Foresta
Incantata.
Dorothy
colpì ferocemente la superficie del lago, disintegrando il
riflesso della mezza
luna sulle acque. Uno stormo di uccelli notturni si levò in
volo, gracchiando.
-
Dorothy... torna qui. Non puoi trovare l’entrata
così. – disse Ruby, tremando,
avvolta nel mantello rosso.
-
Quella fata ci sta mettendo troppo. Avrebbe dovuto portarmi con
sé. Non ho
paura della maledetta regina. – replicò Dorothy.
L’acqua le arrivava alla vita,
era gelida, ma non gliene importava.
-
Il tempo... scorre in modo diverso alla Corte Seelie.
-
O la regina ha deciso di non cedere la sua polvere!
-
Kansas...
Dorothy
tornò a riva, borbottando improperi. Prese il mantello che
si era tolta prima
di tentare la sortita contro un lago immoto nel bel mezzo del nulla e
si coprì
con esso. Allungò una mano, cercando quella di Ruby, che
gliela strinse.
Scottava terribilmente.
L’altra
mano di Ruby le scostò i capelli dal viso e le
sfiorò i segni rossi sul collo. –
Non hai mai... non ti ho mai raccontato che cosa è successo
davvero a Peter. Né
a tutte quelle persone del villaggio. Forse è il momento che
tu lo sappia.
-
So che cosa è successo al tuo ragazzo. –
ribatté Dorothy. – Me lo hai detto.
-
Non ti ho raccontato come sono andate le cose.
-
Non sei obbligata a farlo. Dovresti provare a dormire e risparmiare le
forze. Rimango
io di guardia. E anche Toto.
Il
cane abbaiò.
Ruby
si spostò leggermente. Ogni movimento le costava una gran
fatica. Aveva anche
difficoltà a respirare. - Non riuscirei a dormire. Dopo
quello che stavo per
fare sento che è... è giusto che tu sappia tutto.
Dorothy
roteò gli occhi, distogliendo lo sguardo e fissandolo sulle
acque del lago. Il
riflesso della luna si spostava. - Non hai fatto proprio niente. Sei
riuscita a
controllarti.
-
Per ora. Ti conviene tacere perché parlerò
comunque, che ti piaccia oppure no,
Kansas.
Per
un lungo momento regnò il silenzio. Poi Dorothy
sospirò. – Bene, lupacchiotta.
Corte
Seelie.
-
Che cosa sapete di Magnus e degli Anni Oscuri? – chiese
Oberon a Nova.
Puck
si era addormentato in un angolo della stanza sotterranea. Russava
leggermente
e la testa ciondolava.
-
Oh, io... so che Magnus si oppose quando l’ultima regina
delle fate morì. Lei
aveva scelto Titania come sua erede. – rispose Nova. Le
metteva ansia il fatto
che il re degli elfi la stesse interrogando. I particolari che
conosceva erano
ancora limitati. – Non so davvero come fu possibile. Credevo
che nessuno
potesse opporsi al volere della regina.
-
Nessuno osa, di solito. – ribatté Oberon.
– Ma non esiste una legge e quindi
Magnus poté farlo. Riteneva di essere più adatto
a governare e più potente di
Titania. Anche lui era stato un allievo di quella regina. Lei lo aveva
elogiato, a volte... ne aveva riconosciuto le abilità e
ovviamente ha
alimentato il suo ego. Però elogiava soprattutto Titania,
quindi tutte le fate
si aspettavano che diventasse regina.
Nova
restò in silenzio, in attesa.
-
Titania era... oh, aveva tante idee. Quando la regina chiedeva alle
fate cosa
avrebbero fatto se fossero state scelte, Titania era quella con
più...
progetti. Voleva trovare l’ingresso della Corte Unseelie per
riscattare le
fate. Pensava che potessero essere salvate. Ci provò anche
prima di diventare
regina. Ma i nostri mondi sono sempre stati separati.
L’entrata non venne mai
trovata. Sappiamo che è vicina, lo sentiamo, ma non
è sempre nello stesso
punto.
Nova
pensò al suo viaggio verso la Corte Seelie. Quelle urla,
quei rumori sinistri.
