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Autore: ___MoonLight    30/09/2018    4 recensioni
«Tu sei riuscito a creare qualcosa di buono, non solo per te stesso. Qualcosa in cui credi.»
Tony gli riservò solo un ostinato silenzio, al che Bruce esitò.
«Ci credi ancora, vero?»
«Che importanza ha? Ho mandato tutto in fumo,» replicò piattamente lui.
«Sei già rinato dalle ceneri, Tony. Davvero non puoi farlo ancora?»

L'Afghanistan ha segnato Tony e gli ha donato l'opportunità di cambiare in meglio la sua vita. Ma il destino ha tutte le intenzioni di mettergli nuovamente i bastoni tra le ruote, e l'immagine corazzata che si è costruito e dietro la quale tenta di riparare i torti commessi e quelli subiti non è più abbastanza per proteggerlo. Cosa succede quando l'uomo diventa davvero di ferro, anche senza armatura?
[Storia completa e revisionata]
Genere: Commedia, Drammatico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Pepper Potts, Tony Stark/Iron Man
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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42

 

 
Legacy




"What am I leaving when I'm done here?
So if you're asking me I want you to know
When my time comes
Forget the wrong that I've done
Help me leave behind some reasons to be missed"

[Leave Out All The Rest – Linkin Park]




"For you, I've waited all these years
For you I'd wait 'til kingdom come
Until my day, my day is done
And say you'll come and set me free
Just say you'll wait, you'll wait for me"

['Til Kingdom Come – Coldplay]




4 Febbraio, Villa Stark

All'ennesima scottatura che lo fece sobbalzare, Tony iniziò seriamente a mettere in dubbio la validità delle leggi della robotica di Asimov, in particolare della prima. Scoccò un occhiata diffidente a Dum-E, che quel giorno era più maldestro del solito e particolarmente propenso a volerlo privare del braccio sano con la fiamma ossidrica, e lo allontanò dal banco di lavoro con un comando deciso. Si rassegnò a completare la saldatura della Mark IV senza aiuti esterni, dopo aver esaminato con fastidio le nuove ustioni sul braccio già martoriato.
Così impiegò quasi mezz'ora in più, tra tremiti imprevisti della mancina e le solite ribellioni e tentennamenti della protesi, ma a lavoro finito si tolse con accaldata liberazione la maschera protettiva. Studiò con occhio clinico quel primo abbozzo dell'esoscheletro dell'armatura, già perfettamente funzionante, ma ancora anonima e incolore, e si concesse comunque un cenno d'assenso soddisfatto; all'estetica avrebbe pensato in seguito. Aveva tutto il tempo per forgiare la placcatura esterna e per deciderne forma e cromatura, ma prima doveva portare avanti la sua miriade di progetti paralleli più urgenti.
Degnò di uno sguardo vagamente astioso il prototipo telecomandato che si era infine deciso ad assemblare, poco più di uno scarno androide bianco sporco dall'espressione ottusa, ora sorretto mollemente da bracci meccanici. Era abbastanza sicuro che il suo inconscio avesse giocato un ruolo fondamentale nel renderlo esteticamente orripilante, considerando che sarebbe finito nelle mani dello SHIELD. Aveva rinunciato all'armatura prensile dopo aver concluso che per renderla funzionale si sarebbe dovuto impiantare una cinquantina di neurotrasmettitori, e non aveva davvero voglia di aggiungere altro metallo e circuiti nel proprio corpo. Che Fury si tenesse pure quel giocattolo mal riuscito e i progetti per farne il suo squadrone personale: o non sarebbe vissuto abbastanza a lungo per vedere l'Iron Legion in azione, oppure, a voler essere ottimisti, non avrebbero mai avuto bisogno di sostituire Iron Man con essa. 
Ad ogni modo, sarebbero stati tutti felici e contenti, considerò con amaro sarcasmo, mentre sorseggiava la sua solita borraccia di clorofilla senza neanche più la forza di storcere il naso per il suo sapore. Era lieto che almeno per quella giornata la sua emicrania costante fosse meno aggressiva del solito, limitandosi a un dolore sordo e latente alla nuca, comunque abbastanza marcato da disturbare la sua concentrazione. Almeno non si sentiva perennemente sul punto di vomitare. Doveva riconoscere che era un miglioramento. Si lasciò cadere con pesantezza sulla sua sedia girevole, ignorando anche le fitte sempre più acute e persistenti al moncherino inferiore.
Ian gli aveva dato una strigliata coi controfiocchi per non avergli detto subito del peggioramento dell'intossicazione, ma era riuscito a rassicurarlo in parte su alcuni sintomi: le fitte erano normali, e non avevano nulla a che vedere con le protesi, che funzionavano ancora perfettamente; era la concentrazione di palladio anomala a causargli quei crampi. Ciò non le rendeva più sopportabili, e ormai evitava il più possibile di camminare o stare in piedi.
Strinse i denti e cercò di ignorare quegli impedimenti mentre si immergeva nelle sue schermate. Ne aprì una a mezz'aria, controllando il piano di lavoro che aveva stilato con Pepper e al quale aveva poi aggiunto qualche "extra" di cui lei non doveva necessariamente essere a conoscenza. Non subito, almeno. Scorse la lista, spuntando un altro step per la realizzazione della Mark IV, per poi trasferirsi alla consolle informatica e intraprendere il compito successivo.
Schioccò compiaciuto le dita della mano meccanica per richiamare JARVIS, godendosi il suono chiaro e secco che provocarono: si era deciso ad aggiungere un palmo e dei polpastrelli antiscivolo e si stava beando da giorni del semplice appagamento di poter di nuovo schioccare le dita, battere le mani o usare un touch-screen senza difficoltà.
«Signore, ho effettuato i calcoli per l'utilizzo dell'armatura alla Stark EXPO,» si rianimò subito il suo maggiordomo virtuale.
«Non deludermi, ho urgente bisogno di buone notizie,» invocò, mentre si ripuliva le mani dall'olio per motori con uno straccio, prestando particolare attenzione a non lasciare residui tra le giunture di quella meccanica.
«Posso offrirle un 72,4% di compatibilità tra i reattori e l'armatura, signore,» annunciò l'intelligenza artificiale, quasi giovialmente.
Tony inclinò di lato la testa, ponderando quella cifra con attenzione.
«Mh,» lanciò lo straccio sul banco di lavoro e incrociò le braccia con aria meditabonda, «C'è margine di miglioramento?» s'informò, senza sperarci troppo.
«Aumentare ancora la potenza del reattore centrale supererebbe la soglia di rischio da lei stesso stabilita, anche se la totalità di questo suo progetto supera già largamente ogni norma di sicurezza esistente,» replicò con prontezza lui, e Tony poté giurare di cogliere una traccia di rimprovero nella sua voce elettronica, un tratto probabilmente acquisito da Pepper.
«Pensavo di averti programmato per non fare commenti superflui.»
«Sono stato programmato per tutelare la sua incolumità, specialmente quando lei non è intenzionato a farlo,» rispose piattamente il maggiordomo virtuale.
«La tua devozione mi commuove,» cinguettò lui scuotendo appena la testa.
Almeno lui aveva ancora ben chiare le leggi della robotica, ed era in un certo senso rincuorante che persino un ammasso di codici binari si prodigasse per distogliere il suo ideatore da progetti avventati.
«Mi accontenterò del 72,4%. Per un volo di a malapena un minuto dovrebbe essere sufficiente,» stabilì, lieto di poter mettere da parte anche quel progetto almeno per il momento.
JARVIS si era opposto con ogni fibra ottica e circuito in suo possesso all'idea di aumentare la potenza del reattore centrale per prevalere sulle interferenze coi micro-reattori delle protesi, ma alla fine aveva dovuto dargliela vinta. A conti e simulazioni fatte, utilizzare un'armatura alimentata da un reattore separato era risultato essere molto più pericoloso, e avrebbe rischiato di causare un effetto-defibrillatore decisamente spiacevole, con due reattori così potenti e così vicini al suo cuore già abbastanza sensibile. Certo, rinunciare del tutto all'inaugurazione in armatura sarebbe stata sicuramente l'opzione più salutare, ma il pensiero di poter volare per quel singolo minuto dopo più di un anno di immobilità aveva ben presto messo a tacere il suo noioso buonsenso.
Ora doveva solo convincere Pepper dell'assoluta sicurezza del suo piano. Aveva l'impressione che sarebbe stato più semplice convincerla che la Terra fosse piatta, ma sperava che quelle due settimane in cui si era imposto di lasciar cadere l'argomento le avessero dato modo di rivedere le sue posizioni. Ne dubitava, visto il totale fallimento del suo primo approccio noncurante, ma forse era il momento di un secondo round persuasivo. Era tuttavia consapevole che, di fronte a un suo ulteriore rifiuto, non sarebbe mai stato in grado di agire alle sue spalle. Quando il pensiero l'aveva attraversato, aveva provato solo un profondo ribrezzo per se stesso, molto simile a quello che l'aveva colpito subito dopo aver cercato di uccidersi.
Il reticolo di palladio sul suo petto parve contorcersi a quel pensiero fuggevole e si trovò a tastare distrattamente la raccapricciante vena color piombo che aveva preso ad abbarbicarsi al suo collo. Bevve un altro paio di sorsi di clorofilla quasi a scongiurare il suo avanzare, e sperò con tutto se stesso che Ian gli fornisse presto buone nuove riguardo al dilitio. Senza quello, poteva scordarsi di inaugurare l'EXPO come Iron Man, che Pepper fosse favorevole o meno. Un minuto di volo non valeva quanto tre mesi in più di vita.
Si riscosse da quelle elucubrazioni e diede un'altra occhiata ai compiti del giorno, trovandosi subito a sorridere, sebbene con un pizzico di nervosismo: ora mancava solo una cosa all'appello. Digitò un paio di stringhe di comandi sulla tastiera olografica e tenne da parte una schermata in modo da averla a portata di mano più tardi.
Infine afferrò il bastone, si alzò con un po' di difficoltà e si diresse con passo rallentato ma deciso verso l'ascensore, preparandosi mentalmente all'imminente discussione con Pepper.


