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Autore: bik90    01/10/2018    4 recensioni
Eleonora gemette mentre chiudeva la conversazione. Non poteva credere che fosse accaduto davvero. Lentamente scivolò per terra e iniziò a piangere sotto gli occhi di Martina.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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L’angolo di Bik
Sto cercando di tenere il ritmo e per il momento non me la sto cavando male XD Spero che questo capitolo vi strappi un sorriso, esattamente come è successo a me nello scriverlo. Fatemi sapere se dovesse accadere. In questi frenetici giorni, sono riuscita perfino ad aggiornare, mi complimento con me stessa XD Per coloro che saranno presenti al Romics, ci sarò anch’io! Sabato sei ottobre sarò allo stand Prankster col mio disegnatore e ovviamente con 7! Se c’è qualcuno, possiamo farci un saluto. Mi trovate lì tutto il giorno! Nel caso, domenica sarà presente solo il disegnatore per continuare gli sketch!
Alla prossima, F.
 
 
 
Il ritorno alla quotidianità fu per Martina molto più semplice rispetto a Eleonora. La chiusura prossima della scuola e l’allegria dei suoi piccoli scolari, unita all’entusiasmo di Jean per il bambino da poco arrivato in famiglia, le permettevano di non pensare a quello che era accaduto in Italia e di lasciarsi Andrea alle spalle. Per lei era solo il figlio dell’ex scopamico della sua ragazza. Al contrario, per Eleonora stava diventando un chiodo fisso. La mattina si svegliava e sperava di trovare un messaggio della sorella relativo al suo affido, mentre lavorava controllava spesso il suo cellulare, la sera prima di addormentarsi auspicava che quella situazione avesse fine. Ma i giorni si susseguivano tutti uguali e senza portare alcuna novità. Martina era nettamente più rilassata, solare, allegra e cercava di contagiare l’altra col suo buonumore. Sapeva che non era semplice per Eleonora, però ci provava lo stesso. E la più grande apprezzava lo sforzo che faceva l’altra, nonostante il risultato non fosse quello sperato. Eleonora era così presa da ciò che aveva lasciato in Italia, da essere spesso richiamata da Valèrie. Nemmeno la notizia della data della pubblicazione del suo libro era servita a distrarla dai suoi pensieri. Il senso di colpa che lentamente si era fatto strada in lei in quei giorni per ciò che era accaduto all’amico e a sua moglie, le aveva fatto maturare la convinzione di non potersi voltare dall’altra parte se Andrea avesse avuto bisogno di aiuto. Una parte di sé sperava che non occorresse il suo intervento, che la situazione si risolvesse nel modo più indolore possibile e che Marina si prendesse cura del bambino; l’altra temeva di dover intervenire. Perché Andrea somigliava davvero troppo a Davide per lasciarlo andare in quel modo.
<< Eleonora >> la richiamò Valèrie.
La ragazza alzò la testa dal suo portatile quasi di scatto e si guardò intorno. Nella stanza c’era solo lei e il suo capo. Quando era accaduto? Non ricordava di aver salutato i suoi colleghi.
<< Scusa >> si affrettò a rispondere la ragazza iniziando a raccogliere le sue cose.
Si tolse gli occhiali da vista e li poggiò vicino al computer mentre sistemava nella ventiquattrore alcuni manoscritti che avrebbe letto a casa. Un movimento troppo brusco le fece urtare le lenti che volarono per terra a parecchia distanza da lei.
<< Cazzo! >> esclamò raccogliendoli.
<< Ehi >> le disse Valèrie con un sorriso mentre le si avvicinava << Ci sono problemi? È da quando sei tornata che sei… strana >>.
Eleonora sospirò e chiuse la sua borsa.
<< Mi dispiace >> mormorò << Non è un bel periodo >>.
<< Hai litigato con… >> esitò un attimo nel pronunciare il suo nome << …Martina? >>.
<< Cosa? No! >> rispose Eleonora << Ho lasciato un grosso punto interrogativo a casa e sto aspettando da mia sorella una risposta >>.
<< Deve essere una cosa grave se sei così in apprensione >>.
L’altra annuì guardando l’ora. Era tardissimo, Martina era sicuramente già tornata a casa. A sorpresa, Valèrie le posò una mano sul braccio facendo sì che Eleonora la guardasse negli occhi. Sorrise. Era ancora più bella con gli occhiali, la montatura nera le conferiva un’aria intellettuale che le faceva venire voglia di baciarla.
<< Per qualunque cosa puoi contare su di me, Eleonora >>.
