LIKE A NINJA

Era stata un'idea stupida, a mente fredda, doveva ammetterlo: aveva abbassato la maniglia della porta il più lentamente possibile, la aveva aperta giusto di uno spiraglio, lo spazio necessario per infilarsi in casa senza far echeggiare nell'ingresso lo scricchiolio dei cardini – prima o poi sarebbe andato in garage a cercare dell'olio per sistemarli – ma era riuscito solo ad appoggiare il piede sul primo gradino della scala prima di essere beccato.

-Steve!- la voce di suo padre lo raggiunse dalla cucina: ormai era troppo tardi per salire i restanti venti gradini e far finta di non essere rientrato.

La discussione che era seguita era stata una delle peggiori che il ragazzo ricordasse; e da camera sua, di liti fra i suoi genitori ne aveva sentite parecchie. L'unica differenza era che quella volta era rimasto bloccato su quel primo gradino, incastrato fra suo padre da un lato e sua madre dall'altro.

Era rimasto zitto, senza rispondere a nessuno dei due, cercando di rimanere neutrale. Non avrebbe dato loro quella soddisfazione: lo avevano trascinato in quella situazione che avrebbero dovuto gestire per i fatti loro e lui non aveva alcuna intenzione di rendergli le cose più facili.

Questo tuttavia non gli aveva impedito di sviluppare un devastante mal di testa quando, dopo più di mezz'ora, aveva deciso che rimanere in piedi era scomodo e che, se non poteva scappare, tanto valeva sedersi su quel maledetto primo gradino.

Che cazzo mi è venuto in mente?!

Avrebbe dovuto pensare che entrare dalla porta principale mentre dentro casa infuriava una tempesta si sarebbe rivelata un'enorme idiozia, ma, sul momento, aveva ingenuamente pensato che i suoi sarebbero stati troppo presi dal loro litigio per accorgersi di lui.

Certo: per tre quarti dell'anno non lo guardavano nemmeno in faccia, ma per quelle occasioni entrambi si ricordavano improvvisamente quanto miracolosamente della sua esistenza.

Ventiquattro ore dopo, tornato da scuola, si ripropose il medesimo problema: sentì le voci dei suoi genitori da fuori casa, senza riuscire a capirne una parola. Non che gli interessasse.

Rimase a lungo lì nel cortile, davanti all'ingresso, con la fronte corrucciata e le mani appoggiate sui fianchi. Alla fine distolse lo sguardo dalla porta e fece il giro della casa.

Non voleva che si accorgessero di lui. Si sarebbe fatto vivo quando le acque si fossero calmate, forse per cena... forse avrebbe saltato il pasto.

Era tutto come al solito, le sedie a sdraio pieghevoli vicino ai bordi della piscina e il rotondo tavolo di plastica vicino al garage.

Sembrò facile.

Salì in piedi sul tavolo, che traballò leggermente, soprattutto quando saltò, e si issò sul tetto a spioventi del garage. Si mise di nuovo in piedi, mantenendo l'equilibrio allargando le braccia, e raggiunse la finestra della propria camera. La aprì e ci scivolò attraverso. Lo zaino prese dentro la lampada sul comodino – riuscì ad afferrarla appena prima che cadesse – e una pila di quaderni.

Dentro di sé sorrise mestamente: era andata bene, ma c'era spazio per migliorarsi.

Sarebbe diventato silenzioso come un ninja.

Angolino autrice:

Un po' ispirata da Leila91, un po' portata (forse) all'estremo dalla mia mente malata mentre mangio un intero tubo di pringles onion and sour cream. 
Non è nata come flashfic ma quando, una volta conclusa, il conteggio finale è risultato di 501 parole, ho pensato, perchè no, di complicarmi la vita e cercare di girare e rigirare il tutto per eliminare quell'unica parolina in eccesso. 
E' la prima volta che mi addentro in un genere un po' triste e malinconico... spero ne sia valsa la pena... almeno un pochino ^^

Partecipa alla “Kaku koto, nante jōnetsu! [Scrivere, che passione!] challenge” indetta da Pikapikahoshi sul forum di EFP.