***


Pepper era giusto in procinto di richiamare Tony all'ordine dopo che questi si era defilato da più di quattro ore, lasciandola ad annegare tra le scartoffie, quando lo vide riemergere provvidenzialmente dal laboratorio, entrando in salone con un'aria più che compiaciuta. La cosa era una gradevole novità, visto il suo umore altalenante degli ultimi giorni, in cui era stato afflitto da una nausea costante che aveva tentato inutilmente di nasconderle. Ora sembrava avere un colorito più roseo e sano. Notò comunque il fatto che avesse usato l'ascensore invece delle scale e non poté fare a meno di appuntarlo ai margini della lunga lista di dettagli di cui aveva cominciato ad accorgersi negli ultimi tempi.
Le venne però da sorridere nel vedere che indossava quasi impettito la nuova polo blu della EXPO che aveva eletto a sua nuova divisa da lavoro, ormai bruciacchiata e macchiata in più punti, ma col logo arancione ancora ben visibile sul davanti.
Prima che potesse aprir bocca, lui sfoderò un sogghigno tronfio e si fermò un po' trafelato dinanzi a lei, anticipandola:
«Signorina Potts, qualunque cosa voglia dirmi o obbligarmi a fare, può attendere,» annunciò con malcelata soddisfazione.
Pepper si concesse una smorfia dubbiosa, ma sorrise appena.
«Ha atteso per ben quattro ore, signor Stark, e i moduli per autorizzare lo spettacolo pirotecnico che lei ha richiesto non si firmeranno certo da soli,» gli fece notare pacatamente, puntandogli contro la penna con fare intimidatorio.
«Ha un minuto?» la ignorò del tutto lui, senza abbandonare la sua vivacità.
La raggiunse al tavolo e si poggiò allo schienale della sedia libera con entrambe le mani, inclinandosi verso di lei come un bambino impaziente di spifferare un segreto a qualcuno. Pepper era molto tentata dal gettare al vento la sua compostezza anche solo per il fatto di vederlo di quell'umore così positivo... ma che gusto c'era a dargliela vinta così facilmente? Così soppresse un sorrisetto un po' dispettoso e incrociò le braccia con fare severo.
«Cinquantanove... cinquantotto... cinquantaset–»
Tony ridacchiò di cuore e oscillò appena sul posto, interrompendo il countdown sul nascere:
«Ok, ok, sarò conciso,» la rassicurò, scostandosi quindi dalla sedia e facendo perno sul bastone da passeggio nella sua ormai consueta posa studiata.
Si dipinse in faccia un'espressione misteriosa col chiaro intento di tenerla sulle spine, riuscendosi benissimo. Pepper lo lasciò fare, beandosi semplicemente della spensieratezza che Tony sembrava irradiare in quel momento.
«Si ricorda quella "sorpresa" di cui le avevo parlato?» sparò infine, evidentemente incapace lui stesso di prolungare ancora la suspense.
«Quella per la EXPO?» s'illuminò subito lei.
«Mh-hm.» confermò solo lui, gongolando, e Pepper era sicura che, se avesse potuto, avrebbe preso a saltellare impaziente sul posto.
«Quindi? Ha novità?» lo incalzò incuriosita, sapendo che Tony non aspettava altro che un input da parte sua.
«È quasi finita,» annunciò infatti, alzando trionfante il mento.
«Quasi?»
«Mancano ancora un paio di dettagli...»
Pepper ridusse gli occhi a due fessure di fronte al suo sorriso sornione.
«E ha bisogno del mio aiuto?» indagò, ora guardinga.
«No, ma ho bisogno di lei
Pepper alzò appena le sopracciglia e Tony boccheggiò per un istante, rendendosi conto di quanto quella frase fosse fraintendibile, quindi continuò precipitosamente:
«Intendo, uh, come dire, fisicamente e... no!» s'interruppe di nuovo, portandosi esasperato la mano alla fronte e schermandosi quindi l'occhio.
Pepper dovette concentrare tutte le sue forze nel non sbottargli a ridere in faccia. E a domare il puntuale rossore che le era salito al volto.
«Reset?» tentò Tony, sbirciando oltre le proprie dita e trovando il suo sguardo.
«Farò finta che non abbia mai parlato,» gli concesse lei, non riuscendo del tutto a trattenere la sua ilarità e godendosi l'espressione impacciata di Tony.
Questi la guardò storto per un istante, mascherando però a sua volta un sorriso complice. Fece un grosso sospiro prima di ricominciare, stavolta in modo più controllato e più schematico:
«Dunque. La sorpresa. Devo perfezionare qualche dettaglio e potrei farlo per conto mio in un paio di minuti, ma vorrei che lei fosse presente quando la finirò... la prenda come una cosa simbolica. Non le ruberò troppo tempo,» aggiunse, sfoggiando un sorrisino esitante come se non fosse del tutto certo di ottenere una risposta affermativa.
«Allora sarà meglio sbrigarsi,» lo incitò invece lei, mettendo a tecere i suoi dubbi e inclinando appena il capo senza più riuscire più a mascherare la sua curiosità.
«Bene!» esultò lui. «Andiamo?» disse subito dopo, cominciando ad avviarsi.
«Certo,» rispose troppo in fretta lei, sentendo il cuore che mancava almeno tre battiti nel realizzare che Tony era diretto verso le scale del laboratorio.
L'uomo si bloccò sul primo gradino e le scoccò un'occhiata fugace da sopra la spalla, chiaramente conscio di quali corde avesse toccato la sua richiesta. Pepper si alzò con un lieve giramento di testa; si costrinse a seguirlo senza esternare alcun segno di cedimento, nonostante il suo stomaco si fosse aggrovigliato dolorosamente e le sue gambe si fossero tramutate in tubi acciaio rigido e gelido nel giro di quei pochi secondi. Era sicura di avere anche un principio di febbre e si chiese se quel coacervo di sensazioni spiacevoli assomigliasse a quel che provava Tony durante i suoi attacchi d'ansia. Perché era abbastanza convinta di essere sul punto di averne uno.
Rimase comunque perfettamente stabile sui suoi tacchi, con la schiena diritta e lo sguardo proiettato dinanzi a sé. Solo le labbra tirate in una linea sottile tradivano il suo disagio. Nel breve lasso di tempo che impiegò per raggiungere Tony, questi parve rilassarsi rincuorato dalla sua apparente compostezza.
Pepper quasi credette di poterla davvero mantenere e di riuscire ad estraniarsi da se stessa e da ciò che stava per affrontare quel tanto che bastava per continuare a dargli quell'impressione, ma, non appena raggiunse l'estremità del primo gradino, il suo intero corpo si paralizzò e lei inchiodò sul posto, tesa come una corda di violino. Fu assalita da una forte vertigine, come se qualcosa dentro di lei stesse tentando di risucchiarla per poi spingerla oltre il bordo, e si tirò indietro d'istinto, vacillando appena. La sua schiena incontrò la mano salda di Tony, che vi si adagiò appena il tempo necessario per farle recuperare l'equilibrio, per poi ritrarsi di scatto.
«Pepper?» la chiamò allarmato, ma lei non riusciva a distogliere gli occhi dal marmo levigato delle scale che si avvitavano sotto di lei, uno specchio del vortice che la avviluppava.
Si portò una mano al volto accaldato, schermandosi dal suo sguardo e sentendosi di nuovo sul punto di cadere. Se lo avesse guardato adesso, l'avrebbe rivisto come quel giorno, pallido, rantolante e in punto di morte, senza il reattore e sordo ai suoi richiami. Intravide Tony frapporsi tra lei e le scale, senza però avvicinarsi. Desiderò solo di poter scomparire, perché non era assolutamente quello il modo in cui avrebbe voluto comportarsi, soprattutto non in un momento in cui Tony le era sembrato così spensierato. Ma il suo corpo aveva deciso di agire di propria volontà e le stava impedendo ogni movimento, persino il semplice, istintivo atto di indietreggiare di fronte a qualcosa che, nel profondo, ancora la terrorizzava.
«Pep, non fa niente; possiamo anche rimanere in salone, non volevo che...» iniziò Tony, agitandosi e inclinandosi appena verso di lei per sospingerla lontano da lì, ma Pepper scostò di scatto la mano dal volto e lui si ritrasse altrettanto bruscamente.
«No, sto bene,» mentì spudorata, traendo un respiro profondo che non le fornì comunque abbastanza aria. «Va tutto bene, ho avuto un... un momento, è stupido, lo so, ma...»
«Non è "stupido",» la bloccò lui in tono fermo, facendosi improvvisamente serio e rivolgendole uno sguardo al contempo triste e colpevole.
Si appoggiò al corrimano con la mano meccanica e puntò il bastone dall'altro lato, quasi a fare da barriera tra lei e il laboratorio, storcendo appena la bocca quando mosse un poco le gambe per distribuirvi meglio il peso. Rimase in silenzio e Pepper ne approfittò per cercare di riprendere il controllo. Fu grata che lui le stesse bloccando la vista delle scale; aveva l'impressione che solo guardarle le avrebbe scatenato un altro attacco di vertigini.
«Anch'io ho avuto paura di scenderci,» esalò infine Tony, senza fissarla direttamente e lasciando piuttosto vagare lo sguardo alle sue spalle. «È... normale. E non deve forzarsi,» aggiunse, con chiaro impaccio.
Pepper aveva l'impressione di non riuscire a comprendere appieno le parole che le arrivavano. Le suonavano distanti e confuse, come oltre un muro d'acqua. Preferì concentrarsi sul tono morbido in cui le stava parlando, più basso e modulato del solito; la sua voce era solida, piena, ma con un tremito di fondo che sembrava vibrare in unisono con la propria paura.
«Mi dispiace,» le uscì detto per riempire quel silenzio, senza ben sapere per cosa si stesse scusando.
Forse per aver richiamato alla loro memoria ricordi dolorosi, forse per aver spazzato via la positività di Tony, forse per non essere riuscita a impedirsi quella debolezza in un momento in cui entrambi avevano bisogno di essere forti l'uno per l'altro. Lui tirò impercettibilmente la bocca, in quella che poteva essere una smorfia, così come un sorriso mesto.
