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Autore: EvelynJaneWolfman    05/10/2018    0 recensioni
In un classico liceo americano non possono mancare gli atleti, le cheerleader, gli strambi, i nerd e gli invisibili. Ed è esattamente ciò che Sophie è; un misto tra una nerd ed una persona invisibile. Innamorata cotta di Kevin, giocatore della squadra di football del liceo, la giovane ragazza sa che può solo ammirarlo da lontano. Eppure, quando tra loro sembra inizi ad esserci intesa, lui la tradisce nel più subdolo e doloroso dei modi: rivelando a tutti il suo segreto e facendola deridere.
Perché Sophie non è solo Sophie, ma Sophie Beatrice McIntosh, principessa di un piccolo ma fiorente principato europeo. Ovviamente, con il suo stile poco trendy e gli enormi occhiali, chi la crederebbe una reale? Nemmeno il cane di sua zia Irma.
Delusa e ferita, la giovane torna al proprio paese e dopo cinque anni, rinata dentro e fuori, rifarà i conti con Kevin. Questa volta nelle vesti di... Sua guardia del corpo!
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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TENP - Capitolo 7 per EFP

Jane alzò gli occhi al cielo, esasperata, e si abbandonò priva di forze sul divano. Di sicuro aveva un milione di domande da farle, ma sembrava troppo stanca anche solo per articolare mezza parola. Sophie notò le occhiaie scure sotto agli occhi, segno che aveva passato l'intera notte sveglia nell'attesa di sue notizie, e si sentì un mostro per essersi dimenticata di lei. In parte era colpa di Kevin, l'aveva stressata ad un punto tale da farle dimenticare che c'era una povera anima che l'aspettava; accanto a lui perdeva ancora la cognizione di ogni cosa, proprio come quando era ragazzina, e questo era molto pericoloso. Come se non bastasse, il bacio che le aveva dato l'aveva mandata in confusione ancora di più, possibile che quell'uomo all'apparenza freddo e rude le avesse tirato uno scherzo così orribile da giovane? Se così fosse stato, se davvero era stato un ragazzino manipolatore ed insensibile, non sarebbe dovuto rimanere tale almeno in parte? Forse non le aveva ancora mostrato quel lato di sé e lei non ci teneva affatto a vederla.

Il lieve russare dell'amica la scosse e si voltò trovandola addormentata sul divano. Sorrise intenerita e si affrettò a coprirla con un plaid. Sul tavolino di fronte al sofà notò alcuni fogli sparsi o ammucchiati qua e là, ne prese uno e notò che si trattava di un volantino di aiuto per una persona scomparsa, e quella persona era lei!

«Oh, Jane...» si sedette accanto all'amica addormentata, e notò anche una ricompensa di tremila dollari per chiunque l'avesse trovata. Sophie si commosse per quel gesto, soprattutto perché Jane non aveva una situazione finanziaria coi fiocchi, eppure era stata disposta a spendere tutti i suoi risparmi per lei. Era bello sapere che c'era qualcuno che teneva davvero a lei.

* * *

«Wow, stasera verrà la fine del mondo!» esclamò sua sorella, fissandolo con sarcasmo ed una punta di rabbia, che meritava visto le rarissime volte che si faceva vivo.

«Lo so, sono un pessimo fratello, eccetera eccetera...» la prese in giro, beccandosi come risposta la porta di casa quasi sul naso. «Ehi, no! Mi dispiace, mi dispiace...» Sonia, sua sorella, aprì nuovamente sospirando sconfitta, lo conosceva bene ormai e sapeva perfettamente qual era il motivo che lo teneva lontano da lei, dal marito e da Melanie, la sua nipotina. E il motivo era proprio lo sguardo preoccupato che la sorella aveva sul viso, che lo fece rabbuiare in un secondo.

«Non iniziare.» La ammonì mentre entrava in salotto, vedendola alzare gli occhi al cielo.

