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Autore: Be_Yourself    27/09/2018    1 recensioni
Secondo un pensiero comune il destino è già scritto e per questo immutabile, definitivo, inevitabile. Lo era anche quello di Arthur Pendragon, destinato a trovare la morte per mano di Mordred nella battaglia di Camlann. Tutta la sua vita, le decisioni prese, le azioni compiute non avevano fatto altro che spingerlo inesorabilmente verso il momento della propria fine. Ma come sarebbe andata la storia del più grande re di tutti i tempi se ci fosse stato qualcosa (o qualcuno) che neppure il destino era riuscito a prevedere? Quante vite risparmiate e quanti nemici smascherati prima che fosse troppo tardi avrebbe visto la storia di Albion?
*
Spero di avervi incuriositi! La storia si apre con un prologo che racconta alcuni avvenimenti antecedenti all'inizio della serie, dopodiché la narrazione seguirà gli avvenimenti da metà della terza stagione in poi. Buona lettura!
Genere: Avventura, Commedia, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Merlino, Nuovo personaggio, Principe Artù, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Prima dell'inizio, Più stagioni
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Capitolo 5
Più di quanto dovrei

Arthur avanzò con passo rabbioso verso gli alloggi di Gaius, e fu soltanto per rispetto dell'anziano medico che quando fu davanti alla porta bussò anziché precipitarsi dentro direttamente e prendere a bastonate il suo incompetente servitore. Il sole era sorto da un bel po', ma di Merlin neppure l'ombra, quell'idiota non era andato a svegliarlo e così lui aveva finito per perdersi gli allenamenti della mattina, inoltre pareva che nessuno lo avesse visto in giro. Era meglio per lui se aveva qualche buona scusa per non essersi presentato al lavoro, perché se invece aveva passato tutta la notte alla taverna – magari in compagnia di quell'insopportabile avventuriero – era la volta buona che Arthur lo avrebbe messo alla gogna per un tempo indefinito.
Bussò una seconda volta, vedendo che nessuna risposta gli arrivava dall'interno degli alloggi, e un'altra ancora un po' più forte quando continuò ad udire soltanto silenzio. Alla fine entrò, cercando di capire se ci fosse qualcuno.
In quello strano stato tra la veglia ed il sonno, Merlin sentiva come ovattati tutti quei rumori, che – per qualche ragione che il sonno ancora gli impediva di mettere a fuoco – suonavano nella sua testa come un campanello d'allarme. Sentì un movimento accanto a sé, che gli restituì la percezione di un corpo nudo e caldo appiccicato al proprio.
«Merlin?» la voce del principe, alta ed esasperata, gli arrivò dall'altra stanza assieme al rumore della porta che si chiudeva, facendolo sobbalzare.
In quel momento Aidan aprì gli occhi «Cos'è questo fracasso?»
«Arthur! Maledizione, deve essere tardissimo» rispose il mago saltando giù dal letto e cominciando a raccogliere disperatamente i propri vestiti dal pavimento, seguito immediatamente da Aidan, che infilò tunica e calzoni con una velocità impressionante.
Quando Arthur entrò nella stanza – imprecando contro il suo servitore nella maniera più colorita che conosceva – non era preparato alla scena che gli si parò davanti: l'avventuriero che finiva in tutta fretta di allacciarsi i pantaloni, e Merlin ancora a petto nudo che cercava di mettere alla dritta la propria tunica, una fila di segni rossi che andava dal collo alla spalla spiccavano sulla pelle candida. A quel punto era inequivocabile quale fosse stata la ragione che gli aveva impedito di arrivare in tempo al lavoro. La rabbia e il disappunto del principe a quel punto vennero sostituiti da qualcos'altro, un misto di sorpresa e imbarazzo che fece morire qualsiasi parola avesse intenzione di pronunciare. Restò semplicemente così, sulla soglia, ad osservare quella scena quasi surreale.
«Ehilà, principe! Come state?» fu la voce di Aidan ad interrompere quel silenzio teso e imbarazzato, guadagnandosi un'occhiataccia da parte di Arthur, che tornò subito dopo a guardare Merlin.
«Sei in ritardo» mormorò a denti stretti «sbrigati!» così dicendo uscì dalla stanza, tornando in tutta fretta nelle proprie.
