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Autore: koan_abyss    27/09/2018    2 recensioni
Lestrade e Mycroft Holmes si incontrano inaspettatamente in Tribunale, e per quanto la cosa sia piacevole, Lestrade è alle prese con il divorzio e un caso complicato. Non ha le forze nè il tempo neanche di pensare a conseguenze e aspettative dopo uno strano mercoledì pomeriggio. O almeno così crede.
CaseFic
Genere: Angst, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Lestrade, Mycroft Holmes, Sally Donovan, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Al secondo giro di giostra (avevo ancora un po' di paura)'
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Capitolo 4



Cazzo, pensa Lestrade. Cazzo. Cazzo. Ha il cervello vuoto e le orecchie che rimbombano.
Mycroft lo vede, ovviamente lo vede, e nota sicuramente la sua espressione fissa, perché si limita ad un cenno del capo.
Sono abbastanza lontani, Lestrade potrebbe limitarsi a ricambiare il gesto senza che la cosa sembri scortese: sono alle due estremità della stanza, una stanza affollata e rumorosa, ed entrambi sono palesemente occupati, e di sicuro Lestrade non si aspettava di vedere Mycroft così presto dopo…be’.
Davvero, Lestrade potrebbe tornarsene in ufficio col suo bicchiere di carta, invece raggiunge Mycroft dribblando agenti e impiegati, guardando brevemente nella direzione da cui lo ha visto arrivare.
“Ispettore Lestrade,” lo saluta Mycroft, fermandosi ad aspettarlo.
Niente traspare dal suo sorriso freddo.
“Mycroft.”
Lestrade non vuole che sia strano, tra loro. Può comportarsi gentilmente, no? Gentile non è strano, giusto?
“Posso aiutarti in qualche modo?” chiede, accennando alla cartellina di pelle.
Mycroft la scuote con un gesto noncurante: “L’offerta è molto apprezzata, ma il vice-Commissario è stato più che disponibile ad accogliere le mie richieste.”
“Oh? Hai domato il drago, allora?” ghigna Lestrade.
Mycroft solleva un angolo delle labbra.
“Direi di più l’orso…” replica a bassa voce.
Lestrade si copre la bocca con una mano: “Giusto. Ah, ma io parlo per sentito dire: il vice-Commissario si occupa di faccende troppo in alto per me.”
“Mere questioni burocratiche, le assicuro,” risponde Mycroft.
“Mmh…” fa Lestrade, studiandolo. “Prima in Tribunale, ora qui…Sherlock è all’estero…mi viene da pensare che tu abbia inviato tuo fratello ad ottenere l’estradizione per qualcuno. E che ora ti stia muovendo perché la tua gente possa arrestare quel qualcuno qui, in Inghilterra.”
In Tribunale per il mandato, dal vice-Commissario per comunicargli l’avocazione della competenza per l’arresto…è possibile. Ma magari Lestrade sta di nuovo pensando troppo a 007.
Mycroft non sorride, ma quello nei suoi occhi è indubbiamente uno scintillio divertito: “Il Ministero dei Trasporti non può effettuare arresti, Ispettore.”
“Lo scordo sempre,” fa Lestrade alzando gli occhi al cielo. “Quindi,” continua, dopo una pausa per un sorso d’acqua, “stai tornando in ufficio?”
Mycroft sospira, ed è come se si rimettesse in moto, abbandonando l’immobilità che caratterizza la sua piena attenzione verso qualcosa: “In un attimo. Temo che la mia presenza sia richiesta al più presto per una serie di riunioni che mi assicurano improrogabili. Lei,” e i suoi occhi grigio-blu trafiggono Lestrade, “ha una conferenza stampa, se non erro.”
Lestrade sobbalza e controlla l’ora: ha ancora cinque minuti.
“Sì, sì…tra poco.”
È un congedo, quello?
Mycroft apre la bocca, ed esita appena: “È opportuno che io vada: mi trovo nella delicata situazione di…evitare il più possibile i contatti con la stampa.”
“Oh, i giornalisti diventano avvoltoi, quando vedono un dipendente del Ministero dei Trasporti,” ghigna Lestrade.
Mycroft solleva un sopracciglio: “È più il fatto che la mia immagina pubblica è non avere un’immagine pubblica.”
