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Autore: NyxTNeko    30/09/2018    1 recensioni
Roma, 37 d.C.
Una giovanissima schiava proveniente dalla Gallia, abile conoscitrice di ogni tipo di erba, approda nella Città Eterna. Divenuta libera, la sua vita sembra essere destinata a svolgersi nell'ombra della Capitale del Mondo...fino a quando il potere non entrerà dalla porta della sua piccola bottega di filtri e veleni e le stravolgerà l'esistenza risucchiandola inevitabilmente nel suo vorticoso buco nero.
Locusta, la prima serial killer della storia, fu un personaggio enigmatico, quasi leggendario, di cui si sapeva davvero poco anche ai suoi tempi, una cosa, però, era assolutamente certa: la strega di Nerone non sarebbe sopravvissuta a lungo.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Antichità, Antichità greco/romana
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"Probitas laudatur et alget
criminibus debent hortospraetoriamensas
argentum vetus et stantem extra pocula caprum"
Giovenale, Satire, I, vv 74-76

Il fuoco affamato continuava a distruggere tutto ciò che trovava sul suo cammino, niente riusciva a saziarlo, nemmeno il duro lavoro dei vigili del fuoco, guidati alacremente dalla mano decisa di Tigellino, poteva fare nulla.

Quest'ultimo non aveva esitato un solo istante nell'avvertire l'imperatore dell'accaduto e, nervosamente, attendeva ordini e soprattutto il suo ritorno.

Nonostante la sua resistenza fisica era quasi del tutto esausto, poiché, era da parecchie ore che girovagava per le strade della Città Eterna sgolandosi fino a perdere quasi del tutto la voce; tuttavia non era disposto a cedere. "Non mi importa proprio niente di questi pezzenti" si disse mascherando il disgusto.

Vide un gruppetto di cittadini, salvati un istante prima che il fuoco andasse a colpire un otre di olio, correre ansimanti verso di lui e la sua scorta di pretoriani, per ringraziarli - Sto semplicemente compiendo il mio dovere - sbraitò brutalmente il Prefetto - Allontanatevi da questo luogo se volete vivere ancora, altrimenti arraggiantevi, non salverò una seconda volta voi e il vostro squallido quartiere malfamato

Nel vedere la loro ostinazione, mista ad un pizzico di stupore, Tigellino diede ordine ad alcuni soldati di portarli da un'altra parte. Si asciugò la fronte sudata. "Ma perché lo sto facendo?" si chiese sospirando "Quando diavolo arriverà quello stramaledetto grassone? Non sopporto più tutta questa gentaglia così fastidiosamente appiccicosa"

La situazione era critica: non appena le fiamme venivano spente in una zona, ecco che si accendevano furiosamente da un'altra; era una continua corsa contro il tempo. 
 

"Spero di non essere giunto troppo tardi" pensò preoccupato Nerone, arrestando la biga fuori le mura di Roma per osservare la gravità dell'incendio.

Abbassò la testa e guardò le mani tremolanti. Era agitato, ma al tempo stesso concentrato: non poteva commettere errori, il suo primario dovere era di salvare quante più persone possibili, non importava come ma doveva farlo - Ho fatto bene a lasciare Poppea ad Anzio, da lì potrà aiutarmi maggiormente controllando  le scorte di viveri dirette a Roma, posso fidarmi di lei - sussurrò tra sé.

Ingoiò il groppo di saliva che si era fermato in gola, si coprì la bocca e il naso con il mantello e diede un energico colpo alle redini entrando nella città in fiamme.

- Altezza imperiale, finalmente siete qui! - esclamò una delle due guardie che sorvegliava l'entrata.

- Ho fatto più in fretta che potevo - si scusò Nerone frenando la biga - Indicatemi i luoghi maggiormente colpiti dal fuoco, soldati...

- Siete arrivato qui da solo? - domandò perplesso il militare - Non avevate con voi la scorta?

