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Autore: Atenah    27/09/2018    1 recensioni
Attenzione: OneShot basata sulla serie "Sherlock, Lupin e io"!
La bizzarra famiglia di Mila è sbarcata a Lisbona, ma Irene incontra qualcuno e viene invitata ad un appuntamento.
Qualcuno nopn ne sembra molto entusiasto...
Genere: Avventura, Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Irene Adler, Sherlock Holmes, Sorpresa
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Ormai è diventata una sorta di tradizione: scrivere ogni volta una OneShot poco dopo che è uscito un nuovo libro della mia amata serie: “Sherlock, Lupin e io”.
Questa volta ho preso ispirazione da una poesia…
Buona lettura Detective
 
 
 
Fingi, vezzosa Irene,
fingi sdegnarti un poco;
ma guarda ben, che il gioco
sia breve e passeggier.
 
So che si sdegna Amore
per naturale istinto.
M’addestrerò col finto
a sostenere il ver.
 
Già turbarsi quel ciglio,
sparisce il bel sorriso,
e fugge all’improvviso
bellezza e gioventù…
 
No, no, crudele Irene,
il gioco non mi piace;
presto ritorna in pace,
né ti sdegnar mai più.
(J. Vittorelli, “Anacreontica XIV”)

“Non l’ho mai capito del tutto, forse però il vero segreto è rimanere fedeli a sé stesse e non confondere i nostri desideri con quelli degli altri.”
Il mio sguardo andò istintivamente a cercare Sherlock e Arsène, che camminavano davanti a noi, mescolati tra gli altri passeggeri.
Come avrebbero commentato la frase di mia madre? Le avrebbero fatto notare di essere stati loro, tanti anni prima, a pagare in delusione e rabbia per il suo desiderio di libertà? Un’altra domanda alla quale non sapevo – e forse neppure volevo – rispondere, che servì solo a cavarmi dal petto un altro breve sospiro.
In quel momento Billy ci raggiunse, forse ignaro dei miei turbamenti o forse intenzionato a cancellarli. “Dopo tutto ciò che è successo, abbiamo urgente bisogno di una splendida giornata di sole. E vi devo avvertire: a chiunque comincerà a notare volti loschi o movimenti sospetti verrà versata in testa una bibita ghiacciata, parola di Billy Gutsby!”
Irene e io scoppiammo a ridere di gusto.
Decisi in quel momento che, almeno per un giorno, avrei ricacciato lontano tutti quei dubbi e quelle cupe domande che ronzavano nella mia mente come mosconi in una stanza chiusa, e mi lasciai trascinare dalla folla in cerca di distrazioni, in compagnia della mia bizzarra famiglia allargata, sperando che i giorni delle scelte difficili e angosciose fossero ancora lontani.
                                                                                              (Da “Sherlock, Lupin e io – Omicidio in
                                                                                               prima classe, di Irene Adler, capitolo
                                                                                               19 pagine 214, 215)
    Eravamo appena usciti dalla confusione del porto di Lisbona e ci eravamo fermati un attimo per decidere in quale viuzza infilarci per prima, in cerca di un bel posto dove pranzare, quando vidi tutta l’allegria sparire dal volto di Irene in una volta.
Seguii il suo sguardo. Circondato da ciò che mi sembravano delle guardie del corpo camuffate, c’era un uomo poco più vecchio di mia madre. Aveva baffi folti e labbra carnose, i vestiti sembravano anche a me, da bambina continuamente viziata, lussuosi all’estremo. Stava guardando nella nostra direzione.
“Ritorno subito.” disse Irene con un tono che doveva sembrare rassicurante e si avviò verso l’uomo.
Holmes si spostò vicino a me e vidi che aveva la fronte corrugata, mentre osservava Irene.
“Che succede?” chiese Billy a Lupin, ma lui scrollò le spalle. Solo Sherlock sembrava aver capito di chi si trattasse nel nostro osservatore.