L’enorme creatura che l’aveva attaccata. La Corte
Unseelie era vicina eppure introvabile.
– Però alcune fate la trovano.
-
Non sono le fate a trovarla. È la Corte Unseelie che trova
loro. Le attira.
-
La Fata Nera...
-
La Fata Nera preferisce occuparsi dei bambini. I suoi schiavi si
occupano del
resto. – Oberon fece una smorfia. - Ecco un’altra
cosa che Titania detestava.
Ogni volta che una giovane fata scompariva nel nulla, lei usciva e
andava a
cercarla. A volte riusciva a salvarne qualcuno prima che i mostri della
Corte
Unseelie la trascinassero laggiù, come è accaduto
con voi. Ma non sempre. Quei
fallimenti l’addoloravano. La regina le intimava di stare
attenta, perché non
poteva perdere nessuna delle sue allieve, però ammirava
molto quei tentativi. Titania
voleva... cambiare le cose. Voleva diventare fata madrina e lo
è diventata
prima di altre fate più vecchie. C’era chi rideva
di lei. Magnus, ad esempio. La
chiamavano in molti modi; visionaria... sognatrice.
“Credevo
che l’anno
prossimo sarei già diventata fata madrina.”
Turchina
aveva riso. “Ah,
Nova. Sei proprio una sognatrice. Il tuo percorso è appena
agli inizi. Riesci a
tornare dalla miniera tenendo la polvere al sicuro?”
-
Chi l’avrebbe mai detto. – ricominciò
Oberon, facendola trasalire. - Nova e la
regina Titania sono più simili di quello che chiunque si
aspetterebbe.
“Pensi
che sia io, l’Uomo
Lupo? Ruby... tu mi conosci.”
“So
che non sei davvero
tu. Ma credo che il lupo usi il tuo corpo.”
“E
non lo saprei? Non mi
sveglierei nel bosco? Ricorderei qualcosa...”
“Forse.
Ma non puoi
esserne certo.”
Peter
aveva iniziato a
dubitare di sé stesso, di tutto ciò che aveva
fatto in quei giorni. “Non posso
crederci. Se è vero... quegli uomini gli ho uccisi
io.”
“Non
pensare al passato.
Pensa al futuro. Andiamo via, Peter. Scegliamo la nostra vita. Dovremo
solo
legarti quando c’è la luna piena. Io ho una corda
robusta.”
Ruby
abbassò gli occhi. – Fu un errore. Fu un...
terribile errore.
-
Non potevi saperlo. Tu stavi solo cercando di aiutarlo. –
Dorothy serrò la sua
mano con più forza, quasi con rabbia. - Se fosse stato lui,
il licantropo, lo
avresti amato di meno?
-
No... no, ma lui...
-
Se vogliamo parlare di colpe, forse dovremmo parlare di tua nonna.
Avrebbe
dovuto raccontarti la verità.
-
Voleva soltanto proteggermi. – ribatté Ruby, con
l’assoluta certezza di chi ha
molto riflettuto su qualcosa.
-
Può darsi. Ma se ti avesse raccontato la verità,
forse molte cose sarebbero
cambiate.
-
Non ne sono così sicura.
“No.
La corda non basta.”
Peter le aveva mostrato qualcosa di ben diverso da una corda.
“Catene?”
“Sono
sicure. In caso tu
abbia ragione, ti farò vedere come le devi chiudere. Poi ti
allontanerai da
me.”
“No.
Non me ne vado.
Resto con te. Resterò tutta la notte e per tutte le notti
che verranno.”
“Lo
faresti per me?”
-
Ed io resterò fino a quando sarà necessario.
– disse Dorothy. – Non ti lascerò
qui. Proprio come tu non avresti mai lasciato Peter. Non ti importava
quanto
fosse pericoloso.
-
Dentro di me non credevo davvero che lui fosse il lupo. Sentivo che
c’era
dell’altro. – La voce di Ruby si fece acuta,
lacrimosa. – Ma il punto è che... io
l’ho ucciso. Non l’ho soltanto ucciso,
l’ho... dilaniato. L’ho divorato. Non
voglio che accada di nuovo. Non potrei sopportarlo. Ho imparato a
controllarmi,
però ora... ora è come se fossi tornata indietro.
