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Autore: Mikarchangel74    27/09/2018    2 recensioni
A causa di un brutto colpo alla testa il nephilim Jack riporterà una conseguente perdita di memoria, si teletrasporterà senza controllo finendo prima in mano ad una coppia di persone senza scrupoli, ma completamente fuori di testa e successivamente nel luogo più inospitale della terra, rischiando di perdere la vita assiderato. Un casuale e fortunato incontro con una strana creatura gli salverà la vita e chissà se Castiel sarà in grado di aiutarlo con il recupero della sua memoria.
N.b. La ricomparsa di Kael qui, come personaggio secondario e utile per il ritrovamento di Jack, è un sequel di 'Belongingness'
Genere: Angst, Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro Personaggio, Castiel, Dean Winchester, Nuovo personaggio, Sam Winchester
Note: What if? | Avvertimenti: Non-con, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Nuove avventure per Sam, Dean e Jack'
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~~L’amnesia di Jack
 (1 - Folié a deux)

Jack ce la stava mettendo tutta, ma l'avversario era indubbiamente più forte.
Lucifero aveva attaccato i due cacciatori, i suoi amici e Jack era andato in loro aiuto.
Lucifero non si era risparmiato, anche se si trattava di lottare contro il figlio.
Ma per quanto Jack lo contrastasse con i propri poteri, iniziava ad accusarne.
Aveva già molte ferite, alcune sanguinanti, altre interne e la sua forza ormai stava iniziando a venir meno, ma almeno aveva dato il tempo a Sam e Dean di fuggire.
A Lucifero però questa cosa non era tornata e si era infuriato accanendosi sul nephilim, tanto che ad un certo punto indirizzò tutta la sua ira ed il suo potere contro il busto del ragazzo che fu' scaraventato indietro; Volò per metà del salone del bunker arrestando la sua corsa contro la parete.
Jack batté la testa con violenza inaudita e quando cadde a terra rimase immobile qualche secondo.
Non aveva altra scelta che fuggire se voleva restare in vita e così si teletrasportò.
La botta lo aveva confuso e gli aveva provocato la perdita della memoria così neanche lui seppe dove materializzarsi.
Si trovò su un percorso roccioso ed impervio di montagna.
Era freddo.
Un vento gelido gli sferzava il volto. Il sole stava calando e non si vedeva più bene.
Si alzò abbracciandosi e tremando. La mente confusa e vuota. Fece un paio di passi, inciampò, mise il piede in fallo e di colpo il vuoto sotto di lui.
Precipitò per più di una trentina di metri, poi batté il costato su uno sperone di roccia. La fitta atroce e l'inequivocabile crack di una o due costole che si rompevano gli fece lanciare un grido raccapricciante, che però le raffiche di vento dispersero tra le alte vette, ma questo non fu niente in confronto a ciò che stava succedendo: era in un inarrestabile caduta libera da un'alta parete rocciosa di oltre mille metri, il costone di roccia solo leggermente inclinato non consentiva appigli e quindi il suo corpo iniziò a rotolare e venir sbalzato, sbattendo su quella superficie impietosa come una biglia impazzita. Prese colpi ovunque, picchiò ancora la testa, si ruppe un gomito, il corpo si ridusse ad un ammasso sanguinolento, non riusciva ad urlare fuori la sua sofferenza per un colpo che subito ne arrivava un altro e poteva solo boccheggiare come un pesce in cerca di ossigeno perché fuoriusciva tutto ad ogni urto in grida silenziose.
Non riusciva nemmeno più a capire dove fosse il sopra o il sotto, perché il suo rotolamento era talmente vertiginoso da non capire più niente, ma ormai era talmente ferito e sfinito da accettare l’idea che sarebbe morto finché infine un tronco di un albero arrestò la sua corsa, un ramo spezzato gli trapassò l'interno coscia destra da parte a parte ed un altro s'infilzò nel braccio opposto alla gamba, facendogli lanciare un ultimo grido di dolore prima di perdere quella poca lucidità che gli era rimasta.
E meno male o forse grazie ad un miracolo che quell’albero era riuscito a crescere solitario in una fessura della montagna trovandosi proprio lungo la sua traiettoria e bloccando il suo disastroso precipitare, perché sarebbe sicuramente morto se avesse continuato così.

