà aveva delle faccende urgenti lontano da casa e che non poteva tornare ma che, alla nascita del fratellino, sarebbe corso da loro.

E da allora, ogni mattina, Jeremy aveva chiesto se era arrivato il giorno della nascita. Aspettava il fratellino ma soprattutto, aspettava il suo papà... E Demelza pregava in silenzio che Ross mantenesse la parola data e che venisse perché in caso contrario avrebbe distrutto il cuore di Jeremy e tutto quello che avrebbe potuto venire...

La mattina del 20 novembre iniziò in maniera gelida. I campi erano coperti di brina, il cielo nuvoloso e spirava da nord un vento freddo che pareva voler congelare ogni cosa.

Demelza si svegliò per una fitta al ventre che, da quanto era potente, le fece mancare il respiro. Guardò fuori dalla finestra e vide che c'era già un pò di luce e che quindi l'alba doveva essere passata e rimase ad aspettare. Ma quando, dopo cinque minuti di immobilità arrivò una seconda fitta, si convinse ad alzarsi dal letto e ad andare a chiamare Prudie. Era arrivato il momento ed era da qualche giorno che se lo aspettava... Aveva avuto spesso contrazioni e fitte durante l'ultima settimana e a conti fatti, quelli erano i giorni indicati da Dwight come i possibili per il parto.

Aveva paura di quel parto... Per la prima volta in vita sua era terrorizzata perché sarebbe stato il momento della verità: per mesi si era chiesta cosa facesse Ross, cosa pensasse, se sarebbe venuto dai bambini...

Ora avrebbe avuto ogni risposta e aveva paura... Paura che venisse, paura che non venisse... Ogni soluzione la terrorizzava per il carico di emozioni e decisioni che avrebbe portato con se.

Sapeva solo, al momento, che era sola. E che doveva partorire con le poche forze che le erano rimaste.

Prudie, approfittando del fatto che Jeremy dormisse ancora, era corsa verso la residenza di Dwight e Caroline infagottata come un pinguino, con indosso ancora la camicia da notte che non aveva fatto in tempo a togliere e che aveva coperto con gli abiti da lavoro e il mantello.

Demelza rimase a letto, in attesa, attenta a non lamentarsi per non far svegliare Jeremy. Se suo figlio si fosse accorto del trambusto e si fosse agitato, non sarebbe stata in grado di prendersene cura.

Dwight arrivò in fretta e per fortuna giusto in tempo, perché le contrazioni divennero subito ravvicinate e forti, segno che il parto sarebbe stato estremamente veloce.

Prudie corse a dare un occhio a Jeremy e per fortuna il bambino non si era svegliato, poi tornò in camera con bacinelle d'acqua, stracci e asciugamani.

Dwight le prese la mano, sorridendole e accarezzandole la fronte. "Pare che questo bambino abbia estremamente fretta di nascere, credo che sarà un parto rapido".

Nonostante i dolori, Demelza gli sorrise. Una buona notizia, finalmente! "Mi spiace di averti buttato giù dal letto a quest'ora, con questo freddo".

Dwight le strizzò un occhio. "Caroline, visto che la partoriente sei tu, mi ha dato il permesso di venire... Ma non ho molto tempo e quindi sù, facciamo nascere questo bambino".

Demelza annuì e si accorse di avere paura. Non per il parto in se ma per quello che avrebbe comportato... Se Ross non si fosse fatto vivo, avrebbe dovuto prendere decisioni importanti e la responsabilità dei due bambini sarebbe ricaduta tutta su di lei. "Se almeno fosse diverso... Se lui...".

Dwight le strinse la mano, vigorosamente. "Non pensarci, non adesso! A tutto c'è rimedio Demelza e ora devi concentrarti unicamente sul parto così che, quando Jeremy si sveglierà, si troverà con un nuovo fratellino o una sorellina. Questo è un bel giorno per te, Demelza! Ricordatelo!".

