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Autore: ___Page    05/10/2018    2 recensioni
Nonostante il gran caos e la follia che imperversava con furia quella sera sul “Due di Picche”, ad attirare l’attenzione del giovane avvocato fu un quadretto tra i più tranquilli della serata, che pure era una delle visioni più singolari a cui avesse mai assistito.
Una rosa, due more, una castana, tre delle quattro teste esibivano un velo da quattro soldi e la strana coincidenza fece accigliare Sabo.
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*Questa storia partecipa alla Challenge delle Parole Quasi Intraducibili (FairyPiece version) organizzata dal forum FairyPiece – Fanfiction & Images*
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In parte ispirata a fatti realmente accaduti.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Izou, Portuguese D. Ace, Sabo, Satch
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Flechazo: 
colpo di fulmine, amore a prima vista, una freccia scoccata da Cupido. È quel momento in cui vediamo una persona per la prima volta e capiamo che vorremmo averla al nostro fianco per tutta la vita. (Spagnolo)

 
DUE DI PICCHE



 
A Jules...



A Sabo lavorare al bar di Ace piaceva.
Era una scusa come un’altra per passare una serata diversa, una scusa come un’altra per arrotondare durante la pausa estiva delle lezioni, una scusa come un’altra per aiutare suo fratello – che era suo cugino ma questo era davvero solo un dettaglio –, una scusa come un’altra per flirtare.
Stare dietro a quel bancone a maneggiare bottiglie di vodka e rhum, non solo sembrava renderlo irresistibile ma anche annullava la necessità di un qualsiasi sforzo, pure minimo, per approcciarsi. Le ragazze volavano da lui come falene verso la fiamma, o come mosche verso il DDT, diceva Izou. Non che Sabo fosse un playboy della peggior specie ma non era nemmeno uno votato alla ricerca della propria perfetta metà. Aveva beccheggiato tra i due estremi per un po’, fino a trovare il proprio equilibrio nel mezzo, e ora si divertiva quando poteva e, di tanto in tanto, concludeva la serata con qualche avventrice che poi, puntualmente, non avrebbe più rivisto, almeno non volontariamente, per scelta di entrambi.
Sì, a Sabo la propria vita piaceva e gli piaceva lavorare al bar. Era divertente preparare cocktail, divertente buttare giù uno shottino con Ace senza un apparente motivo, divertente studiare la fauna che popolava il locale.
Era abbastanza sveglio da rendersi conto che, per logica deduttiva, guardando a suo padre e suo fratello Rufy, neppure lui doveva essere troppo normale ad occhi estranei e scandagliare quella variegata folla, che spesso regalava preziosi casi umani, lo aiutava a sentirsi più normale o almeno meno solo in un mondo di strambi.
Il primo dell’elenco era sicuramente seduto di fronte a lui, un blue coconut margarita in mano e un ghigno famelico dei suoi sulla faccia.
«Sì» fece schioccare la lingua Izou. «È proprio come pensi, ti fisso per metterti a disagio»
«Izou» lo richiamò Marco, appoggiato al bancone con un braccio per alternare un sorso di cocktail a una chiacchiera con i suoi due amici di lunga data bartender.
Sabo scosse il capo, deciso a non sprecare fiato per constatare per la milionesima volta quanto Ace fosse bravo ad attirare i soggetti più discutibili nella propria vita e, di conseguenza, nella sua, e alzò lo sguardo, lasciandolo vagare per il locale, mentre triturava il ghiaccio. Era una serata particolarmente fervente di soggetti interessanti, si accorse con soddisfazione.
C’era un tizio dai capelli verdi e canini sporgenti che ballava su un tavolo insieme a quel ragazzo dal naso lungo che Ace gli aveva presentato e di cui non ricordava il nome, una giovane dai capelli rossi che stava sfidando a gare di bevute i peggio energumeni del locale da almeno mezz’ora e ancora reggeva e, a meno di non essere impazzito, qualcuno giù in fondo che si stava sfidando al tiro alla fune.