Lestrade annuisce: “Capisco. Ma in questo caso, devi sparire di qui. Tra un minuto questo posto sarà un circo di fotografi e reporter.” Si fa più vicino e indica una direzione: “Da questa parte.”
Mycroft lo affianca senza protestare.
Lestrade lo guida fino a una scala di servizio e non appena nessuno bada a loro, apre la porta antincendio e sospinge Mycroft sulle scale.
“Un ingresso discreto collegato al parcheggio per i testimoni a rischio e i bambini. O anche solo per evitare i giornalisti all’entrata principale,” spiega. “Sulle scale non ci sono telecamere e…” Si interrompe perché si sente scaldare un po’ la faccia. Si schiarisce la gola: “Be’, immagino che non faccia molta impressione a un uomo che può costringere tutte le telecamere di Londra a fissare un muro, se vuole.”
Senza contare che Mycroft conosce probabilmente a menadito la pianta di tutto l’edificio. Non è stata una grande idea, forse. Ma il pensiero di avere Mycroft Holmes in un luogo appartato…
Lestrade si riscuote per scoprire che Mycroft lo sta fissando.
“Questi piccoli segreti hanno sempre una loro attrattiva,” gli dice Mycroft.
Scendono un paio di rampe e poi entrano in un ascensore di servizio (Lestrade immagina che l’altro uomo non gradirebbe fare altri otto piani a piedi).
“Quale sarebbe?” domanda in un mormorio.
Mycroft sorride appena: “Anche se non sono informazioni nuove, di per sé, ne contengono sempre altre: su chi li custodisce, sul perché vengono condivisi…”
Raggiungono il parcheggio sotterraneo e Mycroft esce dall’ascensore a passo deciso: “Arrivederci, Ispettore Lestrade. E grazie per la via di fuga.”
Ha già il telefono in mano.
Mentre le porte si richiudono, Lestrade vede una macchina scura avvicinarsi silenziosa.
Ha appena il tempo di tornare all’undicesimo piano e di farsi sibilare in faccia “Dove diavolo ti eri cacciato?!” da un’esasperata Donovan, che viene dato in pasto a una stanza piena di giornalisti. Un incubo.

Donovan lo perdona quando è tutto finito, e lui non ha detto stupidaggini troppo grosse (“Ispettore Lestrade, Sherlock Holmes sta lavorando al caso?” “La polizia per ora non si è per ora avvalsa di alcuna consulenza esterna…” “Per ora?”).
Stanno divorando un paio di sandwich che ha portato Davies prima che Clive Riggs e Margareth Clarke arrivino: i due hanno preferito non assistere alla conferenza stampa, e d’altronde Lestrade lo aveva caldamente sconsigliato.
“Tutto sommato è andata bene,” concede Donovan, con tono cauto.
Lestrade annuisce pulendosi la bocca: “Già. Ora speriamo che la scelta non si ritorca contro di noi.”
Donovan si stringe nelle spalle: “Nah. Mi fido del tuo istinto.”
“Davvero?”
“Be, solo quando coincide col mio.”
Lestrade sbuffa divertito.
Avevano sperato di scoprire l’identità della ragazza prima di affrontare i media, ma dato che non ci erano riusciti, due erano le soluzioni praticabili: ammettere che non sapevano chi fosse la ragazza, e usare la stampa per lanciare un appello sperando che qualcuno si facesse avanti con qualche informazione per loro; oppure restare il più possibile sul vago e sottintendere di avere una pista che non potevano rischiare di compromettere rilasciando troppo informazioni ai giornalisti.
“Se non avessimo proprio nessuna idea di come muoverci, l’aiuto del pubblico potrebbe farci comodo,” aveva detto Lestrade, la sera prima. “Ma siamo d’accordo che l’assassino potrebbe essere qualcuno nella sfera di James Clarke, giusto?” Donovan aveva annuito. “E noi stiamo per andare a ficcare il naso nella sua sfera lavorativa…facciamo credere di avere qualcosa. Rendiamo qualcuno nervoso…”
“E teniamo gli occhi ben aperti per vedere chi si comporta in modo strano.”
Clive Riggs, cugino della moglie e che aveva lavorato con James Clarke, era il loro primo tentativo, ma il fatto che l’uomo non avesse insistito per avere dettagli e avesse preferito evitare la conferenza stampa non lo faceva sembrare un assassino preoccupato di scoprire fino a che punto la polizia fosse sulle sue tracce.
