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Autore: DarkSoul001    02/10/2018    1 recensioni
“Sei un cacciatore”
la voce di Bobby era secca e con un tono di rabbia che non sfuggì all'altro.
“Non hai risposto alla mia domanda” rispose Argent sorridendo, ma non c'era niente di allegro nel suo sguardo. Entrambi gli uomini avevano ancora le armi puntate l'uno sull'altro, nessuno dei due accennava a dare un briciolo di fiducia o a fare la prima mossa per dimostrare le sue buone intenzioni.
Genere: Avventura, Azione, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Bobby, Castiel, Claire Novak, Dean Winchester, Sam Winchester
Note: Cross-over | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
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“Preparati è… è messa male”
“Avanti aprilo e smettila di fare storie”
“No voglio dire… veramente male, sul serio non penso tu sia preparato…”
“Stiles, falla finita e apri il cofano”
I due ragazzi erano nel parcheggio appena fuori dal bunker, il sole caldo del pomeriggio incombeva su di loro, ma non era fastidioso, anzi era quasi piacevole.
Lydia aveva raccontato agli altri della sua visione, il ragazzo di cui aveva parlato, Jackson, sembrava aver bisogno del loro aiuto il prima possibile, ma andare al rifugio dei cacciatori in pieno giorno era praticamente un suicidio.
Nell’attesa il cacciatore si era offerto di dare una mano al ragazzo con il motore della sua macchina, ma niente avrebbe mai potuto prepararlo allo spettacolo che si era trovato davanti.
Ogni singolo pezzo del motore era ricoperto di nastro isolante, il liquido dei freni era diventato quasi nero, la batteria sembrava essere stata messa dentro un microonde, e non c’era un solo cavo ancora funzionante.
Nonostante le avvertenze dell’altro, Dean dovette concentrarsi profondamente per non avere un attacco di panico. Fece un paio di respiri profondi prima di parlare. La mascella era rigida, gli occhi fissi su quello che sarebbe l’inferno di ogni meccanico.
“Hai detto che hai dei pezzi di ricambio, giusto?” la voce era robotica e Stiles cominciava ad essere seriamente preoccupato
“Sì, sono dietro, li vado a prendere” stava cominciando ad allontanarsi quando vide l’esperto cacciatore cominciare a perdere l’equilibrio, sentendo mancare la forza nelle gambe.
“Hey hey piano…” il ragazzo corse a sorreggerlo, nonostante il peso dell’altro probabilmente avrebbe reso l’impresa impossibile, ma fu solo un falso allarme perché le gambe ricominciarono subito a rispondere ai comandi
“Sto bene, sto bene… vai a prendere i pezzi”
Anche se un po’ riluttante Stiles si avviò, osservando da lontano Dean che, con aria quasi disperata, stava accarezzando dolcemente quel poco che era rimasto del motore della Jeep.
Il sole cominciava a tramontare all’orizzonte, dipingendo il cielo di un arancione caldo e rassicurante, che avvolgeva le poche nuvole rosate che ondeggiavano tranquille nell’azzurro del cielo.
Dean e Stiles si stavano godendo quel magico spettacolo, ancora sporchi di olio e con le mani stanche. Avevano fatto il meglio che potevano per sistemare quello che ora forse poteva essere definito il motore della jeep, il cacciatore non era pienamente soddisfatto mentre il ragazzo non poteva essere più felice del risultato. Ora le strisce di scotch erano sparite quasi del tutto e molti pezzi erano stati sostituiti.
I due stavano bevendo una birra, seduti sul cofano dell’auto, Dean la assaporava con gusto mentre Stiles l’aveva accettata quasi per dovere, ne aveva bevuti appena due sorsi. Il sapore amaro che lasciava in bocca era insopportabile.
“Grazie dell’aiuto”
“Non c’è di che. Vedi di prendertene cura d’ora in poi”
“Lo farò” Dean gli infondeva ancora un po’ di soggezione, con quel fare sicuro di sé e quella stazza imponente, ma ormai aveva capito che infondo era una persona gentile e disponibile.
“Posso farti una domanda?”
Stiles annuì, preso alla sprovvista dal cacciatore
“Come conosci così bene i distintivi dell’FBI?”
Il ragazzo si rilassò visibilmente, aspettandosi chissà che cosa.
“Oh, be è quello che voglio fare, entrare nell’FBI. Finita la scuola avevo cominciato un tirocinio come apprendista, ero anche molto portato, mi hanno fatto molti complimenti… si insomma avevo bei voti, non che stessi molto simpatico ai miei professori… soprattutto al coroner, diciamo che non reggo molto la vista del sangue. L’infermiera però è molto simpatica, sai con gli svenimenti sono finito più volte in infermeria…”
“Perché sei tornato?”
L’altro si bloccò improvvisamente, genuinamente sorpreso dalla domanda
“Hai presente quella cosa che vuole ucciderci? Penso sia abbastanza ovvio”
“Potevi continuare gli studi, qui mi sembra già abbastanza pieno di lupi mannari che riescono a gestire la situazione”
“Non avrei mai potuto abbandonarli, e non avrei mai potuto lasciare Scott da solo. Lui è come un fratello per me”
Dean si voltò verso il ragazzo e lo vide. Vide lo sguardo che vedeva negli occhi di Sam e che probabilmente si rifletteva anche nei suoi. Vide lo sguardo di una persona pronta a tutto, nonostante le sue limitazioni rispetto al resto del gruppo. No, non avrebbe mai abbandonato Scott, a costo della vita. Riconobbe quello sguardo e ne ebbe paura, perché sapeva benissimo di cosa era capace una persona che lo possedeva.
“Hai mai usato una pistola?”
Il repentino cambio di argomento lasciò Stiles ancora una volta interdetto e, anche se solo per qualche secondo, senza parole.
“No, avrei dovuto cominciare questo mese a maneggiare le armi”
Il cacciatore annuì, finì la sua birra e scese dal cofano.
“Vieni con me”
 
 
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“No metti questa mano qui… sì così, resta morbido… perfetto, tieni entrambi gli occhi aperti… ok ora devi solo mirare e premere il grilletto”
Gli occhi di Stiles erano puntati sulla bottiglia vuota di birra, appoggiata su di un albero che era stato amputato. L’eccitazione di tenere per la prima volta un’arma in mano gli faceva tremare leggermente le mani.