A quel punto Aidan scoppiò a ridere mentre cadeva seduta sul pavimento, la testa reclinata all'indietro e poggiata sul letto sfatto «Hai visto che faccia che aveva?».
Merlin invece non sembrava così divertito, perché si coprì il volto con le mani e cominciò a scuotere la testa, terribilmente imbarazzato «È quanto di più imbarazzante mi sia mai successo nella vita».
«Che esagerato. Pensi forse che Arthur non faccia queste cose?».
«Quello che fa lui non è affar mio, e vorrei che ciò che faccio io non diventasse affar suo» ribatté sedendosi sul letto e cominciando ad infilare gli stivaletti.
La ragazza seguitò a ridacchiare per qualche secondo, poi però la sua espressione cambiò, come se solo in quel momento avesse realizzato qualcosa che toglieva il divertimento a quella situazione «Oh cielo!» mormorò coprendosi anche lei il volto con le mani «Se Hunith venisse a sapere cos'è successo stanotte molto probabilmente mi ammazzerebbe con le sue mani».
Questa volta fu Merlin a ridacchiare «Non c'è modo in cui mia madre possa venire a saperlo, e poi credo che in quel caso sarei io l'oggetto della sua rabbia, non tu» poi un dubbio lo colse «Mia madre sa che sei una donna?».
«Certo che lo sa, pensi che avrei potuto vivere tutto quel tempo con lei senza che lo sapesse? E in ogni caso non riuscirò più a guardarla in faccia mentre mi parlerà di te o mi chiederà di raccontarle come ti ho conosciuto».
«Allora non farlo» rispose il mago chinandosi su di lei fin quasi a sfiorarle le labbra «Non è necessario che torni ad Ealdor. Resta qui a Camelot».
Restare a Camelot non era tra i suoi progetti, non lo era mai stato anche se continuava a rimandare il momento della partenza. Eppure nell'osservare quegli occhi azzurri, bellissimi e sinceri, qualcosa cambiò nei suoi pensieri «Ci penserò» rispose per poi annullare ogni distanza tra loro, trascinando il mago in un bacio carico di dolcezza. «Buongiorno» mormorò sorridendo quando si staccarono. Quello sì che era un buon modo per salutarsi la mattina.
«Buongiorno anche a te» rispose Merlin ricambiando il sorriso «Ora però devo proprio andare da Arthur, prima che decida di mettermi alla gogna».
«Io invece credo che me ne andrò a caccia. Evoric mi fa un prezzo scontato sulla stanza se gli porto selvaggina fresca» rispose alzandosi dal pavimento con un saltello e raggiungendo l'altro che si apprestava ad uscire dalla stanza, fermandolo un attimo prima che aprisse la porta «Ah, Merlin, credo non ci sia bisogno di dirti che sarebbe meglio se la verità sul mio conto restasse un segreto, il perché penso tu possa intuirlo da solo».
Il ragazzo annuì in segno di assenso, dopodiché ognuno andò per la propria strada, con la promessa che si sarebbero visti quella sera... se Arthur non avesse tenuto Merlin impegnato fino ad orari indecenti come punizione per la sua mancanza di quella mattina.


E invece fu proprio ciò che Arthur fece, tenere impegnato Merlin il più possibile, quel giorno e anche i successivi. Aveva preso ad affidargli i lavori più umili e stancanti, esonerandolo dall'assisterlo con il bagno o con la vestizione, in favore del pulire le stalle o lucidare le armature per tutti i cavalieri di Camelot. In realtà sembrava che volesse tenerlo il più lontano possibile da sé, e ogni volta che si trovavano nella stessa stanza sembrava quasi infastidito dalla presenza del servitore. Quel comportamento non aveva alcun senso, Merlin poteva capire una punizione perché un paio di volte era arrivato in ritardo a lavoro, ma non guardarlo nemmeno in faccia era esagerato.
Il giovane aveva appena cominciato a strigliare i cavalli del principe, quando notò che nelle stalle era presente anche l'imponente destriero di Aidan, solitamente assente durante la mattina perché impegnato ad accompagnare la sua padrona a caccia. Era un vero destriero da guerra, alto e imponente, con il pelo interamente nero come la notte e due occhi dalle iridi quasi vermiglie.