«Non hai nulla di cui scusarti,» affermò, irremovibile, per poi sospirare appena. «È ironico: anch'io ti ho chiesto scusa proprio qui,» mormorò tra sé, e il suo sguardo guizzò verso il quadro appeso al muro, quello che aveva rotto molto tempo prima.
Era ancora danneggiato, ma nessuno dei due aveva ritenuto necessario sostituirlo. Quelle imperfezioni ne erano ormai parti integranti, sia il fragile vetro con un sottile reticolo di crepe a sfaccettarne un angolo, sia la cornice che lo teneva ancora insieme, pur scheggiata e leggermente sbilenca.
«Mi ricordo,» confermò semplicemente lei, tornando a quella notte di quasi un anno prima.
Ricordava anche il resto: ciò che le aveva detto, il modo disperato in cui l'aveva guardata, quel che era successo poco dopo. Il fatto di avergli detto che era troppo tardi per le scuse. Avrebbe voluto ritrattare, spiegargli che, pur non potendo dimenticare quello che era accaduto anche in seguito, non aveva più senso rinfacciarglielo o serbare rancore. Lui però parlò per primo, e quelle parole rimasero ancora una volta bloccate tra cuore e bocca, destinate a rimanere inespresse.
«Sapevo che chiederti di scendere in laboratorio sarebbe stato indelicato, e probabilmente mi stai odiando per questo almeno quanto mi odio io per...» lasciò la frase in sospeso e il suo sguardo addolorato parlò per lui. «Ma ho pensato che... che era passato del tempo e fosse il momento giusto per parlarne, e che facesse parte del... del trovare soluzioni insieme,» concluse a raffica, quasi balbettando.
«È una parte fondamentale della soluzione,» annuì in automatico lei, parlando in fretta, d'istinto e sviando il suo sguardo, per poi sospirare. «Vorrei solo scendere là sotto e non dover mai più pensare a quello,» accennò al reattore nel suo petto e la mano di Tony scattò a coprirlo, colpevole.
«Mi dispiace. Anche se adesso è davvero troppo tardi,» considerò, quasi in un sussurro. «Non è questo il ricordo che vorrei lasciarti di me,» aggiunse, ora portando la mano a coprirsi la benda sul volto, come sempre quando era a disagio.
«Non è troppo tardi,» ribatté lei con veemenza, senza poter evitare che i suoi occhi si posassero sulle vene plumbee che sporgevano dal suo colletto. «E ci sono mille altri momenti che potrei ricordare, oltre a questo, e altri nove anni da ricordare, oltre a questo,» continuò con impeto. «Non è solo questo a definirti, e non potrà mai esserlo, non dopo tutto quello che hai fatto prima e dopo,» concluse, indicando di nuovo il reattore.
Tony la fissò confuso, come se non riuscisse a credere a ciò che stava sentendo, poi si aprì in un fievole, esitante sorrisetto.
«Sarei curioso di sapere quali sono questi “mille momenti”. Anche se dubito arriveresti alla decina,» la prese in giro, con la consueta spigliatezza. «Per ora mi accontenterei di aggiungere questo alla mia lista,» concluse furbetto, ma con una nota di serietà ben palpabile.
Aveva ragione, Pepper lo sapeva, e sapeva anche di dover in qualche modo provare di non aver parlato con leggerezza. Ma si sentì d'un tratto debole al solo pensiero di dover dimostrare qualcosa in cui voleva credere con tutta se stessa, ma che non riusciva ancora a imporsi di accettare. Si sentì come se ogni suo osso avesse perso vigore e il suo corpo potesse collassare su se stesso da un momento all'altro. Tony era stato fin troppo indulgente col suo rifiuto di affrontare quella paura irrazionale, che si era solo consolidata col tempo. E nonostante ciò rimase ferma, congelata al suo posto, una mano a schermarle la bocca. Scosse appena testa.
«Non sono sicura di riuscirci,» confessò piano.
Tony si accostò appena a lei, sempre cautamente, con quell'impaccio timoroso che strideva col suo atteggiamento sempre vivace ed estroverso.
«Pep, ce l'ho fatta io,» mormorò, cercando il suo sguardo. «E tu non hai mai avuto bisogno di un'armatura per essere forte,» aggiunse con fermezza.
«Neanche tu,» replicò lei, di getto.
Lui si limitò a fare uno lieve sbuffo scettico, ma il suo volto rimase disteso, attraversato da un lieve sorriso obliquo.
«Forse. Gliel'ho detto che ho fatto qualche progresso, no?» lanciò un'occhiata alle scale. «E non è da lei rimanere indietro,» aggiunse piano, tornando a guardarla con sicurezza.
Pepper si fissò nella sua iride nocciola, quasi liquida e animata da un fondo di ammirazione e premura, tanto intensa da abbracciarla con lo sguardo. Era convinto di ciò che diceva, e sembrava altrettanto deciso a trovare quelle soluzioni e dopo aver affrontato e scontato i propri errori. Voleva solo che lei facesse lo stesso.
Pepper respirò a fondo, e stavolta l'ossigeno sembrò schiarire i pensieri nebulosi che aleggiavano nella sua testa. La tentazione di fuggire era ancora decisamente più forte della sua volontà di affrontare la propria paura, ma si sentiva più salda sulle gambe. Rivolse lo sguardo alle scale, verso gli abissi del laboratorio, e annuì impercettibilmente. Tony colse il suo gesto e si arrischiò a indietreggiare e scendere il primo gradino a tentoni, in precario equilibrio sulle gambe instabili. Pepper strinse in modo inconsapevole i pugni e sentì una vampata bollente alle guance quando l'ansia si agitò di nuovo, prendendo il controllo delle sue ginocchia ora cedevoli. Si costrinse a domarla.
Non c'era Tony, là sotto, non c'era il suo reattore sul tavolo, non c'era la sua vita appesa a un filo. Tony era lì accanto a lei, incrollabile nonostante la paura che provava lei fosse stata anche la sua paura, sorridente a dispetto delle vene scure che risalivano il suo collo, pronto a starle vicino e a sostenerla mettendo da parte tutto ciò che lo frenava costantemente. Lo osservò, saldo sulle sue gambe riconquistate e fermo in paziente attesa di farle strada, e di nuovo trovò un punto fermo nel suo sguardo. Si meritava molto più di quanto credesse, e molto più di quanto avesse ricevuto finora. Sperava che un giorno sarebbe stato in grado di accettarlo, ed era decisa ad accompagnarlo lei stessa in quel percorso. Per ora, poteva fare un'unica cosa, così trasse un altro respiro profondo e si portò sul bordo del primo gradino.
«Di che hai paura? C'è Iron Man con te,» la spronò Tony, con la giusta combinazione di leggerezza, serietà e scherzo, la stessa con cui aveva sempre saputo convincere chiunque a fidarsi di lui e fare ciò che voleva.
Solo che stavolta non era per raggiungere qualche fine personale o per semplice diletto. Lei si fidò e scese il primo gradino con le gambe molli. Lui accolse quel movimento con uno sguardo colmo di calore, lo stesso che le aveva donato a quella serata di beneficenza due anni prima, e che non aveva voluto riconoscere nei molti sguardi simili che aveva intravisto in seguito.
«Questo è un piccolo passo per una don–...» cominciò lui nel tentativo di distrarla e indietreggiando ancora, ma s'interruppe subito nel mancare l'appoggio col bastone sul gradino successivo, rischiando di ruzzolare giù.
Afferrò il corrimano appena in tempo, ostentando poi una falsissima disinvoltura; a Pepper ricordò molto un gatto che, in seguito a qualche buffo capitombolo, prenda a lisciarsi altezzosamente il pelo quasi fosse stata una mossa studiata e del tutto calcolata.
«Aspettiamo di arrivare in fondo, prima di parlare,» lo rimbrottò lei con quieto divertimento misto ad apprensione, evitando con gli occhi la porta del laboratorio che si avvicinava sempre più.
Tony sbuffò, ma si rassegnò a voltarle la schiena per scendere in sicurezza, rimanendo immediatamente davanti a lei come a lasciarle libera una via di fuga facendole allo stesso tempo da scudo. Arrivarono infine sul pianerottolo dinanzi alla porta di vetro del laboratorio. Lì Pepper si bloccò di nuovo sull'ultimo gradino. Sospirò, frustrata, e indirizzò con decisione lo sguardo all'interno dell'ampia stanza, distinguendo la parete delle armature ora visibile e il riverbero di qualche schermo e ologramma acceso. I suoi occhi sfrecciarono su Tony prima di potersi soffermare sulla sedia o sul tavolo impressi ancora vividamente nella sua memoria.
Lui la fissava, di nuovo con un tenue sorrisetto sulle labbra, senza metterle fretta; lei trovò finalmente il coraggio di affiancarlo, abbandonando la sicurezza del gradino. Poi non pensò a ciò che stava facendo: seguì semplicemente il moto che la guidò a sporgersi leggermente e posargli un bacio sulla guancia. Lo sentì trattenere bruscamente il respiro, per poi premere appena contro le sue labbra, abbandonandosi al quel breve contatto. Non incontrò subito i suoi occhi quando si staccò; invece, li puntò sulle proprie mani, intente a rincorrersi nervose sull'orlo della maglietta. Pepper si scostò, percependo la sua tensione e lasciando così che ognuno tornasse padrone del proprio spazio, adesso forse un po' più piccolo e dai confini più labili.
Tony prese fiato, come se l'avesse davvero trattenuto fino a quel momento, per poi riprendere a parlare mascherando il suo imbarazzo sotto il consueto velo d'ironia:
«Uh... un grande passo per entrambi?» concluse maldestramente la citazione di poco prima, in palese difficoltà e con una lieve titubanza, affiancandovi però un sorriso spontaneo.
«Grazie,» replicò lei a voce bassa, cercando di instillare in quella semplice parola tutto ciò che aveva sempre taciuto; Tony si limitò a un sorrisetto sfuggente, evitando ancora i suoi occhi.
Pepper recuperò rapidamente distanza tra loro, per poi accostarsi alla porta e digitare a colpo sicuro il codice d'accesso.