“Respira profondamente e poi spara”
Il cacciatore mollò la presa sulle mani dell’altro per lasciarlo provare, aspettò qualche secondo ma non sentì il familiare rumore dello sparo.
“Stiles?”
“Sì sì ci sono…” il ragazzo fece un respiro profondo, puntò la pistola e premette il grilletto. Il suono rimbombò vigoroso nell’aria, il rinculo della pistola aveva fatto fare un passo indietro al tiratore, che stava gridando in segno di trionfo, nonostante la bottiglia fosse ancora in piedi, ignara del proiettile che stava per colpirla.
“WOW! O mio dio ho sparato! Ho sparato veramente! Wow!” L’euforia del ragazzo era contagiosa, tanto che il cacciatore non poté trattenere un sorriso, ma allo stesso tempo si chiese se non avesse fatto male a fargli scoprire questo nuovo giocattolo.
“Avanti riprova”
Stiles non se lo fece ripetere due volte. Questa volta senza nessuna esitazione cominciò a sparare a raffica in direzione della bottiglia. Dopo poco si era già abituato al rinculo e al rumore assordante, ma il bersaglio rimaneva ancora in piedi. Il caricatore si svuotò, ma il ragazzo non era ancora riuscito nel suo intento. Nonostante ciò l’esaltazione era rimasta la stessa del primo tentativo, si girò verso Dean sorridente, quasi grato che gli avesse concesso così tanta fiducia da consegnargli un’arma in mano.
“Hey! Ma che diavolo state facendo?” una voce severa fece girare i due, che si trovarono di fronte un Peter decisamente infuriato.
“Perché quel ragazzino ha una pistola in mano?”
Il diretto interessato si sentì improvvisamente in colpa e un po’ a disagio, restituì l’arma a Dean che però gli fece segno di tenerla
“Dovrà sapersi difendere, è l’unico qui che non ha zanne e artigli”
“Sì ma… è Stiles” Peter agitò le braccia indicando il ragazzo, quasi bastasse guardarlo per capire che non era in grado di tenere fra le mani un’arma. Dean si girò e vide l’altro che stava cercando di infilare la pistola nei pantaloni, senza grandi risultati e senza la sicura inserita. Se fosse stata carica probabilmente si sarebbe sparato su un piede. Non poteva dare tutti i torti al lupo mannaro.
“Ci penserò io a insegnargli”
L’altro alzò le mani in segno di resa. O forse per far capire che lui non se ne sarebbe occupato e che da ora sarebbe stato un problema di Dean
“Basta che io non mi trovi nella traiettoria di quel proiettile. Comunque gli altri mi hanno mandato a chiamarvi, è arrivato il momento”
Le preoccupazioni di Dean e l’entusiasmo di Stiles passarono in secondo piano ed entrambi tornarono concentrati, prima di avviarsi in direzione del bunker.
 
 
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“Siete tutti d’accordo?” Scott parlava con voce risoluta, gli occhi di tutti erano puntati su di lui.
“Io e Liam andremo a scuola, abbiamo dei sospetti su una delle professoresse, cercheremo di scoprire qualcosa in più, mentre Kira, Malia e Theo andranno alla base dei cacciatori”
I due fratelli si guardarono, il minore annuì e fu il maggiore a parlare
“Andremo anche noi”
“Io verrò a scuola con voi, una banshee può sempre tornare utile”
Dean mimò la parola “banshee?” a Sam confuso e impaurito al ricordo di quella che si erano trovati ad affrontare qualche tempo prima. L’altro alzò le spalle, anche lui incapace di immaginare quella ragazza trasformarsi in un mostro urlante dai capelli neri e dagli occhi luminosi.
Stiles, vedendoli confusi, cercò di fargli un veloce riassunto
“Riesce a predire la morte delle persone, ha delle visioni e delle sensazioni che a volte ci aiutano… e a volte ci mandano verso morte certa”
“Noi… conoscevamo un altro tipo di banshee” Spiegò Sam un po’ riluttante. Il ragazzo si accigliò per un secondo, poi si ricordò delle ricerche che aveva fatto al riguardo e delle informazioni che aveva avuto dal bestiario.
“Ah no, non è una vera e propria banshee, insomma non è uno spirito, ma questi spiriti già dall’antichità si legavano ad alcune famiglie, di solito irlandesi, quella di Lydia deve essere una di queste”
Gli altri due annuirono, Sam interessato e appuntandosi mentalmente di andare ad informarsi di più su queste leggende, Dean semplicemente felice di non avere un altro mostro a cui pensare
“Ah e riesce a spostare le persone con le grida. Per il resto è normale”
“Avete finito di parlare di me?” la ragazza li guardava con occhi taglienti e tutti e tre si immobilizzarono, i due fratelli ancora sconvolti dall’ultima informazione di cui erano venuti a conoscenza.
“Ok siamo tutti pronti?”
Il gruppo annuì al capobranco quando un rumore di patatine sgranocchiate attirò l’attenzione di tutti all’angolo della stanza che confinava con la cucina.
Peter stava mangiando tranquillamente ascoltando la conversazione con fare annoiato.
“Hai intenzione di venire con noi?” era la figlia che aveva parlato, l’altro sembrò pensarci un secondo prima di rispondere
“Mmm… no”
“Non volevi vendicarti, farli fuori tutti, eccetera eccetera?” Stiles si pentì subito di aver aperto bocca vedendo lo sguardo di Peter puntato su di sé. Gli occhi taglienti e la statura imponente lo facevano sembrare minaccioso e costantemente arrabbiato.
“Qui non si parla di vendetta, qui si parla di salvare uno stupido ragazzino o di andare a fare una riunione genitori insegnanti fuori orario. Grazie ma io passo”
“Fa come ti pare”
“No!” era stato Scott a intervenire “Ogni aiuto può essere indispensabile, noi abbiamo bisogno di te”
Il lupo mannaro lo guardava impassibile, prendendo un’altra manciata di patatine e portandola alla bocca. L’Alfa roteò gli occhi esasperato.