Merlin gli si avvicinò «E tu che ci fai qui?» mormorò mentre allungava una mano per poterlo accarezzare, ma fu costretto a ritrarla immediatamente per non rischiare di ritrovarsela staccata con un morso.
Dall'altra parte della stalla qualcuno ridacchiò «È un tipo diffidente, non lascia avvicinare nessuno senza il mio permesso» disse Aidan avvicinandosi e afferrando la mano di Merlin, per poi posarla sulla testa del destriero «Ecco, ora sa che può fidarsi di te».
«È proprio un bel cavallo, non se ne trovano molti come lui in giro, o quantomeno non che appartengano a semplici avventurieri» commentò il moro.
«Infatti apparteneva ad un cavaliere. È uno dei più formidabili cavalli da guerra mai visti, ma anche il più indomabile» rispose Aidan accarezzando a sua volta l'animale, che si lasciò vezzeggiare come un gattino da quei tocchi gentili «Il suo padrone non è mai riuscito a domarlo, così alla fine, più per svago che per altro, ha deciso di darlo in premio a chiunque fosse riuscito a domarlo e la cosa aveva finito per essere solo una delle tante sfide durante i tornei».
«Finché non sei arrivato tu. Perché la cosa non mi sorprende?» disse il giovane ridacchiando. Lo sguardo della ragazza invece si fece cupo «Non ho mai sopportato che gli animali venissero usati e umiliati per lo svago degli uomini». In quel momento, come per dargli ragione, il cavallo nitrì e mosse la testa quasi ad annuire, provocando una risata ad entrambi i giovani.
«Ha un nome?» domandò dopo un attimo Merlin.
«Nihtgenga» rispose Aidan «Significa incubo, nella lingua dell'antica religione».
Il moro si sentì non poco sorpreso udendo quel riferimento all'antica religione «L'antica religione? Tu sei...».
«No, Merlin, non pratico la magia, ma a viaggiare tanto e in regni lontani qualcosa la si impara sempre, è inevitabile. Non preoccuparti per la mia testa, non la metteranno su una picca, non per l'accusa di stregoneria almeno» rispose ridacchiando.
Ci furono alcuni istanti di silenzio, durante i quali Merlin pensò se fosse il caso o meno di rivelare la verità sulla sua magia a Aidan, dopotutto avevano raggiunto un certo grado di confidenza, se così si poteva definire. Insomma, in teoria se ci si fida tanto di qualcuno da andarci a letto insieme non dovrebbe essere un problema rivelare qualche piccolo segreto, tuttavia non ne era poi così certo, avevano iniziato quella specie di relazione e passavano insieme quasi tutte le notti ma nonostante ciò non erano mai scesi nei dettagli delle loro vite privata o delle loro vicende passate, a dire il vero Merlin non sapeva neppure come definire ciò che erano loro due, in fin dei conti dell'altra sapeva davvero pochissimo.
«Come mai sei qui e non a caccia?» domandò alla fine, decidendo che era meglio non rischiare.
Aidan gli regalò un sorriso radioso e gli cinse la vita con le braccia tirandoselo addosso «Volevo vederti» gli sussurrò sulle labbra appena prima di baciarlo.
Lui ricambiò il bacio sentendosi arrossire, a volte quei modi di fare molto mascolini lo mettevano a disagio, come il fatto che lei fosse più alta di lui. Se Aidan fosse stata per davvero di un ragazzo forse non ci avrebbe neppure fatto caso, ma sentirsi trattato in quel modo, come se fosse una donzella, da una donna era leggermente imbarazzante, tuttavia capiva che quello era il suo modo di fare e in fondo non gli dispiaceva poi così tanto, la rendeva particolare, unica nel suo genere.
«Non potevi aspettare stasera?» la sera precedente il moro era stato impegnato fino a tardi, ma non immaginava che Aidan sarebbe rimasta lì solo per poterlo vedere qualche istante.
«Per poterti rubare un bacio? No, non potevo aspettare» rispose l'altra sorridendo a sua volta.
A Merlin venne da ridere «Non sono una donzella da corteggiare con dolci parole d'amore».
«Se davvero tu fossi una donzella non avrei più ragione di corteggiarti dopo quello che ho ottenuto, non ti pare?» disse con fare allusivo.