«No, non inizio. Allora, cosa ti porta qui?» gli chiese, sedendosi sulla poltrona e facendogli segno di sedersi sul divano accanto.

Rifiutando l'invito, poiché non intendeva trattenersi a lungo e subirsi i soliti discorsi di Sonia, disposta a trovargli lavoretti qua e là come se fosse un poveraccio incapace di badare a se stesso, si avvicinò alla libreria e fissò i vari libri con curiosità. «Dimmi, hai ancora l'annuario dell'ultimo anno?» le chiese con finta nonchalance.

Lei aggrottò le sopracciglia, sorpresa? «L'annuario? Sì, ma a te cosa serve?»

«Voglio solo trovare il nome di un ex compagno, tutto qui.» Quella scusa non avrebbe convinto nessuno, lo sapeva, ma Kevin non aveva nessuna intenzione di dirle la verità, soprattutto perché questo avrebbe comportato doverle dire anche della fuga di Sophie e del loro patto, che ovviamente contrastava con l'ordine che le aveva dato il padre della ragazza e lui non aveva voglia di subirsi i suoi rimproveri.

«Raccontamene un'altra, Kevin. Sono tua sorella gemella, ti conosco e so per certo che non dimentichi mai il nome di qualcuno, a me che di quella persona non ti importi assolutamente nulla.» Sua sorella incrociò le braccia al petto e si mise a fissarlo con rimprovero, aspettando che lui le raccontasse la verità. Cosa che non sarebbe mai avvenuta, la adorava ma proprio non sopportava che si intromettesse con forza nella sua vita o che usasse trucchi come lo sguardo adirato per estorcergli informazioni che, almeno per il momento, non poteva darle.

«Ti prego, Sonia, se puoi aiutarmi te ne sarei davvero grato, altrimenti grazie lo stesso e addio.» Questa volta fu il suo turno di incrociare le braccia e mettere su lo sguardo di rimprovero. Fortunatamente la sorella non insistette, forse anche per l'urgenza nella sua voce, e si alzò dalla poltrona per dirigersi al piano superiore. Tornò poco dopo con un un grosso libro rosso, che Kevin riconobbe come l'annuario che aveva chiesto. Glielo strappò in modo quasi animalesco dalle mani e si accomodò sul sofà sfogliandolo con urgenza, quando arrivò alla sua classe spostò lo sguardo su tutti i visi dei vecchi compagni di scuola fino ad arrivare a lei... quando lesse il nome sotto la piccola immagine il respiro si fermò in gola.

Sophie Beatrice McIntosh...

Effettivamente, se si guardava attentamente la somiglianza era palese. Certo, ormai Sophie era diventata donna e i suoi lineamenti più marcati e seducenti, ma all'epoca era stata una graziosa ragazza dolce e sempre presa di mira dai bulli.

Chiuse l'annuario ed espirò rumorosamente. Sua sorella,in piedi accanto a lui, non pronunciò parola. Si diede dell'idiota per non aver riconosciuto subito la donna che da giorni aveva accanto, l'aveva pure trattata con sufficienza credendola solo una stupida ragazza viziata. 

Si passò una mano fra i capelli, improvvisamente esausto e senza forse, ed abbandonò l’annuario sul divano accanto a sé. Si alzò in piedi e diede un bacio sulla guancia alla sorella.