“Se andrai al covo dei cacciatori potresti trovare i responsabili che hanno distrutto la tua auto”
Le mie auto” ci tenne a precisare l’altro
“Le tue auto, ogni occasione può essere buona per vendicarti”
“Aspettate fermatevi un secondo” Dean si era alzato in piedi “L’unico motivo per cui lui è qui è perché quei cacciatori hanno distrutto le sue macchine?”
Gli altri si scambiarono una veloce occhiata prima di rispondere all’unisono
“Sì”
Il cacciatore non sapeva se essere disgustato dalla superficialità dell’altro o sinceramente dispiaciuto e comprensivo nei suoi confronti. Vedendolo in difficoltà Sam gli mise una mano sulla spalla facendogli segno di sedersi. Peter lo guardò interdetto, non capendo cosa fosse esattamente successo.
“Allora? Verrai con noi? O te ne starai qui da solo a mangiare patatine?”
L’altro sospirò pesantemente prima di rispondere
“E va bene verrò anch’io, ma sappiate che non me ne tornerò a casa senza aver fatto fuori almeno uno di quei figli di puttana”
“Nessuno cercherà di fermarti” commentò Malia
“Ricordatevi che i ragazzi non agiscono di loro spontanea volontà. Sono influenzati dalla paura che trasmette l’Anuk-ite” volle precisare Scott
“Paura o no hanno ucciso lupi mannari innocenti, vanno fermati a qualunque costo”
“Anche a quello di abbassarsi al loro stesso livello?”
“Sì se necessario” Malia e Scott si stavano guardando in cagnesco, fu Kira a intervenire
“Litigare fra noi non ha senso, in più ormai è calata la notte, dobbiamo andare” I due decisero di rimandare le discussioni a dopo e concentrarsi sull’obbiettivo: salvare Jackson.
 
 
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L’impala e la vecchia jeep si fermarono a qualche metro di distanza dall’entrata, il gruppetto proseguì a piedi, silenziosamente sotto la luce della luna. Sam e Dean avevano già le pistole in mano, mentre Stiles per questa prima missione aveva preferito evitare, concordando con gli altri. Impugnava comunque la mazza da baseball di ferro, che sapeva gli sarebbe tornata utile. Kira aveva già sfoderato la katana, mentre Malia, Peter e Theo procedevano a mani nude.
“Ci sono due guardie all’entrata, il resto sembra libero” Dean osservava i due cacciatori che si stavano tranquillamente fumando una sigaretta, non sarebbero stati difficili da aggirare.
“Do un’occhiata al perimetro” rispose Sam avvicinandosi lentamente
“Sento molti battiti cardiaci all’interno, non capisco quale sia Jackson” intervenne Malia.
I due fratelli si scambiarono una veloce occhiata, ancora non erano abituati a questo nuovo tipo di lupi mannari. Sam alzò leggermente le spalle, quasi come a dire “cosa possiamo farci? Ci abitueremo” e proseguì. Gli altri attesero per qualche minuto il suo ritorno, impazienti di entrare in azione. Malia si girò verso Kira, parlandole a bassa voce in modo che nessun’altro ascoltasse.
“Riuscirai a controllarlo?”
L’altra annuì, ma le si leggeva negli occhi che quella missione la spaventava a morte. Se non fosse riuscita a controllare lo spirito della volpe avrebbe potuto essere la causa del suo fallimento, o peggio. Stavano per addentrarsi in un territorio sconosciuto, qualsiasi cosa sarebbe potuta andare storta. Aveva mentito. No, non riusciva a controllarlo e non aveva idea di cosa lo scatenasse.
La cosa che la preoccupava di più non era la sua sicurezza, ma quella dei suoi compagni. E se per causa sua qualcuno si ferisse? O addirittura ci lasciasse la pelle? Non voleva nemmeno pensarci, il senso di colpa l’avrebbe uccisa.
Fece un respiro profondo ma la paura non accennava ad andarsene. Malia le si avvicinò, toccandole delicatamente il braccio
“Andrà tutto bene, resterò con te tutto il tempo” l’altra annuì nuovamente, confortata dall’amica e grata del suo aiuto. Fece un altro respiro profondo, che questa volta, anche grazie agli occhi preoccupati e comprensivi dell’altra che la fissavano, riuscì a calmarla almeno un po’.
Sam tornò da loro, riferendo che non c’erano altre guardie, almeno all’esterno. Il gruppetto allora si avviò silenziosamente. Una volta all’entrata Theo e Peter si avvicinarono di soppiatto alle guardie, tappandogli la bocca e facendogli perdere i sensi. Peter si girò verso Malia, quasi ad aspettare un segno di approvazione per non aver ancora ucciso nessuno, ma la figlia lo ignorò, entrando nell’edificio.
La stanza che si trovarono di fronte era grande e particolarmente spoglia. C’erano alcuni quadri alle pareti e dei libri sparsi un po’ovunque, ma niente che facesse pensare alla presenza di un’orda di cacciatori. Stiles cominciò a curiosare in giro, subito ripreso da Malia che quasi lo dovette trascinare via. I ragazzi entrarono nell’unica porta presente nella stanza, ritrovandosi in un piccolo corridoio che portava in tre stanze diverse. Dean stava già andando in esplorazione verso sinistra, ma Theo e Malia lo fermarono contemporaneamente, facendogli segno di entrare nella porta di destra. Kira entrò per prima, seguita da Peter e Sam, silenziosamente sorpassarono alcuni scaffali ricolmi di armi e strani oggetti, scatole, fogli arrotolati e gettati alla rinfusa, piante e coltelli dalle forme più varie. I tre si distrassero curiosandoci in mezzo, e fu a quel punto che sbucarono i due cacciatori che erano di guardia.
Uno si avventò su Sam, mentre l’altro prese di mira Peter. I compagni accorsero velocemente, mentre Kira stava già aiutando Peter, procurando un vistoso taglio sul fianco dell’aggressore. Quello si ritrasse e il lupo mannaro gli diede il colpo di grazia.
Sam intanto stava cercando di divincolarsi, ma l’altro l’aveva preso alla gola, rendendogli difficile respirare. Dean aveva già la pistola puntata su di lui, ma Theo gli fece segno di non sparare o ne sarebbero arrivati altri.
Sotto gli occhi stupiti di tutti fu Stiles a intervenire, colpendo il cacciatore alla testa con la mazza da baseball. L’altro cadde a terra tramortito, mentre Sam cominciò a tossire, immettendo nuovamente aria nei polmoni. Dean lo raggiunse, verificando che il fratello stesse bene, e lui gli fece segno di non preoccuparsi.