"Sì". Chiuse gli occhi, decise che lui aveva ragione e raccolse tutte le sue forze. Si lasciò guidare da Dwight che, in quei momenti concitati fu medico oltre che amico, tentò di non urlare per non svegliare suo figlio, si aggrappò con forza a Prudie che la sosteneva mentre spingeva e alla fine, alle otto in punto del mattino, lei nacque... E il suo pianto, come quello dei bambini nati prima di lei, gli parve il suono più bello del mondo.

"E' una bambina! Santo cielo, è pure bella grossa!" - esclamò Dwight contento, tenendo la neonata in braccio.

Demelza si accasciò sul cuscino e Prudie corse a prendere una copertina con la quale avvolse la bambina.

"Sta bene?" - chiese Demelza, col poco fiato che aveva in corpo.

Dwight osservò la piccola che piangeva stizzita e pareva voler far tremare i vetri con la sua voce. "Direi che ha degli ottimi polmoni ed è piuttosto arrabbiata per il trambusto che ha dovuto vivere. La senti strillare? Questa bambolina sta meglio di tutti noi messi insieme, scoppia di salute ed è assolutamente bellissima".

Le si avvicinò piano, poggiandole dolcemente la piccolina sul petto. Demelza la strinse a se e la guardò, in un misto di gioia autentica e vera per essere diventata mamma e di dolore perché Ross non era lì, ad accogliere alla vita la loro bambina. Era bellissima, talmente bionda da non vedersi quasi i capelli, con delle manine affusolate dalle dita lunghe, la carnagione chiara e gli occhioni azzurro-verdi come i suoi. Le sue guance erano piene e, anche se non somigliava per nulla a Ross, aveva ereditato da suo padre lo sguardo fiero e l'espressione di chi sa quello che vuole.

La bimba, fra le sue braccia, smise di piangere. Demelza la baciò sulla testolina, rendendosi conto che aveva fra le braccia la sua ragione di vita, assieme a Jeremy. Nonostante il dolore di quanto vissuto in quei mesi, nonostante Ross non avesse fatto parte di quell'attesa e di quella nascita spezzandole il cuore, nonostante la paura e le incognite del futuro, guardandola sentì di amarla e basta. E che in quel momento il resto non contava.

"Sembra una principessina, ha un aspetto nobile..." - disse Prudie, guardando la neonata.

Demelza cullò la piccola e sorrise a quelle parole, annuendo. "E' vero" – sussurrò, tentando di attaccarla al seno per allattarla. La bimba la osservò con il pugnetto della mano in bocca e poi, come se non avesse fatto che quello da sempre, si mise a succhiare il latte con voracità.

Dwight le accarezzò la spalla. "Complimenti, è bellissima e te la meriti tutta, questa bambina. Goditela...".

"Ci proverò".

"Come la chiamerai?".

Demelza ripensò a quegli ultimi mesi dove, per distrarre Jeremy, si era impegnata con lui a scegliere il nome del bambino in arrivo. Suo figlio si era lasciato prendere dal gioco e aveva inventato nomi di fantasia assurdi che, in quel momento tanto difficile, erano riusciti a farla ridere. Ecco, se c'era un qualcosa che poteva renderla ottimista, qualunque cosa fosse successa, erano i suoi figli. Ora ne aveva due e sarebbero sempre stati fonte di sorprese e gioie per lei. "Clowance, lei si chiamerà Clowance... Carne".

Lo sguardo di Dwight si fece serio mentre Prudie, impallidendo, voltò la testa atrove. "Demelza...".

Lo sguardo della donna si indurì e richiamò entrambi all'ordine. "Non voglio pietà, posso farcela e ormai le cose stanno così, è inutile far finta che la realtà sia diversa. Quindi, per favore, non guardatemi in quel modo" – disse, stringendo a se la piccola Clowance.

Dwight le sorrise dolcemente, sedendosi sul letto accanto a lei. "Hai ragione, scusa. Trovo che il nome Clowance sia bellissimo e stia davvero bene a questa bambina".

"E' un nome elegante e lei sembra una bambina elegante, anche se strilla come un'aquila quando piange".

