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Autore: SherLokid221B    02/10/2018    0 recensioni
(post Kingsman: The Golden Circle, Harry Hart/Eggsy Unwin)
Nonostante siano passati mesi dalla missione in Kentucky, Harry non riesce a superare il trauma di quello che gli è successo e soffre terribilmente a causa di allucinazioni e incubi, senza contare il fatto che si sente inadeguato nei confronti di Eggsy, perché pensa che il ragazzo meriti di meglio. Harry prova a nascondere tutto, ma alla fine gli diventa impossibile e crolla. Eggsy e Merlin saranno al suo fianco per aiutarlo a rimettersi in piedi.
Genere: Angst, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Hart, Merlin, Roxy Morton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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note: Ciao a tutti, questa è la mia prima fanfiction su Kingsman, spero vi piaccia! È ambientata post TGC e l'unica cosa che c'è da sapere è che, in questa versione, Roxy e Merlin non sono mai morti. Il primo capitolo è abbastanza breve perché mi serve per capire se la ff può piacere e se, in caso, continuare ad aggiornarla. Buona lettura! 
Blake
 

Harry fece scorrere per l’ennesima volta la punta del dito sulla cicatrice che occupava il posto un tempo appartenuto al suo occhio. Vide il suo sguardo triste rispondergli dallo specchio, mentre nella sua testa iniziavano a turbinare i soliti incubi e le solite preoccupazioni. Nonostante fossero passati mesi, nonostante ogni mattina Harry si svegliasse con Eggsy che gli sorrideva dolcemente dall’altro lato del letto, la sua mente continuava a tornare a quel pub nel Kentucky, al momento in cui aveva dovuto togliersi la benda per indossare i nuovi occhiali che Merlin aveva creato per lui, al momento in cui Eggsy non era riuscito a sostenere il suo sguardo, in cui Eggsy non era riuscito a guardarlo in faccia per colpa di quella cicatrice. Harry non lo aveva mai ammesso a nessuno, né mai l’avrebbe fatto, ma sapeva di non essere abbastanza per lui. Eggsy meritava il meglio dalla vita e Harry era sicuro di non essere la persona migliore che il ragazzo avrebbe potuto avere. Quella cicatrice era semplicemente un promemoria del fatto che Eggsy prima o poi si sarebbe stancato di lui e lo avrebbe lasciato. Probabilmente l’unico motivo per cui non se ne era ancora andato era perché aveva pietà di lui, perché non voleva abbandonarlo così presto dopo il trauma che aveva vissuto.

Harry venne riportato alla realtà dal rumore di ripetuti colpi contro la porta del bagno in cui si era rifugiato.

“Arthur, stai bene? Sei chiuso lì dentro da venti minuti”. Era la voce di Merlin.

Dal loro ritorno dal Kentucky i suoi colleghi, e soprattutto Merlin, si erano dimostrati anche fin troppo attenti alla sua salute. Erano preoccupati per lui e ne avevano tutte le ragioni, dato che le allucinazioni continuavano a tornare praticamente a giorni alterni, esattamente come gli incubi, l’insonnia e i tremori alle mani. Tuttavia, Harry aveva condiviso parte di quei problemi solo con Eggsy e Merlin, ma neanche loro sapevano tutto, né quanto grave la situazione in realtà fosse. Harry aveva dovuto da subito assumere il titolo di Arthur e l’intero peso della compagnia - che andava interamente ricostruita - era ricaduto su di lui, come se tutto il resto non fosse già stato abbastanza. Per questo motivo Harry sentiva di non poter dire a nessuno quello che stava succedendo nella sua testa. Un grande numero di persone contava su di lui e lui solo. Era diventato il punto di riferimento per tutti, doveva essere forte, i suoi problemi avrebbero potuto aspettare. Senza contare che non avrebbe mai ammesso davanti ad Eggsy un’altra debolezza, si sentiva già inadeguato abbastanza.

“Tutto bene, Merlin”. Harry si spruzzò dell’acqua in faccia per riprendersi, indossò di nuovo i suoi occhiali e uscì dal bagno.

Merlin lo osservò attentamente, cercando di capire se stesse mentendo, ma decise di tralasciare il problema per il momento. “Ho individuato quelli che ritengo essere gli ultimi seguaci di Poppy Adams. Al momento sono nascosti in uno stabilimento in Svizzera”.

“Ottimo, prenderò con me Eggsy e Roxy e ci occuperemo della situazione oggi stesso”.

“Arthur…” mormorò Merlin, che era certo che avrebbe dovuto affrontare quella conversazione.

“Contattali e dì loro di prepararsi” continuò Harry, ignorandolo.

“Arthur!” insistette Merlin, alzando il tono della voce.

“Tu, come al solito, dirigerai le operazioni da qui” replicò Harry, facendo per andarsene.

“HARRY!” Tutti i presenti si girarono di scatto, ma ad un’occhiata severa di Merlin tornarono ad occuparsi dei loro compiti.

Harry si fermò e lo guardò con aria stanca: “Che cosa c’è?”

“Probabilmente è meglio che tu resti qui, possiamo mandare qualcun’altro. È ancora troppo presto e tu non hai ancora accettato di sottoporti alla valutazione psicologica”.

“Non ho ancora accettato perché sono perfettamente in grado di svolgere qualsiasi tipo di missione e credo che il successo in Kentucky lo abbia provato”.

“Per prima cosa, durante la tua trasferta in Italia, non si può dire che sia andato tutto bene. Non da quello che mi ha riferito Eggsy. E il fatto che non ti sia successo niente mentre eravamo in Cambogia non prova che tu stia bene ora…perché non dirmi che devo farti notare le condizioni in cui ti trovi in queste settimane”. Merlin si stava trattenendo dall’urlare solo perché non voleva mettere Harry in imbarazzo davanti a tutti. “Io e Eggsy siamo preoccupati a morte e puoi anche provare a tenerci all’oscuro, ma non è facile come credi”. Breve pausa. “E scommetto che, nonostante tutto, non sappiamo neanche la metà di quello che ti sta succedendo”.

Harry non era riuscito a dire una parola. Deglutì e rispose lentamente: “Potete pensare quello che volete, ma Arthur sono io, fino a prova contraria, e decido io cosa è meglio fare, quindi io vado in missione. Ora fai come ti ho detto e dì a Galahad e Lancelot di prepararsi”. Senza aggiungere altro, girò le spalle a Merlin e se ne andò verso il suo ufficio. Odiava essersi comportato così, specialmente perché sapeva che Merlin stava solo cercando di aiutarlo, ma non riusciva più a rimanere seduto alla sua scrivania senza fare niente, a lasciare che i suoi ricordi riaffiorassero. Doveva tornare in azione, doveva tornare a fare ciò per cui era nato.

   
 
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