Stiles nel frattempo si era stampato un ridicolo sorriso in faccia, finalmente felice che la sua arma di difesa fosse servita effettivamente a qualcosa. Ma quando si voltò il suo sorriso scomparve improvvisamente. C’era un’enorme grata, collegata ad una specie di console e ad un generatore elettrico. Lì, appeso per i polsi, c’era un ragazzo dai capelli scuri e corti, il volto squadrato solcato da rivoli di sangue, la maglietta aveva molte bruciature dovute alle scariche elettriche, la testa era penzoloni sul petto, gli occhi erano chiusi.
Stiles si avvicinò a lui, provandolo a chiamare, dandogli qualche colpetto in faccia, non troppo forte avendo paura, per quanto poco, di fargli ancora più male di quanto non ne avesse dovuto sopportare fino a quel momento. Cominciò a slegargli i polsi, vedendo le mani forti di Dean e Peter aiutarlo a sostenere il peso del corpo.
“Jackson! JACKSON!” lo appoggiarono a terra dolcemente, il ragazzo rimase vicino a lui. Lui stesso si sorprese della paura e dell’affetto che sentiva per lui in quel momento. Non erano mai andati d’accordo, anzi si odiavano, ma vederlo in quello stato gli aveva fatto scattare un senso di compassione che non sapeva di possedere. Ma non si curò troppo della cosa, concentrandosi di più sul corpo inanimato di fronte a lui.
“JACKSON!”
“Non urlare! Potrebbero sentirci” era stato Sam a intervenire, mettendo una mano sulla spalla del ragazzo.
“Intanto dobbiamo portarlo fuori di qui, poi penseremo a curarlo, lo porteremo da Deaton” Gli altri annuirono alle parole di Kira, ma in quello il lupo si riprese, aprendo leggermente gli occhi e riconoscendo Stiles, poi si guardò intorno confuso, dicendo parole incomprensibili.
“Hey, tranquillo, ti portiamo via di qui”
“E…tha…”
Stiles avvicinò l’orecchio per sentire meglio
“E…than… dobbiamo trovare… Ethan”
Stiles si allontanò confuso, riferendo agli altri quello che aveva detto, e cercando spiegazioni negli sguardi di Malia e Kira, che sapevano di chi stesse parlando.
Le due si guardarono confuse, poi riportarono gli occhi sul ragazzo.
“Forse sta delirando…”
“E perché direbbe il nome di Ethan se stesse delirando?”
“Aspettate, sta dicendo qualcos’altro” Stiles si avvicinò nuovamente a lui, e dopo pochi secondi gli si allontanò, con gli occhi spalancati, e la bocca aperta, come se volesse dire qualcosa ma non trovasse le parole. Gli altri incuriositi gli chiesero spiegazioni. Il ragazzo si girò, ancora con occhi e bocca spalancati.
“E’ il suo fidanzato… stanno insieme”
A quel punto sui volti di tutti si dipinse lo stesso sguardo che poco prima era sul volto di Stiles. Le due ragazze sorrisero, insieme a Sam che lanciò una furtiva occhiata a Dean, il quale però rifletteva uno sguardo confuso, come del resto facevano Peter e Theo. Seguirono alcuni secondi di silenzio che servirono al gruppo per metabolizzare la notizia. Poi tutti tirarono fuori nuovamente le armi, pronti per affrontare gli altri cacciatori. Tutti tranne Peter.
“Cosa? State seriamente pensando di andare a recuperare il suo amichetto? Oh no, io me ne vado, avete sentito quanti diavolo di cacciatori ci sono nelle altre stanze?”
“Non possiamo lasciarlo qui” Padre e figlia si misero nuovamente a litigare ma Theo, stanco di questa storia, si mise in mezzo
“Ok ora fatela finita! Qualcuno dovrà portare Jackson all’auto, gli altri recupereranno Ethan, Peter se tu non vuoi far parte dell’operazione puoi andartene. Stiles, tu occupati di lui”
Stiles fece per ribattere ma gli altri gli dettero ragione quindi decise di non discutere. Si mise un braccio del lupo intorno al collo e lo portò fuori, con le proteste di quest’ultimo che non voleva andarsene senza il suo fidanzato. Il ragazzo cercò di spiegargli la situazione col fiato corto per lo sforzo, cominciando ad uscire dalla stanza.
“Malia, Kira voi controllate da quella parte, noi guarderemo di qua” concluse Theo, rivolgendosi ai Winchester, che annuirono. I ragazzi si divisero e Peter, vedendoli allontanarsi, sospirò seguendo il gruppo delle ragazze.
 
 
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La scuola era avvolta dalle tenebre, i corridoi erano ancora più angusti del solito.
Scott, Liam e Lydia erano ormai abituati a quella sensazione di inquietudine e forse anche paura. Non era la prima volta che si ritrovavano in quella scuola dopo che il sole era calato da un pezzo, ormai era diventata la scenografia fissa delle loro avventure notturne contro creature di ogni tipo.
I due ragazzi stavano andando alla ricerca della professoressa, ma non riuscivano a percepirne l’odore, si rivolsero quindi a Lydia ma nemmeno lei fu di grande aiuto. Decisero quindi di dividersi, anche se il loro istinto gli suggeriva caldamente il contrario. Quella sensazione di paura non era dovuta solo all’atmosfera notturna. L’Anuk-ite era nei paraggi.
Scott andò ad esaminare le aule, mentre Liam si diresse verso gli spogliatoi. Lydia invece controllò la segreteria e le aule dei professori.
Un’aria fredda soffiava nell’edificio, trasportando una sensazione di puro terrore. Il capobranco cercò di mantenere la calma, non facendosi prendere dal panico e proseguì con passo sicuro ma non troppo spedito.
Alla fine la vide. Una luce bianca usciva da una delle aule e si rifletteva sugli armadietti. La porta era socchiusa, lasciando intravedere la lavagna e una parte della cattedra. Scott si avvicinò lentamente, facendo brillare i propri occhi di rosso. Si accostò alla porta, fece un respiro profondo per poi spalancarla di colpo e prepararsi a rispondere a qualsiasi essere avesse provato ad attaccarlo. Purtroppo, o forse per fortuna, l’unica cosa che si avventò contro di lui furono le grida della professoressa di biologia seduta alla cattedra, intenta a correggere alcune verifiche. Si era portata una mano alla bocca terrorizzata.
