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Autore: evelyn80    01/10/2018    2 recensioni
Molte cose sono cambiate: il Knight Two Thousand non è più un auto. Michelle Boswald, nipote di Bonnie, è la sua nuova pilota. Con lei lavorano altre due ragazze, Mary Cassidy e Helen Seepepper. Insieme si fanno chiamare le K.I.T.T.'s Angels.
La nuova Fondazione, diretta da Michael e Bonnie, le invia in Alaska, nelle isole Aleutine, per sventare un traffico di droga tra la Russia e gli USA. Ma poiché quasi nessuno sa della loro esistenza, dovranno lavorare in incognito per passare inosservate tra le ciurme degli altri pescherecci.
Avranno a che fare con pescatori scorbutici e maschilisti e dovranno faticare un bel po' per portare a termine la loro missione.
Storia cross-over tra Supercar e Deadliest Catch (settima stagione)
Genere: Avventura, Azione, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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La situazione degenera


Di comune accordo, mentre K.I.T.T. analizzava diligentemente la voce di Jeremy, comparandola con quella de “il capo”, e allo stesso tempo teneva d’occhio con i suoi sensori tutti i pescherecci, le K.I.T.T.’s Angels ripresero il loro lavoro di investigazione a tempo pieno, senza più curarsi di spacciarsi per pescatrici. Ormai le voci sul loro coinvolgimento nell’arresto del capitano Hendricks e soci si erano sparse a macchia d’olio, e non c’era nemmeno un marinaio che non sapesse come le ragazze avessero steso tre uomini molto più robusti di loro.
Passata la rabbia iniziale, il capitano Hillstrand della Time Bandit si era complimentato con loro, lasciandosi andare a battutine allusive che gli avevano fatto guadagnare molte occhiatacce da parte di Helen. Tanti altri capitani, invece, continuavano a guardarle con occhi sospettosi, parlottando a bassa voce con i propri equipaggi e indicandole con cenni del capo ogni volta che le vedevano.
Michelle avrebbe voluto che fosse Helen ad occuparsi del capitano Neese, per evitare ulteriori coinvolgimenti sentimentali da parte di Mary, ma la bionda si era rifiutata categoricamente.
“Posso sfruttare la sua attrazione nei miei confronti per cavargli fuori delle informazioni preziose!”, aveva esclamato, quando la nipote di Bonnie aveva comunicato le sue intenzioni.
Michelle era stata costretta a cedere, a malincuore.
Spero solo che la sua attrazione sia genuina perché, se come penso io, è tutta una finta, dovrai stare molto attenta a non farti mettere nel sacco!”, pensò mentre guardava l’amica allontanarsi in direzione della Ramblin’ Rose.

Elliott, seduto nella sua timoniera, vide subito la biondina del Knight Rider scendere dal peschereccio – o quello che era, ormai era certo che quell’imbarcazione fosse tutto meno che dedita alla pesca – e dirigersi nella sua direzione. Con un ghigno che gli andava da orecchio a orecchio scese sul ponte, pronto ad intercettarla. Non fu affatto sorpreso di vedere che la ragazza stava proprio cercando lui.
Sospettano di me, questo è certo… Ma io ho già un’idea su come far cambiare loro opinione”, pensò, mentre la invitava a bordo con un sorriso e un cenno del braccio.

Mary salì agilmente, saltando la bassa murata. Elliott la accolse prendendola per le mani e facendola piroettare su se stessa.
“Ciao tesoro. Ardevo proprio dalla voglia di vederti, sai?”.
Suo malgrado, Mary si sentì arrossire. Era indubbiamente attratta da quel giovane capitano intraprendente, che con le sue piccole moine la faceva sentire importante. Erano cinque anni che lavorava fianco a fianco con Michelle ed Helen a bordo del Knight Rider, senza la possibilità di farsi una vita, e cominciava ormai a sentire il bisogno di avere qualcuno al suo fianco. Riusciva a capire perfettamente cosa aveva provato Michael durante i suoi anni alla Fondazione. E, dopotutto, lui era stato fortunato. Si era innamorato di Bonnie e i due avevano potuto vivere insieme anche sul lavoro. Ma per lei era tutta un’altra storia. Non c’erano giovani nella nuova Fondazione, e i pochi ragazzi che aveva avuto modo di frequentare erano letteralmente scappati quando avevano saputo che lei era una specie di investigatrice privata, per non avere guai. Helen era troppo dedita al suo lavoro di meccanico per desiderare di trovarsi un compagno di vita, e Michelle era legata a doppio nodo a K.I.T.T., ma lei non aveva nulla a distrarla dal suo desiderio di compagnia maschile.
Per questo, quando il capitano Neese la invitò a bere qualcosa insieme, non si lasciò pregare, seguendolo docilmente fino all’Elbow Room. Lungo la strada, i due passarono vicino alla Northwestern, ormeggiata poco distante dal bar. Mary colse una fugace immagine di Helen appostata dietro ad alcune casse, intenta a controllare i due fratelli Hansen che si affaccendavano sul ponte del peschereccio, mentre Michelle seguiva, fingendo indifferenza, il capitano Sig diretto al magazzino alimentare per fare scorta di viveri.
Occupata a controllare i movimenti delle sue amiche non si accorse che Elliott, con noncuranza, aveva lasciato cadere qualcosa oltre la murata del peschereccio bianco, un oggettino metallico, piccolo e rotondo, su cui una spia rossa lampeggiava ad intermittenza.
Una volta nel bar, il capitano Neese le offrì un paio di birre che le andarono subito alla testa, e Mary, ebbra di alcool e di infatuazione, dimenticò totalmente cosa ci facesse in sua compagnia e perché.
“Allora, ho sentito dire che avete fatto arrestare degli spacciatori. Ti avevo avvertito che la flotta è tutta – o quasi – marcia fino al midollo”, attaccò Elliott, prendendole le mani tra le sue e carezzandogliele dolcemente con i pollici. “Quelli dell’Incentive ne sono la prova inconfutabile. E… avete già controllato i marinai della Northwestern?”, aggiunse subito dopo con noncuranza, estendendo le carezze alle braccia della ragazza.
Mary rabbrividì di piacere prima di rispondere. “Se ne stanno occupando adesso le mie amiche. Michelle ed Helen sono alle costole dei fratelli Hansen. Sai, loro sospettano anche di te”, aggiunse ingenuamente, “e hanno incaricato me di sorvegliarti, ma tu sei troppo carino per essere invischiato in questo traffico”.