Angelica Riggs, la moglie di Clive, alla fine non ha potuto lasciare il Dorset per problemi di lavoro. A Donovan la cosa non è piaciuta, ma dato che l’assassino a quanto pare è un uomo, il suo Sergente si è limitata a controllare l’alibi della donna e si è rassegnata.
Certo, se non avessero fatto progressi o scoperto qualcosa muovendosi in quella direzione, avrebbero sempre potuto fare un appello ai cittadini…facendo la figura degli idioti.
Lestrade e Donovan sospirarono all’unisono, formulando probabilmente lo stesso pensiero.
Si girano quando Tennyson bussa alla porta dell’ufficio: “La signora Clarke e il signor Riggs…”
“Falli entrare,” ordina Lestrade, mentre fa sparire i resti del loro spuntino veloce e Donovan si posiziona, discreta e silenziosa, per ora, alla finestra.
“Signora Clarke, grazie di essere venuta…signor Riggs, sono l’Ispettore Lestrade, a capo dell’indagine, e il questa è Sergente Donovan. Accomodatevi.”
Clive Riggs ha 29 anni e l’aria gioviale di chi è abituato a lavorare col pubblico, ma come Margareth Clarke sembra esausto e appena meno inconsolabile.
“Ispettore…”
È più basso di Lestrade, più alto di James Clarke di un paio di centimetri al massimo, ritiene Lestrade, sottile e slanciato. Donovan gli guarda discretamente le scarpe mentre si siede.
“Ispettore, ho le carte del lavoro di James,” comincia Margareth Clarke. “Clive mi ha dato una mano…sarei stata persa senza di lui,” aggiunge.
Clive Riggs le stringe la mano e fa un piccolo sorriso triste.
“Bene. Speravamo potesse aiutarci a fare luce sul lavoro e sui contatti di James Clarke, signor Riggs,” dice Lestrade. “So che ha lavorato con lui sin da ragazzo…”
Clive Riggs si schiarisce la gola: “Oh, sì. Ero un idiota, all’epoca. Sempre in giro. James mi ha rimesso in riga, tenuto occupato. Dopo un annetto che lavoravo con lui ha assunto Angie e nessuno è più riuscito a schiodarmi dalla caffetteria. Mia moglie,” aggiunge.
Lestrade annuisce: “Che lavoro fa adesso?”
“Sono manager regionale di una piccola catena di ristorazione nel Dorset.”
“Ha messo a frutto quello che ha imparato dal signor Clarke,” osserva Donovan.
Riggs annuisce: “Angie e io studiavamo e lavoravamo, negli ultimi tempi…”
“È stato allora che James ha assunto David,” interviene Margareth Clarke. “David Bolton. Aveva ragione, Ispettore, mi è venuto in mente,” sorride appena.
Lestrade ricambia e accetta il plico di documenti che la donna gli porge: contatti e fornitori, contratti di apprendistato dei vecchi dipendenti e di quelli del nuovo locale, a Chelsea. Con l’aiuto di Clive Riggs Lestrade e Donovan passano in rassegna nomi e numeri di telefono e tra lui e la vedova assegnano un nome e un indirizzo a ogni numero sul cellulare di Clarke.
Dopo un’ora, Margareth Clarke chiede una pausa per chiamare la sorella e farle sapere che sta bene.
“Posso accompagnarla a prendere un caffè, nel mentre,” si offre Donovan.
“Noi possiamo sbrigare le ultime questioni,” fa Lestrade, accennando a sé e a Riggs. “Così poi possiamo lasciarvi tornare a casa.”
Margareth Clarke lo guarda con gratitudine prima di uscire.
“È gentile, Ispettore. In effetti abbiamo molto da fare,” dice Riggs, scuotendo la testa. “Tra il funerale, quando ci verrà…dato il via, e tutte le questioni economiche…dopo aver riaccompagnato Margareth a casa andrò fino al locale. Non abbiamo ancora chiuso per lutto, ed è irrispettoso. I dipendenti sanno a malapena quello che è successo, devo parlare con loro. Rassicurarli che verranno pagati anche se chiudiamo, e poi…dovremo decidere cosa fare, della caffetteria.”