“Oh mio dio, e tu chi diavolo sei?” solo dopo aver detto questa frase guardò con attenzione il ragazzo, e solo in quel momento si rese conto dei suoi occhi. Scott li fece sparire velocemente, e cercò di abbozzare delle scuse, ma tenendo sempre d’occhio ogni minimo movimento della donna.
“Mi dispiace” portò innocentemente una mano alla testa, sfregandosi i capelli “vede io sono un vecchio studente di questa scuola ed ero venuto per… perché passando qui davanti ho visto la luce accesa e…”
“Smettila, so chi sei” Il ragazzo spalancò gli occhi, improvvisamente allerta “Tutti parlano di te. Tu sei Scott McCall…”
“E… cosa dicono esattamente di me?”
Mrs. Finch, che fino a quel momento aveva tenuto un volto serio e concentrato, improvvisamente alzò le labbra in un sorriso.
“Niente di che, solo che sei un ottimo studente. Ora se non ti dispiace dovrei finire di correggere questi compiti” e, sempre con il sorriso sulle labbra, abbassò la testa concentrandosi sui fogli che aveva di fronte.
Scott corrugò la fronte confuso dal repentino cambio di comportamento.
“Scusi se glielo chiedo ma, cosa fa qui a quest’ora?”
La donna alzò nuovamente lo sguardo. I suoi occhi stavano gridando al ragazzo di andarsene e lasciarla in pace ma lui fece finta di non notarlo.
“Qui sono più tranquilla, a casa ho sempre rumore intorno. Mi piace la pace di questo posto”
E la spettralità pensò Scott fra sé.
“E lei cosa insegna?”
A questo punto la donna era visibilmente spazientita
“Senti ragazzino, ho delle cose da fare quindi sarebbe molto gentile da parte tua se mi lasciassi in pace”
Il tono di voce dell’insegnante e la severità con cui disse quelle parole fece venire al ragazzo l’istinto di andarsene, e, contro la sua volontà, si stava già avviando verso la porta. Ma si bloccò sull’uscio, rendendosi conto di quello che stava succedendo e della sua improvvisa sottomissione agli ordini dell’insegnante. Non ne era certo ma, a quel punto, tanto valeva rischiare.
“Lei è un Alfa”
 
 
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Nonostante non ci fosse nessuno ormai da ore, gli spogliatoi maschili emanavano sempre lo stesso odore, che per un lupo mannaro era amplificato al massimo. Gli asciugamani sporchi erano abbandonati un po’ ovunque insieme ad alcune paia di scarpe e molte magliette. Il sudore era quasi palpabile nella stanza, e il naso di Liam implorava pietà, ma il suo proprietario continuava imperterrito alla ricerca di un odore che non fosse quello disgustoso dei suoi compagni di scuola. Percepiva la presenza di qualcosa, ma non riusciva ad identificarlo.
Improvvisamente un brivido gli corse lungo la schiena, il battito cominciò ad accelerare, tutto il suo corpo gli gridava di correre il più lontano possibile da quel posto che gli era sempre sembrato così familiare e così sicuro.
Il ragazzo si fermò, fece un respiro profondo e combatté contro i suoi istinti. Era nel posto giusto.
Cercò di muoversi il più silenziosamente possibile, mentre si camminava fra gli armadietti e le panchine. Alla fine la vide.
Non era un mostro o un lupo mannaro, non era spaventosa o terrificante. Era una semplice ragazza. Aveva i capelli lunghi e scuri, come gli occhi, labbra carnose, un viso innocente, quasi anonimo. Eppure Liam ne era terrorizzato.
Era seduta in un angolo, nelle docce dei maschi, rannicchiata su sé stessa. Sentendolo arrivare aveva alzato la testa, lo guardava negli occhi, uno sguardo dolce e confuso.
“Hey… io sono Liam, tu come ti chiami?” la voce gli tremava leggermente, ma cercò di mascherarlo.
“…Quinn”
“Piacere di conoscerti… cosa ci fai qui?” la ragazza sembrò confusa dalla domanda. Ci pensò su per un paio di secondi, poi scosse leggermente la testa.
“Non lo so, io… io stavo cercando qualcosa… non ricordo”
“Magari posso aiutarti a cercarlo, che ne dici?”
Quinn annuì, alzandosi lentamente in piedi, ma senza avvicinarsi troppo all’altro. Liam non voleva darle le spalle, quindi si spostò leggermente per farla passare, ma la ragazza non si mosse. A malincuore il ragazzo si girò, mantenendo tutti i suoi sensi all’erta. Ogni fibra del suo corpo gli stava dicendo di non fidarsi di lei, che era quella che stavano cercando, ma guardandola sembrava una ragazza così normale e dolce che non poteva credere fosse un’assassina.
Uscirono dallo spogliatoio, Liam diede una veloce occhiata alle sue spalle per controllare che l’altra lo stesse seguendo, ma con la coda dell’occhio gli sembrò di vedere un ghigno sul suo volto, che stonava su quel viso così innocente. A quel punto si girò completamente, i muscoli tesi, pronti ad attaccare, ma la ragazza era tornata normale, leggermente spaventata dallo scatto dell’altro. Il lupo mannaro si passò una mano fra i capelli, tentando di mascherare i suoi sospetti.
“A che anno sei?” fece, con tutta l’indifferenza di cui era capace
“Al terzo” lei esitò qualche secondo prima di rispondere, ma mantenne il contatto visivo per tutto il tempo.
Intanto i due si stavano avviando verso il corridoio, ancora buio, la luna che filtrava attraverso le finestre e dalle aule aperte, dipingendo ombre che si trasformavano in strani movimenti sugli armadietti, rendevano l’atmosfera ancora più inquietante. Liam era terrorizzato da quello spettacolo, nonostante poco prima non gli facesse quasi nessun effetto.
“Io sono al quinto. E’ abbastanza difficile ma per il momento me la cavo” sorprendendo anche se stesso, il ragazzo riuscì a dipingersi un falsissimo sorriso sulle labbra, che però accostato al terrore, mascherato da inespressività, degli occhi lo rendeva privo di qualsiasi ilarità o conforto.