Elliott la fissò con occhi languidi, ma dentro di sé sghignazzava. “Come sei stupida e ingenua, ragazzina. È così facile prendersi gioco di te”. Le baciò entrambe le mani prima di rispondere. “Sono onorato di avere la tua fiducia. Una ragazza dolce e sensibile come te non dovrebbe fare un lavoro così… logorante”.
“Sì, hai proprio ragione. Ma voglio troppo bene alle mie amiche per lasciarle…”, mormorò Mary, incerta.
“Mi pare che se la stiano cavando benissimo anche da sole, no? Non mi hai appena detto che stanno pedinando Sig e i suoi fratelli? Presto scopriranno che anche loro sono invischiati in tutta questa merda”. Il giovane capitano si interruppe, avvicinandosi alla ragazza e sfiorandole il collo con un bacio. “Perché non ti prendi qualche attimo di riposo? Potresti venire sulla Ramblin’ Rose… La mia cabina è troppo grande e il mio letto troppo vuoto, sai?”.

La bionda rabbrividì al pensiero di cosa le stava proponendo Elliott, mentre una strana fiamma si accendeva dentro di lei. Desiderava veramente quel ragazzo al punto di concedersi a lui senza nemmeno conoscerlo a fondo? Stava tentando di raccogliere tutta la forza necessaria per rifiutare quando il lungo naso del capitano Neese sfiorò il suo, mentre le sue labbra le cercavano la bocca. Mary trattenne il respiro e chiuse gli occhi, lasciando che le loro lingue si incontrassero a metà strada ed ingaggiassero una lenta e sinuosa danza.