***


«C'è più casino del solito, oggi Dum-E non è molto collaborativo,» esordì Tony, di nuovo padrone di sé mentre faceva un gesto seccato verso il robot; questo replicò con un ronzio affranto.
Pepper avanzò a piccoli passi titubanti nell'enorme stanza, invasa da ologrammi vaganti e illuminata a giorno dai neon, al contrario dell'ultima volta in cui era stata lì, quando l'unica luce nella penombra era stata la lampada sul banco di lavoro. Non riuscì a identificare quest'ultimo tra i vari sparsi qua e là, a cui Tony aveva cambiato disposizione durante i suoi vari traffici con protesi e armature. La sedia in consunta pelle nera era invece piazzata davanti alla consolle centrale. Per un momento, fu convinta di intravedere la sagoma di Tony esanime su di essa, ma fu solo un lampo: la valanga di ricordi che si era aspettata la travolgesse una volta là dentro fu troncata sul nascere. Percepiva solo un disagio di fondo che dubitava di riuscire a sopprimere del tutto, oltre alla peculiare sensazione di essere spiacevolmente sospesa a qualche centimetro da terra, quasi stesse galleggiando senza alcun appiglio sicuro.
«Bentornata, signorina Potts,» JARVIS la accolse quasi con calore, distogliendola dalle sue riflessioni.
«Grazie, JARVIS,» replicò lei, grata per l'intervento.
Tony, pur tenendola d'occhio, si era intanto portato avanti a lei con la sua andatura zoppicante e si era seduto sensibilmente sul bordo di un banco di lavoro, piuttosto che sulla sedia a pochi metri da lui. Si lasciò sfuggire un lamento nel togliere il peso dalla gamba meccanica, catturando l'attenzione di Pepper.
«Sono fuori allenamento,» produsse a mo' di spiegazione, sfuggendo il suo sguardo inquieto.
Portò poi la mano al punto di giunzione tra il moncherino e la protesi e trattenne una smorfia nel constatare quanto fosse dolente.
«Tutto bene?» s'informò lei, momentaneamente dimentica di dove si trovasse e concentrandosi sulla sua espressione provata.
Lui fece un cenno noncurante con la mano.
«Sto tutto il giorno seduto, non fa bene neanche a chi ha due gambe funzionanti,» minimizzò, per poi sospirare appena. «Nat si infurierebbe,» considerò con un mezzo sorrisetto, come se trovasse divertente il pensiero di un'assassina russa infuriata.
Considerando liquidata la questione, avvicinò a sé un paio di schermate olografiche con rinnovato brio, per poi accigliarsi. Pepper fece per avvicinarsi, ma la mano di Tony scattò pronta ad intimarle l'alt.
«No, ferma lì! Così si rovina la sorpresa,» affermò, scacciando le schermate. «Mi dia solo un minuto per sistemare quei dettagli e per ricontrollare tutto,» spiegò, già assorto nei suoi calcoli.
Fece leva sul bastone per alzarsi e si diresse con un movimento automatico verso la sedia, dove si lasciò cadere di peso. Pepper sobbalzò appena e Tony si voltò di scatto verso di lei, realizzando solo allora l'indelicatezza del suo gesto. Per un attimo, rimasero congelati nelle rispettive posizioni; Pepper aspettò che la valanga trattenuta poco prima si abbattesse su di lei, seppellendola e soffocandola, ma tutto ciò che percepì fu quel senso di straniamento che si accentuava leggermente.
«Va... va bene?» esalò esitante Tony con un gesto vago verso se stesso, scrutandola preoccupato e apparentemente pronto a scattare di nuovo in piedi.
«Va bene,» confermò lei senza esitazioni.
Il laboratorio le sembrava per ora uno spazio neutrale. Non era ancora accogliente come un tempo, ma si sentiva tranquillizzata dal fatto che i suoi timori per quel luogo, che aveva immaginato denso di ombre e dolore, si stessero rivelando per lo più infondati. Quei ricordi esistevano solo nella sua testa, per quanto sia lei che Tony ne portassero ancora i segni. Non poteva permettere che li ferissero ancora, aggiungendo cicatrici a cicatrici. Ma per quanto questi pensieri si ripetessero nella sua testa, una parte di lei continuava a voler evitare il brillio azzurrino del reattore nel petto di Tony, spingendola ad allontanarsi dalla sedia su cui sedeva, e quel senso di distaccato stordimento non accennava a diminuire. Smise di combattere ciascuna di quelle sensazioni: sarebbero passate, prima o poi. Per ora, sentiva di aver fatto abbastanza.
«Non ci metterò molto, non si preoccupi,» riattaccò Tony, ora con cauta disinvoltura. «Lei intanto può fare un tour guidato per vedere quello che si è persa ultimamente. JARVIS?» chiamò, prima di tuffarsi nei suoi ologrammi azzurrini.
Pepper accettò di buon grado l'offerta, sia per distrarsi dai suoi pensieri non propriamente sereni, sia per tenersi impegnata mentre Tony era a sua volta occupato a completare chissà cosa tenendola ulteriormente sulle spine.
JARVIS le mostrò i progressi che Tony aveva fatto negli ultimi mesi, dai progetti dei tutori per Kyle, a quelli per i droni che aveva intenzione di fornire allo SHIELD e ai Vendicatori. Si accigliò appena nel vederne il prototipo, e ancor di più quando le fu presentata la Mark IV, per ora in fase di assemblaggio. Le sue labbra si tirarono, ma l'armatura non sembrava ancora operativa e giaceva inerte su un bancone, grigia, anonima e non molto dissimile dal drone poco distante. Su un tavolo più piccolo, che però JARVIS non le illustrò, scorse svariati modelli di reattori arc disassemblati o in fase di costruzione, circondati da fogli ingialliti e pile di scarti metallici. Distolse lo sguardo con un vuoto allo stomaco, dirigendosi d'istinto dalla parte opposta, ovvero verso una delle scrivanie straripanti di scartoffie e apparentemente arenate in mezzo al nulla a poca distanza dalle macchine d'epoca di Howard.
«Ci sono quasi!» le annunciò in quel momento Tony, notando le sue peregrinazioni per il laboratorio. «Sto renderizzando un modello e aggiustando un altro centinaio di cose che mi erano sfuggite, ma ci sono!» continuò concitato e senza voltarsi, accompagnato dal ticchettio incessante della tastiera.
Pepper si ritrovò a sorridere appena nel sentirlo di nuovo così entusiasta e concentrato, e prese a sfogliare distratta qualche fascicolo rimasto abbandonato sulla scrivania, per lo più progetti approvati e già consegnati allo SHIELD come l'Helicarrier, ma anche qualche nuova bozza in via di completamento. Fu infine attratta da una voluminosa risma di fogli un po' sgualciti e spillati insieme, sul primo dei quali campeggiava uno schizzo estremamente dettagliato della Mark I. Girò pagina, trovando subito le Mark successive e qualche bozzetto di prova per la Mark IV in assemblaggio. Il fascicolo non finiva però lì: c'era almeno un'altra cinquantina di bozzetti di armature dal design completamente diverso, alcune numerate, altre attorniate di punti interrogativi, altre ancora cancellate con segni decisi di penna o matita.
«Questi cosa sono?» chiese interessata, avvicinandosi un poco a Tony da un'angolazione tale da non vedere gli schermi su cui stava lavorando.
«Cosa?» bofonchiò lui, alzando appena la testa e inclinandosi lateralmente per scorgere quello che gli stava mostrando.
S'illuminò appena nel riconoscerlo.
«Ah, quelli? Sono esercizi, per calibrare la protesi. Mi sono fatto prendere un po' la mano,» sogghignò con fare innocente, scrollando giocosamente le dita meccaniche prima di tornare a dedicarsi al suo progetto corrente.
«Solo armature?» osservò Pepper, vagamente ironica ma suo malgrado interessata.
«Non sono esattamente un artista. Ho pensato che se proprio dovevo disegnare qualcosa, tanto valeva fare qualcosa di semplice e che potesse tornare utile,» replicò lui con un'ovvia alzata di spalle.
«Se questo lo chiama semplice...» mormorò lei, fissando l'intrico di linee che formava il rivestimento e i componenti di ogni Mark.
Lui le indirizzò un sorrisetto che nascondeva un certo orgoglio, come sempre quando si trattava delle sue creazioni. Pepper sbirciò appena nella sua direzione, distinguendo su una delle schermate quello che sembrava un lungo documento straripante di dati tecnici, grafici e formule. S'impose di non guardare nient'altro e tornò ad esaminare i progetti che aveva in mano. La maggior parte degli schizzi erano repliche più o meno fedeli della sua Mark IV, altre invece se ne distaccavano molto, acquisendo uno stile tutto loro. Il senso estetico di Tony era molto opinabile, ma alcune non le dispiacevano.