La ragazza non ci fece caso. Sembrava distratta da qualcosa. Cominciò ad acuire l’olfatto in modo quasi impercettibile. Solo l’occhio esperto del lupo mannaro sarebbe riuscito a notarlo. A quel punto l’innocenza e la dolcezza di quel volto sparirono in modo così repentino che Liam dovette sbattere le palpebre un paio di volte prima di rendersi conto che fosse veramente successo. I suoi occhi si illuminarono di un azzurro elettrico, quasi viola, e cominciarono ad emanare una luce abbagliante.
Il ragazzo si ritrasse, ebbe l’istinto di correre verso l’uscita, ma ancora una volta il suo senso del dovere lo fece rimanere fermo dov’era.
“Avete portato l’Alfa” la voce era irriconoscibile, profonda e minacciosa. Il ghigno sulle labbra ormai era evidente e perfettamente intonato con gli occhi luminosi.
Il lupo mannaro si avvicinò a lei, le zanne ben visibili e gli occhi ambrati. Un fragoroso ringhio uscì dalle sue labbra prima che si avventasse sulla ragazza.
 
 
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“Lei è un Alfa”
L’insegnante si irrigidì improvvisamente, gli occhi spalancati ad osservare quel ragazzo così sicuro di sé, con un mezzo sorriso di sfida sul volto.
La risata più forzata del mondo uscì dalle sue labbra prima che riuscisse a trovare la forza di parlare.
“Di cosa stai parlando?” dicendo questa frase i suoi occhi vagarono ovunque per la stanza pur di non incrociare quelli di Scott.
Il ragazzo fece per ribattere ma in quello un ruggito rimbombò attraverso i corridoi vuoti. Lo riconobbe immediatamente. Ignorando lo sguardo spaventato e in cerca di risposte dell'insegnante corse subito verso il luogo da cui proveniva quel rumore. Corse dal suo Beta.
Arrivò in tempo per vedere Liam sbattuto contro una parete. Il muro si crepò leggermente e il ragazzo cominciò a tossire, cercando faticosamente di alzarsi, mentre la ragazza si stava avvicinando a lui per finirlo. La mano si strinse attorno al collo del ragazzo, sollevandolo da terra, l'altro cercò di liberarsi ma senza riuscirci. Faceva fatica a respirare e, nonostante la sua resistenza, il dolore alla schiena l'aveva indebolito.
Improvvisamente, quando le sue forze stavano per abbandonarlo del tutto, la ragazza lasciò la presa, con un grido di dolore. Scott le era arrivato alle spalle, lasciandole un profondo graffio sulla schiena. Liam si lasciò cadere a terra, mentre quella che, ormai ne era sicuro, era una delle due metà dell'Anuk-ite, si allontanava da lui per fiondarsi contro l’Alfa. Quest'ultimo si stava già preparando a ricevere l'attacco, ruggendole di rimando, ma appena prima che i due cominciassero a combattere una voce gli gridò di fermarsi, con tanta potenza e sicurezza da far bloccare entrambi. Si voltarono, per trovarsi di fronte Mrs. Finch, disperata, quasi sull'orlo delle lacrime, che teneva gli occhi fissi sulla ragazza. Lentamente un sorriso si fece largo sulle sue labbra, mentre le si avvicinava. Scott le fissò confuso, lanciando uno sguardo a Liam, ancora a terra, che ricambiò gli stessi dubbi che trasmettevano gli occhi dell’altro.
“Quinn, tesoro che stai facendo?” una lacrima era scappata al controllo dell'insegnante, bagnandole la guancia. La ragazza la guardò impassibile, mentre l'altra continuava ad avvicinarsi lentamente.
“No, si fermi!” era stato Scott a parlare ma la donna non accennò ad ascoltarlo, solo tre parole uscirono dalle sue labbra, quasi un sussurro che solo le orecchie di un lupo mannaro sarebbero state in grado di udire.
“E' mia figlia” la sua mano si alzò, probabilmente per accarezzarle la guancia, ma la creatura la interpretò diversamente, allontanandosi per evitarla, e contrattaccando procurando alla donna un profondo taglio sul petto. I suoi occhi si spalancarono di sorpresa, prima che si accasciasse a terra sanguinante.
“No!” Scott attaccò nuovamente la ragazza che però riuscì ad allontanarlo con un calcio.
Liam le arrivò da dietro, graffiandole il braccio e venendo colpito allo stomaco da un pugno di una forza sovrumana. L'Anuk-ite non accennò a fermarsi, riusciva a mettere a terra i due ragazzi con una facilità sconcertante, come se fossero bambole di pezza.
“Fermati...” era stata l'insegnante a parlare, alzandosi faticosamente da terra. La ragazza la guardò incuriosita, avvicinandosi a sua volta per finirla.
“Ho detto fermati!” la donna alzò lo sguardo, mostrando due feroci occhi illuminati di rosso. Si avventò sulla figlia, facendola cadere a terra. La ragazza però era riuscita a precedere la madre, sguainando gli artigli e facendoli penetrare nuovamente nella sua carne. La donna tossì sangue e si portò una mano all'addome. Il sangue caldo le colò sulle mani, un dolore pungente la pervase, mentre alzava lo sguardo per vedere per l'ultima volta gli occhi, ormai irriconoscibili della figlia, prima di chiudere i propri per sempre.
La ragazza le si allontanò, spostando il suo corpo da sopra di lei. Non la degnò nemmeno di uno sguardo e si avvicinò a Liam, ancora con gli artigli  ricoperti di sangue. Il ragazzo fece per combattere ma non ebbe il tempo di mettersi in piedi che una voce, o meglio un grido, squarciò il corridoio, scaraventando quell'essere che ormai non poteva più essere definito umano, contro gli armadietti dietro di lei, facendole perdere i sensi.
Scott e Liam alzarono lo sguardo verso Lydia, ancora con le mani alzate e lo sguardo preoccupato.
I due si alzarono faticosamente e subito si avvicinarono alla professoressa, ancora stesa a terra. La pozza di sangue stava aumentando a vista d'occhio.
Lydia si portò una mano alla bocca, per poi avvicinarsi al corpo. Posò due dita sul collo della donna sperando di riuscire a sentirne il battito, ma il cuore ormai aveva smesso di battere.