- Si, sono solo - rispose prontamente l'imperatore - I vostri colleghi sono impegnati a prendere tutto il necessario che serve alla Capitale dalle altre città vicine...

- Altezza imperiale, era ora! - ruggì Tigellino quando lo scorse in lontananza - Non ne potevo più di tenere a bada quel gruppo di plebei petulanti

- Li avete condotti al sicuro nel palazzo imperiale? - gli fece presente l'imperatore, tentando di non perdere l'autocontrollo.

- Ehm...no...ho dimenticato... - finse di non ricordare l'ordine categorico che Nerone gli aveva fatto recapitare poco dopo essere partito da Anzio. In realtà non aveva comunicato tale indicazione ai pretoriani; non gli importava di portare al sicuro la povera gente, ma solo ed esclusivamente di salvare i risparmi e le scorte dell'alto patriziato.

- Cosa?! Vi rendere conto di quello che avete fatto?! Potrei farvi uccidere Tigellino, sapete che ho il potere di farlo! - gli ricordò furibondo l'imperatore.

- Sono profondamente amareggiato, altezza - si scusò con voce incerta il Prefetto dei pretoriani, per la prima volta spaventato dalle sue parole così dure e dirette - Ero...così preso dal mio lavoro che...

- Va bene, va bene - lo zittì con una mano; non poteva perdere più tempo, perciò decise che era meglio lasciar perdere le discussioni inutili - Piuttosto conducetemi nelle zone più colpite

- Ma...ma...volete davvero mettere a rischio la vostra vita per dei plebei?

Il Princeps gli lanciò un'occhiataccia che lo fece sbiancare: mai prima d'ora l'aveva visto così fermo nelle sue decisioni. - Si dà il caso che quelli che voi indicate come semplici plebei siano il mio popolo, coloro che io devo servire ed aiutare, se non avete intenzione di rendervi utile spostatevi e lasciatemi passare

- Se andrete con la biga, altezza, i cavalli non ce la faranno - precisò il pretoriano che fino a quel momento era rimasto in silenzio.

L'imperatore scese giù dal mezzo, guardò con disprezzo entrambi, allungò le briglie al pretoriano dicendogli sarcasticamente - Eccoli pure i vostri cari cavalli, ed ora, se permettete avrei un popolo da salvare - diede loro le spalle.

- E noi cosa dobbiamo fare?

- Tigellino sa benissimo qual è il vostro dovere, fatevelo esporre da lui - detto ciò s'inoltrò nel cuore della città, confondendosi tra i suoi colori accesi. 
 

Il fumo diventava sempre più denso e la sua già debole vista non lo aiutava nel distinguere nitidamente le figure.

Il calore stava divenendo insopportabile; ogni passo che compiva gli creava la terribile sensazione di sciogliersi, di fondersi con il terreno, nonostante ciò, continuava ad avanzare: i nervi, assieme ai sensi, erano tesi e pronti a captare persino il minimo gridolino soffocato dalle macerie o consumato dal fuoco inestinguibile.

Udì qualcuno tossire e supplicare, si precipitò immediatamente nella direzione dalla quale provenivano le preghiere; s'accorse di un'altra presenza, vigorosa ma gentile - È svenuta! - disse quest'ultimo dopo averne udito le grida disperate.

"Ma quello è...!" sobbalzò Nerone nel vedere quella possente e familiare figura estrarre con forza una giovane ragazza rimasta incastrata tra due pezzi di legno, quasi del tutto carbonizzati: un vero miracolo averla trovata ancora in vita.

La pose delicatamente sulle spalle e nascose la parte inferiore del viso in un panno bagnato, per evitare di soffocare. Sentì le forze mancare. - Achaikos...coff...coff...Achaikos - percepì l'egizio come se fosse un sogno.

L'istinto lo fece girare e notò l'imperatore in persona che lo stava effettivamente chiamando, agitando le braccia affinché potesse accorgersi di lui - Achaikos, sono io, Nerone, mi vedi?