Il moro a quel punto non riuscì a fare altro che alzare le mani in segno di resa, continuando a ridere. Con Aidan sembrava tutto dannatamente semplice, riusciva a trasformare anche le cose più imbarazzanti in qualcosa di cui ridere e scherzare con leggerezza. Si scambiarono un altro bacio, ma vennero interrotti dalla voce di Arthur che reclamava il suo servitore, allora furono costretti a salutarsi.
Fuori dalle stalle il principe aspettava a braccia conserte che Merlin si sbrigasse a portargli il cavallo, nello sguardo l'espressione più contrariata che si fosse mai vista a Camelot. «Se permetti vorrei sbrigarmi ad andare a caccia, sempre che tu abbia finito di sbaciucchiarti con Aidan» sibilò tirando via le briglie del proprio cavallo dalle mani del moro.
Il volto del mago divenne di un buffo color porpora «Ma c-come? Voi dove-».
«Nel caso non te ne fossi accorto sono dotato di occhi, Merlin, e non è che voi due vi stavate proprio nascondendo».
Merlin non capiva da dove venisse tutta la rabbia di Arthur, in fin dei conti non era neppure in ritardo, poi un pensiero gli attraversò la mente, e lui gli diede voce forse troppo in fretta «Non è che siete geloso?».
«Cosa?» urlò il principe con voce stridula e sconvolta, mentre cominciava a pensare sul serio che il suo servo avesse qualche disturbo mentale.
«Ma sì, voi non sopportate Aidan perché vi ha umiliato in combattimento, quindi vi da fastidio che io passi il mio tempo con lui» continuò con la sua solita aria irriverente.
«Passare il tuo tempo con lui? Oh dannazione» a quel punto Arthur lo afferrò per un braccio e lo guardò dritto negli occhi «Senti, a me non interessa cosa fai o chi frequenti nel tuo tempo libero, mi basta che non trascuri i tuoi doveri, però che tu avessi certi gusti avrei preferito saperlo prima di affidarti compiti come quello di aiutarmi con il bagno».
Oh, allora è questo il problema. Pensò Merlin, non sapendo cosa ribattere, a quel punto capiva che il disappunto di Arthur non era del tutto ingiustificato. Forse avrebbe dovuto dirgli che Aidan era in realtà una ragazza, ma questo avrebbe significato tradire la promessa che le aveva fatto. «Se vi può consolare non ho mai provato alcun interesse di quel tipo per voi» disse nella speranza di smorzare un po' la tensione, ma tutto ciò che ottenne fu soltanto un'occhiataccia da parte del principe.


L'aria notturna che filtrava dalla finestra semiaperta era fresca e portava il profumo di fiori bagnati dalla rugiada. Aidan lasciò un ultimo bacio sulle labbra di Merlin, addormentato al suo fianco, e si apprestò a lasciare quel letto. Doveva andar via prima che arrivasse il mattino, o rischiavano di farsi scoprire da Gaius, e in quel caso era certa che Merlin sarebbe sicuramente morto dall'imbarazzo, anche se lei sospettava che il medico avesse già intuito qualcosa, era difficile nascondere certe cose a persone di tale saggezza e spirito d'osservazione.
Restò ancora per qualche istante seduta sul bordo del letto, lasciando che la brezza notturna le accarezzasse la pelle nuda, pensando a quanto tutto quello complicasse la situazione. Presto sarebbe dovuta andar via da Camelot, avrebbe dovuto farlo già da tempo, ogni giorno che passava lì era un rischio, ma non sapeva come dire addio a quel giovane servo che aveva attirato la sua attenzione fin dal primo momento in cui si erano visti.
Ma non era solo quello.
Posò la mano sinistra nello spazio tra il seno e la scapola destra, dove – nascosto dalle bende che le fasciavano il seno e passavano sopra la spalla – c'era il segno che le ricordava chi fosse stata in passato, un passato che aveva voluto seppellire e dimenticare, ma che forse non l'aveva mai abbandonata davvero.
Era anche la nostalgia ad impedirle di lasciare Camelot. Lì si era sempre sentita a casa come non le era successo in nessuno dei mille e più luoghi che aveva visto; a quella città erano legati i suoi ultimi ricordi felici prima che tutto andasse in frantumi come vetro scagliato al suolo, come il suo cuore impossibile da riparare..