La ragazza sorrise a sua volta con sincerità e la ringraziò prima di correre fuori dalla redazione.
Sarò esattamente qui ad aspettarti, aggiunse tra sé mentre le osservava, finché poteva, il fondoschiena.
 
Si era svegliata prima del suono della sveglia e l’aveva spenta col chiaro intento di permettere a Martina di dormire un po’ di più. Era sgusciata fuori dal letto per iniziare a preparare la colazione e si era ritrovata a sorridere tra sé mentre camminava per la casa silenziosa. Non ricordava nemmeno più da quanto tempo non accadesse ed era lieta della spontaneità della cosa.
Forse, pensò mentre si posava una mano sulla testa e sbadigliava, Aveva ragione Martina. Forse sta tornando davvero tutto alla normalità.
Come se Davide fosse rimasto sempre in Italia. Entrò nel salone e si diresse velocemente verso l’angolo cottura dove risiedeva la macchinetta del caffè. La accese e lasciò che il rumore della caffettiera le facesse compagnia mentre apriva i vari sportelli alla ricerca di cereali e biscotti. Stava per poggiare tutto sul tavolo quando lo vide. Se ne stava seduto sul divano perfettamente a suo agio e leggeva il giornale con le gambe accavallate. Nel sentirsi osservato, il ragazzo alzò lo sguardo e le sorrise alzandosi in piedi. Richiuse il giornale lasciandolo sul bracciolo del divano e le si avvicinò. Eleonora avrebbe voluto urlare nel vedere il suo viso e invece l’unica cosa che riuscì a fare fu far cadere ciò che aveva in mano. Quel ragazzo di circa diciotto anni che le stava di fronte era Davide.
<< Ciao >> salutò cordialmente tendendole la mano << Io sono il tuo senso di colpa, piacere di conoscerti Eleonora >>.
La ragazza credette di impazzire nel sentirlo parlare. Perfino il suo timbro vocale era identico.
<< Cazzo, sono impazzita davvero >> mormorò appena indietreggiando.
<< Ehi, no. Non fare così >> ribatté il ragazzo << Mi sono presentato. Non sei pazza, hai solo personificato il tuo senso di colpa in una persona. E per la cronaca, grazie. Non ho mai avuto un corpo così bello >>.
<< Oh, mio Dio >> fece Eleonora sempre più spaventata << Sono pazza, non c’è altra spiegazione. Vedo il mio migliore amico morto che dice di essere il mio senso di colpa >>.
Davide le sorrise con aria rassicurante.
<< Senti so che è strano. Lo è anche per me, non ho mai avuto un vero e proprio corpo! Ma questo significa che stai cercando di sopprimere qualcosa e la tua mente vuol fartelo capire >>.
La ragazza si addossò alla parete senza sentirsi per nulla meglio.
<< Amore, tutto bene? >>.
Martina doveva essersi svegliata nel sentirle il tonfo e le sue urla.
<< Ovviamente puoi vedermi solo tu >> aggiunse il ragazzo incrociando le braccia sul petto << Forse non è esattamente il caso di dirlo a Martina >>.
<< Che vedo davanti agli occhi Davide nei panni di un diciottenne? >> rispose Eleonora << Davvero credi che non sia il caso? >>.
<< Beh, sei stata tu a darmi questo aspetto. In effetti, lui è appena morto, tu ti senti una merda per questo e puff! >> disse agitando una mano << Eccomi qui. Penso di essere un adolescente perché la forma migliore che ricordi di lui visto che dopo non vi siete più frequentati >>.
Era vero. Eleonora ricordava alla perfezione ogni singolo dettaglio di Davide, anche il più stupido.
<< Quindi… non sei lui? >> domandò incerta facendo un respiro profondo.
Stava sudando ed erano solo le sette del mattino. Il ragazzo scosse il capo. L’altra allora fece un passo nella sua direzione per poterlo osservare meglio. Aveva perfino quella piccola e insignificante cicatrice vicino il labbro che si era fatto quando si rasò la prima volta.
<< Sei… così uguale… >>.
Davide le sorrise.
<< Sono un gran figo, se proprio dobbiamo essere sinceri >> affermò e questa volta riuscì almeno a farla sorridere.
Aveva anche il suo carattere.
<< Eleonora? >> fece Martina dall’altra stanza.
Solo in quel momento la trentenne si rese conto di stare parlando da sola.
<< Scu… scusa! >> disse in preda all’ansia. Si chinò per raccogliere ciò che aveva fatto cadere e in quel momento arrivò la sua ragazza.
<< Tutto bene? >> le chiese Martina premurosamente avvicinandosi << Ti ho sentita urlare >>.
