Tu
che mi concedi
afrori nuovi, forse
non capisci, infine
che la sorte ti forgiò da mano umile,
su
più su, credi
di arrivare, corse
interminabili di spine
ma tanto che il bocciolo è esile..
Lo sai tu che radichi
tra gli alibi gelidi
dei giardini frigidi,
dei sintomi instabili
-il mio inverno era
la tua primavera
era la paura
della tua ombra pura-
della mia felicità
incastrata,
lo sai tu
che sei
-era stalattite
delle mie sei vite,
era la frescura
della tua linfa, la tua natura:-
la mia mortalità
annacquata.