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Autore: vali_    26/09/2018    3 recensioni
[Seguito di "Wash Away"]
Sam, dopo aver perso Jessica, è tornato a cacciare con suo fratello, nonostante continui a credere che la sua vita potrebbe essere molto di più che inseguire mostri e un incubo infinito. Dean si sente meglio ora che ha nuovamente suo fratello al suo fianco, ma Ellie gli manca più di quanto voglia ammettere e, quando una persona a lui cara lo cerca per chiedergli di occuparsi di un problema che la riguarda, non esita un istante a prendere l’Impala e correre da lei.
… “«Scusa Sam, ma non andiamo in Pennsylvania».
La smorfia che compare sulla faccia di suo fratello è un misto tra il disperato e lo spazientito, ma a Dean poco importa di come prenderà questo cambio di programma. «Come? Ma se avevamo detto—»
«Non importa quello che avevamo detto» prende fiato e lo guarda intensamente; non ha voglia di discutere, ma almeno deve dargli qualche informazione su questo cambiamento improvviso. Tanto poi sa che, durante il viaggio, Sam lo riempirà di domande comunque
”…
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bobby, Dean Winchester, John Winchester, Nuovo personaggio, Sam Winchester
Note: Lemon, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Prima stagione, Seconda stagione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Some things are meant to be'
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Note: Buoooonasera! :D
Stasera sono un po’ in ritardo sulla tabella di marcia e sono pure un po’ di fretta, quindi vi lascio il capitolo e un abbraccio grande così ^.^
Buon proseguimento di settimana :*


Capitolo 4: Looking at you
 
That's how it goes 
'Cause part of me knows what you're thinking 
Don't say words you're gonna regret 
Don't let the fire rush to your head 
I've heard the accusation before 
And I ain't gonna take any more 
Believe me 
The sun in your eyes 
Made some of the lies worth believing

 
(Eye in the sky – Alan Parson’s Project)
 

Spinge il piede sull’acceleratore, dando ancora un po’ di gas alla sua fedele e instancabile compagna di viaggio, gustandosi quel rombo agguerrito e pulito che gli arriva alle orecchie.
Ora che l’ha sistemata, l’Impala scorre sulla strada che è una meraviglia e macina chilometri come se schiacciasse formiche, come ha sempre fatto, rendendolo sempre fiero di lei.
 
Dean sorride appena, seguendo il filo dei suoi pensieri. Osserva con la coda dell’occhio suo fratello seduto sul sedile al suo fianco, il gomito appoggiato al bordo del finestrino e gli occhi rivolti al panorama che scorre là fuori. Gli fa ancora un po’ strano trovarlo lì quando gira la testa, nonostante sia passato già qualche mese da quando è tornato a cacciare con lui.
                                                                                                                                                 
Sono le sette di sera passate, il sole sta per tramontare – il cielo rosso vermiglio con delle belle sfumature di blu si stende davanti ai suoi occhi come un bel dipinto – e Dean sente un certo languorino allo stomaco. Si fermerebbe per mangiare, ma preferisce aspettare un altro po’ e che magari sia qualcun altro a proporlo, visto che le sue idee sono sempre prese male dalla signorina che siede sul sedile posteriore della sua macchina.
 
Si sono fermati solo una volta da che sono partiti, giusto per prendere qualche snack da mangiare durante il viaggio, e lei non è neanche scesa per andare in bagno. Dean glielo ha chiesto con gentilezza, nonostante abbia tanta voglia di prenderla per un braccio e sbraitarle che la deve piantare con questo teatrino e comportarsi normalmente – o almeno dirgli il perché si diverte a fare la stronza –, ma lei non l’ha neanche guardato in faccia per dirgli di no. Ha scosso la testa e basta.
 
Vorrebbe tanto capire che cazzo le ha fatto. È vero che a volte, nei mesi che hanno passato a telefonarsi, hanno discusso – a Dean non è andato giù che lei se ne sia andata per rincorrere quello svitato di suo padre, è proprio più forte di lui e a volte glielo rinfacciava e litigavano per questo – e magari ci stava che per qualche giorno, dopo, non si sentivano, ma nelle ultime settimane andava tutto a gonfie vele. Perciò proprio non riesce a capire cos’ha fatto di tanto sbagliato da indurla a comportarsi in questo modo. Lei non glielo dice, per cui può scervellarsi all’infinito, perché è sicuro che non troverà mai una soluzione da solo.
 
La spia dallo specchietto retrovisore e la trova a rigirare la punta della sua treccia tra le dita, gli occhi rivolti verso il finestrino.
 
Ha passato così la maggior parte del tempo. Ha scambiato due chiacchiere con Sam giusto perché è stato lui a interpellarla, non il contrario. E pensare che Dean ha sempre sostenuto che sarebbero andati d’amore e d’accordo, molto più di quanto facessero loro due. E forse sarebbe così se lei si comportasse normalmente, se fosse gentile come è sempre stata quando erano solo lei e Dean a spartire l’Impala e tutti gli spazi comuni.
 
Spesso – non tanto negli ultimi tempi in cui si sentivano, ma più quando litigavano – Dean si ritrovava a pensare se ne valesse la pena oppure no: le telefonate di nascosto, il tempo che passavano lontani… erano più incazzature che altro.
Non è mai stato un fanatico dei rapporti a distanza. Diciamo che non ha mai amato le relazioni stabili in generale, ma quelle a distanza ancora di meno. Non le crede possibili neanche quando le vede nei film e più di una volta si è detto che era meglio farla finita, per tutti e due. Se ne sarebbero fatti una ragione col tempo e avrebbero capito che lasciar perdere era la cosa migliore, ma poi Ellie chiamava di nuovo e ogni proposito svaniva nel nulla quando il suono della sua voce o della sua risata gli riempiva le orecchie.
A volte si era addirittura ritrovato a pensare che tutto quello che sentiva per lei, qualsiasi cosa fosse, era nato dalla sua solitudine, che l’aveva incontrata quando aveva più bisogno di qualcuno e che, adesso che era tornato Sam, gli sarebbe passata, ma poi si accorgeva che erano tutte balle, che quello che c’è – o c’era, Dean non lo sa più – tra di loro era più forte di queste cazzate e che sì, magari si era attaccato a lei all’inizio perché si sentiva solo, ma non era quello a tenerli ancora uniti. O forse non lo era mai stato, forse era solo tutta una fitta rete di bugie che Dean si era costruito per dare una spiegazione alla cosa folle e tremendamente coinvolgente che sente per lei, quella a cui si accontenta di non volerle dare un nome per non spaventarsi ancora di più; è abbastanza nella merda così, meglio non peggiorare la situazione.

Per questo sa che la sua non è una cotta come l’ha definita Ellie giorni fa. Magari lo fosse, cazzo. Gli sarebbe già passata da un pezzo. Invece no, non è una cazzo di cotta da liceali, è qualcosa di più forte, di più intenso.