«Grazie mille, Sonia. Prometto di ritornare presto per giocare con Melanie.» La donna annuì e gli diede un abbraccio prima di accompagnarlo alla porta, sta volta a differenza delle altre volte non tentò di farlo restare di più. Kevin salutò un’ultima volta la sorella e salì sul suo furgoncino per tornare a casa dell’amica di Sophie, pregando di trovarla ancora lì. 
Non si sarebbe sorpreso però se avesse colto l’occasione per scappare di nuovo, lui non solo l’aveva trattata male ma l’aveva anche lasciata sola libera di fare quello che voleva. 
Come guardia del corpo era un vero schifo. Pregava solo di non aver rovinato tutto con lei, lo consolava il ricordo del bacio che si erano scambiati quella mattina, lei aveva tremato fra le sue braccia ed aveva risposto con passione. Questo doveva pur significare qualcosa, no? Voleva tanto chiederle perché se n'era andata via all'improvviso, lasciandolo solo in quel posto orribile. 
Arrivò davanti alla casa di Jane, l'amica strana di lei, e parcheggiò nel vialetto, scendendo dall'auto e percorrendo il piccolo sentiero bianco e acciottolato fino alla porta con una strana eccitazione e voglia di vederle, di constatare che fosse ancora lì. Bussò, attendendo quella che gli sembrò un’eternità dolorosa e quando la porta si aprì fu proprio il viso di Sophie che si ritrovò davanti.

«Sei pronta per andare?» le chiese e lei annuì, sorridendo appena.

«Solo il tempo di lasciare un biglietto a Jane, che si è addormentata, e sono da te; tu non muoverti.» Quando lo vide annuire, tornò dentro casa, strappò un foglietto da una bacheca che la giovane padrona di casa teneva sulla parete e dopo poco tornò da lui chiudendosi piano la porta di casa alla spalle.

«Fatto.»

Entrarono nel furgoncino e solo in quel momento Kevin tirò un sospiro di sollievo, sapendola accanto a sé. Lei si ricordava di lui? Probabilmente no, non aveva mai avuto il coraggio di avvicinarla se non in classe e con delle scuse banali come l’occupazione illecita del suo banco. A parte difenderla da Connor e sedersi accanto a lei con scuse imbarazzanti, non le aveva mai parlato da solo o confessato i suoi sentimenti e lo aveva rimpianto molto quando se n'era andata.

Ma adesso aveva una seconda occasione e non l'avrebbe sprecata.

«Ci vuole molto per arrivare al campeggio?» gli chiese, battendo le mani emozionata come una bambina. Quella reazione lo mise di buon umore, vederla felice alleviava il suo senso di colpa per come l'aveva trattata. Inoltre significava anche che in ce l'aveva affatto con lui e questo era un bene.

«Ci vorrà più o meno un'ora. Inoltre è una zona boschiva poco frequentata dagli altri campeggiatori quindi potrai goderti la natura senza irritanti compagni... ed io ne so qualcosa» disse, ricordando il campeggio organizzato con sua sorella quando lei aveva compiuto diciotto anni, si erano ritrovati circondati da persone che ruttavano, liberavano aria molesta e facevano l'amore proprio nella tenda accanto alla loro. Per due ragazzini, all'epoca era stato terribile, m ripensandoci ora la situazione era abbastanza comica.

«Bene... credo» mormorò confusa.

«Certo che è un bene, credimi, certe persone tendono a lasciarsi un pochino andare nella natura...» il viso sconvolto di Sophie per poco non lo fece ridere ma si trattenne. Era curioso di sapere in che modo la sua testolina avesse interpretato le sue parole.

Per il resto del viaggio nessuno dei due parlò. Lei si lasciò andare contro il sedile, chiudendo gli occhi e rilassandosi alla musica che la radio trasmetteva mentre lui tentava di tener fisso lo sguardo sulla strada e non posarlo su di lei.

Solo quando arrivarono nei pressi del lago, dove avrebbero campeggiato, la svegliò con un finto colpo di tosse. Lei sobbalzò leggermente, lo sguardo ancora un po' vacuo, e si guardò intorno fino a posare lo sguardo fuori dal finestrino.

«È meraviglioso!» disse, riferendosi allo spettacolo del tramonto che si rifletteva nelle acque cristalline del lago.

Di certo non era meraviglioso quanto i suoi occhi accessi dalla felicità o del suo sorriso meravigliato.

«Ci accamperemo vicino al lago?» sembrava essere tornata una bambina, ed effettivamente forse dentro lo era ancora un po' visto che da piccola era stata costretta a comportarsi da donna.