Lestrade annuisce comprensivo: “Immagino che per lei sarebbe impossibile gestire il locale…”
“Oh, no, dal Dorset? Come?” ride amaramente Riggs. “Il mio è un buon posto, e Angie si trova bene nello studio in cui è stata assunta. Non abbiamo alcun desiderio di tornare a Londra, anche se non sappiamo come Margareth potrebbe cavarsela. Forse sarà costretta a chiudere e a vendere.”
“Che mi dice di David Bolton? Gli altri dipendenti lavoravano per il signor Clarke da poco, mentre lui l’ha seguito da Fulham,” domanda Lestrade appoggiandosi contro lo schienale della sedia. “Non potrebbe subentrare lui?”
Riggs sospira: “Be’, forse. Credo sia un po’ giovane: ora avrà 24 o 25 anni. Sono anni che non parlo con David, e magari le cose sono cambiate, ma non mi è mai sembrato che avesse la stoffa del manager…”
“Non è affidabile?”
“No, non è quello. É…era, non saprei, lo scoprirò oggi, credo…litigioso, direi. Lui e io non andavamo d’accordo.”
“Mh. E con James Clarke andava d’accordo?” fa Lestrade, giocando con la sua penna.
Riggs annuisce con enfasi: “Molto. Avevano molta confidenza. James apprezzava le persone senza peli sulla lingua, e David non si faceva mai problemi. Ci sono cose che uno non osa dire al proprio capo…be’, non David. Direi che erano amici, in un certo senso.”
Lestrade riflette: lui e Donovan non sono molto diversi. Possono definirsi amici, nonostante tutti i paletti del lavoro e le divergenze di opinioni (Sherlock) e recentemente il terrore irrazionale di fidarsi di qualcun altro che Lestrade sta sviluppando e combattendo strenuamente da quando ha scoperto (di nuovo, cazzo) che Becky lo tradiva.
Ritorna in sé e lui e Riggs si concentrano nuovamente sulla deposizione sua e Margareth Clarke.
“Dovremo prima o poi parlare con i dipendenti della caffetteria,” gli dice Lestrade. “Tanto vale che sia oggi che possiamo trovarli tutti al lavoro in un colpo solo. Crede sarebbe un problema?”
“Oh…non credo. Devo avvertirli?” chiede Riggs, dubbioso.
Lestrade scuote la testa con il suo miglior sorriso rassicurante: “Accompagni a casa la signora Clarke. Quando arriverà al locale per parlare con i dipendenti, ci troverà lì.”
“Vi offrirò un caffè,” sorride debolmente Riggs.

Una mezz’ora dopo, quando Donovan rientra dopo aver accompagnato fuori Margareth Clarke e Clive Riggs, Lestrade si alza e prende il suo soprabito: “Ti va un bel caffè costoso?”
“A Chelsea?”
“Certo. Gli hai guardato le scarpe?”
“Derby di camoscio blu. Non mi sembra il tipo che indossa scarponi o stivali.”
“Già.”
Scendono al parcheggio e raggiungono Chelsea che sono circa le 15, schivando il traffico dell’ora di pranzo, sicuri di avere parecchio vantaggio su Riggs.
Lestrade parcheggia non troppo vicino al locale e lui e Donovan si avvicinano passeggiando con calma, riparandosi dall’acquerugiola insistente che ha preso a scendere sotto le tende dei negozi e i balconi della via. La zona è frequentata, nonostante il brutto tempo: gruppi di adolescenti e madri con passeggini li schivano sul marciapiede. Riconoscono il locale da lontano dal nome sulla struttura di un dehors di metallo e vetro dipinto di verde: il Coffe Department.
Lestrade e Donovan, dall’altra parte della strada rallentano e fingono di esaminare la vetrina accanto a loro, studiando il posto nel riflesso sul vetro. La caffetteria è carina; moderna, ma non hipster, o almeno non troppo, e ben frequentata: nonostante la temperatura, nel dehors ci sono tre tavoli occupati, e un paio di camerieri fanno avanti e indietro ogni pochi minuti.
“James Clarke deve averci investito parecchio…” commenta Donovan.
Lestrade annuisce: “Tutti i risparmi che aveva messo da parte col vecchio locale, e trentamila sterline di un finanziamento con la sua banca, che secondo Clive Riggs aveva ripagato entro il primo anno di apertura. Il dehors è stato aggiunto di recente, in vista della primavera.”