Ma, nonostante il gran caos e la follia che imperversava con furia quella sera sul “Due di Picche”, ad attirare l’attenzione del giovane avvocato fu un quadretto tra i più tranquilli della serata, che pure era una delle visioni più singolari a cui avesse mai assistito. Era un tavolo un po’ distante, ma dritto di fronte a lui e in una fetta di visuale totalmente sgombra, che gli permetteva di osservare senza difficoltà le quattro ragazze che ridevano e scherzavano, con quella confidenza tipica di chi si conosce da una vita intera. Una rosa, due more, una castana, tre delle quattro teste esibivano un velo da quattro soldi e la strana coincidenza fece accigliare Sabo.
Non aveva mai visto una cosa del genere, poteva mai essere? Assurda come situazione.
Le stava ancora fissando per sincera curiosità, per capire, senza alcun secondo fine davvero, quando una delle due more, l’unica del quartetto senza il velo, spostò l’attenzione dall’amica al suo fianco a quella di fronte a lei, permettendo a Sabo di vederla in volto.
A otto anni, per via di una sfida idiota che non ricordava più neanche chi gli avesse lanciato tra Rufy e Ace, Sabo aveva messo le dita nella presa della corrente. La sensazione non l’aveva mai e non l’avrebbe mai dimenticata. Aveva tremato dentro, il cuore si era fermato per un istante, gli era mancata la terra sotto i piedi e il cervello si era spento e riacceso in pochi secondi.
Ora, fosse riuscito a staccare gli occhi da quello sguardo blu come la notte, da quel sorriso che pareva una giornata inattesa di primavera, da quella spruzzata di lentiggini in cui rischiava di perdersi, Sabo avrebbe controllato di non aver accidentalmente infilato le dita nella presa della corrente. Di nuovo.
Che gli stava succedendo?
«MacGyver hai visto qualcosa di interessante?» la spallata di Satch lo riportò alla realtà, al “Due di Picche”, in mezzo alla musica e alle chiacchiere, davanti ai quindicimila chili di ghiaccio triturato ormai così fine da sembrare sabbia, dietro al maledetto bancone che lo divideva come una barriera da “Spruzzata di lentiggini”.
Eh?!
«Satch, per la ventordicesima volta, MacGyver non è un avvocato!» si alterò Izou mentre Ace accostava il viso a quello di suo fratello, spuntandogli alle spalle.
«Che originale il ghiaccio così fine! Potremmo usarlo per il sex on the beach» propose sempre gioviale e positivo Ace.
Sabo scosse il capo. «Ehi, no, ragazzi guardate là!» esclamò, puntando senza troppe cerimonie il dito verso il tavolo incriminato. Satch tornò indietro e si piegò in avanti, così che Sabo si ritrovò con i volti dei due baristi  ai lati del proprio. «Guardate che roba! Addio al nubilato di gruppo. Pazzesco!»
Satch e Ace osservarono in silenzio alcuni secondi nella direzione da lui segnalata prima di reagire in simultanea.
«Naaaah!» vociò Satch rimettendosi dritto mentre Ace si girava per appoggiarsi di terga al bancone e poter guardare in faccia il fratello.
«Non sono tre addii al nubilato, biondissimo» si intromise Izou.
Sabo si fece perplesso, sempre più perplesso quando anche Ace annuì in conferma. «Cos… ma certo che sono tre addii al nubilato! Non avete visto che tre su quattro hanno il velo?!» insistette, indicando a braccio teso il tavolo senza girarsi a guardarlo.
«E infatti la sposina è quella senza» gli spiegò Satch, con fare saggio e saputo di chi, di quel mondo, ne sapeva un sacco e una sporta. «Ammetto che è originale, una presa per il culo un po’ diversa dal solito. Probabilmente è una tipa riservata che non voleva sbandierare ai quattro venti gli affari suoi e le amiche l’hanno fregata con questa trovata. Sì, davvero originale» fece ondeggiare il ciuffo a banana nel confermare la sua precedente affermazione.
 Sabo lo fissò a bocca aperta finché una risata vagamente isterica non gli salì alle labbra. «Oh ma dai! Vi prego!» tossicchiò le parole, ben più agitato di quel che avrebbe voluto dare a vedere. Ma che gli prendeva? Che aveva mai da essere agitato? «Insomma non può essere lei, la sposa, è… è assurdo!»
«Perché assurdo?» si accigliò Satch.
«Infatti» gli diede manforte Ace, piegando le braccia al petto. «Mi sembra una bellissima ragazza»
«E lo è ma non è lei! Lei non può sposarsi!»
«Ohi ma che ti prende?!» Ace lo squadrò da capo a piedi. «Perché non dovrebbe sposarsi?»