L'ultima volta che era stata a Camelot sua madre era ancora viva e lei non aveva ancora conosciuto Daven.
Alla fine, prima che i ricordi spiacevoli prendessero il sopravvento sulla sua mente, si decise ad alzarsi da quel letto. Avrebbe pensato in un altro momento a cosa fare con Merlin.
Lasciò la stanza nel più totale silenzio, era abituata a muoversi senza fare il minimo rumore, in alcuni casi era quella la sola cosa che poteva salvarti la vita. Mentre si apprestava ad imboccare il corridoio che l'avrebbe portata ad una delle uscite per la servitù notò qualcosa di strano che la indusse a fermarsi: nessuna guardia era intenta a presidiare la zona quella notte, inoltre un forte odore di sangue permeava l'aria. Tutti i sensi di Aidan si misero immediatamente in allerta, e si diresse nella direzione da cui proveniva quell'odore.
Nel corridoio che portava a quelle che – come gli aveva detto una volta Merlin – erano le stanze del principe, trovò una guardia moribonda, distesa a terra in una pozza di sangue. Quando si avvicinò vide che si trattava di Philip, un giovane da poco entrato al servizio del re, con il quale Aidan aveva fatto amicizia durante i suoi continui andirivieni dagli appartamenti di Gaius. Aveva una brutta ferita all'addome e aveva perso molto sangue, ma era ancora vivo.
«Philip? Mi senti? Che cosa è successo?» cercò di tenerlo sveglio mentre gli fasciava alla bell'e meglio la ferita «Ora ti porto da Gaius».
«No» ribatté a fatica il ragazzo, reprimendo un colpo di tosse «Il principe Arthur... mercenari... assassini. Non c'è tempo».
Il significato di quelle parole sconnesse gli apparve chiaro in una maniera inquietante. Guardò dietro di sé, ripercorrendo con lo sguardo la strada che aveva fatto, gli appartamenti di Gaius non erano troppo distanti, poteva correre a chiamare il medico e poi tornare indietro, ma avrebbe fatto in tempo?
«VAI!» la incitò ancora Philip, facendole prendere quella difficile ma necessaria decisione. Aidan si pentì di aver lasciato le proprie armi alla taverna, ma c'era poco da fare ormai, dovette accontentarsi di prendere la spada di quel povero ragazzo.
Il più velocemente e silenziosamente possibile proseguì per quel lungo corridoio, sperando di riuscire a trovare le stanze del principe, e soprattutto di trovarle in tempo.
Se c'era una cosa che aveva imparato durante le sue numerosissime e rischiose avventure in solitaria era quella di notare ogni minimo movimento anche nella più completa oscurità, vedere tutto senza farsi notare, per questo non le fu difficile riconoscere la brutta faccia del mercenario che settimane prima aveva sfidato alla taverna, nonostante il buio quasi totale in cui era immerso il corridoio. Lo vide entrare in quelle che presumeva fossero le stanze di Arthur., accompagnato da uno dei suoi compagni, ai loro piedi giacevano i corpi di altre due guardie. Un lavoro rapido e pulito, nessuna possibilità di scappare, di urlare, o semplicemente di difendersi, un lavoro da assassini addestrati, non da semplici mercenari, anche se non pensava che l'artefice di ciò fosse quel toro dall'aria cattiva e rozza.
In silenzio raggiunse la porta lasciata socchiusa alle spalle dei due, e la prima cosa che fece fu aprirla di botto con un calcio, provocando un frastuono che svegliò immediatamente il principe. Prima ancora che i due assassini si rendessero conto di cosa stesse accadendo, Aidan si lanciò contro uno di loro trapassandolo da parte a parte con la spada, la morte sopraggiunse così rapidamente che questi non ebbe il tempo neppure di emettere un suono prima di accasciarsi, privo di vita, sul pavimento.
L'altro assassino, quello tanto grosso quanto stupido, anziché pensare al suo bersaglio si lanciò contro Aidan, forse più per un tentativo di rivalsa dopo l'umiliazione subita alla taverna che per vendicare il suo compagno morto, di cui non sembrava interessagli più di tanto.