“Era un’Alfa” le spiegò Scott “E la madre della ragazza... non saprà mai cosa le è successo veramente” i ragazzi rimasero in silenzio per qualche secondo, fu la ragazza a interromperlo.
“Non è stata colpa tua Scott. Non puoi salvare tutti”
“Lo so...” il ragazzo distolse lo sguardo, la sua voce nascondeva un dolore e un senso di colpa che nemmeno lui avrebbe potuto descrivere. Chiuse gli occhi e fece un respiro profondo “Lo so”
 
 
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“Sam attento!” il ragazzo si voltò appena in tempo per vedere il cacciatore, armato di coltello, che lo stava per colpire. Alzò la pistola e gli sparò alla gamba facendolo cadere a terra con un grido di dolore.
Dean, una volta assicuratosi che il fratello fosse fuori pericolo, tornò all'attacco, contro altri due ragazzi che stavano andando verso di lui. Colpì il primo alla testa facendolo svenire, ma il secondo fu troppo veloce e gli procurò un graffio sul braccio. Il ragazzo cercò di colpire anche lui, ma senza successo. Si ritrovò a terra, il coltello che puntava dritto alla sua gola. Si stupì di come un ragazzo così giovane riuscisse a togliere una vita così facilmente, senza rimorsi o ripensamenti. Una cosa erano quei mostri che ormai si era abituato a combattere e a uccidere, ma questo era solo uno studente a cui avevano fatto il lavaggio del cervello.
La paura poteva fare cose spaventose.
Riuscì a fermare il braccio del suo assalitore, ma non riuscì a toglierselo di dosso. Fu in quel momento che intervenne Theo, trascinandolo via e graffiandogli una spalla. Il ragazzo gridò di rabbia avventandosi sul lupo mannaro, che però riuscì a schivarlo e a farlo sbattere contro una delle mensole presenti sulla stanza.
I tre si nascosero dietro ad uno dei mobili, ricaricando le armi e prendendosi un attimo di respiro.
“Ma quanti sono?” il maggiore dei Winchester si stava controllando la ferita, assicurandosi che non fosse troppo profonda.
“Non lo so, sembrano non finire più” Sam lo guardò preoccupato, ma si rese subito conto che non era niente di grave
“Me no male che non dovevamo farci notare” disse Dean dipingendosi quel suo solito sorrisetto spavaldo sulle labbra, e rimettendo il caricatore nella pistola
“Non possiamo continuare così, dobbiamo ucciderli” i due fratelli si voltarono verso Theo, ancora una volta sgomenti di fronte alla facilità con cui i ragazzi di questa città prendessero in considerazione l'omicidio, anche se in questo caso tecnicamente si parlava di legittima difesa.
“Sentite non piace nemmeno a me quest'idea, ma qui si tratta di noi o loro”
“Nessuno uccide nessuno, a meno che non sia strettamente necessario”
Nel frattempo colpi di pistola continuavano a rimbombare nella stanza, e sembravano avvicinarsi sempre di più.
“Mi sembra alquanto necessario” rispose l'altro, con un tono di urgenza nella voce
Dean si girò in direzione di Sam, che restituì lo stesso sguardo preoccupato.
“In ogni caso Ethan non è qui, direi di allontanarci e sperare che gli altri abbiano avuto più fortuna”
“Non possiamo abbandonarlo” la voce di Dean era diventata improvvisamente più autoritaria e determinata.
“Non possiamo nemmeno farci uccidere per trovarlo” seguì qualche secondo di silenzio, interrotto dai colpi di pistola che si facevano sempre più vicini.
Il cacciatore sospirò, e diede una pistola al lupo mannaro
“Sai come si usa?” l'altro rispose con un semplice sguardo di sufficienza
“Ok, ok, prendila, i tuoi artigli non serviranno a molto in questo caso. Cerchiamo di crearci un varco verso l'uscita” gli altri due annuirono, si alzarono contemporaneamente ad armi spianate, cercando di raggiungere la porta.
 
 
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“Shh, non fare rumore!” era stata Malia a parlare, cercando di tranquillizzare Kira che, non appena aveva cominciato a sentire i colpi di arma da fuoco il suo istinto le diceva di correre in quella direzione
“Ma dobbiamo andare ad aiutarli!”
“Sono grandi e grossi... e fottutamente alti” le rispose Peter “Se la caveranno”
“State giù!” una manciata di cacciatori corse fuori da una stanza per raggiungere i loro compagni nella direzione da cui provenivano gli spari. I tre si nascosero appena in tempo, finendo dentro una camera decisamente inquietante. Era piena di armi, appena illuminata da una lampadina che pendeva dal soffitto.
“Mio dio, questo posto è un vero e proprio arsenale” Peter cominciò a curiosare in giro, prendendo in prestito un paio di pistole. Lo sguardo minaccioso della figlia lo fece immobilizzare.
“Che c'è? Possono sempre tornarci utili”
“Ragazzi” era stata Kira a interromperli. Teneva lo sguardo fisso su un angolo della stanza, lì, rannicchiato su sé stesso, con le mani e i piedi legati, c'era un ragazzo dalla mascella pronunciata, le labbra carnose e le sopracciglia folte. Il volto era sfigurato, pieno di tagli e di sangue e sicuramente, sotto la giacca scura, doveva essere preso allo stesso modo se non peggio. Ma quello che aveva bloccato Kira era stato un altro dettaglio. Ethan non si muoveva. Sembrava essere stato buttato lì come un sacco della spazzatura, ormai inutile e pronto alla rimozione. Nemmeno Malia ebbe il coraggio di avvicinarsi, per confermare quello che tutti stavano sospettando. Peter, vedendo le due ragazze in difficoltà, si avvicinò al corpo, con discrezione, per poi poggiare due dita sul suo collo.
Trattenne il respiro per qualche secondo, per poi sentire un flebile battito sotto i suoi polpastrelli.
“E' vivo” le ragazze trassero un respiro di sollievo, e si scambiarono un sorriso. Il volto di Malia, però, tornò immediatamente serio, mentre spingeva l'amica lontana dal cacciatore alle sue spalle. Kira cadde a terra, mentre l'altra faceva uscire le zanne e gli artigli, e i suoi occhi si illuminavano di azzurro. Si scagliò contro il suo avversario, procurandogli una grossa ferita sul petto, ma non prima che lui riuscisse a dare l'allarme ai suoi compagni.