E... io sono terrorizzata.
-
Risolveremo tutto. – Si mise accanto a lei e la strinse a
sé. Ruby le si
aggrappò con forza disperata.
Dorothy
sapeva che non era vero quando la gente sosteneva che con il tempo ci
si libera
dei ricordi orribili, di quelli che ossessionano. Ci si può
liberare di una
parte, ma i frammenti rimangono. Sepolti, dormienti e qualche volta
riaffiorano. Ruby era riuscita a tirare fuori quasi tutto,
così come avrebbe
potuto estrarre un dente guasto e che fosse riuscita ad estrarne tanta
parte
aveva dell’incredibile. Era coraggio autentico e Dorothy era
sinceramente
ammirata.
-
Quella fata tornerà. E se non tornerà...
troverò comunque un altro modo. Non ho
la minima intenzione di arrendermi.
-
Magnus era una fata maschio. Un’eccezione. Siete quasi tutte
donne. – stava
dicendo Oberon. – Magari fosse stato una buona eccezione. No,
invece. Magnus voleva
tutto. E aveva avuto anche un altro insegnante. Un insegnante ben
diverso.
L’Oscuro.
-
Tremotino?
-
No. Rothbart. Magnus avrebbe cinquecento anni se fosse qui, ora. Era
giovanissimo quando incontrò l’Oscuro e lui lo...
aiutò. – Oberon non sembrava
felice di raccontare quella storia. Gli costava uno sforzo enorme.
– Ma
Rothbart era già morto da tempo quando Magnus
affrontò Titania. E vinse.
Tuttavia, decise di rispettare comunque il patto che aveva stretto con
l’Oscuro. Sposò sua figlia, Odile.
Nova
era incuriosita suo malgrado. Persino sconvolta. – Odile era
la figlia
dell’Oscuro? E... Magnus non sposò
l’erede del re degli elfi... cioè voi?
-
Io non ero l’erede. Non sarei dovuto diventare re. Avevo un
fratello. E... in
effetti, avrebbe voluto anche lui. Magnus sentì di aver
comunque rispettato
l’alleanza con gli elfi, perché Odile era figlia
di un’elfa di nobile lignaggio
e perché Melilon si rifiutò. Il nuovo re lo
accusò di aver violato il patto e
accusò Titania di aver ucciso la sua regina. Erano tutte
menzogne, ovviamente.
L’aveva uccisa lui.
-
Che fine ha fatto vostro fratello?
Oberon
aggrottò la fronte. - Non lo immaginate?
Nova
abbassò gli occhi e arrossì.
-
Le fate che supportarono Titania quando Magnus si ribellò
vennero bandite,
insieme agli elfi che non si inginocchiarono al suo cospetto. In
realtà, non
voleva solo bandirli. Magnus voleva eliminarli tutti, ma molti
riuscirono a
fuggire ad Ellésmera. Altri... beh, molte fate vennero
attratte dalla Corte
Unseelie e suppongo siano ancora là, adesso. –
Oberon si alzò. Prese una
manciata di polvere di fata, lasciandosela scivolare fra le dita piene
di
anelli. – Il dominio di Magnus durò cento anni. E
indovinate chi erano i suoi
alleati principali?
-
I licantropi.
-
Che brillante intuizione. – ironizzò Oberon.
– Vorrei tanto dirvi che li
costrinse in qualche modo, ma non fu così. Molti di loro
semplicemente lo
appoggiarono, perché Magnus e Odile li fecero sentire
importanti. Li fecero
sentire superiori ad altre creature. Conferirono loro poteri speciali.
Ovvio, i
migliori guerrieri elfici e le migliori fate se n’erano
andati con Titania.
Avevano bisogno di alleati.
-
E i nani?
-
I nani non sono guerrieri. Sono minatori. Avevano paura. Continuarono a
fare
ciò che facevano sempre, ovvero estrarre i diamanti. Magnus
non si curò molto
di loro. – Oberon tornò a sedersi sulla roccia,
incrociando le caviglie. –
Titania perse molte persone a cui teneva in quella guerra.