Nel frattempo il principe era balzato giù dal letto ed aveva prontamente afferrato la spada, tuttavia non capiva cosa ci facesse Aidan nella sua stanza e perché stesse combattendo contro quell'uomo che lui non aveva mai visto. Per qualche ragione che non sapeva spiegarsi l'istinto gli suggerì che ad avere cattive intenzioni non era il giovane avventuriero, così si affrettò ad aiutarlo, non che ne avesse bisogno in realtà, ma non era da Arthur stare in disparte durante un combattimento. Mettere al tappeto l'avversario non fu difficile per due abili spadaccini come loro.
«Che ci fai qui? E dove sono le guardie?» domandò il principe mettendosi nuovamente sulla difensiva, la lama puntata contro Aidan. Continuava a non capire cosa diavolo stesse succedendo.
«Tutte morte, senza neppure avere il tempo di gridare aiuto. Un lavoro da assassini addestrati» ma questi due non lo sembravano affatto. C'era qualcosa di strano in quella situazione, qualcosa che non tornava.
«E tu che ruolo hai in tutto questo?» domandò di nuovo Arthur che cominciava a perdere la pazienza.
L'altra gli lanciò uno sguardo annoiato, era insensata quella diffidenza nei suoi confronti, tuttavia non poteva biasimarlo. «Ero da Merlin. Stavo per tornarmene al The Rising Sun quando ho notato qualcosa di strano. Ma non c'è bisogno che mi ringraziate per avervi appena salvato la vita» neppure sentì la risposta del principe, distratta da un rumore di passi quasi impercettibile, pochi metri alle sue spalle. Erano in tre alla taverna. Pensò appena prima di voltarsi con uno scatto, già pronta ad attaccare, e lì sulla soglia stava un uomo minuto ma dall'aria crudele ed inquietante, avvolto in un mantello che pareva un tutt'uno con le tenebre circostanti. L'unico occhio visibile scrutava con aria quasi divertita la scena di fronte a sé. Nell'osservarlo Aidan sentì il sangue raggelarsi ma cercò di mantenere la calma.
«Questa sì che è una sorpresa» disse l'uomo avvicinandosi di qualche passo ed osservando i cadaveri degli altri due assassini «Non mi aspettavo che questi due fossero così incapaci da fallire una missione così semplice, ma non avevo previsto la tua presenza, cacciatore di taglie» a quel punto abbassò il cappuccio del mantello, rivelando una testa calva e una benda di cuoio a coprire l'altro occhio, dalla quale spuntavano una serie di cicatrici che andavano a formare un disegno ben preciso: il marchio degli assassini rinnegati.
«Henrik Blacksword, il rinnegato della confraternita degli assassini. Certo che ci vuole talento a gettare disonore su un gruppo di persone che già non godono di buona fama» rispose piazzandosi davanti al principe per proteggerlo «Sai che la tua cara sorellina mi aveva offerto una quantità indecente di oro per la tua testa?».
«Non mi sorprende, Erin è sempre stata molto amorevole con me» rispose l'assassino avvicinandosi con passi lenti e studiati, come un predatore in procinto di braccare la preda.
«Arthur, vattene subito via» sussurrò Aidan con serietà mentre cercava di afferrare più saldamente la spada, ma aveva le mani sudate. Poche cose erano in grado di spaventarla, la maggior parte dei nemici non erano un grosso problema per lei, ma la Confraternita degli Assassini vantava i combattenti più letali e spietati dei cinque regni, e Henrik era il migliore di tutti loro, sottovalutarlo sarebbe stato da stupidi.
«Io non fuggirò come un codardo» ribatté il principe, spazientito e confuso. Non capiva perché Aidan ci tenesse tanto a proteggerlo, inoltre c'era qualcosa di stranamente familiare nel modo in cui aveva pronunciato il suo nome, marcando la T in un modo che aveva sentito soltanto da una persona in tutta la sua vita.
«Non fare l'asino come al solito, è un assassino pericoloso e addestrato ed è qui per te. Va' via, dai l'allarme. ORA!» così dicendo impugnò più saldamente l'arma e si lanciò contro Henrik. Tentò un attacco di lato ma l'altro lo deviò sfoderando con una rapidità impressionante la propria daga ed allontanandosi prima che Aidan potesse partire alla carica con un altro fendente. L'assassino non brillava per forza, ma in quanto a rapidità nessuno poteva batterlo, in pochi secondi era capace di sgusciare alle spalle di un nemico e tagliargli la gola senza che questi si accorgesse di nulla. «Perché sei qui? Chi ti ha pagato per uccidere il principe?».