Eleonora guardò prima Davide e poi la più piccola. Provò a sorridere, ma sentiva troppa ansia addosso per riuscirci.
<< Io… io mi sono distratta e… >> mormorò << …non volevo svegliarti in questo modo >>.
Martina le sorrise chinandosi per aiutarla. Le diede un leggero bacio sulle labbra e strofinò il naso al suo.
<< Ma quanto siete carine! >> esclamò Davide che era tornato seduto sul divano.
Eleonora gli lanciò una rapida occhiata.
<< Stai zitto >> mormorò.
<< Cosa? >> domandò Martina confusa.
Eleonora scattò in piedi come una molla.
<< Niente! >> urlò a voce un po’ troppo alta << Niente >> ripeté con poca convinzione continuando a fissare il ragazzo.
<< Te l’ho detto che puoi vedermi solo tu, non dovresti fissarmi in questo modo >>.
La ragazza agitò una mano nella sua direzione senza sapere cosa dire. Non c’era altra spiegazione se non la follia, non poteva certamente dire a Martina che vedeva Davide nel loro salone. La ventottenne, nell’osservare il suo strano comportamento, le portò una mano sulla fronte.
<< Non hai la febbre >> disse << Forse sei solo un po’ raffreddata. Sarebbe meglio se oggi non andassi a lavoro >>.
<< Potremmo trascorrere una fantastica giornata a casa solo tu e io! >> esclamò Davide battendo le mani << Magari riusciamo a capire subito qual è il tuo problema >>.
Eleonora si allontanò leggermente verso il piano cottura.
<< Io non ho nessun problema! >>.
<< Non l’ho mai detto questo, Ele >> le rispose l’altra << Ti senti bene? >>.
<< Lo so! Non sei stata tu… >> Eleonora guardò l’amico senza sapere come proseguire e poi alzò le mani in segno di resa << Vado a prepararmi >>.
<< Ele, aspetta un… >> provò a dire Martina non comprendendo cosa avesse.
Possibile che la morte di Davide l’avesse scombussolata fino a questo punto?
Eleonora si spogliò velocemente, alzò i capelli affinché non si bagnassero, e entrò nel box. Quando richiuse il vetro si ritrovò di nuovo Davide davanti agli occhi.
<< Ehi! >> urlò portandosi le mani sul corpo come potesse coprirlo << Vattene cazzo! >>.
Il ragazzo si coprì gli occhi voltandosi velocemente.
<< Scusa! >> rispose << Non posso andarmene, sono il tuo senso di colpa! Dove vai tu, vado io! >>.
<< Non esiste, sparisci dalla mia testa! >>.
<< Non posso farlo da solo! È la tua mente che mi ha creato >>.
Eleonora scosse il capo. Forse poteva ignorarlo e lui, alla fine, si sarebbe stancato e se ne sarebbe andato autonomamente.
<< Non puoi ignorarmi >> la corresse immediatamente Davide << Io sono dentro di te, lo vuoi capire? Condividiamo gli stessi pensieri! >>.
<< Non voglio condividere niente con te, chiaro? Voglio solo che tu te ne vada il prima possibile >>.
<< Non funziona così, Eleonora >>.
<< Piantala di dirmi come funziona, non ho intenzione di ascoltarti >>.
Il diciottenne alzò gli occhi al cielo anche se la ragazza non poteva vederlo.
Sarebbe stato un periodo molto difficile per lui, se lo sentiva.
 
<< Ti ho detto mille volte di sparire >> fece Eleonora non appena varcò la soglia della redazione dove lavorava.
<< E io ti ho risposto altrettante volte che non posso >> rispose Davide avanzando al suo fianco.
La trentenne notò che si era cambiato rispetto a prima, adesso indossava un paio di jeans grigi e una maglietta completamente bianca a mezzemaniche fintamente strappate. Ricordava quando Davide l’acquistò, a lei non era mai piaciuta, ma l’amico volle comprarla lo stesso. E ora doveva ammettere che non gli stava male.
<< Senti >> disse entrando in ascensore. Per fortuna era sola << Devo lavorare, ho un casino di cose da fare e non posso starti dietro >>.
<< Non sei tu che devi stare dietro a me, ma io a te >> ribatté il diciottenne guardandosi allo specchio e facendosi l’occhiolino << Proprio niente male >> continuò riferendosi al suo aspetto.
Eleonora sollevò gli occhi al cielo. Non avrebbe mai potuto reggere a una situazione del genere. Le porte dell’ascensore si aprirono permettendole di uscire. Quasi sbatté contro Yvonne che era appena arrivata anche lei.