Michelle aveva seguito il capitano Hansen fin dentro il supermercato. Per non dare nell’occhio, aveva preso anche lei un carrello e si era messa a buttarci dentro oggetti alla rinfusa, senza nemmeno curarsi di cosa stava acquistando.
Passando tra i corridoi, riconobbe il brutto muso di Steve, il proprietario e barista del Golden Crab. Anche lui stava facendo rifornimenti per il suo locale, e aveva il carrello pieno zeppo di alcolici. Sig lo salutò con un cenno della mano e la ragazza annotò mentalmente l’informazione: i due si conoscevano.
Il magazzino non era molto affollato, così Michelle permise al capitano di allontanarsi un po’. Non voleva assolutamente essere vista, per non farlo insospettire. Voleva che l’uomo si comportasse in modo naturale, così da poter notare qualsiasi stranezza.
Sigurd fece la sua spesa abbastanza in fretta. Alla cassa si ritrovò alle spalle di Steve, che intavolò con lui una breve conversazione riguardo al tempo e alla pesca.
Che sia una conversazione in codice?”, si chiese Michelle, cercando di mandare a mente tutto quello che stavano dicendo.
Dopo aver pagato, il barista del Golden Crab sospinse il carrello carico di bottiglie di liquore fino al suo pick up, parcheggiato dall’altro lato della strada. Mentre l’uomo caricava i suoi acquisti sul cassone, il capitano Hansen insacchettò la sua spesa, pagò e uscì.
Michelle abbandonò il carrello mezzo pieno in uno dei corridoi e si apprestò a seguirlo. Non appena si mise a spingere la grossa porta a vetri per uscire dal supermercato, il suo orologio emise due brevi “bip”. K.I.T.T. la stava chiamando.
Non fece in tempo a rispondere che la voce allarmata del computer risuonò dalla piccola cassa acustica. “Michelle, rilevo tracce di esplosivo all’interno del pick up blu parcheggiato di fronte a te!”.
La ragazza alzò lo sguardo in direzione di Steve. Era salito a bordo e stava per mettere in moto. Sigurd, una busta per ogni braccio, era pronto ad attraversare la strada proprio davanti all’automezzo. Michelle sentì il sangue gelarlesi nelle vene. Non poteva fare nulla per salvare il barista, ma poteva almeno proteggere la vita del capitano Hansen, per quanto poco le stesse simpatico.
“Sigurd, giù!”, gridò mentre si lanciava verso di lui. Si buttò contro l’uomo con tutto il suo peso, facendolo rovinare a terra. Il capitano Hansen ebbe appena il tempo di lasciar cadere le borse della spesa per attutire la caduta con le mani, che, con un boato tremendo, il pick up saltò in aria, assordandoli. Il cofano dell’automezzo sibilò veloce nell’aria a pochi centimetri dalle loro teste, andando a schiantarsi al suolo con uno stridio metallico, mentre gli altri pezzi si sparpagliavano all’intorno, cadendo l’uno dopo l’altro sull’asfalto come coriandoli incendiati. Gli allarmi di alcune automobili e del supermercato presero a suonare, mentre i pochi avventori del magazzino si riversavano all’esterno per vedere cosa fosse successo.
“Oh cazzo…”, sibilò il maggiore dei fratelli Hansen, alzando il volto verso ciò che rimaneva del pick up di Steve. Michelle era ancora sdraiata sulla sua schiena, anche lei a fissare le fiamme che si alzavano dalla carcassa. L’aria rovente colpì i loro visi come un pugno.
Per un attimo entrambi rimasero fermi immobili, respirando affannosamente per lo spavento e l’adrenalina. Sig fu il primo a riprendersi, scrollandosi la mora di dosso. “Si può sapere che cazzo ci facevi nel supermercato? Mi stavi spiando, forse? Cosa credi, che sia anch’io uno spacciatore come Hendricks?”.
“Ringrazia il cielo che ero proprio dietro di te”, replicò Michelle eludendo le sue domande, “altrimenti saresti saltato in aria proprio come Steve!”.
Il capitano Hansen stava per replicare quando, dall’orologio della ragazza, giunse nuovamente la voce di K.I.T.T.
“Tutto bene, Michelle?”.
“Sì, K.I.T.T., grazie per avermi avvisato”.
“Dovere”.
Sig fissò prima l’orologio poi la ragazza, allibito. “Ma si può sapere chi cazzo siete, voi tre?!”.
Michelle sospirò. Non avrebbe voluto rivelare la verità, soprattutto non ad un suo sospettato, ma la situazione era ormai degenerata al punto da rendere ogni segreto inammissibile.
“Vieni con me al Knight Rider. Ti spiegheremo ogni cosa”.

Quando l’esplosione scosse Dutch Harbor, Mary era languidamente sdraiata tra le braccia di Elliott Neese. Dopo aver fatto l’amore i due si erano concessi parecchi minuti di silenziosa calma, interrotti soltanto da baci e carezze.
“Che cosa è stato?”, esclamò la ragazza, mettendosi a sedere di scatto. Il lenzuolo le cadde da dosso e lei, automaticamente, si coprì il seno con un braccio.
Elliott sapeva perfettamente cos’era successo. Il controllo a distanza, che poco prima aveva abbandonato sulla Northwestern, era entrato in funzione dopo che lui aveva premuto una sequenza di tasti ben specifica sul suo cellulare. Così, se anche ci fosse stato qualcuno in grado di captare l’impulso elettrico che aveva innescato l’esplosione, gli strumenti avrebbero rilevato che il segnale era provenuto dalla Northwestern. In questo modo allontanava da sé i sospetti, oltre ad essersi fornito il migliore alibi che avesse sperato: il sesso migliore che avesse mai fatto da un po’ di tempo a quella parte.
Finse comunque sorpresa e preoccupazione. “Non lo so… Sarà meglio andare a dare un’occhiata”.

Mentre si rivestivano, l’orologio di Mary emise i consueti “bip”. “Mary, a rapporto sul Knight Rider, subito!”, esclamò la voce di Michelle.
La bionda si sentì avvampare. Per tutto quel tempo si era dimenticata chi era e perché fosse andata alla ricerca del capitano Neese, e ora la voce della sua compagna glielo aveva riportato d’improvviso alla mente.
“Scusami, Elliott, ma ora devo proprio andarmene”, balbettò prendendo in fretta il suo giaccone.
Il giovane la fermò. “Dimmi almeno che ci rivedremo”.
“Non lo so…”, borbottò di nuovo lei, correndo via.

Il capitano Neese sorrise, certo di averla ormai in pugno.


Spazio autrice: Ringrazio tutti coloro che seguono la storia, anche silenziosamente.
Un plauso ai miei fedeli lettori che mi assecondano sempre: alessandroago_94 e jarmione
  
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