L’affronto più
terribile di tutti avvenne quando Titania chiese di poter discutere in
territorio neutrale con Magnus. Accettò, ma mandò
il figlio, Amadan... una vera
piaga, proprio come lui. E con Amadan si presentarono anche Odile e i
licantropi. Ho sempre pensato che Odile e Magnus fossero proprio fatti
l’uno
per l’altra. Lei era... subdola. Era molto più
attenta di Magnus ed era
crudele, forse persino più di lui.
Oberon
indicò a Nova le pergamene disposte sul tavolo. Erano ancora
chiuse perché non
aveva avuto modo di leggerle e studiarle. La fata le fissò,
con la vaga,
pressante sensazione che le pareti di quella stanza si stessero
preparando a
schiacciarla. Non le piaceva il tono di Oberon. Il re degli elfi non le
aveva
mai parlato in quel modo. C’era sempre una nota sarcastica
nella sua voce. In
quel momento, il sarcasmo era svanito. Il re dimostrava mille anni e
non
cinquecento.
-
Sopravvisse solo Titania a quell’incontro. Le tre fate che
erano con lei e le
due guardie elfiche... vennero attaccati alle spalle dai licantropi.
Alle
spalle, capite? Hanno rifiutato tutte le loro proposte e poi le hanno
aggredite
da codardi quali erano.
-
Fu... fu Amadan ad ordinarlo? Odile?
-
No. – Oberon si aspettava quella domanda. - Fu
un’idea dei licantropi. Ne
ebbero fin troppe, di idee, durante quella guerra. Amadan li
appoggiò e anche
Odile. Fu orribile. Soprattutto per Titania. Erano sue allieve.
Nova
non voleva immaginare.
-
Ma erano molto di più questo. Erano come figlie per lei. Le
fate... non possono
innamorarsi, ma provano dei sentimenti, Nova. E quelle fate... vennero
dilaniate. Titania non poté fare niente, perché
Odile aveva usato un
incantesimo per paralizzarla. Un altro attacco a sorpresa. Titania
guardò e non
poté fare niente. Il senso di colpa che ha sempre provato
avrebbe potuto
trasformarla in un mostro. Era stata lei ad organizzare
l’incontro. – Oberon
fece una pausa, infilandosi un filo d’erba tra le labbra.
Puck si agito nel
sonno, emettendo uno strano verso gorgogliante.
-
Amadan volle lasciarla vivere. Pensava che vedere quello che era
successo alle
sue allieve l’avrebbe distrutta e che si sarebbe arresa.
Godeva nel vedere il
dolore degli altri. Come Magnus. In realtà...
l’hanno sempre sottovalutata.
Sottovalutarono la sua furia.
-
Cosa accadde ad Ellésmera? Io so... so che Magnus
attaccò la città. – Nova
sapeva bene che Ellésmera, la capitale elfica, era
irraggiungibile ai più tanto
quanto la Corte Seelie. Un incantesimo la proteggeva, rendendola
invisibile a
chiunque, a parte agli elfi e alle fate.
-
Magnus mandò più volte dei messaggeri ordinando
alla città di arrendersi.
Nessuno gli rispose mai. Quindi attaccò. Le difese magiche
non ressero a lungo
e Magnus riuscì a penetrare in città con
l’esercito. Subirono una gran brutta
disfatta e mi piace ricordarlo... – Oberon sorrise.
– Ma molti morirono. Mio
fratello venne ucciso brutalmente dai licantropi. Ne uccise due, prima
che il
terzo riuscisse a sopraffarlo. Morì la madre dei miei
figli... io rimasi
ferito, ma Titania mi salvò la vita. In quella battaglia
perirono sia Amadan
che Odile. E l’esercito venne respinto. Fu solo questione di
tempo prima che
liberassimo la Corte Seelie.
-
E Magnus?