Un altro motivo di litigio nasceva per vedersi. Quando intuiva che non si trovavano a una distanza troppo elevata l’uno dall’altra, Dean le chiedeva di fare anche metà strada a testa – sapeva che Ellie viaggiava ancora con la Volvo di Bobby –, di incontrarsi in un punto di mezzo per scambiare due parole guardandosi negli occhi invece di usare un cazzo di apparecchio telefonico, ma lei rispondeva sempre di no. Ogni volta con una scusa diversa, ma il succo era sempre quello e Dean si incazzava da morire. Poi ha capito – forse, perché non ne è mai stato tanto sicuro – che lo faceva perché non voleva far intuire niente a Jim di questa strana cosa che c’era tra loro. E questo Dean poteva anche comprenderlo, in fondo anche lui a Sam non aveva detto niente e mettere al corrente Jim della loro complicità sarebbe stato piuttosto imbarazzante, però… boh, ha sempre pensato che ci fosse qualcos’altro sotto, ma non è mai riuscito a capire cosa. Si è sforzato più volte di credere che la sua fosse solo una sensazione, ma non ne è mai stato tanto convinto.
 
La osserva ancora tramite lo specchietto retrovisore, stando attento a non farsi beccare. Il taglio sul labbro è quasi sparito; il livido sul suo zigomo, invece, è più sbiadito, meno violaceo e più marroncino, ma c’è ed è ancora molto evidente; ha notato che Ellie ci passa le dita ogni tanto o ci appoggia sopra il palmo per coprirlo.
Chissà come se l’è procurato, chissà chi è quel bastardo sputato dall’Inferno che l’ha ridotta così.
 
Ha notato che ora ha i capelli più lunghi di come li portava l’ultima volta che l’ha vista. Non sono com’erano quando l’ha conosciuta, ma forse li farà ricrescere in quel modo. A Dean piacerebbe, ma qualcosa gli dice che niente di quello che fa in questo momento è per compiacerlo. Anche se, in realtà, Ellie non l’ha mai fatto: non l’ha mai corteggiato, non c’ha mai provato espressamente, né a gesti né a parole, eppure a lui fa girare la testa lo stesso, molto più di quanto succede con donne più… intraprendenti.
 
Nei mesi che hanno trascorso lontani, ha immaginato mille volte come sarebbe stato rivederla e nelle sue fantasie c’era sempre un qualche contatto tra di loro. Forse troppo romantico o sdolcinato, per carità, ma Dean non riusciva ad immaginare la cosa diversamente. Perciò si aspettava un po’ di più del semplice saluto che ha ricevuto, soprattutto per come si erano lasciati l’ultima volta. E magari a lei non sarà sembrato il caso di baciarlo davanti a Sam e Bobby, ma Dean aveva tanta voglia di farlo, di baciarla con così tanto trasporto da farle dimenticare per qualche minuto tutti i brutti pensieri. Ellie, però, non glielo ha concesso neanche dopo, quando è andato nella stanza in cui ha dormito da Bobby, e Dean spera che almeno vorrà farsi perdonare in qualche modo, anche se non sembra tanto interessata a farlo in tempi brevi.
Non che avesse strane intenzioni, quella sera. Voleva solo parlarle senza altri occhi puntati addosso, darle un po’ di calore e conforto, ma si è limitato a metterle un’altra coperta addosso quando l’ha vista un po’ tremante sotto le lenzuola e basta, pensando seriamente che si fosse addormentata.
 
«Dean?» la voce di suo fratello lo riscuote da quei pensieri e Dean si volta nella sua direzione «Ci fermiamo da qualche parte? Mi è venuta fame».
Sam lo guarda con gli occhi mezzi chiusi per la stanchezza; ancora non riposa decentemente, Dean se n’è accorto. Anche perché, nonostante le motivazioni siano diverse, pure lui non è che abbia dormito granché negli ultimi giorni, la testa sempre piena di pensieri scomodi.
Gli sorride «Speravo che qualcuno me lo chiedesse».
 
Parcheggia nella prima area di sosta che incontra, lo stomaco che brontola ma il sorriso sulle labbra perché tra poco potrà finalmente calmare la fame.
 
Ellie va in bagno e, quando torna, ordina un toast semplice, con mozzarella e prosciutto cotto. La cameriera le serve quel piattino striminzito che a Dean fa venire tristezza a guardarlo. Dove cavolo è finito il suo appetito? Anche da Bobby aveva notato che non mangiava moltissimo, che spesso per sé faceva delle porzioni piccoline, ma non pensava che la situazione fosse così grave.
 
Si siede per primo su uno dei tavoli con le poltroncine rosse disposti accanto alle ampie vetrate del locale, ma è Sam a mettersi accanto a lui, quando vede che Ellie ha tutt’altra intenzione. Infatti, lei gli siede di fronte, un gomito puntato sul tavolo, il pugno appoggiato allo zigomo sano e gli occhi rivolti al suo minuscolo piattino posto al centro di quel vassoio troppo grande per quella singola portata.
 
«Sei a dieta?»
Ellie alza gli occhi per guardarlo. Sta per rispondere qualcosa, ma poi il suo sguardo finisce sul piatto di Sam, colmo di quell’immensa insalata con pollo e pomodori che sta mangiando con una voracità inaudita – per lui, soprattutto; doveva avere proprio tanta fame.
Dean addenta il suo doppio cheeseburger e la guarda mentre aspetta una risposta. «Non sono a dieta, solo… non ho fame» Ellie allunga un po’ il collo per osservare meglio il piatto di Sam «Tuo fratello mangia insalata. Perché lui non lo sgridi?»
«Perché lui non fa tefto» Sam lo guarda sottecchi «Anche quando dice di avere fame non mangia un caffo». Sam gli dà una gomitata e Dean si volta a guardarlo male. Deglutisce e appoggia per un istante il panino sul piatto «È vero, Sammy. Hai lo stomaco di un passerotto».
«E tu quello di un bisonte africano, solo che io non te lo faccio notare mai, Dean, al contrario di te che stai sempre a sottolineare quanto il mio menù sia… » Sam si interrompe da solo, forse perché gli occhi di Dean si sono fatti un po’ più grandi ad ogni parola che ha pronunciato. «Che c’è?»
Gli sorride sghembo «Niente, volevo solo vedere quando riuscivo a farti smettere di chiacchierare a vanvera».
 
Sam sbuffa e torna alla sua insalata e Dean sorride ancora di più per prenderlo in giro. Torna a guardare Ellie che li osserva con una faccia strana; Dean lo capisce che si sta trattenendo dal ridere, perché conosce la sua risata e quel modo sincero e spontaneo che ha di liberarsi, toccandosi la pancia e inclinando la testa all’indietro.
Non lo fa, purtroppo – a Dean vederla ridere manca davvero tanto –; si limita a mettere una mano davanti alla bocca abbassando lo sguardo e scuotendo appena la testa, nascondendo un risolino.
 
Le sorride «Perché ridi?» e lei lo guarda di nuovo, cercando di ricomporsi «Niente. Mi chiedevo se vi battibeccate sempre in questo modo».
«Ogni volta che Sammy fa qualcosa di idiota. Il che succede spesso».
 
Si volta ancora nella direzione del fratello e lo trova ad alzare gli occhi al cielo e Dean sorride più convinto, spiando con la coda dell’occhio Ellie che sta facendo lo stesso con gli occhi rivolti verso Sam, ed è già un gran passo avanti rispetto ai giorni precedenti. Peccato che dura poco, perché poi la piega delle sue labbra si affievolisce e lei torna a concentrarsi sul suo toast, prendendolo con le dita di entrambe le mani e stringendolo ai lati per poi portarlo alla bocca.
 