«Beh perché… perché…» boccheggiò Sabo.
Non era evidente?!
Perché doveva diventare sua, ecco perché!
Sabo sgranò gli occhi, sotto shock. Cos’aveva appena pensato?! Doveva essere impazzito, non c’era altra spiegazione, insomma, non ci aveva nemmeno parlato, l’aveva solo vista e…
«OhOhhh! Mi sa tanto che qualcuno qui è rimasto vittima di Cupido»
Sabo portò gli occhi su Izou e nemmeno gli rispose prima di sollevarli di nuovo verso il tavolo da quattro. Il tavolo da quattro ora vuoto. Si guardò intorno febbrile finché non riuscì a individuarle di fronte alla cassa. Parlavano e scherzavano con Esta, le giacche già addosso, uno scontrino già in mano. Sabo smise di pensare o preoccuparsi della gran figura di merda che si apprestava a fare e di quanto per questo Izou, Satch, Ace e forse addirittura anche Marco lo avrebbero preso per il culo fino alla fine dei propri giorni. Se anche fosse morto per primo, sapeva che avrebbero continuato a deriderlo persino nella fossa.
«Permesso, permesso!» avvisò quando saltò sul bancone per superarlo, scivolando sulle chiappe e atterrando miracolosamente in piedi dal lato degli avventori. «Pista!» chiese ancora mentre scartava tra i presenti e raggiungeva la porta del locale a velocità bionica, appena in tempo.
Con un’ultima falcata si piazzò tra la porta e le quattro ragazze, che si bloccarono con un sobbalzo, la castana divertita, la mora stranita, la rosa chiaramente troppo ubriaca per capire cosa stesse succedendo e “Spruzzata di lentiggini” sorpresa. Molto sorpresa. Quasi incredula.
Sabo prese un profondo respiro e avanzò verso di lei.
Lo stava per fare davvero? Sì, lo stava per fare davvero.
«Ciao» mise su il suo miglior sorriso da schiaffi. «Senti, so che penserai che sono pazzo e che penserai “ma questo cosa cavolo vuole da me” però c’è una cosa importante che devi sapere e quindi ti prego, ti prego, lasciami finire» giunse per un momento le mani per poi aprirle palmi in avanti. «Tu non devi sposarti. So che ora sei felice con lui, ne sono certo, ma non ne vale la pena, è destinata a finire, se bene o male non lo so ma è destinata  a finire perché, vedi, quando ti ho vista là al tavolo prima mi è bastata un’occhiata per sapere che io e te…» indicò se stesso e la ragazza alternativamente. «…siamo fatti per stare insieme e a un certo punto succederà per forza, ci incontreremo di nuovo e tu ti innamorerai di me e io ti farò la donna più felice del mondo e quindi io sono corso qui per chiederti di saltare tutta la parte in mezzo, innamorarti di me adesso e permettermi di fare di te la donna più felice del mondo a cominciare da stasera»
Sabo espirò e si preparò al ceffone. In vita sua ne aveva presi solo un paio e non se li era aspettati ma quello che stava per arrivare era una certezza. Un approccio del genere sarebbe stato rischioso anche con una ragazza single, figuriamoci una in procinto di attraversare la navata. Ma era stato più forte di lui, le parole erano uscite tipo fiume in piena e senza neanche il più vago e remoto velo di arroganza in esse. Non aveva fatto la faccia da culo del ragazzo irresistibile che, secondo un ben preciso calcolo statistico, una volta su cinque funzionava. Lo aveva detto perché era disperato di trovare un modo per tenerla lì, per non lasciarla andare. Perché era davvero ciò che sperava accadesse.
No sul serio, ma che gli aveva fatto con un solo sguardo quella ragazza?
«Eeeeeevvaiiiiiiiiii! Abbiamo trovato un pene alla Bimba!!! Wooooohooooo!» urlò la rosa, lanciando entrambe le braccia al soffitto e rischiando di rovinare a terra se l’altra giovane mora non l’avesse afferrata in tempo.
«Bonney!» ridacchiò la castana.
«Missione compiuta! Kay-Kay ce l’abbiamo fatta!»
«Ma veramente…» si riscosse “Spruzzata di lentiggini”, che nel breve lasso di tempo intercorso non era riuscita a staccargli gli occhi di dosso, basita. «…saremmo uscite per il vostro addio al nubilato, te lo ricordi?»