Dwight alzò gli occhi al cielo, sospirando. "Tutte le donne eleganti strillano come aquile e fanno capricci..." - commentò, pensando scherzosamente a Caroline.

Nonostante fosse stanca, Demelza rise. "Come sei confortante, Dwight...".

Il medico rispose al sorriso mentre Prudie prendeva gli asciugamani sporchi e preparava l'occorrente per aiutare madre e figlia a lavarsi. "Demelza, devo dirti una cosa e vorrei che prendessi in considerazione l'offerta mia e di Caroline" – disse Dwight, a un tratto, con serietà estrema.

Demelza lo guardò, incuriosita. "Dimmi".

Dwight sospirò. "Come ben sai, il desiderio di Caroline è da sempre quello di iniziare una nuova vita lontano da quì. E dopo quanto successo fra me e Ross, ora è anche un mio desiderio e sono rimasto fin'ora solo per te, volevo esserci ed aituarti nel parto. Ma fra qualche giorno io e mia moglie partiremo, eravamo indecisi fra Bath e Londra e Caroline ha deciso per la capitale dove si trova la dimora principale della sua famiglia che ora lei ha ereditato. Ci farebbe piacere se tu venissi con noi, assieme ai bambini... Per te non c'è più nulla quì e a Londra potresti ritrovare la serenità e una nuova vita. E aiuteresti me tenendomi compagnia e non facendomi sentire l'unico pesce fuor d'acqua in quella grande città" – concluse, cercando di rendere il tono di voce più leggero e ironico.

Demelza sentì stringersi lo stomaco e il suo cuore parve andare a pezzi a quella proposta sicuramente gentile ma che... Andarsene...? Era vero, andarsene da Nampara e dalla Cornovaglia era una delle opzioni a cui aveva pensato ma in cuor suo sperava che Ross potesse trattenerla in qualche modo, che mantenesse fede alle sue promesse e che sarebbe stato presente per i bambini. Evidentemente era un'illusa... Perché era palese che Dwight non nutriva alcuna speranza su una soluzione del genere. Scosse la testa, stringendo a se la sua piccolina e le venne voglia di piangere. Ma ancora una volta si impose di non farlo... Lasciare Nampara e la Cornovaglia avrebbe significato lasciare lì un pezzo grandissimo del suo cuore, lasciare l'unico posto che per lei era stata casa, arrendersi all'idea che della famiglia che aveva creato con Ross e del loro amore, non era rimasto nulla. "Non posso andarmene coi bambini... Ross... potrebbe...".

Dwight scosse la testa. "Demelza, credi davvero che verrà?".

"Devo farlo o per lo meno, devo dargli una chances. Lo devo ai bambini, non posso andarmene togliendo loro l'opportunità di avere un padre. Devo almeno provarci...".

Prudie prese la bimba per lavarla e Dwight le strinse le mani. "Che padre sarebbe? Come potrebbe funzionare? Quando nascerà il bambino di Elizabeth, come potrete far funzionare la cosa? Demelza, io vorrei credere che Ross possa gestire tutto ma ti ha dimostrato ampiamente, in questi mesi, che non è così".

Abbassò lo sguardo, ancora vinta da quelle emozioni forti e da quel dolore che mai l'avrebbe abbandonata. "Gli devo scrivere per dirgli che la bambina è nata e poi, in base a quello che lui farà, deciderò il da farsi. Se non verrà...".

"Verrai da noi a Londra?".

Prudie, dietro di loro, armeggiando la bambina, attirò la loro attenzione. "Io la signora non la lascio. Se lei viene a Londra, trovate una stanza anche per me perché io parto con lei".

Demelza si mise le mani nei capelli. "Prudie...".

La serva si voltò verso di lei, serissima. "Cosa pensi ragazza? Che lasci te e i bambini? Che stia quì a fare da serva a quella gattamorta? Io vengo a Londra, fine del discorso. Avrai bisogno di una tata, no?".