Dean riacciuffa il suo panino e lo divora in qualche boccone e, ancora affamato, si dirige nuovamente al bancone – riuscendo a far spostare Sam che nel farlo ha pure il coraggio di lamentarsi – e, quando torna, ha in mano un nuovo vassoio con ben tre coppette di gelato. Una a testa.
Fa spostare nuovamente Sam – stavolta senza farlo alzare, gli basta solo che muova il suo culo verso sinistra, in quello che prima era il suo posto – e appoggia una coppetta di fronte a entrambi i suoi compagni di viaggio.
Ellie la fissa perplessa e lo stesso fa Sam, ma Dean non dà il tempo a nessuno di parlare, prendendo con una mano il piccolo recipiente freddo destinato a lui e alzando con l’altra il cucchiaino bianco di plastica nella loro direzione «State zitti e mangiate. Offre la casa… che sarei io» Sam prova a replicare, ma Dean lo blocca di nuovo «Ci sta bene un po’ di grasso su quel tuo culo piatto, Sammy. Alle ragazze piacerai di più».
Suo fratello sbuffa aria dal naso e guarda Ellie «Faceva sempre così anche con te?» che però non fa in tempo a rispondere «No, perché una volta mangiava» Dean la guarda negli occhi, senza aver paura che lei possa rispondergli male o offendersi.
 
Conosce abbastanza quel corpo da sapere che non è esattamente come l’ha lasciato l’ultima volta. Ellie si lascia a malapena guardare quindi figuriamoci farsi toccare, ma gli è bastato stringerla una volta per realizzare che quello non è il corpo che ha abbracciato più volte. Ellie è più secca, un po’ troppo, e Dean pensa che non mangi, tanto è diventata esile.
 
Certamente non le ha portato il gelato per costringerla a mangiare perché la trova troppo magra o cazzate del genere, ma piuttosto perché lei lo adora, il gelato. Il suo vuole essere solo un gesto carino, nient’altro. E anche la salsa ce l’ha fatta mettere su apposta, perché qui hanno solo il fiordilatte, ma lei preferisce il cioccolato. Sono questi i motivi che l’hanno spinto a prendere una coppetta per uno – a prenderla a lei – e glielo direbbe volentieri se Ellie facesse qualcosa, se lo guardasse male o l’aggredisse, ma lei fa tutt’altro, infilando il cucchiaino di plastica nella salsa al cioccolato e mettendone un po’ in bocca, senza dirgli niente, neanche grazie. Non che Dean lo pretendesse, però… almeno quello potrebbe dirglielo. 
 
Finisce di mangiare il suo gelato praticamente in silenzio – Ellie non dice più una parola e Sam è troppo educato per parlare con la bocca piena, ma almeno sembra gradire la sua porzione di fiordilatte – e poi riprendono il viaggio, raggiungendo Scottsbluff in un paio d’ore.
Si fermano al primo motel che trovano lungo la strada ed Ellie non esita un istante a dirgli che si prende una camera per conto suo. Non che Dean si aspettasse qualcosa di diverso, ma è davvero stanco di questo suo atteggiamento. È troppo voler sapere cosa le prende e perché fa così con lui che vorrebbe solo aiutarla?
 
Quando entra nella stanza, dà un’occhiata all’arredamento prima di buttare il suo bagaglio lontano. Non è particolarmente differente da quelle che ha visto in precedenza: c’è il solito copriletto mangiucchiato un po’ ai lati, la carta da parati con qualche buco qua e là – coperto malamente da un quadro di dubbio gusto –, il divano, un armadio in cui lui e Sam non mettono mai un cazzo perché sono sempre di passaggio e il tavolino sbilenco con tre sedie intorno appiccicato alla cucina che sarà praticamente inutilizzabile. Questa volta la tinta usata è l’arancione.
 
Avrebbe tanta voglia di farsi una doccia e poi tuffarsi sul letto e dormire il più a lungo possibile, o almeno provarci, ma capisce immediatamente che non andrà così quando Sam appoggia il borsone su uno dei due letti e ne estrae un giornale e un altro paio di fogli.
 
Alza gli occhi nella sua direzione «Credo che intanto dovremmo… dare un’occhiata alle informazioni che abbiamo» Sam sembra quasi tentennante nel far uscire quelle parole dalla sua boccaccia; Dean continua a guardarlo e nota che lo sta osservando con la stessa titubanza con cui ha pronunciato quella frase: gli occhi grandi, esitanti, la bocca appena piegata in una smorfia strana e la fronte un po’ aggrottata.
Dean stringe le spalle «Se non hai di meglio da fare».
 
Sam fa una smorfia che lo fa sorridere – una di quelle scocciate che sembrano dirgli smettila di trattarmi come il secchione di turno, io voglio solo lavorare – e lo osserva incrociare una gamba sul letto per poi sedersi, prendere dalla tasca della giacca un altro ritaglio di giornale, aprirlo e mettersi a spiegare a voce alta di cosa si tratta.
 
«Da quello che c’è scritto qui, ad essere stati aggrediti sono un uomo e una donna, Matt Hamilton e Dana Frost. Nessuna relazione tra le due vittime, sono solo i protagonisti della stessa sventura, a quanto pare. Sembra che siano stati… stuprati».
Dean stringe un po’ gli occhi, perplesso «Questo è frequente che capiti alle donne, ma agli uomini… »
«Già, infatti è stato questo particolare a incuriosirmi. Soprattutto perché erano entrambi nel loro letto, quando è accaduto» Sam abbassa un po’ la testa per leggere quello che c’è scritto sul pezzo di carta che tiene in mano «Qui dice che i racconti sono un po’ confusi e gli inquirenti non sono riusciti a stabilire precisamente la dinamica degli eventi».
«Mmh… va beh, domani come prima cosa andremo a parlarci».
«Sì. Sono ricoverati entrambi al Regional West Medical Center [1] qui a Scottsbluff».
Dean appoggia il suo borsone sopra uno dei due letti «Ricevuto».
 
Abbassa lo sguardo, concentrandosi sul suo bagaglio per prendere una maglietta pulita e un paio di boxer. Ha tanta voglia di farsi quella doccia che sognava prima. Avverte il fruscio dei pantaloni di Sam strusciare contro il copriletto e con la coda dell’occhio lo vede voltarsi verso di lui, ma continua a tenere la testa bassa e a far finta di nulla, perché sa che, quando fa così, Sam vuole parlare di qualcosa di profondo. «Prima prendevate sempre una stanza insieme, vero?» Ecco, appunto. Avrebbe dovuto aspettarsi fin da subito il terzo grado non appena fossero rimasti da soli. «Hai cambiato faccia quando ti ha detto che ne prendeva una per sé».
Dean stringe le spalle «La maggior parte delle volte, sì. Ma non ha importanza».
«Sì che ne ha» è costretto ad alzare gli occhi adesso e a incontrare l’espressione compassionevole di Sammy: gli occhi aguzzi e pronti a indagare la verità, la bocca leggermente piegata verso il basso e la fronte appena corrugata. Per stasera ne avrebbe fatto volentieri a meno «Se ne vuoi parlare, io—»
«Non c’è niente da dire, Sammy» le mani si fermano a reggere i lati del borsone aperto «È chiaro che Ellie non mi vuole tra i piedi. Anzi, forse è stata una pessima idea portarla con noi».
«Io non credo» Sam espira «Per me è solo un po’… confusa dagli ultimi avvenimenti. Si vede che è una brava ragazza e che adesso ha tante cose per la testa».
«Sì, ma io non c’entro nulla».
«Ma forse lo fa perché non vuole parlare di quello che le è successo. Io non credo sia cattiva. Voglio dire, anche se ti ha detto quelle cose, per me—»
 
Dean alza una mano nella sua direzione, senza dargli il tempo di concludere «Davvero, lascia perdere, ok?» sbuffa aria dal naso, si avvicina velocemente alla porta del bagno e se la chiude alle spalle prima che Sam possa aggiungere qualcos’altro.
 