<< Scusa! >> esclamò la ragazza raccogliendole la borsa che era caduta nell’urto.
La donna scosse il capo per dire che non era importante salutandola e si chinò per prendere alcuni fogli che le erano sfuggiti di mano. Le diede successivamente le spalle per tornare a parlare con Marc e Fabrice dopo che i due colleghi ebbero salutato Eleonora.
<< Ehi! >> esclamò Davide con aria contrariata << Non puoi fare un apprezzamento sul culo di Yvonne! >>.
La ragazza avvampò nel sentirlo parlare e si spostò velocemente verso la sua scrivania.
<< Io non… >> provò a dire.
Vide il ragazzo portarsi un dito sulla tempia e fissarla.
<< Ti sento, sai? Non puoi proprio mentirmi! >>.
<< Ho solo pensato che quel jeans le stesse bene! >> si difese l’altra.
Assurdo, si stava davvero giustificando per un innocente pensiero?
<< Non si fa! Io sono il tuo senso di colpa, è questo il mio compito. Abbiamo una ragazza a casa che ha un culo portentoso rispetto a quello di Yvonne! >>.
<< Non l’ho mai messo in dubbio! >> rispose Eleonora << Martina ha il sedere più bello che io… >> si fermò rendendosi conto che Valèrie, appena arrivata, la stava fissando con aria interrogativa.
Tacque sperando che si aprisse una voragine che le permettesse di sparire e salutò la ragazza con un cenno del capo. Accese il suo computer e vide Davide sedersi sulla scrivania lasciando che le gambe dondolassero.
<< Sparisci >> mormorò tra i denti << Questo non è il tuo posto >>.
Davide le sorrise quasi con fare innocente.
<< Questo è esattamente il mio posto, invece >>.
Eleonora scosse il capo.
Quella sarebbe stata la giornata di lavoro più lunga della sua vita.
 
Alice aveva iniziato il suo lavoro da appena una settimana e tutto filava liscio. Le bambine del signore e della signora Orlandi erano adorabili, educate e sempre gentili. Non aveva mai sentito una parola fuori posto o un comportamento non indicato. In quell’arco di tempo aveva avuto modo di conoscere anche Emilia, una donna di classe e molto fine che lavorava in una boutique di via Condotti. Sebbene fosse una semplice commessa, parlava perfettamente tre lingue e proprio in virtù dei numerosi turisti che giravano nel centro di Roma, erano quasi vent’anni che svolgeva la sua mansione in quel negozio di alta moda. Quando scoprì che la sorella di Alice viveva in Francia da anni, si mise a parlare in francese con lei rimanendo piacevolmente sorpresa dalle risposte che le aveva porto. Alice era laureata in Lettere Classiche, ma padroneggiava abbastanza bene l’inglese e il francese da poter avere una conversazione decente. Inoltre, nel suo piano di studi di Filologia Classica era riuscita a infilare un paio di esami di letteratura straniera. Aveva sottratto del tempo allo studio e alle lezioni, però riuscire a mettere dei soldi da parte e avere come obiettivo il massimo dei voti nella laurea magistrale la spingeva a continuare. Si era anche ridimensionata nelle uscite con i compagni di corso e amici. Infatti, quando tornava a casa, era troppo stanca per pensare anche solo di vestirsi e andare per locali a Trastevere preferendo studiare qualche pagina e poi andare a dormire. Il fine settimana poi, era completamente dedicato allo studio sia degli appunti, che una sua amica le passava, sia dei libri di testo assegnati dai professori.
Quel giorno doveva essere uno dei tanti in cui, dopo aver preso Alessia e Debora alla fermata del pulmino, sarebbe rincasata e sarebbe stata con le bambine tutto il pomeriggio. Ma non appena aprì la porta di casa comprese che c’era qualcosa che non andava. La lampada all’ingresso era stata rovesciata e, avanzando, si vedeva il grande tappeto del salone arrotolato da un lato. Istintivamente si portò avanti alle bambine come se volesse proteggerle e continuò a guardarsi attorno. La famiglia Orlandi abitava in una villa con un immenso giardino sul retro comprensivo di piscina, mentre davanti possedeva due cancelli per passaggio pedonale e delle macchine e un piccolo viale ben tenuto.
<< Ali, guarda che… >> provò a dire Alessia che era la più grande tra le due sorelle.