-
Non riuscimmo a catturarlo. Non volle lasciarsi catturare. Finse di
arrendersi
e poi ingurgitò una bella dose di veleno. – Oberon
misurò tranquillamente Nova
con lo sguardo. – Morto mio fratello, subentrava il
secondogenito, cioè io. Non
ci sarebbe bisogno di dirvi che Titania non fu più la
stessa, ma nessuno di noi
lo fu, del resto. Nemmeno voi sareste più la stessa se
aveste visto ciò che
abbiamo visto noi.
-
Basta, io... io penso di aver sentito abbastanza.
-
Oh, sono successe molte altre cose terribili che è meglio
non sapere. Ma
immagino che adesso... possiate capire.
-
Sì. È... è terribile. Ma Ruby... Ruby
non è colpevole. Lei non era nemmeno nata
e poi non ha chiesto di essere un licantropo.
-
No, ma lo è. E Titania ha giurato che non avrebbe
più aiutato né tollerato un
licantropo. Mai più. – Oberon restò in
silenzio qualche istante come se volesse
darle il tempo di assimilare quelle parole. – Chiedere a
Titania di venire meno
al giuramento sarebbe come chiederle di mentire. Non può
farlo. E anche se
potesse, dubito che lo farebbe. C’erano molte persone
presenti quando giurò. Potrebbero
metterla in dubbio come regina. Non abbiamo bisogno di questo.
-
La regina non può farlo, ma voi... voi potreste.
Oberon
fece un cenno vago con la testa. – Hanno ucciso mio fratello.
E mia moglie.
Nemmeno gli elfi si sono dimenticati di ciò che hanno fatto.
Forse li possono
tollerare, ma aiutarli... non lo faranno. Né lo
farà Titania. Né io.
-
Ruby ha salvato delle persone ad Oz. Ha combattuto dalla parte giusta.
-
Quello che ha proposto... è il massimo che è
disposta ad offrire. – disse
Oberon. Non ammetteva altre repliche ed era fin troppo chiaro. -
Avrebbe potuto
lasciarla morire.
-
Quello che ha proposto la farà soffrire.
-
Le salverà la vita. E rispetterà comunque il
giuramento perché pur avendola
aiutata... le ha anche fatto pagare a caro prezzo la sua richiesta di
aiuto. –
Il re degli elfi le sfiorò gentilmente una spalla. - Eppure
mi sembra un buon
prezzo, Nova. Vale davvero la pena perdere le ali quando si
è giunti ad un
accordo?
***
Storybrooke.
-
L’hai fatto comunque, vero? – chiese Leroy, mentre
le tre fate che erano ancora
fate meditavano in silenzio.
-
Non potevo lasciare che le separassero. – rispose Nova.
– Oz ha bisogno di
Dorothy. È la paladina di quella gente.
-
Ma tu hai sempre sognato di essere una buona fata... e di diventare
fata
madrina.
-
Sì. – Nova appoggiò la sua mano sopra
quella del nano. Lui la tenne tra le sue
grosse dita, in apparenza così goffe e rozze, abituate a
reggere un piccone. – Ma
sarei stata davvero una buona fata se lo avessi permesso? Siamo noi a
controllare i cambiamenti della nostra vita, Sognolo.
Essere
chiamato Sognolo gli scaldò il cuore.
Ma
detestava quello che Nova era stata costretta a subire. Quella
regina... non
sapeva nemmeno quale termine usare per definirla. Nessuno di quelli che
gli
passarono per la testa sembrava appropriato.
-
Forse Turchina può aiutarla. – suggerì
il nano.
-
Turchina? Lei risponde alla regina Titania. –
esclamò Flora. – Non farà niente.
-
La Verdolina ha riavuto le sue ali, sorella.
-
Mi chiamo Trilli. – ribadì lei, levando gli occhi
al cielo. – Ma se proprio non
ti va, chiamami sorella e basta,
come
fai con tutte.
-
Bene.
-
Parlerò io con Turchina. – decise Trilli,
alzandosi.
-
No, non puoi! – gridò Fauna.
-
Sì che posso. Posso e lo farò. Voi fate uscire
Leroy dall’istituto. Al resto
penserò io.
-
Vorrei rimanere ancora un po’, se non vi dispiace... sorelle.
Flora
e Fauna si scambiarono un’occhiata indecisa.