Non ha voglia di parlarne, per questo Sam non deve insistere. Lo farà quando – e soprattutto se – ne avrà voglia.
Come l’altro giorno, quando sentiva un macigno così grosso sullo stomaco, come un enorme masso, ed era convinto che se non l’avesse buttato fuori avrebbe finito col soffocare sotto quel peso enorme. E poi gli dispiaceva, perché gli sembrava di aver preso in giro suo fratello dicendogli che lui ed Ellie erano solo amici. Col cazzo. Hanno smesso di esserlo da un bel pezzo.
 
Glielo avrebbe detto, prima o poi. Probabilmente Sam se ne sarebbe accorto da solo – non è stupido e lo conosce meglio delle sue tasche, anche se a Dean a volte dispiace ammetterlo, perché talvolta si sente così… esposto, con lui – e quindi magari avrebbe anche evitato le parole, cosa che gli sarebbe andata benissimo, che di parlare di queste cose non gli piace mai – di parlare in generale, in realtà. Poi Ellie se n’è uscita con quella meravigliosa frase che a Dean rimbomba ancora nelle orecchie e preme sul suo petto come una lama incandescente e l’ha fatta passare come una qualsiasi storiella di sesso, come se avessero scopato un paio di volte perché non avevano di meglio da fare. Vaffanculo, Dean lo sa che c’è dell’altro. È ciò che fa la differenza da tutto quello che ha sempre avuto nella sua vita. Quello che gli rode, però, è che Ellie non solo gli ha rifilato quella balla colossale facendolo rimanere lì come un coglione perché da lei si aspettava tutto meno che quella sfuriata, ma l’ha pure sputtanato davanti a suo fratello. Proprio quello di cui aveva bisogno.
 
Ovviamente c’è rimasto di merda quando Ellie gli ha detto in quel modo. Sicuramente perché si aspettava di trovarla triste e depressa per la morte del padre, non così incazzata – con lui, poi, che non ha fatto altro che aspettare una sua telefonata per intere settimane. Per non parlare del resto.
 
Sapeva che solitamente quando Ellie e Jim avevano un caso per le mani, suo padre le faceva spegnere il telefono e chiudere tutti i contatti col mondo e ci sono almeno una decina di messaggi a confermarglielo. Ma poi dopo almeno una settimana si faceva sentire, anche con un semplice “sto bene, ti chiamo quando concludiamo questa caccia” che lo facevano stare tranquillo. Per questo dopo tre settimane di silenzio ha cominciato a preoccuparsi seriamente.
 
Comunque sia, una parte di lui – una buona parte, per fortuna – sa che quelle che Ellie ha detto erano balle, che le ha sparate fuori dalla bocca per rabbia e che non le pensava, ma c’è sempre quel piccolissimo margine di dubbio nella sua testa, quello che lo fa tentennare un po’ e credere che non voleva fare la stronza apposta, ma che era seria. E questo sarebbe peggio di tutto, ma poi pensa che comunque è venuta fin qui, perciò no, non gli pare possibile.
 
Quindi non è la stanza il problema o la discussione in sé a preoccuparlo, ma piuttosto il fatto che Ellie adesso è distante come non è mai stata, neanche quando aveva tutti i motivi per esserlo. Sam l’ha conosciuta ora e non quando era normale, perciò forse non capisce perché Dean se la prenda tanto. Poi, anche se fosse, non può fare niente per aiutarlo. Anzi, mi sa che ha già fatto tutto ciò che poteva.
 
L’acqua scorre sulla sua pelle, lenta come una carezza, mentre lascia scivolare entrambe le mani sugli occhi stanchi.
Di solito farsi una doccia lo rilassa, ma stasera non funziona neanche questo, a quanto pare. Ha tutti i muscoli del collo indolenziti e si sposta appena, in modo che il getto dell’acqua vi passi sopra. Rimane così per qualche minuto, il collo piegato in avanti, gli occhi chiusi e la mente che viaggia da sola fermandosi ad uno dei momenti in cui l’aveva chiamata per chiederle scusa, il telefono a fargli da terzo incomodo e al contempo ad aiutarli a comunicare.
 
«Pronto?» la voce di Ellie non era squillante come al solito quella sera, ma stanca, più fredda.
«Mi hai chiamato, ieri sera?»
«No, Dean».
Sapeva benissimo che non gli aveva telefonato. Non lo faceva da due giorni e la sua era solo una scusa con cui cominciare la conversazione. «Peccato, mi sembrava di sì. Credevo che la chiamata persa fosse tua».
«Non prendermi in giro, avresti trovato il mio nome sul display. Che vuoi?»
«Chiederti scusa. Io… mi fa solo incazzare il fatto che mi dici sempre di no quando ti chiedo di vederci. Cazzo, vuoi che continuiamo così all’infinito? Che… che parliamo le ore al telefono senza mai guardarci in faccia? Non mi sembra di chiedere niente di così impossibile». Ellie ci metteva sempre una vita a replicare quando facevano quei discorsi e anche quella volta Dean ne aveva approfittato per sfogarsi ancora un po’. «Sono mesi che andiamo avanti così. Io… io non capisco se non vuoi vedermi oppure se mi nascondi qualcosa e fai tutte queste scene ogni volta per questo».
Ellie aveva preso un grosso respiro, quasi dovesse decidersi a tirar fuori chissà cosa «È un po’ più complicato di così. Tu viaggi con tuo fratello e puoi inventargli la balla che ti pare, io no. Mi dispiace che pensi che io non voglia vederti perché non è così, è che non posso… allontanarmi da papà, non adesso».
 
La sua voce si era fatta triste, come se stesse per scoppiare a piangere da un momento all’altro e Dean lo sapeva che poi non le succedeva mai, che riusciva sempre a trattenersi, ma non avendola al suo fianco non poteva capire quanto i suoi occhi minacciassero di straripare o meno, perciò aveva addolcito il tono chiedendole cosa stesse succedendo e dimenticando ogni proposito di litigio. Non era la prima volta che succedeva; per questo Dean ha sempre pensato che le cose tra lei e Jim non andassero poi così bene e che gli diceva il contrario per non farlo preoccupare.
 
A volte era tanto allegra, altre tanto strana. Sembrava lo chiamasse per non pensare ai suoi problemi o comunque per passare il tempo in modo piacevole. Spesso gli chiedeva di raccontarle la sua giornata e Dean la assecondava, sperando di riuscire a dirle qualcosa che la facesse stare meglio quando la sentiva particolarmente in crisi.
 