***

Ben e Olga erano una coppia sposata ormai da anni, avevano più o meno passato i cinquant’anni da poco ed abitavano in una malga isolata alle pendici delle alte vette rocciose sulle Alpi svizzere. Dove finiva il fitto bosco che prolificava dalla valle e si arrestava in quel punto per aprirsi in un ampio altopiano coperto da verdi prati.
Come di consueto alle prime luci del sole Ben uscì fuori aprì la stalla e liberò gli animali: due cavalli che portò nel vasto recinto della proprietà, due pecore, quattro capre e sette mucche, che prima munse e poi avrebbe accompagnato in un pascolo poco distante.
Non era una Malga per turisti, perché a loro non piaceva la gente e se erano andati a vivere lassù, era proprio perché volevano stare tranquilli senza rotture di scatole. Con il latte raccolto via via ci facevano prodotti come formaggio e yogurt che poi Ben vendeva in paese.
Dopo aver bevuto una tazza di caffè bollente preparato da Olga, Ben si mise lo zaino in spalla, prese un bastone per aiutarsi nella salita e con il cane che lo aiutava a tenere il gruppetto dei grossi ruminanti unito, s'incamminò per il sentiero, producendo nuvolette di condensa ad ogni respiro, nell'aria fredda del mattino.

Il piccolo gruppo procedeva lentamente e a parte il campanaccio rumoroso attaccato al collo dei grossi quadrupedi, c'era una bella pace tutt'intorno.
Il sentiero proseguiva, costeggiando la nuda roccia e fu proprio mentre fiancheggiavano la parete rocciosa, che ad un certo punto il cane iniziò ad abbaiare.
All’inizio Ben non ci fece caso, alle volte il cane abbaiava per qualche animale, volpi, scoiattoli, tassi e caprioli, ma poi notò una macchia scura sulla pietra chiara. La toccò con le dita e si rese conto che era sangue. Che fosse stato ucciso qualche animale da qualche lupo? Ma era strano, non c'era rimasto nemmeno un osso lì intorno. Il cane continuava ad abbaiare e puntare in alto così seguì la sua attenzione e lo vide.
C'era il corpo di un uomo accasciato su un vecchio tronco di un albero che spuntava circa a metà parete.
"Porca miseria quello è morto." Disse il mandriano, però dette istruzioni al cane di seguire le mucche, tanto quell’animale era talmente bravo che sapeva già cosa fare e lui corse indietro alla baita.
"Olga!! Olga! Presto prendi l'imbracatura, c'è un tizio bloccato a metà parete, secondo me è morto, però dobbiamo tirarlo giù o avremo guai per omissione di soccorso ed è meglio non attirare l'attenzione della forestale." Gridò entrando trafelato e facendo saltare la moglie per la paura.
Così i due presero i cavalli per raggiungere la vetta più velocemente possibile e calarsi per raggiungere la persona.

L'unica cosa che tenne in vita Jack fu la sua tempra angelica, perché nessun essere umano sarebbe sopravvissuto ad una caduta del genere, alla notte gelida delle alpi, alle gravi ferite ed a tutto il sangue perso.
Si calò giù Olga, che era la più magra e leggera anche se aveva un petto e braccia muscolosi grazie alla vita da montanara e rocciatrice in cui si era dilettata fino a qualche anno prima.
Raggiunse Jack e si sorprese di trovarlo in vita, si rese conto subito di quanto fossero gravi le sue condizioni. Dovette tagliare i due rami che trafiggevano il corpo del ragazzo, per non rischiare, sfilandoli, di creargli emorragie nel caso il ramo avesse reciso qualche vena o arteria importanti. Poi lo imbracò su una portantina improvvisata.
Ben li tirò su, dopodiché lo portarono alla loro baita in groppa al cavallo. Jack non dette segni di vita eccetto un paio di volte che emise un paio di deboli e rauchi gemiti per via degli scossoni del cavallo durante il tragitto sul sentiero impervio di montagna.
Fortunatamente Olga aveva esercitato come medico generico prima di darsi alla vita da montanara.
Abbandonò la professione perché aveva evaso le tasse per anni, fatto ricette mediche elargendo medicinali non convenzionali ed abusato della sua professione per raggirare alcune giovani donne e uomini, toccandoli inappropriatamente con la scusa di dover fare accertamenti durante le visite mediche.
Così quando una di queste vittime infine la denunciò, lei chiese aiuto al marito per non finire dietro le sbarre e lui per amore di lei, prese la decisione di scappare e vivere da soli come eremiti, lontano da tutti, costruendosi quella piccola casa in mezzo al nulla.