Alice non la ascoltò entrando in salone e scoprendo così il corpo di un ragazzo che dormiva profondamente sul divano. Per terra, vicino alle ampie vetrate, c’erano un paio di zaini del modello usato per i campeggi e un paio di scarpe logore. Il suo primo pensiero fu che si fosse dimenticato il cancello aperto e che Maurizio l’avrebbe licenziata in tronco. A una prima occhiata, infatti, quel ragazzo sembrava un barbone. Fece un respiro profondo cercando di fare meno rumore possibile per poter chiamare la polizia. Prese il cellulare dalla tasca dei jeans e stava per comporre il numero se non ci fossero state le urla delle bambine a bloccarla. Si voltò nella loro direzione mentre Alice e Debora si fiondavano addosso allo sconosciuto. Avrebbe voluto fermarle, ma non ci riuscì.
<< Zio! >> urlarono simultaneamente iniziando a saltare sul divano << Sei tornato! Quando sei tornato? Quanto resti? Dove sei stato? >>.
Nel sentire quell’unica parola, Alice si permise di tornare a respirare e subito dopo guardò il ragazzo svegliarsi e abbracciare le nipoti. Era sicuramente più grande di lei, forse aveva ventisei o ventisette anni ed era sicura di non averlo mai visto.
<< Ehi, calma! >> rispose l’altro cercando di mettersi seduto << Sono arrivato un paio d’ore fa, esiste una cosa chiamata fuso orario che è ancora in circolo sapete? >>.
<< E che cos’è? >> domandò Debora che aveva otto anni.
Il ragazzo scoppiò a ridere mentre abbracciava entrambe.
<< Mi siete mancate tantissimo, sapete? E siete anche cresciute parecchio! Fatevi un po’ vedere! >>.
Si alzò in piedi stiracchiandosi e solo in quel momento si rese conto della presenza di Alice. La guardò senza sapere cosa dire per un solo secondo, poi le sorrise tendendole una mano.
<< Emanuele Orlandi >> si presentò.
<< Alice Capasti >> rispose la ragazza.
<< Sei la nuova baby-sitter? Non ti ho mai vista >>.
<< sì, ma potrei dire la stessa cosa di te >> ribatté l’altra << Mi hai fatto prendere un colpo, credevo fossi una specie di squilibrato mentale o un barbone! Stavo per chiamare la polizia! >>.
Emanuele scoppiò a ridere, una di quelle risate spensierate e uscite dal cuore.
<< Addirittura? Allora meno male che queste due principesse mi hanno svegliato, anche se dobbiamo ancora lavorare sulla grazia! >>.
Le due bambine gli saltarono nuovamente addosso e il ragazzo le sostenne senza problemi.
Sotto questa felpa sporca e logora deve aveva un gran bel fisico, constatò involontariamente Alice arrossendo subito dopo, Ma cosa diavolo vado a pensare?!
<< Beh, ti sei guardato allo specchio?! >> continuò Alice indicando la barba incolta e i vestiti sporchi e scambiati.
Il ragazzo si portò una mano sul viso stringendosi poi nelle spalle.
<< Non molto negli ultimi sei mesi. Ho girato il Messico con solo quegli zaini in spalla >>.
La ventiquattrenne strabuzzò gli occhi. Aveva detto davvero che era stato in Messico per sei mesi? Ma quale persona poteva permettersi una vacanza del genere?
<< Non sapevo che il signor Orlandi avesse un altro fratello >> disse osservandolo attentamente.
Emanuele aveva gli occhi chiari, un misto tra il verde e l’azzurro, i capelli neri che avrebbe dovuto tagliare al più presto, un corpo tonico che nascondeva sotto vestiti orrendi. Non somigliava per niente a Maurizio.
<< Oh >> fece con un sorrisetto ironico il ragazzo << Ti ha parlato solo dell’altro suo fratello, il chirurgo? >>.
<< Sì, cioè… no! >> rispose cercando di evitare una brutta figura << Mi ha parlato di un fratello che ha studiato medicina come lui e non ha mai accennato a… >>.
<< Al loro fratellino che girovaga per il mondo? >> concluse Emanuele avvicinandosi allo zaino più grande << Perché non vediamo che sorprese ci possono mai essere qui dentro? >> aggiunse riferendosi alle bambine.
Le due sorelle scattarono in piedi avvicinandosi e Alice poté costatare che non aveva mai visto Alessia e Debora così felici. Sembravano quasi delle ragazzine diverse. Rimase in disparte durante l’apertura dei regali, ma cercò lo stesso di sbirciare incuriosita. Emanuele tirò fuori oggetti meravigliosi mentre spiegava le leggende che aveva imparato sui popoli messicani. Si era addentrato nella zona più interna del Messico e spesso aveva anche rischiato di non tornare proprio. Eppure non sembrava spaventato o intimorito. Raccontava tranquillamente alle nipoti le sue avventure senza tralasciare niente. E le bambine lo guardavano estasiate mentre sognavano a occhi aperti dimentiche della fame o di qualunque altro bisogno. Poi Emanuele sbadigliò più di una volta, segno che la stanchezza stava prendendo nuovamente il sopravvento.