Per questo adesso proprio non riesce a capire dove ha sbagliato. Ha sempre cercato di starle accanto nonostante lei fosse a miglia e miglia di distanza; non l’ha abbandonata come avrebbe potuto fare, ogni volta era lì ad ascoltarla e a parlare di qualsiasi cosa e se avesse avuto bisogno di una mano si sarebbe precipitato, anche senza che lei glielo chiedesse, ne è sicuro.
 
Forse è per questo che quando stava per crepare non le ha detto niente. Forse aveva paura che lei, invece, gli avrebbe rifilato la scusa di quel figlio di puttana di Jim e l’avrebbe lasciato a marcire su un letto d’ospedale, ma poi si sente uno stronzo solo a pensarlo perché Ellie non gli ha negato il suo aiuto neanche quando se lo meritava di meno, perciò anche allora avrebbe fatto lo stesso.
 
Si passa ancora le dita sugli occhi, decidendo di uscire da lì che sarà più di un quarto d’ora che è dentro e ha fatto tutto meno che rilassarsi.
Chiude il rubinetto dell’acqua e ripensa che è stato proprio in una doccia simile a questa – le mattonelle celestine smaltate che coprivano una parte del muro bianco, la tenda in tinta e quel lampadario piatto e sgangherato appeso al soffitto – che erano stati felici l’ultima volta, dove avevano fatto pace dopo l’ennesimo litigio.
 
Ricorda ogni istante, gli occhi sinceri di Ellie che gli chiedevano di più mentre gli si stringeva addosso con gambe e braccia, le dita a scavare sulla sua pelle e la bocca a cercare la sua. La schiena appoggiata a quelle mattonelle chiare, si aggrappava al suo corpo e Dean – le mani sotto le sue cosce per sostenerla – la accompagnava con dei movimenti decisi e gli unici rumori erano sospiri, baci e lo scroscio dell’acqua ancora aperta. Ellie aveva i capelli bagnati appiccicati alle spalle, la pelle umida e le labbra rosse ed era così bella mentre si abbandonava contro di lui e avrebbe tanto voluto chiederle di restargli accanto, di mandare affanculo tutto e di rimanere così il più a lungo possibile. Dean non voleva nient’altro.
 
Decide di uscire dal box prima di immergersi ancora di più in quei pensieri fastidiosi – tipo che quella volta potrebbe essere l’ultima a giudicare dalla piega che adesso sta prendendo il loro rapporto – e si asciuga velocemente, teso e nervoso, infilandosi poi i boxer e la maglietta e dirigendosi in fretta a letto, trovando la luce spenta e Sam sdraiato e girato di schiena sull’altro letto.
Quando la mattina apre gli occhi dopo aver dormito sì e no tre ore – alla faccia che voleva andare a riposare il prima possibile –, si volta verso il letto alla sua sinistra e lo trova vuoto. E pensare che non sono neanche le sette.
Si stropiccia gli occhi, sbadigliando senza mettere la mano sulla bocca – tanto è da solo e nessuno può sgridarlo – e si gratta il petto, tentando di aprirli un altro po’. Sam rientra in camera poco più tardi vestito come al suo solito – la camicia a quadri rossa e un paio di jeans scuri un po’ sbiaditi – con un paio di bicchieroni di caffè in mano. Almeno gli ha evitato il tragitto fino al bar più vicino.
 
Gli sorride «Buongiorno» e si avvicina porgendogli uno dei caffè «Questo è per te».
Dean lo osserva e si tira un po’ su, mettendosi a sedere; prende il bicchiere e ne beve un lungo sorso, il gusto forte di quel liquido scuro che gli solletica il palato dandogli una bottarella di energia, qualcosa di cui aveva sicuramente bisogno «Niente colazione?»
«Intanto accontentati del caffè. La tua faccia fa schifo».
«La tua non è da meno» sorride compiaciuto all’idea di sfotterlo – è una delle cose che preferisce in assoluto – e che, se Sam voleva farlo per primo, di certo non l’ha trovato impreparato. D’altronde, è lui l’esperto in materia «Sei riuscito a dormire un po’ stanotte?»
Sammy stringe le spalle «Più o meno» e Dean sa che non è del tutto sincero – non lo è mai quando si tocca questo tasto –, ma decide di lasciar stare. Quando vorrà parlargli di che cazzo gli succede, Dean sarà pronto ad ascoltarlo, come fa sempre. «Ah, sono passato da Elisabeth per portarle il caffè, l’ho preso anche a lei. Era già sveglia».
Dean fa una smorfia «È molto mattiniera, è abituata così» riprende a sorseggiare il suo caffè prima che suo fratello possa chiedergli qualcos’altro e lo osserva andare verso la porta del bagno.
«Le ho spiegato a grandi linee cosa ho letto in quell’articolo e le ho detto di prepararsi che andiamo in ospedale».
 
Dean annuisce senza aggiungere nulla e osserva le spalle del fratello – grandi e ampie come un armadio a due ante – sparire oltre la porta del bagno. Fa un grosso sospiro e butta giù un altro sorso di caffè, riflettendo sulla lunga giornata che lo aspetta.
 
*
 
L’ospedale non è il posto che preferisce sul pianeta Terra. Anzi, si può dire che li odia tutti, con quegli orrendi corridoi asettici e infiniti, le pareti bianche, l’atmosfera fredda che si respira a ogni passo e l’odore di varichina e di dolore che sembra esalare da ogni muro. Quindi sì, gli fa obiettivamente schifo un posto del genere, ma su Ellie ha un effetto a dir poco… devastante.
 
Dean aveva già notato questa cosa quando hanno seguito quel caso in Louisiana e l’aveva mandata a interrogare quella ragazzina presa a botte dal suo amico. Aveva capito che non era a suo agio ad andare lì, ma non l’aveva vista di persona perciò credeva fosse solo una sua sensazione, non se n’era reso conto fino in fondo.
 
Gli cammina di fianco – ha i capelli sciolti sulle spalle, una gonna grigia che le arriva sopra il ginocchio e una camicia bianca aperta di un paio di bottoni sul davanti – ed è rigida come un pezzo di legno. Guarda sempre dritto di fronte a sé, fingendo una sicurezza e una fierezza che non le appartengono, e Dean lo avverte nel suo modo di camminare o nel portamento – le spalle troppo diritte e la schiena tesa – che c’è qualcosa che la turba. Non ha il coraggio di chiedere cosa, però.
Alla vecchia Ellie non avrebbe esitato un istante a fare una domanda. Con questa che ha di fronte adesso, però, è meglio trattenersi.
 
In macchina, Sam le ha spiegato tutti i dettagli del caso e insieme hanno poi convenuto che è meglio che lei si spacci per una psicologa dell’FBI, o comunque una consulente, più che un’agente, in modo da poter formulare domande più specifiche.
 
Ovviamente non gli ha parlato quando si sono incontrati fuori dalle loro stanze, tutti e tre vestiti di tutto punto e pronti per andare sul luogo stabilito e Dean ha deciso che si comporterà normalmente, nonostante la sua diffidenza. Ignorarla significa dargliela vinta, perciò ha pensato di adottare un’altra strategia, sperando che porti frutti migliori.
 