Un ghigno sadico apparve sul volto sfregiato dell'assassino «La domanda è perché tu sei qui? Cos'hai da spartire con i Pendagon».
Un altro fendente arrivò a tutta carica contro Henrik, anche quella volta senza successo, tuttavia non era stato Aidan ad attaccare, ma Arthur. «Dimmi cosa vuoi da me e chi ti manda, e forse ti farò avere un equo processo invece di ucciderti qui come l'animale che sei» tutto ciò che ottenne in risposa fu una mezza risata sbuffata e una daga pericolosamente vicina alla gola, così rapida che a stento ebbe il tempo di pensare a contrattaccare. Per sua fortuna Aidan non fu così lento e riuscì a salvarlo lanciandosi con tutta la sua forza contro l'assassino e trascinandolo a terra con il proprio peso appena un attimo prima che la lama affilata affondasse nella gola del principe.
Henrik era veloce ma Aidan era molto più forte, per questo non gli fu difficile tenerlo bloccato contro il pavimento e disarmarlo, per poi ucciderlo trafiggendogli quel cuore malvagio con la sua stessa daga. «Sai, forse avrei dovuto accettare l'offerta di tua sorella dopotutto» sussurrò appena prima che gli ultimi bagliori di vita abbandonassero quell'unico occhio grigio.
Si alzò da terra con una smorfia di dolore, insieme alle armi aveva lasciato anche l'armatura, così Henrik era riuscito a colpirla di striscio mentre erano a terra.
«Sei ferito» notò Arthur guardando la macchia di sangue che andava spandendosi sulla tunica grigia all'altezza del costato. Era ancora confuso per ciò che era appena successo, ma non credeva che quel ragazzo fosse un pericolo, gli aveva appena salvato la vita rischiando la propria.
«È soltanto un graffio, mi è successo di peggio» rispose Aidan coprendo con la mano la parte offesa ed appoggiandosi al tavolo in legno per riprendere le forze. Si sentiva stranamente debole.
«Perché rischiare la vita per me? Non ha alcun senso, neppure mi conosci e non sembri avere una grande simpatia per me, quindi perché?».
«Perché sarai anche una regale testa d'asino, ma non c'era una ragione per lasciarti morire» rispose l'avventuriero sbuffando una risata.
A quel punto Arthur gli si avvicinò e puntò i suoi occhi azzurri in quelli dell'altro. La sensazione di aver già conosciuto quel ragazzo non lo aveva lasciato nemmeno per un istante durante quelle settimane, ma ora osservandolo con più attenzione si rendeva conto che Aidan somigliava in modo quasi terrificante alla sua perduta Astrid, e non era solo per il colore dei capelli, degli occhi o per i lineamenti del volto, era il modo in cui combatteva e in cui aveva pronunciato il suo nome poco prima, era il modo in cui si rivolgeva a lui, con quell'insolenza che in tutta la vita aveva visto solo in Astrid e Merlin. «Perché ho la sensazione di conoscerti più di quanto dovrei?» mormorò sentendosi sull'orlo della follia. Negli ultimi tempi Astrid era diventata un'ossessione più di quanto lo fosse stata in tutti gli anni precedenti, e la cosa lo destabilizzava.
Quelle parole fecero scorrere un brivido gelido lungo la schiena di Aidan, che restò in silenzio, ad osservare quegli occhi azzurri di cui pensava di aver dimenticato le sfumature, ricordando un tempo che sembrava lontano centinaia di anni.
Avrebbe voluto dire qualcosa, ma improvvisamente la vista le si offuscò e un conato di vomito la costrinse a piegarsi in due e riversare sul pavimento il contenuto dello stomaco. Stava sudando eppure tremava di freddo, si sentiva soffocare e sembrava che le viscere le andassero a fuoco.
Veleno.
Quella maledetta daga era avvelenata e lei stava morendo.
Era stata stupida, ingenua, aveva dimenticato quell'ignobile abitudine degli assassini, la loro garanzia che ad ogni colpo corrispondesse una morte.