Notò che qua e là su quei fogli c'erano anche altri scarabocchi e ghirigori, probabilmente disegnati in momenti di noia: il logo della Stark Industries e degli Avengers, macchine da corsa un po'ovunque e delle caricature pessime ma decisamente riconoscibili, soprattutto di Rogers e Fury. A margine di un foglio era abbozzato un piccolo Hulk in inchiostro verde con Mjolnir in una mano e lo scudo di Rogers nell'altra. Le faceva un'insolita tenerezza vedere quel lato bambinesco dell'estro di Tony, e non poté fare a meno di lasciarsi sfuggire un sorriso.
La sua espressione si intristì un poco nel vedere uno degli ultimi fogli. Un sobrio progetto di un'armatura riempiva la pagina, così come tutte le precedenti, con i soliti appunti e note indecifrabili tutt'intorno. In un angolo faceva però capolino un piccolo Iron Man stilizzato nell'atto di volare e sparare un raggio dalla mano. S'intuiva un po' troppa cura per i dettagli per essere stato fatto sovrappensiero. Aveva la sensazione che non avesse semplicemente disegnato un'altra armatura, ma se stesso, nell'atto di fare ciò che avrebbe voluto.
Lo guardò di sottecchi, trovandolo profondamente immerso nei suoi calcoli, con una ruga di concentrazione a solcargli la fronte. Il suo sguardo, benché acceso, era serio e quasi solenne, incorniciato da occhiaie profonde; il riverbero degli schermi accentuava le estremità della ferita che gli attraversava il viso sporgendo dalla benda. Ticchettava rapidamente sulla tastiera con la mano sana, seguendo intento ogni parola e numero che appariva sullo schermo. Di tanto in tanto scorreva delle colonne di dati virtuali attorno a lui con la destra, senza smettere di scrivere.
Pepper lo osservò ancora per qualche istante, per poi spostare lo sguardo alla parete delle armature: i resti danneggiati e deformati della Mark I, il posto vuoto della II e l'ammasso di metallo fuso e contorto della III. Non si soffermò troppo a lungo su questo, temendo che la valanga scampata poco prima potesse ripresentarsi sotto altre spoglie altrettanto dolorose, e spaziò sul drone anonimo e inerte e sulla Mark IV incompleta. Finì per tornare a fissare quel disegnino di un'armatura scintillante rosso-oro librata in volo e slanciata con impeto vero il margine del foglio come contro una barriera da infrangere. Vi passò sopra le dita, seguendone i contorni decisi. Era quello, tutto ciò che era rimasto di Iron Man?
Sollevò gli occhi verso Tony e non le riuscì così difficile immaginarlo di nuovo con l'armatura. Non ne aveva bisogno per essere forte o eroico, di questo era stata sempre profondamente convinta, ma non poteva negare che facesse parte di lui e di ciò che aveva scelto di essere. Ripensò alla loro discussione di qualche settimana prima, quando le aveva detto di volersi presentare alla EXPO come Iron Man, e diede finalmente forma alla realizzazione che aveva tentato di farsi strada in lei allora: per Tony quella non era una semplice “distrazione”.
Sentì il proprio petto tremare quando inspirò a fondo, quasi a voler ostacolare le sue intenzioni:
«Tony?»
«Mh?»
Pepper sentì gli occhi che le si appannavano di loro spontanea volontà nel realizzare quello che stava per dire, ma si costrinse a continuare:
«Ha ancora intenzione di presentarsi alla EXPO con l'armatura?»
Tony quasi capitolò a terra per la fretta con cui si voltò e la fissò attonito per qualche istante, spostando l'occhio tra lei, il fascicolo e l'armatura in un frenetico circolo vizioso.
«L'idea è in stand-by,» affermò rapido, muovendo nervosamente su e giù la gamba quasi fosse d'un tratto sui carboni ardenti. «E quelli non hanno nulla a che vedere con... li avrò fatti più di tre mesi fa a tempo perso, le giuro che non ho intenzione di...» tentò di giustificarsi, mangiandosi le parole.
«Lo so, mi fido di ciò che mi ha detto,» lo fermò subito lei.
Poté vedere l'espressione di Tony virare dall'apprensivo al basito nel giro di mezzo secondo, per poi fossilizzarsi in un cipiglio guardingo, quasi stesse osservando un fenomeno sconosciuto e dagli esiti imprevedibili. Poi riattaccò a parlare a macchinetta:
«Ok, sta cercando di irretirmi per chiedermi qualcosa; nello specifico, di non fare qualcosa che ho già promesso di non fare... oppure è possibile, direi molto probabile, che mi stia depistando per poi rimproverarmi di voler fare di nascosto quel qualcosa; in tal caso si tratterebbe di una tattica assolutamente scorretta e infida da parte...»
«Tony,» lo bloccò lei, trattenendo un sospiro e un sorriso paziente allo stesso tempo.
Lui si zittì all'istante, approntando una facciata neutrale che recava però qualche riconoscibile traccia di quella da cane bastonato che aveva passato anni ad affinare appositamente per lei. Pepper tentennò, combattuta. Pensò a quella fiducia che gli aveva negato anche quando non aveva ancora avuto alcun vero motivo per farlo. Pensò a quella discussione di una vita prima, con cocci di vetro e parole avventate a separarli, quando Tony aveva gridato con disperazione ciò che avrebbe voluto riavere: l'armatura e la sua vita. Pensò a quei vaghi “sei mesi, forse un anno”, a quella vita in parte riconquistata che gli stava sfuggendo via e a tutto ciò che si sarebbe meritato di riavere e ricevere, finché poteva.
«Le sto dicendo che, se vuole, sono d'accordo,» disse d'un fiato.
Lui rimase stolidamente a bocca aperta, in modo quasi comico.
«È seria?» si accertò, forse sospettando di essere vittima di un'allucinazione.
«Sì. Voglio fidarmi,» rispose lei, rialzando lo sguardo da quei fogli e vedendo il suo farsi un po' lucido.
Ci mise una buona decina di secondi per recuperare la voce. Pepper aveva ormai capito con un certo compiacimento di essere forse l'unica persona in grado scatenare in lui quell'insolito mutismo.
«È una delle cose più belle che possa fare per me,» mormorò infine, incredulo. «E anche lei ha degli standard molto alti da superare,» aggiunse, con grata sincerità.
Pepper ricambiò con altrettanto calore, per poi cedere appena alla vena d'apprensione che si stava ingigantendo in lei:
«Mi deve solo garantire che sta davvero vagliando tutti i rischi in modo razionale. E che non sia una specie di... non so, canto del cigno o ultima follia volontaria, perché...»
«Non potrei mai farlo. Non di nuovo,» ribatté duramente lui. «Se non per me stesso, almeno per lei,» aggiunse con più dolcezza.
Pepper annuì soltanto, sentendosi di nuovo spiazzata e rincuorata da quegli spiragli che Tony continuava ad aprirle per sbirciare dentro di lui. L'uomo tacque ancora per qualche secondo, prima di rianimarsi e appoggiarsi coi gomiti sulle ginocchia, con un sorrisetto scaltro a inclinargli le labbra.
«Stavo pensando di rinnovare il design della Mark,» esordì con vivacità, indicando i fogli che lei ancora teneva in mano. «Non posso presentarmi alla Expo in una lattina di coca-cola,» accennò alla Mark IV ancora in costruzione. «Sa, vorrei un ritorno col botto,» s'interruppe, rendendosi conto della pessima scelta di parole. «Metaforico.»
Pepper sorvolò sulla metafora malriuscita e spostò perplessa lo sguardo dai progetti a Tony, scuotendo la testa.
«Vorrebbe una mano a scegliere la nuova Mark?» interpretò infine, ancor più dubbiosa e sorpresa per quella proposta imprevista.
«Perché no?» confermò lui, fissandola con aspettativa.
«Tony, non ci capisco nulla di robotica, non credo di poter...»
«Intendevo dal punto di vista estetico.»
«Non sono la persona più adatta a giudicare armature.»
«Ha dei gusti indiscutibilmente più raffinati dei miei,» la blandì lui, sfoderando il suo storico sorriso ammaliante.
Pepper realizzò solo allora quanto le fosse mancato.
«Quindi dovrò farle da stilista?» concluse, fingendosi riluttante ad accettare.