Liberarono subito il grosso tavolo pesante di legno grezzo della cucina, ci misero sopra una coperta e stesero il ragazzo che uggiolò, quindi tagliarono via la maglietta ed il jeans lasciando Jack solo con i boxer aderenti e Olga iniziò subito ad esaminare scrupolosamente il suo corpo, ritrovando un assopito diletto nel toccare un corpo giovane, asciutto e ben fatto.
Per sicurezza pose un fazzoletto imbevuto di cloroformio sulla bocca del ragazzo per evitare che si svegliasse mentre lo operava alla gamba ed al braccio, rimuovendo i corpi estranei.
Non c'era un centimetro di pelle che non fosse viola, tagliata, o piena di abrasioni.
Ben aiutò Olga, assistendola e lavando via tutto il sangue con una spugnetta imbevuta di acqua tiepida.
"È un miracolo che questo qui sia vivo" disse Ben
Dopo circa due ora Olga era riuscita a ripulire e cucire le ferite provocate dai rami
"Gli è andata bene che non è stata presa l'arteria femorale"
Quindi disinfettò ogni singolo graffio e taglio, fasciandoli. Gli risistemò il gomito bloccandolo al petto con un bendaggio solido ed effettuò un'altra fasciatura stretta attorno al busto per le costole rotte e attorno alla fronte.
"Dovremo ricomprare le bende, questo ce le ha fatte finire." Brontolò la dottoressa improvvisata mentre si allontanava di due passi dal ferito e lo osservava, o meglio, osservava il suo operato sentendosi orgogliosa di se stessa. -Guarda guarda cosa mi capita di fare nuovamente dopo tutto questo tempo- Pensò mentre il suo cuore batteva un po’ più veloce.
Ci volle quasi tutta la mattina e gran parte del pomeriggio prima di poter spostare il ragazzo ancora incosciente, su un letto improvvisato pulito e medicato; Anche se non sapevano che grazie al suo essere nephilim, il corpo di Jack si stava già lentamente auto guarendo.
"Vado a recuperare le bestie” disse Ben, prendendo il bastone ed uscendo dalla baita
Olga si sciacquò le mani macchiate del sangue del giovane e poi lo osservò di nuovo, stavolta l’attenzione era proprio rivolta a lui.
Era un bel ragazzo. Ben proporzionato, capelli castano chiari e bei lineamenti... Gli occhi le brillarono mentre un pensiero gli si affacciava alla mente.
Lassù nessuno avrebbe detto niente qualora avesse deciso di approfittarsene.
Fu solo un pensiero passeggero, anche se intenso, ma corse subito nella sua piccola biblioteca medica personale per studiare quali ingredienti ed alimenti naturali facevano aumentare la libido.
Lo aveva fatto per tanto tempo in passato, creava lei stessa delle confezioni di medicinali, diciamo pure ‘bombe per erezioni’ e la povera vittima ignara poi doveva andare a farsi visitare perché non si spiegava queste erezioni involontarie e lei poteva toccarli a suo piacere, alle volte i poveretti eiaculavano sommersi dall’imbarazzo, altre volte c’erano anche stati! Dopotutto chi non ha mai sognato di farsi l’infermiera o giocare al dottore. Lei era una ninfomane incallita e quando infine osò un po’ troppo facendosi un minorenne, fu scoperta e rischiò l’ergastolo.