Dwight sorrise. "Per me e Caroline andrà benissimo!". Prese un foglio e scrisse su di esso un indirizzo. "Noi abiteremo quì. Se vorrai venire da noi, sarai la benvenuta e farai parte coi bambini della nostra famiglia".

"Sai che è difficile, Dwight... Non posso partire così, coi bambini...".

"Sono tuoi, di Ross non hanno più il cognome e quindi puoi decidere per loro in autonomia".

Le parole di Dwight facevano male ma in esse c'era l'essenza vera di quell'incubo che stava vivendo. Era vero, erano i SUOI bambini... E lei doveva decidere per loro, non Ross. Lui se n'era andato da mesi e non si era più fatto vedere rendendo chiaro quanto poco gli importasse di loro...

Guardò da lontano la piccola Clowance, immaginò il faccino dolce di Jeremy ancora a letto e decise che, se Ross non fosse venuto, avrebbe intrapreso quella strada. Meritava di più di quello, meritava di più che rimanere sola in una casa ad aspettare un uomo che l'aveva abbandonata e che forse non sarebbe mai tornato. I suoi figli meritavano di più... "Se Ross non verrà, allora partirò" – disse, stringendo nella mano il foglio con l'indirizzo.

Dwight le baciò la fronte e la abbracciò. "Ti aspetteremo a braccia aperte e sarà un nuovo inizio per tutti. Ora vado a casa ma tornerò stasera per visitarti e per accertarmi che vada tutto bene".

"Grazie" – rispose lei, sorridendo dolcemente.

Prudie le si avvicinò, con la piccola avvolta in una copertina bianca. "Eccola, pulita e fresca come una rosa. E' bella come una perla!".

Demelza la strinse a se e la cullò, stringendola al suo petto e cercando di trarre da essa la forza e il coraggio necessari per andare avanti. Doveva farlo, per lei e per Jeremy! Pur con dolore, pur sapendo che Londra non sarebbe mai stata la sua casa, doveva dare ai suoi figli una nuova vita serena, se Ross non fosse venuto...

Sarebbero partiti, sarebbero andati via e Ross avrebbe fatto parte del passato, un passato da dimenticare...

Poco dopo Jeremy si svegliò e Prudie lo portò da lei. Il bimbo, appena vista la sorellina, saltò eccitato e contento di essere il fratello maggiore e di avere una sorella. "Clowance, Clowance!" - urlò, prima di salire sul letto e abbracciarla forte.

"Clowance, sì".

Jeremy diede un bacio alla sorellina, le pizzicò la guancia e tentò di prenderla in braccio ma Demelza lo convinse che non era il caso e che per ora era meglio che stesse con lei. Ma gli promise che avrebbero giocato tanto insieme, appena lei fosse stata abbastanza grande per farlo.

Jeremy annuì, non molto convinto. "Adesso papà arriva?" - chiese infine, formulando la domanda che Demelza più temeva.

"Ora gli scrivo per dirgli di Clowance".

Jeremy sorrise, contento. "E papà corre quì".

"E papà corre quì..." - disse lei, con un filo di voce rotta. E sperò per Jeremy che fosse vero! Per lui più che per se stessa o Clowance...

E mentre Jeremy faceva colazione di sotto con Prudie e Clowance dormiva accanto a lei, Demelza si alzò dal letto e raggiunse la scrivania.

Prese un foglio, penna e calamaio e, sedendosi a fatica, iniziò a scrivere la lettera più importante della sua vita.

Non voleva scrivere nulla di lungo o anticipare niente. Se Ross voleva conoscere Clowance doveva venire a Nampara oppure non avrebbe mai saputo nulla della sua bambina.


"Caro Ross, oggi 20 novembre,alle otto del mattino, ho partorito. Se vorrai venire come avevi detto mesi fa, per ora noi saremo quì ad aspettarti.

Demelza".


Non scrisse altro. E nel pomeriggio, mentre Jeremy faceva il riposino, mandò Prudie a Trenwith per consegnare la lettera.

  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Poldark / Vai alla pagina dell'autore: lady lina 77