«Quello lo faccio già io, lei al massimo potrebbe essere la mia personal dresser,» chiosò Tony, poggiando sornione il mento sulle dita intrecciate, già sapendo di aver vinto.
«Va bene, vedrò di trovarle qualcosa da mettere per il grande giorno,» concesse Pepper, lieta che le fosse stato offerto un modo per vedere quell'evento in una luce diversa e più spensierata. 
Tony ammiccò, prima di tornare ai suoi schermi con un volteggio della sedia.
In cuor suo, Pepper si sentiva anche lusingata per quel gesto: Tony era sempre stato estremamente geloso dei suoi appunti e progetti, nonostante si fidasse ciecamente di lei, ed era piuttosto riservato al riguardo. Recuperò una cartellina rigida da una delle scrivanie e vi inserì con cura i fogli, stringendola poi al petto con fare quasi protettivo.
In quel mentre, Tony lanciò un'esclamazione esultante che quasi la fece sobbalzare, per poi voltarsi verso di lei con un sorriso a trentadue denti.
«Finito,» annunciò trepidante. «Ora può avvicinarsi,» aggiunse, invitandola con un cenno della mano esageratamente galante.
Pepper eseguì rapida, affiancandolo ed escludendo dalla mente il luogo in cui si trovava per concentrarsi solo su ciò che Tony le stava mostrando. Scrutò lo schermo davanti a loro, su cui distinse quella che sembrava la prima pagina di una presentazione 3D, al centro della quale campeggiava una riproduzione del braccio meccanico di Tony; in basso erano discretamente impressi i loghi della Stark EXPO, delle Stark Industries e della September Foundation. In alto, con l'ultima parte posta tra parentesi come se fosse provvisoria, vi era l'intestazione “Progetto (Ph.01 X)”.
«Premessa forse un po' tardiva,» esordì Tony, prima che lei potesse porre qualsiasi domanda. «Non è esattamente una sorpresa per lei, ma più che altro per la EXPO e per chi vi parteciperà. Anche se speravo di sorprendere anche lei e che le facesse piacere,» sciorinò con accortezza, con le dita giunte davanti al volto e gli indici a toccarsi il naso mentre la scrutava di sottecchi.
«La ascolto,» lo incoraggiò lei, intuendo la sua titubanza.
Tony in tutta risposta premette il tasto invio e il documento digitale si traslò su un ologramma un po' compresso, evidentemente pensato per essere proiettato su un maxi-schermo. Mandò avanti la presentazione e Pepper non poté fare a meno di rimanere meravigliata nel vedere la schermata successiva: da un lato si vedeva un progetto completo della protesi del braccio, corredata da uno spaccato e un esploso curati e definiti; dall'altro, vi era la scansione del foglio stropicciato su cui Tony aveva abbozzato la primissima versione di quella stessa protesi, con tratti incerti, confusionari e annegati nelle varie formule, vettori e appunti che la circondavano. Il primo passo, la prima idea, il primo mattone su cui aveva iniziato a ricostruire la propria vita. Nel riportare lo sguardo su Tony, si accorse che stava sorridendo con malinconia, quasi fosse a sua volta perso in quei ricordi.
«Questo è il mio retaggio,» disse, quasi con solennità. «Ed è uno dei ricordi che vorrei lasciarmi dietro,» aggiunse a voce più bassa, ma senza il minimo tremito a scuoterla.
Le mani di Pepper si contrassero leggermente, cogliendo tutti i sottintesi di quella frase, ma sentì crescere allo stesso tempo un moto d'orgoglio e ammirazione assolutamente genuini nei confronti di Tony, come non ne provava dal momento in cui l'aveva visto di nuovo in piedi.
«Vuole renderle pubbliche,» constatò con semplicità, stentando a credere che avesse davvero intenzione di esporre al mondo quelle che in fin dei conti erano ormai parti di sé.
«Il piano è quello, anche se ho strappato a Stern solo il permesso per presentarne i progetti e qualche prototipo incompleto,» commentò con lieve contrarietà. «In compenso, potrò girare per la EXPO senza licenza per le protesi, visto che non arriverà probabilmente in tempo; le Industries devono solo prendersi ogni responsabilità per eventuali “incidenti”,» e volse l'occhio al cielo con evidente insofferenza.
S'interruppe e tamburellò sul bracciolo della sedia, prendendo tempo e fiato.
«Quindi, in pratica, presenterò me stesso,» asserì, passando alla pagina successiva, a questo punto Pepper trasalì.
Sulla diapositiva vi erano due foto in bianco e nero che mostravano con chiarezza lo stato dei suoi moncherini nelle settimane immediatamente successive all'amputazione, assieme alla trascrizione della sua cartella clinica che ne illustrava le condizioni in termini più specifici; Ian era creditato a piè di pagina.
«Sono l'unica cavia esistente,» spiegò lui con tranquillità, notando il suo stupore e cambiando però rapidamente pagina. «E devo fornire tutti i dati disponibili per permettere ad altri team di ricerca di emulare o modificare quel che ho già fatto io. Non mi aspetto che le mie protesi vadano bene per tutti.» 
Alzò appena le spalle, ma le rughe che solcavano la sua fronte erano un evidente segno di come non si sentisse realmente a proprio agio nel discutere quel punto. Pepper tacque per qualche lungo istante, cercando di ogliere la portata di quella scelta e, soprattutto, le ripercussioni che avrebbe avuto su Tony. Perché se nel mettere a punto quella sua idea poteva essere rimasto impassibile, non sapeva se sarebbe riuscito a rimanere tale anche su un palco, dinanzi a migliaia di spettatori e sotto l'occhio impietoso delle telecamere, mentre alle sue spalle scorrevano i mesi di sofferenza, fallimenti e depressione che anche lei ricordava così bene. Soprattutto, si chiedeva come potesse reggere il peso di così tanti sguardi quando era spesso intento a schivare persino il suo.
Il fulcro del progetto poteva anche essere sulla parte tecnica, e le poche foto presenti finora erano accuratamente selezionate in modo da essere il quanto più possibile anonime, ma riusciva già a immaginare la reazione della stampa e delle Everhart di turno messe davanti all'occasione di poter gettare una manciata di fango in più sulla dignità di Tony. Ricordava fin troppo bene lo scoop di Vanity Fair e il modo impietoso in cui aveva descritto il suo corpo mutilato; era stata a un passo dall'andare in prima persona alla porta della Everhart per farle rimangiare ogni singola parola di quell'articolo.
Ammirava la dedizione con cui Tony si stava mettendo in prima linea per quell'iniziativa, ma l'idea di vederlo soffrire più di quanto non stesse già facendo per colpa di qualche pettegolezzo molesto la impensieriva e faceva infuriare allo stesso tempo.
«Capisco la necessità di rendere disponibili tutte le informazioni... ma è davvero necessario fornire dati così sensibili ?» accennò alla presentazione, che ora mostrava un innocuo spaccato di un micro-reattore arc. «Insomma, sa meglio di me che l'opinione pubblica sa essere inclemente.»
«Sì,» replicò lui un po' bruscamente, intuendo a cosa si riferisse. «Non sono entusiasta di... mostrarmi in quello stato, ma non vedo alternative.» 
Si agitò nervoso sulla sedia. Era chiaramente a disagio al pensiero di doversi esporre in quel modo, ma anche deciso a non tirarsi indietro; in quel momento sembrò comunque perdere un po' della sua determinazione e si reclinò fiaccamente sullo schienale.
«Mi metteranno alla gogna mediatica per settimane,» bofonchiò rassegnato. «È la cosa più stupida che potessi pensare di fare,» sbottò poi con improvvisa frustrazione, additando quasi con sdegno il progetto e facendo per metterlo da parte.
«Invece lo trovo molto coraggioso,» commentò soltanto Pepper, posandogli con gentilezza una mano sul braccio meccanico, a fermare i suoi gesti inconsulti; lui si bloccò, come folgorato, e la presentazione si arenò su un'anonima pagina riguardante la fusione dell'unobtanium.
Tony scosse appena la testa, senza sottrarsi a quel contatto e con un sorriso che sembrava indeciso se emergere sul suo volto o meno, come se apprezzasse il complimento ma non fosse pronto ad accettarlo o dubitasse della sua veridicità.