***

Due giorni dopo Jack iniziò a dare segni di ripresa, l'emorragia interna si era fermata, il suo corpo era guarito abbastanza velocemente, persino Olga era stupita del suo rapido miglioramento.
Gli era stato fatto un letto improvvisato nel fienile, con balle di fieno e grosse coperte di lana.
Si mosse leggermente, deglutì, la bocca e la gola erano secche e riarse con un sapore metallico in tutto il cavo orale.
Aprire gli occhi e mettere a fuoco gli costò un bel po' di fatica, la sua testa era completamente vuota, non c'era la minima traccia di un singolo ricordo.
Emise un lieve gemito nel tentativo di muoversi. Forse era meglio iniziare a muovere una parte per volta.
Aprì e chiuse le mani, con il braccio buono si toccò il volto e la testa trovando il leggero tessuto elastico della fasciatura attorno alla parte superiore, poi scese e si toccò il braccio fasciato adagiato contro il suo petto, quello non riuscì a muoverlo e si rese conto che il problema era al gomito, sospirò ma dovette bloccarsi immediatamente a metà e rinunciare, perché il costato protestò crudelmente rispondendogli con una fitta che gli fece chiudere gli occhi e stringere le labbra.
Trattenne il fiato per un paio di secondi immobile, sperando che il dolore si calmasse, poi con calma ricominciò l'ispezione del proprio corpo respirando più regolare possibile; Il bacino era dolorante, ma sembrava intatto, come la gamba sinistra, invece la destra era fasciata a metà coscia.
Ad ogni modo più si riprendeva e acquistava lucidità, e più anche il dolore si aumentava. Gli sembrava di esser passato sotto uno schiacciasassi. Per lo meno era tutto intero si disse.
Ora che l'esame fisico era finito, si dedicò a quello psicologico. Aggrottò la fronte, cercando un qualche minimo sprazzo di ricordo, un'immagine, un barlume di qualcosa, ma per quanto si sforzasse, non trovò niente di niente, solo il vuoto più assoluto. Stava per sospirare di nuovo, ma pensò bene di non farlo.

Olga entrò nel fienile aveva ritirato fuori una delle sue vecchie vestine da medico bianca e, dopo la sorpresa iniziale di trovarsi un paio di occhi azzurri che lo fissavano smarriti e spaventati, gli sorrise
"Hey ben svegliato, come ti senti?"
Jack guardò la donna, ma non rispose.
"Tranquillo, sei al sicuro qui, mi chiamo Olga. Sono quella che ti ha curato e sono qui per visitarti e controllare le fasciature" La dottoressa si avvicinò, afferrò le coperte e senza tanti convenevoli scoprì il corpo del giovane che provò un po' d'imbarazzo, ma rimase fermo.
Olga iniziò a palpeggiarlo "Ti fa male qui?" disse premendo leggermente tra il fianco e l'inguine. Jack scosse leggermente la testa.
La donna eseguì la stessa operazione in più punti, facendo la stessa domanda e guardando la reazione del ragazzo che ogni tanto s'irrigidiva e chiudeva gli occhi per il dolore.
"Eh sì, hai fatto un bel volo sai, sei fortunato ad essere ancora vivo ragazzo. Come ti chiami?"
Ma alla domanda Jack aprì leggermente la bocca e la fissò per qualche secondo preoccupato, poi voltò la testa di lato affranto
"N-Non lo so..." bisbigliò
Olga smise di visitarlo un secondo e lo guardò
"Non ti ricordi il tuo nome?"
Jack scosse la testa sconsolato
"Non ricordo più niente" rispose triste evitando ancora il suo sguardo.
Olga aggrottò le sopracciglia riflettendo, poteva sfruttare la situazione a suo favore e così sorrise e rispose velocemente.
"Non mi sorprende, visto il volo che hai fatto devi aver battuto la testa e questo deve averti causato la perdita della memoria Tim" gli sorrise, gli appoggiò la mano sulla spalla stringendogliela leggermente e poi gli accarezzò la guancia con i polpastrelli un po’ ruvidi, ma Jack non ci fece caso.
"Già, il tuo nome è Timothy, sei un orfano ti trovammo in una cesta per funghi in mezzo al bosco e decidemmo di adottarti. Io e mio marito Ben. Ti ricordi di Ben?" Ma anche stavolta Jack ci pensò su e scosse la testa
"Bè dai tranquillo, vedrai che prima o poi la memoria ti tornerà." Gli scompigliò i capelli
Ovviamente Olga stava mentendo spudoratamente, ma questa sua perdita della memoria era una benedizione. Nessuno avrebbe cercato il fanciullo lassù, in quella baita sperduta e loro avrebbero potuto tenerlo per i lavori pesanti, portare le mucche ai pascoli e perché no, anche servizi di piacere.
La dottoressa riprese la visita, gli ascoltò il cuore e gli mise una flebo di soluzione fisiologica per reintegrargli i sali. Jack non disse più niente, rimase fermo a fissare la parete di legno del fienile, cercando di distrarsi dalle ondate di dolore che gli attraversavano le membra e continuando a cercare qualche ricordo.
Alla fine la dottoressa si allontanò, prese qualcosa da uno stipetto in alto e tornò porgendogli due pasticchine da buttar giù con mezzo bicchier d'acqua
"Tieni, ti allevierà un po' il dolore"
Jack allora guardò lei e poi le pillole, tentò di prenderle con le dita, ma Olga fu’ più veloce, gli avvicinò i due cilindretti alle labbra. Uno era veramente un antidolorifico, ma l’altra era una pasticchina di viagra, prima di dargli cose più forti, era meglio abituarlo, anche per vedere se gli creavano problemi.
"Dai ti aiuto" gli passò una mano sotto al collo sollevandolo appena, causando una leggera smorfia di dolore sul volto del ragazzo.
Jack esitò, ma poi aprì la bocca e Olga gli infilò veloce le dita in bocca, lasciando le pastiglie sulla lingua.
Le guance del ragazzo si colorarono leggermente di rosso per l'imbarazzo
"Non dirmi che sei imbarazzato di me. Eravamo molto intimi noi due sai"
Il nephilim prese veloce il bicchiere da solo e per poco l'acqua gli andò di traverso a quelle parole, con il volto sempre più rosso. Ingoiò i medicinali e la dottoressa riadagiò Jack sul cuscino con una leggera risatina. Il ragazzo chiuse gli occhi per evitare lo sguardo di lei ed anche perché si sentiva tremendamente stanco. Poco dopo si riaddormentò.

