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Autore: Kendra26    01/10/2018    5 recensioni
Nei fiumi introspettivi di Al.
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La storia partecipa alla challenge "Un Bacio, Mille Emozioni" (bacio di rabbia), del gruppo Boys Love - Fanfic & Fanart's World
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Albus Severus Potter, James Sirius Potter
Note: nessuna | Avvertimenti: Incest | Contesto: Nuova generazione
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Ho scritto questa drabble in un momento abbastanza particolare della mia effimera esistenza, in cui sono in preda a una strana e inquietante confusione e all'incertezza degli eventi. Spero passi o spero mi trascini del tutto.

A ogni modo, mi serviva scrivere qualcosa, quasi come un esercizio. Pally, la mia beta insostituibile, ha ritenuto il risultato di questa applicazione positivo, perciò lo faccio leggere anche a voi.

 

James/Albus perché, ultimamente, il Pottercest mi stuzzica le fantasie. 


 

Mi sono preso una cotta.
 

Mi sono preso una cotta ed è la cosa peggiore che mi potesse capitare. Sto male, malissimo. All’inizio, è stata la pancia: ero in privato, con le mie riflessioni, con le mie infinite analisi mentali, quando un pensiero, all’apparenza piccolo e innocuo, si è insinuato nel mio cervello e ha affondato le sue radici nelle mie sinapsi, crescendo e diventando sempre più pressante, sempre più tossico. Ha pervaso il mio corpo, ha invaso il mio stomaco, si è annidato nel mio intestino e l’ha contorto senza pietà. Ora non posso fare a meno di catalizzare tutta la mia attenzione a questa massa pesante nella mia testa, e ogni volta che lo faccio, sento le mie budella aggrovigliarsi e mille sfarfallii dilagare in me. È terribile, mi piego dal dolore e mi sembra di non riuscire a respirare e, allo stesso tempo, è una sofferenza cui non posso fare a meno, perché mi fa sentire vivo. Mi fa capire che sono io, adesso, ora.
 

Immagino le sue labbra. Ci fantastico tantissimo. Immagino di vederlo fermo, davanti a me, perso a scrutarmi, come se i miei occhi conservassero il segreto del tutto e fantastico di allungare la mia mano, fino a posare le dita sulla sua bocca. Vorrei accarezzargli il labbro inferiore, passare le dita sulla pelle increspata, sulle pieghe rosate e le screpolature, forzarle dentro, sfiorargli la lingua, immaginare che tipo di scossa elettrica arriverebbe a darmi un suo bacio. Non potrei baciarlo, no. Non potrei attraversare quella linea. Ma testare con i miei polpastrelli quell’apparato solo per assaporare una sensazione senza renderla davvero reale; io sarei già felice così.
 
 

Lo fissavo, l’altro giorno. Non credo lui se ne sia accorto. Jane mi è venuta vicino e mi ha stretto le braccia al collo, “cosa fai, non vieni a cena?” Sì, ora arrivo, solo un attimo. Era seduto, intento a leggere, mentre si passava distrattamente una piuma sul naso. La rotolava lungo il setto, la faceva arrivare alla punta e poi la conduceva per lo stesso percorso, a ritroso: ho desiderato di essere penna, ho sognato, per un attimo, di assumere quella forma allungata, di sentire la presa delle sue dita snelle attorno a me, il calore della sua pelle e quella piccola gobba ossea, proprio sotto il ponte della sua fronte. Ho desiderato tutto questo e ho bramato altro ancora. Mi sono alzato di scatto, sono corso per le scale e lui si è destato dalla sua lettura.

“Al? Dove vai?”

Non ho detto nulla, perché sarei riuscito solo a formulare una risposta sbagliata a quella domanda. Vado a pensare al tuo corpo, vado a muovere la bocca spoglia della tua pelle sotto di essa, vado a far finta di morderti, leccarti, di succhiarti e affondare il naso nei peli del tuo bacino, di stringerti il cazzo, forse di violentarti e di non volere che tu ti muova, forse di morire, accecato dal piacere.

Sdrucciolo e scivolo nel morbido abbraccio della mia immoralità e lo faccio all’oscuro di tutti, attendendo, paziente, che il suo potere si esaurisca. Lo faccio nella speranza che sbiadisca, come una figurina abbandonata al sole, alla quale riservare solo carezzevoli occhiate di affetto. Non è, d’altronde, che un uomo come un altro, una persona come un’altra, un umano nella miriade di umani del mondo che io, beffardo, ho scelto, o forse no, di amare.
 

 
Non è che mio fratello.
   
 
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