Sabo spostò gli occhi sulle tre ragazze munite di velo. «È davvero il vostro addio al nubilato?» esalò, fissando la castana che annuì con un guizzo degli occhi blu-viola. Il sollievo lo travolse. «Lo sapevo!» esultò sottovoce.  
Mai che quei tre imbecilli gli dessero retta!
«Aspetta, credevi davvero che fosse il mio addio al nubilato?!» “Spruzzata di lentiggini” si rigirò verso di lui, frustando l’aria con i lunghi capelli corvini. Sabo annuì piano. «E mi hai fatto tutto quel discorso pur credendo che stessi per sposarmi?» Sabo annuì di nuovo. Lei scoppiò a ridere.
E se a Sabo era bastato uno sguardo per sentire che la voleva, gli bastò una risata per sapere che avrebbe assolutamente potuto amarla.
«Santo cielo!» si portò le mani alla bocca. «Questa è la cosa più assurda e folle e romantica che abbia mai visto in vita mia! Sei senza vergogna!» esclamò, ma non sembrava un’accusa e Sabo si passò una mano tra i capelli, in evidente imbarazzo.
«Ci dovevo almeno provare»
«E hai fatto bene, visto che la Bimba non si sposa ed è pure single! E un single triste oltretutto! In sei mesi è uscita con tre persone e non ha concluso con nessuno!»
«Amore hai bevuto troppo» la ritirò contro di sé l’altra mora, per fermare la sua filippica, ignorando il suo “Oh dai, Baby!” di protesta con aggiunta di “Tanto lo so che ti piace farlo ubriaco”.
Non che Sabo ci stesse facendo caso, non aveva ancora staccato gli occhi da lei. Era single? Davvero? Da “quasi moglie” a “libera come l’aria e con occhi solo per lui”? Che aveva fatto di così bene nella sua vita precedente?
«Comunque è un piacere conoscerti di persona, prof.» mormorò lei e Sabo corrugò le sopracciglia, preso in contropiede. «Sei l’assistente di diritto internazionale no?»
«Studi giurisprudenza?» chiese piano. Sentiva già la punta di delusione dilatarsi nel suo petto.
No, non ci voleva credere! Era una studentessa del suo corso di laurea! Sapeva di aver cantato vittoria troppo presto!
«Architettura» ribatté.
«E allora come…?»
«Difficile dimenticare la tua appassionata lezione sull’universalità dell’etica. Peccato tu ti sia accorto di aver sbagliato aula dopo appena un quarto d’ora» incrociò le braccia sotto il seno.
Interiormente, Sabo pregò che il pavimento si aprisse e lo inghiottisse.
Architettura 403. La sua prima lezione in assoluto, all’inizio del semestre. La sua più epica figura di merda.
«Oh dio…» sospirò, passandosi la mano sul volto. «A mia discolpa…» fece per giustificarsi ma non riuscì a proseguire. “Spruzzata di lentiggini” era a pochissimi centimetri da lui e lo guardava da sotto in su, avvolgendolo con il suo profumo.
«Ho passato le due settimane successive a cercare di scoprire gli orari delle tue lezioni, per ritrovarti, ma succedeva sempre qualcosa e mi sono messa l’anima in pace. Ho pensato che, se era destino, ti avrei ritrovato comunque»
Sabo la fissò senza fiato.
Sì, sì, decisamente poteva e voleva, voleva amarla.
«Io sono Sabo» allungò la mano verso di lei.  
«Ishley» rispose con un sorriso – non che avesse smesso di sorridere un solo istante – tutto per lui.
Sabo ricordava bene e mai avrebbe dimenticato la sensazione della scarica di corrente che attraversa il suo corpo mentre infilava le dita nella presa.
La sensazione di quella scarica, quella che sentì quando la sua pelle e quella di Ishley entrarono in contatto per la prima volta, quella era tutta un’altra storia.     
 
 





Angolo dell'autrice: 
Non ho proprio resistito a citare una delle mie gag preferite di uno dei miei telefilm preferiti, soprattutto sperando che una certa persona apprezzi. 
Grazie a Soly per la splendida iniziativa e al FairyPiece per rendere possibile queste iniziative e a tutti voi che avete letto fin qui. 
Un abbraccio a tutti. 
Page.   
  
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