***

Dean e Sam erano in pensiero, avevano immaginato che Jack si sarebbe materializzato lì da loro, ma non vedendolo dopo un’ora iniziarono a preoccuparsi che Lucifero lo avesse fatto prigioniero.
Sam tentò d'invocarlo, ma sembrava che stavolta il nephilim non lo sentisse.
Però si materializzò Castiel.
"Cosa state facendo? La vostra richiesta rimbomba ovunque e mette gli angeli in agitazione" brontolò guardando i due uomini acciaccati, tra tagli, lividi ed escrescenze tumefatte
"Siete entrati in una gabbia di leoni?"
Ma i due non risero. Dean dopo avergli lanciato un’occhiataccia, scosse la testa "Lucifero"
A quelle parole Castiel sbiancò leggermente e loro proseguirono
"Ci siamo scontrati con Lucifero, Jack è venuto in nostro aiuto, ci ha fatti fuggire, ma non è più tornato... Temiamo che Lucifero lo abbia catturato."
Castiel aggrottò le sopracciglia concentrandosi. Chiuse gli occhi, ma dopo un momento di silenzio riaprì gli occhi e rispose
"Mmmhh .. Non lo sento... E non riesco a mettermi in contatto con lui.. Strano"
"Dobbiamo cercare aiuto... Dobbiamo salvare Jack" disse risoluto Sam, che era molto affezionato a quel ragazzo. Tutti e tre pensarono subito a chi avrebbe potuto aiutarli.