- A...altezza impe...imperiale! Ma cosa ci fate qui? - sibilò leggermente stordito dal calore; era veramente lui, non riusciva a credere che avesse tanto a cuore la triste sorte della popolazione. Tuttavia lo stupore durò poco perchè il fuoco stava avanzando - A dopo i chiarimenti, ora è meglio fuggire da qui! - riferì Achaikos correndo.

- S-si - affermò l'imperatore seguendolo - Locusta dov'è? - domandò ruotando lo sguardo a destra e a sinistra.

- A palazzo, altezza, sta confortando e curando tutti i superstiti

Il Princeps sorrise orgoglioso dalla loro generosità e disponibilità: aveva ancora delle persone a lui devote e fedeli, disposte a sacrificare le energie per il bene dell'Impero. Gli era profondamente grato per questo.

- Ma come mai siete da solo? Nessuno ha voluto seguirvi?

- Sono stato io ad allontanarli, con me sarebbero stati solo un peso, invece adesso saranno molti più utili, non lo pensi anche tu?

- Siete davvero un grande imperatore, altezza - ammise Achaikos, colpito dalla sua profonda dignità e lealtà.

Un atteggiamento che probabilmente non piacava a molti, altrimenti non riusciva a spiegarsi il motivo dell'incendio: sapeva che l'imperatore aveva molti nemici attorno a lui, molti celati dall'ipocrisia e dalla reverenza, altri, invece, ben noti, di cui, pure l'imperatore era a conoscenza.

- Chiamami Nerone, questi formalismi lasciamoli ai falsi amici, sei d'accordo? - ammiccó il giovane Princeps, allontanando, per un istante, quell'atmosfera soffocante ed opprimente. 

- Va bene, Nerone - ricambiò il suo gesto, poi tornò serio e aggiunse - Ora sarà meglio che porti questa ragazza a palazzo è l'unica sopravvissuta della sua famiglia, per gli altri non ho potuto fare niente

- Hai già fatto quello che potevi, Achaikos - lo rassicurò, osservò il paesaggio desolato e privo di vita, si rabbuiò ed emise, trattenendo a stento la rabbia - I responsabili pagheranno per tutto questo, non appena l'incendio sarà spento, mi metterò immediatamente all'opera per punire coloro che hanno oltraggiato la Capitale del Mondo e me!

- Certo... - deglutì Achaikos, intimorito dal suo repentino cambiamento d'umore; Locusta gli aveva riferito più volte degli sbalzi di Nerone, che bisognava tenere continuamente a bada, in quanto avvenivano con maggiore frequenza nei periodi di grande tensione.

"Nerone non è sadico né spietato di natura" rimembrò le parole dell'amica "Anzi cerca di rifuggire dall'utilizzare la violenza e le armi se ai suoi occhi appaiono come misure eccessive, tuttavia, quando è scosso da sentimenti terribili e perde il controllo diventa inconsapevole delle sue azioni, e sarebbe capace di compiere le più atroci crudeltà pur di soddisfare la sua sete di giustizia e di quella popolare".

Nerone, con un lungo e combattuto sospiro, ricacciò la belva che tentò di liberarsi dal suo controllo. Sorrise forzatamente e, non appena si allontanarono dalla zona più critica per riprendere un po' di fiato, disse - Achaikos, ti sono grato per quello che stai facendo, sei uno dei pochi amici su cui posso ancora contare, verrai ricompensato quando risolleverò in piedi la città e punito chi vuole gettare discordia tra me e il popolo!

- Nerone io faccio quello che devo fare non certo per arrivare in alto come tanti vostri seguaci, ma solo perché è il cuore a dirmelo...

- Solo ora capisco da dove è nato quell'affetto che Locusta ti rivolge, Achaikos - confessò l'imperatore dolcemente, mettendo in pace una parte del suo cuore, turbato da quel rapporto; si rese conto che la loro amicizia era nata e cresciuta grazie al rispetto reciproco e dalla stima più vera.