Bussano alla porta della stanza di Dana Frost che li accoglie con gli occhi spaventati e vuoti di chi ha subito una violenza. Glielo si legge in faccia cosa le è successo, anche se di segni sul suo corpo – almeno sul viso e sulle braccia scoperte – non ce ne sono molti. Giusto un livido all’altezza del polso destro e uno sotto il mento, per il resto non ha segni visibili, ma basta guardarla negli occhi castani per capire che le è capitato qualcosa di grave.
 
Da quello che è scritto sul giornale, Dana Frost ha una quarantina d’anni e fa la barista in un locale abbastanza frequentato qui a Scottsbluff.
Ha i capelli castani scuri e porta i ciuffi davanti più indietro con un gesto distratto della mano sinistra, guardandoli fisso.
«Buongiorno signora» Sam tira fuori la tipica espressione da cane bastonato con cui farebbe confessare anche i sassi dei loro più infimi peccati e, insieme a quella, anche il badge falso che porta nella tasca della giacca blu. «Io sono l’agente Scott e loro sono i miei colleghi, l’agente Wright e la signorina Hynde [2], la nostra consulente. Volevamo farle qualche domanda su ciò che le è accaduto».
 
La donna abbassa gli occhi e sospira forte, stringendo le spalle. «Non c’è niente da aggiungere, ho già detto tutto alla polizia».
«Il caso diventerà a breve di nostra competenza, signora… perciò dovrà fare un piccolo sforzo» è sempre Sam a parlare e usa quel tono che a Dean fa venire i nervi perché è pacato e tranquillo e fa cedere tutti – lui compreso.
 
Dana Frost si passa una mano dietro il collo, gli occhi ancora bassi, e fa un altro sospiro, chiudendoli subito dopo per un istante. «Era… era una serata normale, al bar dove lavoro. Un cliente si è… si è avvicinato al bancone per ordinare da bere e ha cominciato a farmi i complimenti sui miei… sui miei occhi. Io… i-io non le faccio queste cose, di solito, ma è… è un br-brutto momento per me e avevo… solo voglia di svagarmi un po’» si inumidisce le labbra ed esita qualche secondo a continuare; nessuno dei tre accenna a interromperla. «Non… non lo so cosa mi sia preso, ma sembrava così… c-così… a modo, educato e—»
«Gli uomini danno sempre quell’impressione all’inizio. È solo dopo che si rivelano per gli animali senza grazia che sono» è Ellie ad aver appena parlato e Dean volta la testa di scatto nella sua direzione e la guarda stringendo gli occhi, nervoso; lei, invece, punta i suoi su Sam «Senza offesa ai presenti».
 
Dean se ne sta zitto, ma dentro bolle di rabbia. È praticamente sicuro che Ellie dica queste cazzate per farlo innervosire e la cosa che gli dà più fastidio è che sembra divertirsi nel farlo. Quello che lo fa stare tranquillo è che sa che non ha niente da rimproverarsi almeno in questo, perché l’ha sempre trattata con i guanti bianchi sotto le lenzuola e ne ha avuta eccome di grazia. E ad Ellie è piaciuto, ogni singola volta, perciò può divertirsi quanto le pare, ma su questo fronte non può scalfirlo.
 
«Com’era il suo aspetto?» la domanda di Sam alla signora Frost lo riporta al presente.
«Era alto… moro e aveva una… una cicatrice… un segno sul braccio destro, sopra il polso. Non so se volete fare un identikit… »
Sam fa per prendere qualcosa dalla tasca della giacca con un’espressione decisamente titubante sulla faccia –disegnare non è una delle sue abilità, per cui Dean è sicuro che sta pensando che se non glielo chiedeva era meglio –, ma lo ferma con un segno della testa. «Lascia fare a lei».
Ellie si volta nella sua direzione e lo guarda negli occhi per un istante; Dean non ha idea di cosa significhi quello sguardo, dura troppo poco perché possa capirci qualcosa. Continua a guardarla mentre Ellie apre il suo taccuino e lascia che la donna le descriva nuovamente il volto del suo aggressore con più precisione per poi disegnarne i contorni e i lineamenti con una penna.
 
Non appena finisce, Dean ne approfitta per fare un’altra domanda a Dana Frost. «Le ha detto il suo nome?»
Lei lo guarda e tira su col naso «Ha detto di chiamarsi John».
«Ed era la prima volta che lo incontrava?»
«Sì. Non… non era mai passato al bar, prima di allora».
Dean annuisce «Potrebbe raccontarci qualche altro particolare? Sull’aggressione, per esempio… »
La donna abbassa lo sguardo «Era gentile, fino a un attimo prima di varcare la porta di casa mia. Poi… non so cosa… cosa gli sia preso. Mi ha… spogliata e… e… trattenuta con… la forza… troppa forza. Era… e-era come impazzito».
Dean decide che è meglio evitare di fare domande più precise sull’aggressione in sé, anche perché è chiaro cos’è successo – non solo per quello che è scritto sul giornale – e si volta per incrociare lo sguardo di Sam, che sembra del suo stesso avviso. Insistere su certe cose potrebbe solo indurre la vittima a chiudersi a riccio e non è questo che vogliono ottenere. Per questo motivo, Dean decide di porre la domanda conclusiva tenendosi sul vago. «C’è… c’è qualche altro dettaglio che ricorda?»
 
La donna arrossisce, girando il volto verso la finestra e passandosi ancora una volta la mano sul collo in un gesto incredibilmente nervoso. «La polizia… loro non… non credo mi abbiano creduto, ma lui aveva… aveva… » fa un altro sospiro forte prima di deglutire «Aveva un… un cosoparticolare, ecco».
Dean sgrana gli occhi e vorrebbe fare una battuta, vorrebbe tanto, ma si trattiene perché non gli sembra il caso. Anche se fa un’immensa fatica per farlo.
Per fortuna è Sam a schiarirsi la voce e a prendere la parola «Si spieghi meglio».
 
Escono da quella stanza quasi dieci minuti dopo, camminando a passo lento.
Dean ha gli occhi fuori dalle orbite. Ne ha sentite tante di stranezze, un’infinità, ma questa è nuova anche a lui perché Dana Frost – dopo numerosi tentennamenti – ha confessato che il coso, come lei l’ha definito, di questo misterioso molestatore era particolarmente ispido, come se fosse ricoperto di aculei o spine.
 
«Ora si spiegano i numerosi tagli sulla parete vagin—»
«Non continuare, dottor Kegel. [3] Se ti ci metti anche tu, il rischio di farmi vomitare aumenta» Dean allenta il nodo della cravatta, profondamente disgustato dall’immagine che è comparsa prepotentemente nella sua testa. «E poi dove le hai lette queste cose?»
«Ho dato una sbirciata alla sua cartella clinica mentre Elisabeth stava disegnando. Era in fondo al letto» Sam si porta i capelli all’indietro, un gesto che a Dean non fa sperare niente di buono. «Forse sono più profondi delle ferite che le donne riportano in un “normale” stupro. Che già in una cosa così di normale non c’è niente».
«Ecco, appunto, smettila di essere così tecnico» sbuffa sonoramente, passandosi le dita sugli occhi stanchi «Oltretutto non ho neanche idea di che razza di creatura potrebbe trattarsi».
«Neanch’io» Sam sposta gli occhi su Ellie che ancora non ha pronunciato mezza parola «Posso vedere che aspetto ha quel tipo?»
Lei annuisce e gli porge il suo taccuino. Sam guarda quel pezzo di carta con una certa ammirazione «Cavoli, sei davvero brava. A me sarebbe venuto uno sgorbio».
Ellie abbozza un sorriso mentre il taccuino finisce anche nelle mani di Dean, per niente stupito della sua abilità e del modo curato con cui ha tracciato il profilo dell’aggressore sconosciuto, raccogliendo tutti i dettagli forniti da quella donna e mettendoli insieme in un ritratto molto preciso, nonostante sia stato fatto a penna.
 