“La vedremo mai, di questo passo?” sospira Donovan. “Andiamo, boss, mi hai promesso un caffè.”
Entrano nella caffetteria sfuggendo con sollievo all’umidità grigia della strada.
Donovan sceglie un tavolo non lontano dal bancone e Lestrade va a ordinare.
Quando la sorridente barista gli serve due cappuccini (uno alla cannella con zucchero di canna per Donovan), Lestrade le sorride a sua volta: “Grazie. Stiamo cercando il signor Riggs per scambiare due parole. Lo state aspettando, non è vero?”
“Ehm, sì, in effetti,” risponde la ragazza, cauta. “Posso avvertirlo che lo aspettate quando arriverà…voi siete?” domanda, scrutando Lestrade.
Lui estrae il tesserino: “Ispettore Lestrade. Non siamo giornalisti, e il signor Riggs sa che saremmo passati.”
La barista annuisce: “Ok, d’accordo. É…per il signor Clarke?”
“Temo di sì. Lavorava per lui da molto, signorina…?”
“Banks. Eve Banks.” La ragazza scuote la testa: “Affatto, no. Sei mesi, più o meno. È davvero una tragedia, il signor Clarke sembrava proprio una brava persona.”
“Ne sono certo. Passava molto tempo, qui?”
Eve Banks sorride: “Oh, sì. Era qui tutto il tempo, sempre dietro il bancone, mica in ufficio. A volte serviva anche ai tavoli.”
“Quindi l’ultima volta che lo avete visto al locale…” inizia Lestrade.
“Martedì. Il mercoledì il locale è chiuso e io e gli altri abbiamo il giorno libero. A volte il signor Clarke veniva lo stesso per lavorare, sa, la contabilità e il resto, o per sistemare il magazzino con David…”
La ragazza si guarda attorno e Lestrade segue il suo sguardo: quindi David Bolton è il ragazzo che dà loro ostentatamente le spalle mente pulisce la macchina del caffè.
Lestrade annuisce e ringrazia ancora la barista per le loro ordinazioni, poi raggiunge Donovan al tavolo.
“Allora?”
“Tutti i dipendenti ti fissano. Un cameriere è quasi inciampato, per tenerti d’occhio mentre tornavi qui.”
“Curiosi? O nervosi?”
Donovan si stringe nelle spalle: “Entrambe le cose, direi. Non è tutti i giorni, che il tuo capo viene assassinato.”
“Ti piacerebbe, eh?” le chiede Lestrade prendendo un sorso del suo cappuccino.
“Se qualcuno ti facesse fuori lo inchioderei, boss. Sarebbe il mio primo caso risolto da Ispettore!”
“Spero di non dover morire, per vederti fare carriera!” grugnisce Lestrade.
Donovan fa una smorfia: “È più probabile che tu ci rimetta la pelle in una di quelle trovate assurde di Sherlock, e io non avrò neanche la soddisfazione di fargliela pagare, perché suo fratello gli parerà il culo ancora una volta…”
Clive Riggs arriva quando ormai hanno finito di bere. L’uomo compare dietro il bancone, invece che dalla porta del locale. Deve aver parcheggiato nel cortile interno.
La barista, Eve, gli indica subito Lestrade e Donovan. Se l’uomo si sente preso in giro dalla loro presenza e dal fatto che non lo hanno aspettato per iniziare a fare domande, non lo dà a vedere.
“Ispettore, Sergente,” li saluta avvicinandosi. “Ho fatto prima che ho potuto…datemi qualche minuto per avvertire i ragazzi e le ragazze, e per dare il tempo ai clienti già serviti di finire le loro ordinazioni, e saremo pronti per voi.”
Riggs li abbandona con un cenno, ma uno dei camerieri ritorna immediatamente con altre due tazze di cappuccino, poi gira il cartello sulla porta su ‘chiuso’.
“Un tipo efficiente, il nostro Riggs,” fa Lestrade, mentre tutti i dipendenti lo raggiungono dietro il bancone per capire cosa sta succedendo.
“Non si fa scrupoli a comandare,” commenta invece Donovan, mentre Riggs risponde con tono rassicurante alle occhiate preoccupate e scontente dei camerieri e dei baristi.
“Be’, dev’essere abituato a farlo. Manager in una catena, eccetra…” replica Lestrade.