                                                                                          ***

Olga aveva parlato subito con suo marito Ben, gli aveva raccontato di aver trovato il paziente sveglio, di averci parlato e di quello che le era venuto in mente di fare sul momento.
"Il ragazzo ha perso la memoria! Non sappiamo se e quando la riacquisterà. Nessuno saprà mai dov'è finito! Chi è a conoscenza di questo posto a parte noi? E poi, non verrebbero mai a cercarlo qui! Potremmo fagli fare il lavoro nell'orto e portare le bestie al pascolo ... Insomma tenercelo! … Che ne pensi?"
Ben gli lanciò un'occhiata di traverso non del tutto convinta.
Conosceva sua moglie e sapeva benissimo a cosa stava pensando, per lei esisteva solo il sesso e farlo con estranei, specie i suoi pazienti la mandava fuori di testa.
Da quando vivevano lì da soli, si erano molto riavvicinati. Dopo tutto erano sempre e solo loro due, avevano tagliato i contatti col mondo ed era come essersi rinnamorati per la seconda volta, tanto che avrebbe fatto qualsiasi cosa per lei, vivevano in simbiosi ormai.
"Sei sicura di volerlo qui solo per farlo lavorare al posto nostro?!" le chiese stuzzicandola mentre la fissava con un sopracciglio alzato ed un sorrisetto sbieco sulle labbra prima di tornar serio e proseguire
"Ti ho già salvato le tue belle chiappe una volta... Vediamo di non farci dare un ergastolo per un ragazzino disperso." La ammonì senza rancore dandole una pacca sul sedere a mano aperta.
Lei sobbalzò appena e lo guardò mordendosi il labbro inferiore e con gli occhi di chi già si sta’ facendo un filmino mentale.
Gli si strusciò con la schiena sul petto anche se doveva arcuarsi un po’ per via della prominente pancia da bevitore che aveva l’uomo e abbassando una mano gli toccò il cavallo dei pantaloni. 
"E dai. Proviamo, potrebbe essere divertente ed eccitante per tutti e due.. ti ricordi i nostri giochetti? Anziché fantasticare di avere uno schiavetto, potremmo averlo in carne ed ossa. .. Ti prego. Fai felice la tua mogliettina devota e innamorata.” Gli disse sensualmente
Ben inspirò l’intenso profumo di sua moglie. Da quando abitavano lassù aveva un che di selvaggio. Mugolò sfiorandole il collo con le labbra e le morse con i denti il lobo dell’orecchio facendole sfuggire un gemito, poi la abbracciò da dietro, mettendole le mani a coppa sui seni e sospirò
“Va’ bene! Lo sai che non so resisterti se me lo chiedi così…” Le disse e lei continuò giuliva per l’approvazione ricevuta
“E poi ormai gli ho già detto che siamo i suoi zii, che lo abbiamo trovato nel bosco e adottato." guardò il marito con aria innocente mordendosi l’unghia dell’indice. Poi lo prese per mano, si spostarono vicino al pesante tavolo di legno dove avevano operato Jack e lui seppe esattamente cosa fare, sollevò sua moglie adagiandola sopra, le sollevò la gonna e si sbottonò rapido la patta estraendo già il suo sesso pronto e le entrò dentro iniziando a sbatterla senza mezzi termini, incuranti che Jack potesse sentire, visto che lei gemeva ed emetteva versi piuttosto chiassosi.
Alla fine mentre lui si riabbottonava i pantaloni specificò
"Però dovrà guadagnarsi il pane! Non sarà solo il tuo sextoy."

***

I giorni passarono e la ripresa del nephilim fu' sempre più rapida, finalmente tolse anche la fascia al gomito e con calma iniziò a muovere di nuovo anche il braccio sinistro. Olga si faceva vedere spesso e Jack conobbe anche Ben, che però si faceva vivo raramente nel fienile perché a detta della moglie, si stava occupando di tutti i lavori che di solito svolgeva Timmy,  cioè lui, così lo chiamavano entrambi.
E dopo altre due settimane riuscì ad alzarsi da letto, anche se un po' forzatamente, Ben era stufo di avere un ospite nullafacente in casa, quindi chiese alla moglie se il ragazzo fosse pronto e potesse alzarsi ed Olga dopo averlo visitato accuratamente, disse che avrebbe potuto provare.