L'egizio chiuse gli occhi e attese che il respiro divenisse più lento e profondo per poter riprendere la corsa fino al palazzo imperiale, che per loro fortuna, non era lontano - Ce la fate a compiere l'ultimo sforzo fino a palazzo, Nerone?

- Anche se non ho più il fisico asciutto e scattante di un tempo, sono sempre riuscito a concludere una corsa senza sfiancarmi! - si vantò Nerone ridacchiando. 
 

Una volta approdato a palazzo, Achaikos si diresse subitamente verso Locusta, tutta intenta nel preparare infusi, per consegnarle la giovane romana salvata dalle fiamme; l'avvelenatrice lentamente le fece riprendere conoscenza - Do...dove sono? - effuse intontita.

- Sei al sicuro, adesso... - la rassicurò Locusta - Achaikos e l'imperatore ti hanno portata a palazzo

- E...e la mia famiglia?

Avrebbe voluto nasconderle la verità, ma sapeva di non poterlo fare: nei suoi occhi lesse il suo bruciante desiderio di conoscere il vero. Facendosi forza le narrò ogni particolare, così come glielo aveva riferito Achaikos.

La ragazza scoppiò a piangere, con il senso di colpa crescente - C'era...anche mio fratello...tra le fiamme e...e aveva...appena 9 anni

- Mi addolora profondamente - emise con fare di circostanza, accogliendola fra le sue braccia, per tranquillizzarla.
 

Anche Nerone non perse tempo e comunicò ai suoi servi, schiavi ed amici presenti di costruire delle capanne e baracche di fortuna, arredate con tutto ciò che era riuscito a farsi procurare da Ostia e dalla stessa Anzio. La sua scorta, infatti, lo aveva raggiunto poco dopo il suo arrivo al palazzo.

Lui stesso si prodigò, senza sosta, nel dirigere i soccorsi e nel consegnare i beni più importanti come pane di orzo e acqua ai poveri e i senza tetto. Addirittura ordinò che il prezzo del grano, sequestrato dalle residenze nobiliari ancora in piedi e fatto arrivare dalle altre città, venisse abbassato sotto il livello consentito: era un'emergenza ed ogni cittadino avrebbe contribuito, volente o nolente.

Il fuoco, però, non voleva proprio saperne di arretrare e tanti iniziarono a pensare che fossero alcuni vigili, pagati dagli uomini che avevano "acconsentito" l'incendio, di alimentarlo attraverso delle cisterne d'olio conservate nei magazzini.

Le fiamme avanzarono fino ed oltre il Palatino, inghiottendo la casa di Locusta, la sua scuola e il palazzo imperiale; furono avvisati in tempo da voci fidate, riuscendo a salvarsi, completando solo a metà la vendetta dei patrizi espropriati dei loro beni. 

L'imperatore e la corte dovettero rifugiarsi  insieme agli sfollati, condividendo con loro ogni sorta di bene e di esigenza, senza lamentarsi della loro scarsa quantità. La solidarietà e la necessità abbatterono temporaneamente le diversità sociali e politiche; in quei giorni carichi di tensione e di angoscia furono solo ed esclusivamente esseri umani.

26 luglio

Finalmente, dopo sei interminabili giorni, l'incendio fu definitamente spento; ciò portò al riaccendersi delle ostilità da parte di quelle persone che fino a poche ore prima avevano mostrato esempi di fratellanza reciproca.

Tra la massa di sfollati serpeggiava il dubbio sulla reputazione dell'imperatore; si crearono due fazioni: chi credeva che Nerone fosse all'oscuro di tutto, esattamente come loro, e chi, invece, era convinto che il suo attivismo nei loro confronti fosse solo una messa in scena, essendo a conoscenza della sua eccentrica teatralità, per discolparsi e scaricare le sue follie ad innocenti.

Nerone, non ancora al corrente di ciò, avrebbe dovuto prendere dei provvedimenti alla svelta, prima che il suo nome venisse del tutto infangato dalle calunnie diffuse dai nemici ai suoi danni.

   
 
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