Sam tira un sospiro «Propongo di andare a interrogare l’altra vittima, Matt Hamilton, così da vedere cosa troviamo in comune».
Dean sbuffa aria dal naso, per niente allettato da questa proposta. «D’accordo, ma spero tanto per lui che non sia gay». Sia Sam che Ellie lo guardando strano «Mi sono fatto troppi film per oggi. Ci manca solo che viene fuori che quel mostro ha infilato il suo arnese pure nel—»
Sam alza una mano nella sua direzione «Risparmiaci i particolari dettati dalla tua immaginazione, Dean» che sorride compiaciuto all’idea di aver infastidito suo fratello almeno un po’.
 
*
 
Preme ancora il piede sull’acceleratore, aumentando la velocità per arrivare il prima possibile a destinazione. Dalle tre buste bianche appoggiate sul sedile sale un odore buonissimo, qualcosa che sa di pollo e di buono e che Dean non vede l’ora di assaggiare, per questo si sta sbrigando per tornare al motel il prima possibile con il suo bottino: la cena per lui, Sam ed Ellie.
 
Stasera è toccato a lui andarla a prendere per tutti e ha deciso che il cibo cinese – una bella porzione di pollo alle mandorle, per essere precisi – era quello giusto per inaugurare una serata che passeranno a fare ricerche sul mostro pieno di aculei nei punti più impensabili.
 
L’interrogatorio a Matt Hamilton non li ha portati a niente. La creatura deve avere il potere di cambiare aspetto o qualcosa del genere, perché al tipo si è presentato come una bellissima donna bionda e ammaliante. Nessun particolare sulla sua… “zona segreta”, per fortuna, o l’immaginazione di Dean non avrebbe retto. Ma l’ha descritta come una furia, a letto, e non di quelle eccitanti. Era come un’Amazzone incazzata: nella borsetta aveva delle corde con cui lo ha legato per poi fargli di tutto.
 
Incrociando le informazioni, finora sono arrivati a ben poco e, quindi, Dean ha deciso di andare a prendere la cena per avere un attimo di pausa ed evitare che i suoi occhi si squagliassero.
 
Non ha preso il cinese solo perché sa che piace ad Ellie. O almeno, non è questo il motivo principale – perlomeno è quello di cui cerca di convincersi. Sa bene di non volerla compiacere per forza, ma vuole provare ad essere gentile, a comportarsi come farebbe se la situazione tra loro fosse normale e forse questo può essere un inizio. Magari non lo porterà a niente, ma tentar non nuoce.
 
Se desse retta al suo istinto, la prenderebbe da una parte e le urlerebbe addosso tutta la sua frustrazione, ma probabilmente non servirebbe a nulla se non a far chiudere Ellie a riccio ancora di più, quindi preferisce non rischiare e percorrere la via della pazienza. Finché riuscirà a farlo, almeno, perché qualcosa gli dice che il suo punto di rottura è molto vicino.
 
Parcheggia l’Impala davanti al motel e prende le buste che sono calde ed emanano quell’odore buonissimo e invitante.
 
Chiude lo sportello e si avvia verso la porta della stanza sua e di Sam, ma si ferma quando trova Ellie seduta poco più in là sul marciapiede lì davanti con le gambe incrociate e lo sguardo – triste e spento – rivolto a terra. Ha un pugno appoggiato sotto la mascella e nell’altra mano tiene un bastoncino con cui fa degli strani ghirigori sull’asfalto. Ha l’aria di una bambina triste e Dean vorrebbe tanto sapere perché si comporta così. O meglio, una spiegazione potrebbe anche averla perché ha perso suo padre ed è normale che sia triste, ma non capisce perché non gliene parla.
 
Le si avvicina con cautela, quasi per paura che si spaventi a vederlo comparire lì o qualcosa del genere, e le sventola davanti i sacchetti del cinese. Lei alza la testa e li osserva con ben poco entusiasmo.
«Ho portato la cena».
Ellie punta gli occhi su di lui «L’hai presa al cinese?»
Dean stringe le spalle «È un po’ che non ne mangio e i panini mi hanno stancato». Le sorride appena, anche se un po’ controvoglia «Vieni dentro così mangiamo? Ho una gran fame».
Lei scuote la testa decisa, tornando a concentrarsi sul bastoncino e un paio di sassolini sparsi a terra «Io no. I crackers di oggi pomeriggio mi bastano, grazie».
 
Non mostra un minimo di entusiasmo nel pronunciare quelle parole; è quasi apatica, la sua voce piatta e priva di qualsiasi emozione.
 
«Un pacchetto di crackers non è un granché come cena».
Ellie prende un bel respiro e alza ancora la testa, un sorriso ironico e poco rassicurante dipinto sul viso «Te lo dico sinceramente, Dean: è inutile che fai il gentile e vai addirittura a prendere la cena che mi piace per dimostrarti carino con me. Lo so che vorresti prendermi a calci, non sforzarti a fare finta di nulla».
 
Il sorriso di Dean si spegne immediatamente. Sospira, stringendo le buste forte tra le dita e cercando di trattenersi ancora dall’urlarle contro «Non è per te».
Ellie sbuffa aria dal naso, ancora sarcastica «Come no. Anche il gelato ieri sera… davvero, Dean, sii te stesso. Almeno mi dai meno sui nervi».
 
A quelle parole, Dean decide di smetterla di frenarsi «Ma perché fai così? Che ti ho fatto?»
«Devi smetterla di starmi con il fiato sul collo. Non ho bisogno delle tue premure».
 
Ellie abbassa ancora gli occhi, infilando una mano nella tasca della giacca verde ed estraendo un pacchetto di sigarette. Ne tira fuori una e la accende con un piccolo accendino arancione, portandola alla bocca e Dean non riesce a credere ai suoi occhi. Non è per il fumo in sé, ma per il suo atteggiamento scontroso e totalmente diverso da quello che ha sempre avuto.
Ricorda la prima – e credeva ultima, ma a quanto pare si è sbagliato – volta che l’ha vista fumare: era il suo compleanno, due anni fa, l’unico che abbiano mai festeggiato insieme. Allora ce l’aveva con Jim, oggi il bersaglio è chiaramente lui.
Scuote la testa «Non sei più una ragazzina. Mi avevi detto che avevi smesso».
 