“Non puoi venire qui e chiudere il locale! Chi credi di essere? Sono anni che non lavori più per James!”
Lestrade e Donovan inchiodano gli occhi all’unisono sul barista, David Bolton, che fronteggia Riggs a braccia conserte.
“Lo so, David, ma non possiamo tenere aperto come se niente fosse, te ne rendi conto?” risponde l’altro con calma forzata tenendo la voce bassa e dando un’occhiata veloce agli ultimi clienti che ancora si attardano. “Mi assicurerò che siate tutti pagati per le prossime settimane, nel frattempo vedremo di trovare una soluzione.”
“Ti assicurerai? Non spetta a te!” insorge ancora Bolton. “Possiamo andare avanti senza problemi, gestire il posto: chi sei tu per decidere…”
“Margareth ha deciso,” lo interrompe Riggs, freddo. “Vuole chiudere, perché ha perso suo marito e ha altro a cui pensare, adesso. La cosa non dovrebbe colpire anche te, visto che conoscevi James da quasi otto anni?”
Gli altri dipendenti li fissano imbarazzati e anche Bolton sembra preso alla sprovvista, ma si riprende in fretta.
“James non avrebbe voluto chiudere il locale,” dice con un sorriso storto.
“Ora devo preoccuparmi di quello che vuole Margareth…”
“Ah, e credi di farle un favore, chiudendo la sua unica fonte di reddito? Sai quanti soldi perderà in due settimane?”
“Ora basta!” esplode Riggs. “Dio, David, perché deve sempre essere così, con te? Il locale chiude, e noi risponderemo alle domande della polizia. Se ci tieni tanto a riaprire presto, dammi una mano, invece di far polemica!”
“No, decisamente le cose non sono migliorate, tra loro, negli ultimi anni,” fa Lestrade e con un cenno invita Donovan ad alzarsi.
“Questo è l’Ispettore Lestrade, di New Scotland Yard,” lo presenta Riggs, “e il Sergente Donovan,” aggiunge, con appena un attimo di esitazione sul nome. “L’ufficio sul retro è il posto migliore, credo, Ispettore, per sistemarvi…”
Lestrade annuisce: “A te l’ufficio, Donovan?”
“Sì, boss,” risponde lei facendosi avanti e facendo cenno al primo dei camerieri di seguirla.
“Ora che la caffetteria è vuota possiamo anche parlare qui,” spiega Lestrade a Riggs con un sorriso rassicurante.
L’ufficio del loro capo deceduto è il posto migliore dove Donovan possa giocare al poliziotto cattivo e spaventare tutti come si deve. Il locale accogliente è perfetto per Lestrade e la sua aria amichevole. Ormai lui e Donovan sono una squadra ben collaudata: così dimezzano i tempi, e se è il caso, basta loro un’occhiata per comunicare all’altro che devono scambiarsi di posto alle costole di qualcuno.
Lestrade chiama l’altra cameriera.
“Mentre parliamo, signor Riggs, può farmi fare un giro del locale,” suggerisce Lestrade.
Lui darà un’occhiata intorno, e la presenza di Riggs metterà a suo agio la ragazzina. Lui e Donovan non hanno avuto bisogno neanche di un gesto per concordare di lasciare Bolton per ultimo: i tipi collerici e sanguigni non gestiscono bene le attese, di solito, e quando si scaldano tengono meno a freno la lingua.
La deposizione della prima ragazza è priva di intoppi e completamente inutile, Lestrade può dirlo dopo le prime domande. No, non conosceva bene James Clarke. L’ultima volta che l’ha vista è stato lunedì, martedì lei non lavorava, e no, non aveva mai pensato che potesse avere dei nemici.
Lestrade passa al secondo cameriere mentre Donovan chiama la barista che ha già parlato con lui e mentre il ragazzo (Tom qualcosa, meno male che l’ha appuntato da qualche parte) risponde in maniera ancora più irrilevante alle sue domande, Lestrade chiede a Riggs se possono vedere l’entrata sul retro e la zona di carico del magazzino. Riggs li accompagna fino al magazzino, poi Eve Banks viene a comunicargli che Donovan vorrebbe chiarire qualcosa con lui e l’uomo rivolge uno sguardo esitante a Lestrade.