<< Dovresti farti una doccia >> gli suggerì Alice, incantata anche lei dai suoi racconti.
Il ragazzo si grattò il capo.
<< Era quello che avevo intenzione di fare prima di crollare sul divano >> rispose sbadigliando nuovamente << Già me la immagino la faccia di Emilia non appena scoprirà che ho dormito sul suo costosissimo divano appena tornato da un viaggio di sei mesi >>.
Rise e subito dopo fissò Alice.
<< Preparo il pranzo per le bambine, sono già in netto ritardo veramente. Vuoi qualcosa anche tu? >>.
Emanuele scosse il capo.
<< Credo che tornerò a dormire >> rispose voltandosi e frugando nell’altro zaino.
Ne estrasse qualcosa che doveva essere pulito e lo appoggiò sul bracciolo del divano. Poi si tolse la felpa che indossava e la maglietta rimanendo a petto nudo. Involontariamente la ragazza fissò il suo fisico così perfetto e arrossì prima di riuscire a distogliere lo sguardo. Il corpo di Emanuele era disseminato di tatuaggi, ma non aveva avuto modo di guardarli attentamente. Ne aveva scorto uno sul pettorale, uno sul fianco e almeno un altro paio sulle braccia. Non aveva mai conosciuto ragazzi così tanto tatuati, nemmeno nella sua cerchia di amici. Aveva avuto una sola storia nella sua vita ed era durata un paio d’anni. Negli anni dell’università si era concentrata unicamente sullo studio accantonando il resto. Come ad esempio i ragazzi. Sarebbe stato stupido, però, dire che non aveva avuto delle storielle senza senso, di quelle che servivano solo da sfogo dopo un esame appena superato, ma non aveva mai conosciuto nessuno con un simile fisico. Sembrava che ogni singolo muscolo di Emanuele si contraesse e le urlasse di guardarlo.
<< Allora ci vediamo domani, Alice >> disse gettandosi i panni puliti sulla spalla destra e dirigendosi verso la scalinata.
La ragazza balbettò un saluto maledicendosi per non essere riuscita ad apparire sicura e si voltò di scatto non appena comprese il senso di quelle parole.
Emanuele alloggiava dal fratello?
 
Federico si tolse gli occhiali da sole e aspettò. Aveva promesso a Eleonora che avrebbe chiarito con Flavia, che la sua situazione non era nulla di grave eppure, a distanza di giorni, non ne avevano ancora parlato. Soprattutto lui non era riuscito ad aprirsi su quello che gli passava per la mente. Il suo unico pensiero era quella ragazza che aveva visto ballare e che il giorno del funerale di Davide e Lavinia, aveva rivisto. Non le aveva parlato, non avrebbe saputo cosa dirle. Si era limitato a guardarla mentre, in abiti del tutto normali, entrava con la spesa in un palazzo. Non sapeva a che piano abitasse, l’unica cosa certa era che a una determinata ora usciva per recarsi a lavoro. Ora che combaciava con la sua di fine lavoro. Così si affrettava, raggiungeva la piazza sulla quale affacciava la sua abitazione e si sedeva su una panchina facendo finta di fare qualcosa. Una volta si era portato un giornale, un’altra volta aveva fatto finta di parlare con qualcuno al cellulare. Non sapeva perché, ma aveva bisogno di vederla. Da quando era fidanzato con Flavia non aveva mai avuto simili sbandate, per lui era sempre esistita la ragazza; ma questa volta era diverso. Era indubbiamente attratto dalla bellezza della spogliarellista, chi non lo sarebbe stato, eppure lui era stato colpito da una scintilla di tristezza che aveva notato quando aveva ballato all’addio al celibato dell’amico. E questa scintilla lo spingeva a chiedersi come mai una bellissima ragazza facesse un lavoro simile. Avrebbe voluto parlarle, dirgli che non era mai stato uno stalker e che non comprendeva nemmeno lui i motivi che lo stavano facendo comportare in quel modo, ma era sempre stato timido e impacciato con le ragazze nonostante non ne avesse avute poche. Come ogni volta, la vide uscire e rimase abbagliato dalla sua bellezza. Indossava un vestito a fiori molto semplice, corto e con la mezzamanica. Ai piedi dei sandali bassi. Federico distolse lo sguardo nel notare che lei lo stava osservando e si alzò di scatto dalla panchina voltandosi e ritornando alla macchina. Si sentiva lo stupido più grande del mondo, come se improvvisamente fosse tornato adolescente in piena crisi ormonale. Quando tornò a guardarla, mentre entrava in macchina, stava sorridendo.