Poi lo vidi. Era un piccolo, minuscolo emblema cucito sulla giacca. Era rosso e nero, con un leone bianco al centro. Quello della casata degli Ormstein.
“Wilhelm Gottsreich Sigismund von Ormstein.” sussurrai.
Sherlock mi guardò quasi con sorpresa e notai l’espressione dura che aveva in volto.
In quel momento tornò Irene, sorridente: “Allora? Pensavo aveste fame!” cinguettò e tutto il suo buon umore sembrò esser tornato duplificato.
La nostra scelta cadde su un piccolo locale dai muri variopinti di nome “Respiração para o Brasil” ovvero, come ci spiegò poco dopo un cameriere dall’inglese stentato, “Fiato al Brasile”.
Il ristorante serviva infatti specialità dall’ormai ex colonia indipendete.
Optammo per una grande pozione di “Garanguejo”, un misto di granchi e gamberetti, da dividere.
Chiacchierammo del più e del meno, anche se Sherlock rimase taciturno.
Ad un certo punto Irene diede uno sguardo al suo orologio da polso: “Tra cinque minuti devo andare, ho un appuntamento con un vecchio conoscente in un caffè al porto.”.
“Fammi indovinare: questo tuo vecchio conoscente non è nessun altro che Wilhelm Gottsreich Sigismund von Ormstein, l’ultimo re di Boemia.” disse Sherlock in tono neutro.
Mi sembrò quasi che mia madre fosse arrossita, comunque si alzò.
Si alzò e lo stesso fece l’alto detective, passandole la borsetta: “Ti accompagno fino al porto, ho bisogno di sgranchirmi un po’ le gambe e… non ti preoccupare non disturberò il tuo rendez-vous.” disse.
Irene lo guardò un attimo negl’occhi intensamente, poi acconsentì con un cenno distratto del capo.
E così io, Billy e Lupin rimanemmo soli a finire i nostri squisiti dessert, più che perplessi.
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“Cosa pensi di fare?” chiese Holmes, mentre camminava a fianco della sua amica.
Irene chiuse gli occhi e inspirò: “Se hai voluto accompagnarmi solo per iniziare questa stupida discussione, potevi fare a meno.” sibilò fermandosi.
“Sapevi benissimo che questa discussione ci sarebbe stata.” rispose Sherlock dal canto suo e si andò a parere davanti a lei: “Cosa ci vai fare da quell’uomo? Se te l’avessi chiesto ieri, mi avresti detto che lo disprezzi.”.
“Come hai intuito tu stesso ho un appuntamento e il resto non sono affari tuoi.” disse lei con la mascella contratta.
Holmes inarcò un sopracciglio: “Non sono affari miei? Ti sei già scordata che quando Wilhelm Gottsreich Sigismund von Ormstein si è presentato a casa mia sono stato io in nome della nostra amicizia a non spifferare a tutti i quattro venti che sapevo tuuto su di te, che sono stato io a fare in modo che potessi lasciare Londra senza quell’uomo alle calcagna? Te lo sei scordata?” replicò il detective con sarcasmo acido.
La donna davanti a lui puntò le mani sui fianchi: “Ah e così sono anche in debito con te ora? Solo perchè tutti quegl’anni fa hai deciso di fare la cosa giusta?”.
“Non ho detto questo.” cercò di calamare le acque Sherlock.
“Sono una donna Sherlock, sono sola da anni ormai, anch’io ho il diritto di concedermi qualcosa.” disse lei e gli passò di fianco con passo deciso.
Holmes la afferrò per un polso: “Non andare.” disse: “Irene tu fingi qualcosa che non è realtà solo per sentirti apprezzata, mi disgusti.”.
Sembrava che qualcuno avesse tolto il respiro ad Irene. Era dritta in piedi che guardava il suo amico. Ansimava.
Lui si accorse di essere andato troppo in là: “Irene hai Mila..., Gutsby, Mary, Arsène e me sempre alle tue spalle e fidati... sei aprezzata.” disse.
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Mia madre e Sherlock tornarono poco dopo, Irene era pallida.
Lupin si alzò e le diede un bacio sulla guancia: “Che succede mon ami? Due uomini non ti bastano?” disse sornione.
Billy fu il primo a scoppiare a ridere, seguito poco dopo da me.  
   
 
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