“Dobbiamo andarcene!” gridò Peter, prendendo il ragazzo di peso, appoggiandolo sulla sua spalla. Kira sguainò la spada, indietreggiando col gruppo, ma già tutti e tre potevano sentire una decina di uomini avvicinarsi velocemente.
“Andate, vi copro io”
“Non se ne parla” il coyote mannaro si affiancò alla ragazza ringhiando contro i cacciatori che erano già entrati nella stanza. Le due ragazze si fiondarono su di loro, seguite da Peter, che aveva abbandonato Ethan a terra.
“Cosa fai? Devi portarlo fuori di qui”
“Non lascio due ragazzine a combattere da sole” con queste parole il lupo mannaro corse verso i loro aggressori, ruggendo e graffiandoli senza preoccuparsi troppo del fatto che fossero ragazzini.
Malia lo imitò, mentre Kira usava abilmente la spada per difendersi.
All'inizio cercò di trattenersi, di non dare tutta sé stessa per evitare che lo spirito della volpe prendesse il sopravvento su di lei, ma dopo appena qualche minuto già sentiva che tutta quella rabbia che aveva dentro lottava per uscire. Stava combattendo per evitarlo, ma più attaccava, più sentiva questa forza incontrollabile prendere il controllo. Il suo corpo cominciò a ribollire e l'aura intorno a lei cominciava ad essere visibile anche ad occhi nudo. Malia se ne accorse e cercò di avvicinarsi a lei, per dirle di calmarsi anche se, doveva ammetterlo, quella forza distruttiva tornava decisamente utile in quel momento
“Kira!” l'altra sembrò non sentirla, gli occhi fiammeggianti e gridi di battaglia giapponesi che uscivano dalle sue labbra. L'amica allora si avvicinò ancora, nascondendosi dai colpi di pistola che avevano cominciato ad essere sparati
“Kira fer...” non riuscì a finire la frase che la spada della ragazza la colpì al braccio, ma la forza che ne scaturì fu tale da farla finire a terra. Solo in quel momento quest'ultima sembrò svegliarsi dalla sua furia e rendersi conto di ciò che aveva fatto. Guardò Malia per qualche secondo, e i suoi poteri sembrarono tornare sotto controllo.
Fu allora che lo vide.
Uno dei cacciatori, alla loro sinistra, la pistola puntata sulla ragazza a terra, il dito sul grilletto. Malia si voltò, ma non abbastanza velocemente. Sentì il rumore dello sparo, sentì suo padre gridare il suo nome. Chiuse gli occhi aspettando il dolore lancinante che ne sarebbe seguito, ma non accadde nulla.
Forse sono già morta pensò distrattamente, prima di riaprire gli occhi e trovarsi di fronte dei lisci e fluenti capelli neri. La ragazza era in ginocchio di fronte a lei, la spada abbandonata a terra e le mani premute sul petto sanguinante. Malia non riuscì subito a realizzare quello che stava succedendo, oppure semplicemente non voleva crederci. Rimase immobile per qualche secondo, vide l'uomo che aveva premuto il grilletto puntare nuovamente la pistola su di lei, ma una figura gli si buttò contro facendolo finire a terra.
Malia non si chiese chi fosse, e non sentì nemmeno le urla dell'altro. Si era completamente bloccata, incapace di fare qualsiasi azione.
Solo quando Kira cominciò a cadere all'indietro trovò la forza di muoversi verso di lei e di tenerla fra le sue braccia.
“Kira...” gli occhi della ragazza cominciarono a pungerle, il calore del sangue le scaldò le mani, premute sulla ferita, mentre il corpo stava diventando sempre più freddo. Kira non riusciva a parlare, il sangue cominciò ad uscirle dalla bocca, accompagnato da rantolii sommessi.
“Kira...” Malia non riusciva a dire altro, non sapeva cos'altro dire. Il cuore le sembrava essere diventato di piombo, mentre ogni altra cosa intorno a lei stava svanendo lentamente.
Le aveva promesso che l'avrebbe protetta, che si sarebbe presa cura di lei, e invece ora, l'unica cosa che poteva fare era tenere premuta la ferita che aveva al petto, cercando di ritardare il più possibile l'inevitabile.
Non se la sentì di dirle che sarebbe andato tutto bene, non voleva che l'ultima cosa che le avrebbe detto fosse una bugia. Si limitò a guardarla, continuando a chiamare il suo nome, le lacrime che combattevano per uscire.
La ragazza le sorrise, era come se riuscisse a sentire i suoi pensieri. Il dolore al petto era insopportabile, ma già lo sentiva sparire. Le forze la stavano abbandonando lentamente e, anche volendo, non sarebbe riuscita a dire niente a Malia per farla sentire meglio. Avrebbe voluto dirle che andava bene, che non doveva preoccuparsi per lei e che se avesse potuto tornare indietro avrebbe rifatto quello che aveva fatto altre cento volte, ma non ci riuscì.
Si limitò ad alzare lentamente una mano per accarezzarle il viso, per riuscire a rassicurarla almeno con quello, ma i suoi occhi persero vita prima che potesse raggiungerlo.
Malia la guardò per qualche secondo, agitandola leggermente e continuando a chiamare il suo nome. Sempre più forte, sempre più forte finché non finì per gridarlo, e i suoi occhi si accesero di azzurro. Improvvisamente gli oggetti intorno a lei si materializzarono di nuovo, suo padre le era a fianco, dicendole che dovevano andarsene. La ragazza non lo ascoltò, appoggio delicatamente la ragazza a terra. Ormai tutti i cacciatori che gli avevano attaccati erano morti o privi di sensi, ma lei sapeva che ce n'erano altri nell'edificio. Sentiva già i loro passi avvicinarsi, e i loro cuori battere velocemente. Si alzò, le zanne scoperte, gli artigli sguainati, e un ruggito che avrebbe fatto accapponare la pelle al più coraggioso degli uomini. Cominciò ad andare verso di loro, quando sentì una forte mano prenderla dalla vita e trascinarla fuori, mentre lei continuava a gridare e ruggire.
   
 
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