 
Claudia in quei giorni aveva preparato una piccola valigia con le sue cose ed era tornata a casa della madre. Fu parecchio strano all’inizio dormire nel suo vecchio letto e nella sua vecchia stanza. Ilaria non fece altro, per provare a farla sorridere, che lamentarsi del fatto di essere riuscita a ottenere una singola e che adesso non era più così. Infatti, essendo rimaste solo lei e Serena a casa, le due ragazze si erano divise le camere affinché l’una non disturbasse l’altra. La stanza che avevano ricavato per Federico ai tempi del liceo, invece, era rimasta intatta poiché il ragazzo era andato a convivere da neanche un anno. Nel suo armadio, probabilmente, c’erano ancora delle sue cose. Per Claudia quella era stata la scelta più semplice non trovando la forza di gestire il suo rapporto con Tommaso. Perché lei era così innamorata del marito che dover ammettere la loro separazione le faceva sentire il cuore sotto i piedi. Era stato l’unico uomo che avesse mai guardato e amato, con cui aveva condiviso sogni e progetti per il futuro. Guardare la sua vita ora, la faceva stare male. Era rimasta con un pugno di mosche. L’uomo non si era opposto quando l’aveva vista andare via, non era riuscito nemmeno a parlarle e lei, sulla soglia della porta, gli aveva sorriso tristemente prima di richiuderla. Col rumore della serratura che scattava, una parte di lei era rimasta lì non essendo riuscita a portar via l’interezza della sua mente. Ilaria e sua madre non avevano fatto domande, la prima perché aveva intuito cosa fosse accaduto, l’altra perché sperava che fosse solo uno sbandamento dovuto alla loro giovane età. La giovane donna era stata felice di non dover subire nessuna domanda e così cercava di dare il meglio almeno a lavoro.
Si versò una generosa dose di caffè nella tazza e in quel momento scese in cucina anche la sorella. Claudia alzò un sopracciglio nel notare il suo abbigliamento, ma non le disse nulla. Erano giorni, ormai, che Ilaria esibiva un sorriso felice e non voleva litigare con lei per qualche rimprovero superfluo. Avrebbe voluto domandare il motivo del suo stato d’animo, sapeva che Riccardo era a Roma per lavoro, ma una parte di sé temeva di non riuscire a essere felice per lei se le avesse raccontato delle novità positive.
<< Buongiorno >> salutò la più piccola.
Claudia contraccambiò e guardò l’ora, poi versò il caffè che era rimasto nella macchinetta alla sorella. Ilaria aprì il frigo cercando il latte e lo richiuse con un movimento di bacino. Prese i suoi cereali preferiti e si sedette sullo sgabello della penisola.
<< Stasera non ci sono per cena >> proclamò agitando il cucchiaio << Non aspettatemi >>.
Claudia inarcò nuovamente un sopracciglio e si appoggiò alla lavastoviglie mentre finiva di fare colazione.
<< E’ tornato Riccardo? >> chiese cauta.
L’altra scosse il capo continuando a mangiare e involontariamente sorrise fissando la sua tazza. La sorella assottigliò gli occhi per un attimo prima di sistemare la stoviglia sporca nell’elettrodomestico. Quella mattina sarebbe andata a lavoro più tardi del previsto, non aveva cause in tribunale e quindi poteva permettersi una mezz’ora bonus soprattutto per quanto aveva lavorato nei giorni addietro. Fulvia non era ancora scesa in cucina, anche lei aveva la sua prima lezione nella tarda mattinata. Stava per domandarle il motivo di tutto quel mistero che metteva nelle sue poche frasi, ma venne interrotta dalla suoneria del cellulare di Ilaria. La ragazza si fiondò sul suo Iphone, sorrise di nuovo, e si alzò in piedi.
<< Scappo >> disse semplicemente << Non aspettarmi sveglia, probabilmente farò tardi! >>.
<< Posso chiederti almeno dove… >>.
Ilaria s’infilò velocemente le scarpe vicino l’ingresso mentre il cellulare riprendeva a squillare. Questa volta era una chiamata. Claudia scosse il capo. Ilaria non sarebbe mai cambiata. Chiuse la scatola di cereali che l’altra aveva lasciato sulla penisola e vuotò nel lavandino il fondo della tazza che aveva l’abitudine di non bere mai.