Le visite di Olga erano diventate sempre più intime.
La donna aveva detto a Jack che erano andati ben oltre il palpeggiamento prima che perdesse la memoria.
"Non ti vergognerai mica della tua zietta Olga?" gli ripeteva ogni volta che vedeva il ragazzo irrigidirsi e muoversi un po' a disagio quando lei spostava la sua attenzione e le sue mani accarezzando o facendo finta di controllare un'inesistente livido causato da un inventato colpo al linguine.
Era terribilmente divertita di questo suo gioco del dottore con la sua nuova vittima. Lo accarezzava e lo palpeggiava come voleva.
Ma Jack voltava la testa di lato e stringeva le coperte nei pugni mentre quelle mani invadenti e spudorate toccavano ed entravano ovunque.
Forse era vero... Magari prima di perdere la memoria aveva questo assurdo rapporto con quella donna, ma adesso non se ne ricordava. Adesso per lui poteva essere anche Megan Fox in persona! Non gli piaceva avere le sue mani addosso … ma, ad ogni modo si sforzava di accettare tutto ciò, anche se gli si chiudeva lo stomaco per il fastidio.
Dopo la prima settimana, visto che il ragazzo rispondeva bene al viagra, con la scusa di quel brutto colpo all’inguine e che una vena gli stava bloccando l’afflusso di sangue la dottoressa aveva iniziato a fargli delle iniezioni di Caverject, la soluzione che molti porno attori usavano per mantenere l’erezione più a lungo. Ed ora a fine della seconda settimana, durante la visita della dottoressa il suo sesso reagì involontariamente, ormai aveva il testosterone a mille e l’avrebbe eccitato anche lo strusciarsi di un gatto durante le fusa.
Jack aveva cercato di dirgli che in quel momento non gradiva certe attenzioni, che non era ancora pronto, ma lei non ne aveva voluto sapere, gli aveva detto che era normale che adesso reagisse così, che piano piano gli sarebbe tornato tutto in mente provando di nuovo piacere.
Di colpo la dottoressa si accorse del rigonfiamento nei boxer del ragazzo, anche se lui stringeva le gambe e cercava di coprirlo con noncuranza.
“Guarda, guarda”
Jack sobbalzò ed emise un gemito. Aveva sperato che non se ne accorgesse, lui non l’aveva voluto e adesso si vergognava più che mai. Serrò occhi e mascella voltando di nuovo la testa
“M-Mi dispiace .. io non .. volevo” Si sentì quasi un pervertito sentendo il sesso duro che premeva contro il tessuto dei boxer. Iniziò a respirare più veloce non aveva idea di come poter fermare un’erezione, ma sperò di riuscirci al più presto.
Lei sorrise, gli carezzò la guancia “Ma non devi scusarti. Questa è una buona cosa, vuol dire che le mie cure ti hanno fatto bene e che la vena non è danneggiata o otturata, ma sta’ pompando il sangue nel punto giusto.”
Lei gli prese il bordo dei boxer tirando e gli scoprì il membro.
Jack emise un singulto e spalancò gli occhi di colpo “N-No..”
Lei gli appoggiò una mano sullo stomaco.
“Tranquillo, non ti farò niente, al massimò ti darò un po’ di sollievo. Vuoi star meglio adesso non è vero?”
Gli sfiorò con le dita il membro che sembrava pulsare di intensa eccitazione.
Jack ansimò, non le rispose, serrò di nuovo gli occhi, sprofondando nel cuscino e si aggrappò alle lenzuola con tutta la sua forza. Era talmente eccitato che sì, voleva godere, voleva liberarsi di quella sensazione inebriante e angosciosa allo stesso tempo e pronta ad esplodere da un momento all’altro.
Lei lo liberò del tutto, ne saggiò la durezza, gli toccò la punta e Jack, quasi come se il bacino fosse una parte a sé, reagì, sollevandolo e spingendolo verso di lei.
“Bravo Timmy, credo che anche se la tua mente non si ricorda di me, il tuo asticello se ne ricorda eccome” ridacchiò e poi lo avvolse completamente nel palmo della mano, facendolo gemere ed ansimare di nuovo.
Jack era tremendamente combattuto. Da una parte avrebbe voluto venire e provare quella sensazione di benessere, dall’altra non voleva assolutamente arrivare a venire in mano di quella donna che comunque per lui era una completa sconosciuta.
La fronte s’imperlò di sudore mentre tentava di trattenere un qualcosa che non aveva affatto voglia di farsi frenare e a lei bastò muovere leggermente la mano per farlo venire tra sospiri ed ansimi trattenuti del suo giovane bel paziente.
Ma questo fu niente rispetto a tutto quello che sarebbe venuto in futuro.
Purtroppo quelle iniezioni non erano affatto salutari. Jack era soggetto a continue ondate di eccitazione che spesso lo travolgevano ed indesiderate erezioni senza motivo e senza preavviso.
Soffriva e smaniava a tal punto che era arrivato alla decisione di accettare passivamente tutte le attenzioni che la donna gli dava e desiderare che venisse presto così sarebbe stato meglio. Erano erezioni anormali e dolorose tra l’altro.
Lei ne era oltremodo felice, era stato il suo intento fin dall’inizio.
Ma con l’andar del tempo Jack iniziò a sentirsi anche sporco, c’era qualcosa di innaturale, di malsano e folle in tutto questo.
L’uomo non era da meno. Si era lasciato coinvolgere totalmente in questo vortice di follia ed aveva trovato eccitante giocare agli zietti e lo schiavetto, in fondo anche secondo lui sarebbe stato eccitante e quel ragazzino ormai era in mano loro, non c’era veramente pericolo che lo trovassero e se anche fosse? Stavano plagiando la sua mente a tal punto da esser convinto di non avere via di fuga e di appartenergli.
Se lei però era dolce, lui era spietato, lo legava e lo picchiava se non eseguiva bene un lavoro.

Jack iniziò a vivere una vita d’inferno, doveva lavorare di giorno, soffrendo per il solito problema tra le sue gambe che di colpo reagiva quando gli pareva e non s’afflosciava. E spesso si ritrovava a piangere per il dolore che lo sfregamento contro gli indumenti gli procurava.