«No, non... faccio quello che faccio sempre, no? Mi metto in mostra e in ridicolo, non c'è nulla di coraggioso,» si schermì, azzardando un sogghigno autoironico.
«Sa che non è così,» lo rimbrottò lei, e lasciò scorrere la mano lungo il suo braccio meccanico seguendone delicatamente i contorni affusolati, quasi sperando che potesse percepire quella carezza; lo sentì inspirare più a fondo e socchiudere la palpebra, come se si stesse concentrando al massimo per riuscire in quell'intento.
«Se fossi davvero coraggioso, non ti avrei chiesto di starmi accanto,» mormorò infine a capo chino, girando un poco la sedia per sfuggire al suo tocco.
Lei non lo trattenne, ma non poté evitare che il suo sguardo si intristisse un poco a quel suo ennesimo ritrarsi.
«Penso che tu lo sia anche per questo,» lo contraddisse con fermezza, riprendendo poi a mandare avanti la presentazione al posto suo senza aggiungere altro.
Non si girò verso di lui, ma intravedeva con la coda dell'occhio il modo in cui la stava fissando, con quello sguardo che scaturiva direttamente da due anni prima. Si sentì arrossire leggermente, ma con un calore discreto e piacevole che andò a tirare delle precise e sensibili corde nel suo stomaco, risvegliando una sensazione che era certa di non provare dalla sua prima cotta del liceo. O forse da una serata di beneficenza non poi così lontana.
Arrivò alla fine della presentazione, che Tony aveva continuato a illustrarle per sommi capi; l'ultima pagina mostrava quella foto inviata mesi prima allo SHIELD, che lo immortalava con un ghigno vittorioso dopo essersi rimesso in piedi. Pepper sorrise apertamente, rivolgendosi verso di lui e trovando un riflesso dalla sua espressione in quella altrettanto distesa e sorridente di Tony.
«Quindi? Che ne pensa?» la incalzò, di nuovo allegro.
«È stata decisamente un bella sorpresa,» disse lei, trovando il suo sguardo e indugiandovi per qualche secondo di troppo. «Ed è giusto che il mondo sappia e riconosca cosa è riuscito a fare.»
«Per una volta, non lo faccio per gli applausi,» disse lui a sguardo basso, inclinando appena il capo come a minimizzare la cosa.
«Si merita anche quelli,» ribatté lei, non lasciandogliela vinta.
Tony sollevò appena un sopracciglio, un'espressione furbetta a mascherare la gioia serena e sottile che irradiava in quel momento.
«Signorina Potts, oggi si è proprio messa in testa di conquistarmi a suon di paroline dolci,» la canzonò, girando con fare irritante sulla sedia.
Pepper si limitò ad alzare gli occhi al cielo, tornando a concentrarsi sulla presentazione ormai terminata e borbottando tra sé un ben udibile “come se ce ne fosse bisogno”. Tony sbuffò in un mezzo risolino forse imbarazzato, forse solo divertito, per poi riprendere a parlare con vivacità:
«Tra l'altro, non ha ancora sentito la parte migliore di tutta la cosa, ovvero quella che la riguarda,» sillabò con tono suadente.
Pepper si voltò appena, interessata e pronta a gestire qualunque assurda appendice che Tony era in procinto di aggiungere al progetto. L'uomo si alzò in piedi, come se ritenesse di dover fare quell'annuncio in modo più composto, nonostante fosse evidente che quella posizione gli costasse fatica. Rimase per un istante a capo e sguardo chino, per poi raddrizzarsi con la schiena diritta, quasi impettito. Quando parlò, fu con voce chiara e solcata da un'emozione appena tenuta a bada che la rese più vibrante e piena.
«Vorrei che lei mi aiutasse a presentare il progetto, dal vivo, con me, alla EXPO,» disse d'un fiato.
Pepper pensò fugacemente che, se non le era preso un infarto quel giorno per la raffica di emozioni contrastanti e incessante che l'aveva colpita, poteva dichiararsi al sicuro per il resto della vita.
«Io?» riuscì solo a dire, esterrefatta, e vide subito l'espressione di Tony mutare da una sicurezza quasi spavalda a uno sguardo estremamente simile a quello di un cane abbandonato senza preavviso sul ciglio della strada.
«Sì, uh, lei. È l'unica che... insomma,» si schiarì la gola per ritagliarsi un attimo di respiro, «È la persona più adatta e l'unica che... che può capirne la portata e tutto quello che c'è dietro, nel bene e nel male. Ed è l'unica mi è stata sempre accanto. Sì,» la fermò prima che lei potesse contraddirlo, «sempre. E non ho intenzione di ritrattare questo punto,» la avvisò perentorio.
Pepper si sentì più spiazzata per quell'affermazione che per la richiesta di affiancarlo alla EXPO, e ciò le impedì di approfittare della breve pausa di Tony per inserirsi nel discorso, permettendogli così di continuare a parlare a raffica:
«Sarà... impegnativo. Insomma, saremo io e lei su un palco sotto ai riflettori e so che non è esattamente una “sorpresa” convenzionale... sicuramente avrebbe preferito un mazzo di fiori o dei cioccolatini, ma lo sa che mi piace esagerare...» prese quasi a tartagliare e Pepper si portò di fronte a lui, senza riuscire a trovare subito le parole giuste, così lui continuò ancora, sempre più nervoso: «Non sono neanche sicuro che lei voglia prendersi l'impegno, ma non mi offenderò se non lo farà e...»
Pepper lo interruppe prendendogli con delicatezza le mani e fermando ancora una volta il suo gesticolare agitato.
«Sono qui, Tony. E ci sarò anche alla EXPO, e per qualunque cosa deciderai di fare dopo.»
Stava per ritrarsi, rimproverandosi tra sé per aver invaso ancora una volta i suoi spazi, ma lui la trattenne con una presa così leggera che la percepì appena mentre le sfiorava i polsi con le dita. Lasciò inerte la mano meccanica, come sempre, e sembrò profondamente combattuto tra lasciar sfumare di nuovo quel contatto fugace o approfondirlo. Infine si risolse a stringerla a sé in un breve quanto inaspettato abbraccio che le fece quasi mancare il respiro. Ebbe appena il tempo di percepire il calore del suo corpo, il lieve sentore di olio per motori, ferro e dopobarba impresso sulla sua pelle e di serrare per un istante le proprie braccia attorno alle sue spalle, che lui si era già staccato. Mise tra loro un incerto passo di distanza, sfuggendo il suo sguardo nel rivolgerle un sorriso appena accennato che sembrava quasi di scuse.
«Non so neanche più come ringraziarti,» disse appena udibile, mentre si poggiava coi palmi sul bancone, impegnando poi mani e occhio con qualche schermata superstite rimasta aperta.
«Questa mi sembra un'ottima alternativa a un “grazie”,» replicò lei, in tono ostentatamente ironico che poteva ben poco nel celare lo sguardo colmo d'affetto che gli stava rivolgendo.
«Sono una persona che tende a perdere tempo,» proferì lui, senza preavviso, fermando i suoi traffici e fissando un punto inesistente davanti a sé. «Magari tutto... tutto questo è un incentivo a non farlo,» rifletté ad alta voce in tono colpevole, sempre senza osare guardarla e portando una mano a coprirsi lo sfregio, quasi volesse schermarsi da lei.
«Nessuno ci vieta di seguire i nostri tempi,» gli fece notare lei, con la consueta, semplice schiettezza che sembrava sempre riportarlo prontamente coi piedi per terra, ancorando i suoi pensieri nel mondo reale.
Lui non rispose, ma intercettò di sfuggita i suoi occhi in un muto assenso, prima di tornare a sfoggiare la solita espressione disincantata. Si raddrizzò e cliccò deciso sulla presentazione ancora sospesa a mezz'aria. Questa si ripristinò, tornando alla pagina iniziale.
«E anche questa è fatta,» commentò, per poi lasciare che una singola linea contrariata si formasse tra le sue sopracciglia. «O quasi...» si corresse, portando una mano al mento mentre ingrandiva l'intestazione.
Questa recitava ancora “Progetto (Ph.01 X)”. Tony prese a tormentarsi dubbioso il pizzetto, per poi incrociare le braccia con aria adesso insoddisfatta. Si girò di scatto verso la tastiera e con un gesto risoluto cancellò il titolo, digitandone uno nuovo a colpo sicuro. Premette nuovamente invio con un mezzo svolazzo della mano, stavolta sorridendo compiaciuto. Pepper strizzò appena gli occhi nel leggere il nuovo titolo:
«“Progetto Phoenix”?»
Il sorriso di Tony si allargò.
«Mi sembra appropriato.»