“Nessun problema,” lo rassicura lui. “Io e Tom abbiamo quasi finito.”
Il cameriere lo fissa circospetto appena restano soli.
“La tua collega, Eve, mi ha accennato che il magazzino era affare del signor Clarke e di David, al massimo…”
“Be’, sì. Riordinare il magazzino è lavoro extra, e di solito uno non muore dalla voglia di farlo. Noioso e…faticoso. Una grana,” risponde Tom Qualcosa, stringendosi nelle spalle.
“A David non dispiaceva, invece?” fa Lestrade, studiando il piccolo locale dalla porta.
“Oh, si lamentava sempre, ma il signor Clarke non si faceva commuovere. David si lamenta sempre di tutto,” aggiunge, scrollando di nuovo le spalle.
“Ho visto,” mormora Lestrade. “Non si prende bene con Riggs, eh?”
Tom sbuffa divertito: “David non si prende bene quasi con nessuno. Anche se non ha tutti i torti, stavolta: questa storia di chiudere il locale…”
Lestrade sta valutando l’informazione, quando proprio David Bolton passa dietro di loro diretto alla zona carico e scarico. Lestrade tende l’orecchio e sente il beep-beep di un camion o di un furgone in retromarcia.
“Uh, è arrivato Pete Latimer. Meglio che avverta il signor Riggs,” fa Tom e al cenno affermativo di Lestrade torna alla caffetteria.
Lui invece si fa avanti discretamente, affacciandosi appena dalla saracinesca.
Bolton e Latimer stanno discutendo animatamente ma a bassa voce.
“Cosa diavolo vuol dire, chiuso? La polizia ha chiuso il locale?” sente Lestrade e vede Bolton scuotere la testa freneticamente: “Clive.”
“Ma che ci fa qui la polizia?!” insiste Latimer con rabbia.
“Io mi chiederei perché Clive ti ha chiesto di venire proprio quando ci sono i detective…” ritorce Bolton.
Latimer ammutolisce e Lestrade è certo che Bolton prenderà un pugno, ma l’uomo si volta e fa per risalire sul suo furgone, senza neanche aver aperto il cassone. Riggs arriva in quel momento e si scusa ad alta voce con Lestrade per essersi dovuto allontanare.
Lestrade impreca mentalmente e si ritira dalla saracinesca appena prima che Bolton e Latimer si voltino di scatto in quella direzione. Fa un paio di passi rapidi e silenziosi verso Riggs prima di rispondere ‘non c’è problema’ con voce normale, per far credere ai due uomini nel cortile interno di non essere stato così vicino da origliare, poi segue Riggs e si palesa.
Latimer sembra paralizzato, e molto contrariato.
“Ispettore Lestrade, questo è Peter Latimer, uno dei nostri fornitori storici,” lo presenta Riggs. “Scusa se ho insistito perché venissi, Pete, ma dobbiamo parlare del futuro del locale.”
Latimer ha l’aria di chi preferirebbe essere a mille miglia di distanza mentre borbotta un saluto. Anche Bolton fissa Lestrade con astio e Lestrade decide che è il momento di parlare con lui.
Bolton lo segue senza proteste e mentre rientrano alla caffetteria, lui tende ancora l’orecchio e si gira un istante a sbirciare Riggs e Latimer. Il secondo uomo risponde a monosillabi al fiume di parole di Riggs e ancora è palese che non vede l’ora di sparire.
Lestrade rallenta un poco, con la scusa di frugarsi le tasche alla ricerca del cellulare, e lo studia ancora.
Ai piedi, Latimer calza pesanti scarponi antinfortunistici.


Note:
Un capitolo leggermente più lungo, con un sacco di personaggi buttati lì, spero non sia stato troppo noioso!
Latimer è un nome che ho preso da Broadchurch (se non lo avevte visto ve lo consiglio vivamente!) perchè ho scarsa fantasia: disturba che sia un po' simile a Lestrade? Ci si confonde?
Ah, oggi al lavoro ho avuto il piacere di avere a che fare brevemente con un bambino che poteva essere Rupert Graves a 11 anni!  Splendidi occhioni e capelli castani, carnagione dorata e dentoni per un sorriso da folletto:) Lo condivido con voi, Mystrade shippers, perchè so che capite quanto la cosa mi abbia messo di buon umore!XD
A presto!
   
 
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