Ellie alza di nuovo gli occhi, la sigaretta saldamente stretta tra le dita, e lo guarda malissimo «Non ho mai cominciato e non ho ripreso adesso. Mi rilassa e basta». Dean rimane in piedi perché di sedersi non se ne parla; ha bisogno di muoversi. Ellie fa un lungo tiro, sbuffando poi una bella boccata di fumo. «Davvero, credi che non mi sia accorta di quanto… quanto ti sforzi ad essere gentile con me? Se vuoi dirmi qualcosa, fallo, invece di tentare di tenermi buona. Fai solo peggio».
Dean stringe i pugni «Io voglio solo sapere perché ce l’hai con me».
Lei sorride amara «Uno dei motivi? Che ti preoccupi per me invece di pensare che papà sia morto» si volta di nuovo verso di lui, lo sguardo tagliente come la lama di una spada e la sua voce calma ma decisa «Non te ne frega un cazzo, ti si legge in faccia».
Dean deglutisce «Non è vero che non mi dispiace, io—»
«Bugiardo» Ellie si alza in piedi, buttando la sua sigaretta praticamente integra e stando ben attenta a mantenere le distanze «Magari non vedevi l’ora, almeno potevi avere una scusa valida per portarmi insieme a te».
Dean la guarda e scuote ancora la testa, profondamente amareggiato «È vero, non sono mai stato particolarmente entusiasta del fatto che te ne sei andata da lui invece di rimanere con me, questo te lo concedo, ma non ho mai pensato una cosa del genere».
«Beh, non hai fatto altro che rinfacciarmelo in tutti questi mesi» incrocia le braccia sotto il seno, guardandolo con aria di sfida.
Dean non ce la fa più a trattenersi «Sì, è vero. Perché pensavo che stessi meglio con me che con quello stronzo e non mi vergogno di dire che tuo padre era una merda. Mi dispiace che è morto, mi dispiace per te e vorrei capire cos’è successo per aiutarti, ma ciò non toglie che Jim si è comportato di merda con te per tanto, troppo tempo» il suo tono di voce è troppo alto, ma se ne accorge quando ormai ha vuotato il sacco e quindi quando è già troppo tardi per rimangiarsi le parole «E se pensi che basti dirmi queste cazzate o quelle che hai sparato l’altro giorno per allontanarmi, ti sbagli. Questa non sei tu. Io non so che ti è successo, non so cosa… cosa ti ha fatto diventare così, se è perché stai male o perché io ho fatto qualcosa di sbagliato, non lo so, ma questa non sei tu».
 
Ellie stringe gli occhi, incazzata come forse Dean non l’aveva mai vista «Vedi che ho ragione? Non te ne importa niente» sembra stia per scoppiare a piangere, tanta è la rabbia con cui pronuncia quelle parole «Non mi hai neanche abbracciata quando mi hai visto da Bobby. Pensavo che ti vergognassi di farti vedere da lui e da tuo fratello, invece la verità è che non te ne frega niente. Che non hai rispetto per il mio dolore» ora abbassa un po’ la voce, ma sembra così ferita e Dean, in un altro momento, è sicuro che di fronte a quelle parole e al suo tono contrito avrebbe gettato l’ascia di guerra e avrebbe cercato di rimediare, perché è vero che da Bobby non le ha dato il conforto che lei forse cercava e sì, su quello ha sicuramente sbagliato, ma adesso è troppo nervoso e incazzato per abbassarsi e chiedere scusa. «E sì, io ci sto male. Cosa ti aspettavi, di trovarmi contenta? Era mio padre e tu meglio di chiunque altro dovresti sapere quanto… quanto ho sudato e lottato per trovarlo e passare del tempo insieme a lui. Ho aspettato la mia intera vita per conoscerlo».
Dean cerca di abbassare la voce, per quanto possibile «Certo che lo so, ma—»
«Ma niente. Tu non c’eri negli ultimi mesi, non sai nulla di… di quello che è successo e di com’era il nostro rapporto, perciò non ti permetto di giudicare».
«Vi ho visti molte volte insieme e non mi sto inventando niente. Se non vuoi ammetterlo è un altro discorso. Anche se non ne parlavi quasi mai l’ho visto con i miei occhi e anche quando non c’eri ho sempre avuto l’impressione che mi raccontavi un sacco di balle a riguardo. Perché sei fatta così, non hai mai vuotato il sacco del tutto quando si parlava di Jim».
Ellie sorride amara «Tu non sei da meno» stringe le labbra tra i denti per un istante «E dici così perché non ti fidi di me. Non l’hai mai fatto».
Dean aggrotta la fronte «Non è vero».
Ellie stringe i pugni e scuote la testa «Questa è l’ennesima dimostrazione. In tutti questi mesi ci siamo sempre sentiti al telefono e non ti sei mai fidato delle mie parole. È quello che hai appena detto, no? Per non parlare del resto: non ti fidi a lasciarmi a caccia da sola, di quello che ti dico… non ti fidi neanche quando si tratta di dividere il letto con me. Hai sempre paura che io sgattaioli via per qualche motivo. Quindi… perché vuoi che venga con te? Per controllarmi?»
Dean sorride sarcastico «Ho altro di meglio da fare che tenerti d’occhio. Non mi diverte neanche».
«Bene, allora falla finita con l’interrogatorio e con questo atteggiamento idiota e lasciami in pace. Non siamo amici da un pezzo, io e te. Ed io non voglio la tua compassione o la tua pietà».
«Io voglio solo starti vicino. È diverso».
Ellie si volta, gli occhi rivolti verso la porta della sua stanza «Non è questo il modo».
«E allora perché sei qui?»
 
Lei gira ancora gli occhi nella sua direzione per un istante, lo sguardo freddo come il ghiaccio. «Perché me lo ha chiesto tuo fratello».
 
Spalanca la porta della sua stanza e se la sbatte dietro le spalle prima che Dean possa replicare.
 
Lui prende un grosso sospiro, buttando la testa indietro e chiudendo gli occhi, la busta col cibo saldamente stretta tra le dita, anche se gli è praticamente passata la fame. Si sente così arrabbiato che la sfonderebbe a calci quella cazzo di porta.
La strada della pace e della pazienza, a quanto pare, non l’ha portato a niente se non a discutere di nuovo; di questo passo, tanto vale ignorarsi a vicenda come facevano da Bobby e Dean sospira forte al pensiero. Proprio quello che volevo.
 
Senza dubbio tutto questo è molto più grave di quanto pensasse e l’odio di Ellie per lui è qualcosa di profondo, che probabilmente ha radici in chissà quale avvenimento passato e crea come un muro che li divide. Dean non è tanto sicuro che riuscirà a superarlo, a scavare quella superficie di ostilità e ritrovare la vecchia Ellie. Solo che non ha alcuna intenzione di smettere di provarci, perché tutto quello che vuole adesso è riaverla indietro per come l’ha conosciuta. Non importa quanto ci vorrà e quanto dovrà sopportare per riuscirci. Spera solo che la parte di lui che ha già gettato la spugna non prenda il sopravvento.

 

[1] Il Regional West Medical Center esiste davvero a Scottsbluff: è l’ospedale cittadino.
[2] I primi due cognomi citati sono presi da ex componenti degli AC/DC, precisamente da Bon Scott e Phil Rudd, rispettivamente ex voce e batteria della famosa band. Hynde, invece, è il cognome della cantante e leader dei Pretenders Chrissie Hynde.
[3] Il dottor Arthur Kegel era un famoso ginecologo oltre che un professore associato di Ginecologia presso l’Università di Southern California.
  
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