In lontananza sentì il suono delle campane, qualcuno doveva aver trovato i cadaveri delle guardie e dato l'allarme. Una risata isterica uscì dalle sue labbra «Però, che efficienza la sicurezza qui a Camelot» mormorò a fatica mentre si accasciava sul pavimento, con Arthur che cercava di sorreggerla.
«Cosa succede?» domandò il principe.
«Veleno» rispose Aidan prima di essere colta da un ennesimo conato. Tutto il suo corpo stava sussultando e bruciando, ma se davvero stava morendo c'era una cosa che doveva fare: Arthur meritava una risposta alla sua domanda, a quella cosa che – considerato ciò che lei aveva visto nel blu profondo di quegli occhi – in cuor suo già aveva capito. «Ho passato la mia infanzia in un castello, a Nightfall» cominciò a dire con non poca fatica, guardando l'altro negli occhi «e sono una donna, la figlia di re Gregor, Arthur».
Dal corridoio arrivarono le voci delle guardie che si affrettavano a correre in soccorso del principe, ma Arthur udì quel suono e tutti gli altri come lontani mille miglia. «Tu sei... Come...» ma non riuscì a terminare la frase, troppo incredulo da quella rivelazione.
«Già! Che affare, eh? Non ho voluto sposarti ma ora sto morendo per te. Per te che nonostante tutti questi anni ancora non sei in grado di guadagnarti quel famoso bacio» mormorò incurvando le labbra in un sorriso stentato, mentre poggiava la fronte sulla spalla del principe. Altri brividi la scossero e parlare divenne sempre più difficile. Restare a Camelot era stato uno sbaglio, aveva finito per creare nuovi affetti e riscoprirne quelli con cui pensava di aver tagliato ogni ponte anni prima. Pensava di aver dimenticato del tutto Arthur e quel sentimento forte che li aveva legati, ma a quanto pareva si era sbagliata. Pensava di essersi lasciata per sempre alle spalle ciò che era stata a Nightfall e di essere semplicemente Aidan, avventuriero e cacciatore di taglie, ma si era sbagliata anche su quello.
Il mondo intorno a lei si fece sempre più offuscato, sempre più lontano. Sentiva che stava per morire e l'unica cosa che la teneva ancorata a quel mondo era la presenza di Arthur solida e reale a cui lei si era aggrappata. Lo sentì gridare a qualcuno di chiamare immediatamente il medico di corte, poi il suo nome sussurrato all'orecchio in un tono a metà tra il rassicurante e l'affranto.
Il suo nome, quello che perfino lei pensava di aver dimenticato.
Astrid.


Angolo autrice
Salve a tutti! Dopo due mesi (forse anche di più) eccomi di nuovo qui ad aggiornare. Mi dispiace di avervi tenuti sulle spine per così tanto tempo, ma io vado in letargo ad agosto e mi risveglio non appena arriva un po' di freddo. Lo so, sono strana.
C'è anche da dire che questo capitolo è stato difficile da scrivere, l'ho cominciato praticamente subito dopo aver pubblicato il precedente ma l'ho scritto, come potete notare, in un lungo arco di tempo, così ogni volta mi toccava rileggere tutto per fare il punto della situazione, inoltre ho spesso cambiato delle cose scritte in precedenza perché non mi convincevano, e tutt'ora questo capitolo non mi convince moltissimo, ma pazienza. Spero che a voi piaccia e, nel caso, sarò contenta di leggere le vostre opinioni.
Per quelli di voi che seguono anche le altre mie storie “Scarlet Sin” e “Two twins, technology and witchcraft” state tranquilli, aggiornerò presto anche quelle.
Grazie a tutti quelli che leggono, che mettono la storia tra le preferite/seguite/ricordate, e soprattutto ad
Aquarius no Leni, Altair65 e Federica11 che hanno trovato il tempo e la pazienza per lasciarmi un commentino.
Un grazie speciale anche alle mie amiche
Sunny9719 e Merlin_Colin_Emrys che aspettano con pazienza gli aggiornamenti e mi sostengono dandomi spesso anche dei consigli.


Per finire vi lascio il link di una Fanart di Aidan che la mia cara amica Leo ha fatto per me: Aidan
Se volete dare un'occhiata al suo profilo instagram e avete delle richieste da farle questo è il link: l3onart 

Alla prossima!
  
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