Una notte decise di scappare. Non gli importava se non sapeva dove sarebbe finito, ma lì non poteva più rimanere. Non aveva recuperato totalmente le forze perché non gli davano molto da mangiare e la sua parte umana, era debole e stremata, ma non avrebbe resistito un’ora di più in quelle condizioni.

Non fece però molta strada che finì contro la recinzione elettrificata. Nell’oscurità della notte non l’aveva proprio vista. La corrente non era fortissima, serviva più che altro per non far avvicinare lupi o altri animali che avrebbero potuto mangiare ortaggi e frutta, ma Jack schizzò indietro gridando.
Il cane lo sentì ed iniziò ad abbaiare.
Jack guardò in direzione della casa spaventato, si accese una luce. Il suo cuore martellava così forte da sentire il sangue scorrere nelle orecchie.
Non poteva farsi riprendere!
Così strinse i denti, si arrampicò e scavalcò la recinzione, cadendo dall’altra parte pesantemente gemendo.
Dalla baita arrivarono rumori e grida.
Jack si mise le mani bruciate sotto le ascelle e corse via nel buio inciampando nel terreno sconnesso nelle radici e nei sassi, poi sentì un colpo di fucile risuonare nell’aria, si bloccò con il cuore in gola, respirando affannosamente più per la paura che per la breve corsa fatta.
“Timothy mi senti?! Non puoi fuggire!! Ti troveremo e ti uccideremo!!” Sentì gridare.
Ma riprese a correre senza sapere dove fosse, senza sapere da che parte andare, voleva solo andarsene via da quel posto.

***

Intanto nel salone del bunker Dean e Castiel stavano alle spalle della strega, appollaiati come due corvi in attesa della preda a scrutare il pendolo che Roweena stava facendo oscillare su una mappa, mentre Sam camminava nervosamente per la stanza.
“Per favore non mi state così addosso!! Non riesco a concentrarmi!” Sbottò la donna ad un certo punto sollevandosi innervosita e guardando alle sue spalle.
“E … Sam. Basta! Hai fatto il canaletto a furia di andare su e giù! Non ritroveremo Jack in questo modo e non so come mai, ma il vostro amico è scomparso! Non so come ha fatto ma è come se fosse schermato, non riesco proprio a rintracciarlo.”
Sam si fermò dandole un’occhiataccia. E Dean e Castiel si guardarono preoccupati
“Maledetto Lucifero! Chissà cosa gli starà facendo!!” Sentenziò Castiel.
Il gruppo si distrasse un po’, Sam portò un po’ di succo di melograno e del caffè, anche se Dean andò a prendersi la classica birra e poi ricominciarono a cercare di rintracciare il nephilim.

***

Jack continuò a correre senza sapere dove andare nell’oscurità della notte, sentiva i latrati del cane sempre più forti, quindi si stava avvicinando. Sentiva le urla dell’uomo cariche di minacce e promesse orribili. L’adrenalina e il movimento lo aiutavano non facendogli sentire il freddo della notte montana. Tossì producendo nuvolette di vapore chiaro. Ogni tanto si fermava guardandosi intorno impaurito, senza poter vedere, in cerca dei mille piccoli rumori che sentiva nel bosco.
Ma uno in particolare sentì molto chiaramente. Un suono cupo, basso: un ringhiare sommesso alla sua sinistra. Voltò lo sguardo ma niente… Non riusciva a vedere proprio niente. Magari era il cane dei suoi zii.
“Rocky” chiamò incerto, ma si rese conto che udiva ancora un latrato in lontananza e allora cosa c’era lì vicino a lui? Deglutì e si mosse piano, cercando di allontanarsi da quel suono che non prometteva niente di buono, ma poi sentì ringhiare anche dietro di lui e si fermò terrorizzato. Lupi.
Il suo respiro era accelerato, tremava come una foglia. Non li vedeva nemmeno, anzi adesso vedeva il vapore che usciva dalle loro fauci e quindi sapeva più o meno dov’erano, ma cosa avrebbe potuto fare lui? Era finita, chiuse gli occhi e si preparò .. cercò di prepararsi mentalmente alla sua fine.
Uno dei lupi attaccò, sentì un dolore lancinante al polpaccio destro gridò, perse l’equilibrio sbilanciandosi all’indietro –Appena sarò a terra mi salteranno addosso e mi sbraneranno – Pensò, ma il contatto con il terreno non arrivò.

(...)

   
 
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