FINE PARTE SECONDA




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Note Dell'Autrice:

Sssalve!
Avevo promesso un capitolo in tempi più brevi, sebbene più corto, e mi ritrovo a pubblicarne uno quasi in ritardo e lungo come al solito... i misteri della stesura e dei cambiamenti in corso d'opera :P
Non riesco quasi a credere di aver messo la parola fine a questa travagliata seconda parte: Ashes si chiude qui, dal prossimo capitolo si inizia Rebirth, terza ed ultima parte.
Quest'idea del "Progetto Phoenix" era stata discussa tra me e MoonRay nelle prime fasi della storia, per poi essere archiviata. Non mi è dispiaciuto recuperare il concetto, per quanto cliché.


Ora sto crollando sulla tastiera, ma per qualsiasi chiarimento/domanda sono a disposizione, visto che come al solito è finito per uscir fuori un capitolo piuttosto denso :) Mi limito a dire che assumere più spesso il PoV di Pepper è una scelta ben consapevole, e di tenere sempre a mente che, essendo lei umana come tutti, può fraintendere comportamenti e reazioni di Tony, così come intuirne più lucidamente la causa rispetto a lui. Insomma, cari lettori: andateci coi piedi di piombo (soprattutto per la faccenda del contatto fisico).
E ricordate che "what's done, cannot be undone" *posa amletica pureseèMacbeth*

Ringrazio tantissimo T612 (il capitolo avrei voluto pubblicarlo venerdì, tusaiperché, ma sono ritardataria come sempre <3 :'), Emyclarinet e _Atlas_ per aver recensito lo scorso capitolo e Ghillyam per aver aggiunto la storia alle ricordate: mi rendete come sempre felicissima <3 E grazie a tutti coloro che seguono da dietro le quinte e che hanno aggiunto Phoenix tra le seguite/preferite/ricordate :)

Non so dare una data precisa d'aggiornamento: mi hanno scombinato le date della sessione d'esame e sarà un'impresa far quadrare tutto. In più, visto che Phoenix è ormai prossima alla conclusione, vorrei dedicare ad ogni capitolo la massima cura, quindi seguirò la politica del quality over quantity. Posso solo annunciare, finalmente in modo 100% definitivo, che i capitoli saranno 50 tondi tondi, prologo ed epilogo esclusi :D
Dopo 'sta sfilza di comunicazioni di servizio, mi eclisso (e magari dormo pure),
Au revoir,

-Light-

P.S. Pensavate che avessi seppellito la Everhart e certi trascorsi imbarazzanti, eh? Giammai!
P.P.S. Come sempre per le citazioni "doppie", il blu arc è per Tony, il rosso ramato è per Pepper (@Atlas, so già quale delle due apprezzerai :P).




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