<< Ah, Claudia >> affermò Ilaria affacciandosi nuovamente in cucina. Aspettò che sua sorella la guardasse prima di continuare << Quando vorrai parlare, io ci sarò >>.
La più grande non disse nulla ritrovandosi a sorridere e ad annuire. Poi sentì la porta di casa sbattere e comprese che era uscita per andare a lavoro.
Stava per spostarsi nel salone per sentire il telegiornale della mattina, quando arrivò Fulvia. E dall’espressione che aveva, Claudia comprese subito che aveva intenzione di parlarle. Involontariamente strinse la mano a pugno. Non era ancora pronta a farlo.
<< Ciao mamma >> salutò gettando una veloce occhiata al cellulare.
La donna contraccambiò guardandola. Sua figlia indossava un completo scuro con una maglietta a mezze maniche di un colore tenue che smorzava l’interezza del nero. I capelli erano, come sempre, legati in modo da non darle fastidio e quella mattina indossava gli occhiali invece delle lenti a contatto.
<< Vorrei parlarti un attimo, Claudia >>.
La ragazza si irrigidì mentre si fermava sulla soglia della porta. Aveva sperato fino alla fine di sbagliarsi.
<< Sto per andare a lavoro >> mentì << E non ho ancora sistemato i documenti che ho lasciato ieri sulla scrivania >>.
Fulvia fece un gesto con la mano per dire che non era importante e mise sul fornello la macchinetta del caffè.
<< Non ci metteremo molto >> le rispose << Voglio capire cosa sta succedendo >>.
Claudia sentì immediatamente tutto il corpo irrigidirsi. Non era forse abbastanza chiaro? Avrebbe voluto risponderle che Ilaria aveva molto più tatto di lei. Ed era tutto dire. Ingoiò un groppo di saliva.
<< Cosa vuoi sapere? >>.
<< Sei tornata a casa perché Tommaso ti tradisce? >>.
La domanda era secca e diretta, occorreva un semplice monosillabo per rispondere. Eppure nella ragazza montò una rabbia che la fece arrossire. Non era ovvio? Oppure lo era solo per lei?
<< Sì >> rispose dopo quella che le parve un’eternità << Con la sua segretaria >>.
Sua madre si limitò ad annuire mentre si sistemava una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Si versò il caffè e tornò a guardare la figlia.
<< Gli hai detto di licenziarla? >>.
Claudia dovette sbattere più volte le palpebre per essere certa che quella domanda fosse vera.
<< Cosa? Dovrei essere io a… >>.
Le mancavano le parole per proseguire.
<< Mi sembra ovvio >> continuò la donna << Se lui ancora non lo ha fatto, dovresti importi. Sei sua moglie >>.
La ragazza allargò le braccia a quell’affermazione.
<< Sul serio mi stai dicendo di fare una cosa del genere, mamma? >> rispose << Non ho intenzione di salvare le apparenze e di impormi con lui! Sarebbe dovuto partire da Tommaso una cosa del genere e invece… >>.
<< Sei sua moglie >> ripeté Fulvia come se volesse marcare ulteriormente il concetto << Non sono mai stata d’accordo sul tuo matrimonio, eri solo una ragazzina innamorata del suo fidanzatino. Ma ti sei sposata e hai delle responsabilità >> fece una pausa << Vuoi che la gente parli di te non appena ti vedranno passare? >>.
<< Ma ho una dignità! E non voglio calpestarla >>.
Sua madre finì di bere il caffè e la osservò a lungo prima di parlare proprio come quando stava correggendo un compito in classe.
<< Il tuo dovere è cercare di tenere insieme la tua famiglia. Anche tuo padre… >>.
<< E guarda com’è finita! >> esclamò Claudia incapace di trattenersi << Se n’è andato! Il più lontano possibile! Non voglio fare la stessa fine! >> si rese conto di aver esagerato, ma non si fermò. Quelli, per lei, non erano assolutamente consigli da dare a una figlia << Voglio che Tommaso stia con me perché mi ama! Perché sebbene io sia ancora innamorata di lui, non sopporterei di stare al suo fianco mentre pensa a un’altra! Almeno non più >>.
Detto, senza attendere oltre, afferrò la sua ventiquattrore precipitandosi verso l’uscita. Non intendeva ascoltare oltre quella mattina. E invece, proprio mentre era sulla soglia d’entrata di casa, le arrivò l’ultima perla di sua madre.
<< Imparerai presto, Claudia, che un matrimonio non vive solo di amore >>.
 
 
 
  
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