«Se ti fa piacere» le rispose, alzando le spalle in un gesto di finta noncuranza.

«Sì, mi piacerebbe molto!» batté le mani lei, iniziando ad agitarsi emozionata sul sedile.

Per lui il campeggio non aveva di certo il fascino che vedeva lei, forse perché non gli era sconosciuto anzi, negli anni aveva avuto modo di odiare le punture di insetto quanto odiava Connor... be', forse non proprio; odiava quel cretino molto di più. Sapeva di star realizzando un sogno molto importante per lei, forse per gli altri quel gesto era insignificante ma per Sophie no e questo rendeva quel momento speciale anche per lui. Era orgoglioso del suo sorriso, perché sapeva che ne era per metà l'artefice.

Quando finalmente arrivarono a destinazione, Sophie si precipitò fuori dal furgoncino per ammirare la riga del lago e le piccole onde che vi si infrangevano. Kevin ne approfittò per scaricare le provviste e tutto il necessario prima di montare la tenda.

«Ti serve aiuto?» Sophie gli si avvicinò proprio mentre stava inchiodando i paletti della tenda nel terreno. Apprezzò la sua richiesta, ma dubitava sapesse cosa fare in quel frangente ed avrebbe potuto solo portare più guai che aiuto, ovviamente non aveva intenzione di dirglielo.

«No, grazie, però potresti cercare dei rami qui intorno. Se noti ce ne sono alcuni là» puntò col braccio un mucchietto di rami accanto a degli alberi poco distanti da loro. La bionda annuì col capo e si avviò a raccogliere i rametti caduti.

Tornò a lavoro e in pochi minuti riuscì a montare quella vecchia tenda, lui e sua sorella si erano divertiti un sacco lì dentro da piccoli... sperava potesse divertirsi anche Sophie.

«Allora... raccontami un po' della tua adolescenza» le chiese qualche ora più tardi, entrambi seduti accanto al fuoco mentre fissavano le stelle che brillavano nel cielo notturno.

Sophie puntò lo sguardo su di lui, sorpresa e incuriosita da quella domanda inaspettata. «Come mai ti interessa la mia adolescenza?»

«Semplice curiosità, mi chiedo solo come abbia passato i suoi anni più belli una principessa» una scusa davvero patetica, che però le sembrò bastare perché la vide annuire piano fissando il fuoco che scoppiettava davanti a loro.

«Be', non sono stati esattamente i giorni più belli della mia vita anzi...» iniziò a raccontare lei, tenendo ancora fisso lo sguardo sul fuoco. «Forse ti sembrerà strano, ma ho frequentato l'ultimo anno di liceo qui, in America, prima di allora avevo sempre studiato a casa con un tutor.»

«Ma davvero?» si finse sorpreso lui.

«Sì. E sin dal primo giorno, chissà per quale motivo, un gruppetto di ragazzi mi prese di mira e per me ogni ora passata in quel liceo è stata una vera a propria tortura» raccontò con la voce intrisa di tristezza e rimpianto.

Connor e si suoi..., pensò. Quegli orribili bastardi le avevano davvero fatto passare l'inferno, e non importava se a quel tempo erano degli idioti immaturi, per lui diciassette anni bastano per distinguere il bene del male e capire quando si sta facendo qualcosa di sbagliato e terribile.

«Però» riprese subito dopo lei. «C'era un ragazzo che mi piaceva davvero tanto, era sempre pronto a difendermi ogni volta che ne avevo bisogno. Era diventato una specie di super eroe per me, se ero nei guai lui c'era e me ne sono infatuata subito.» I suoi occhi ora erano colmi di malinconia e dolore, di quest'ultimo Kevin ebbe paura, sentiva che la storia non sarebbe finita bene. Chi era il ragazzo che andava sempre in suoi aiuto, da quel che ricordava solo lui e la sua amica dai capelli rosa – che solo  in quel  momento  collegò a Jane – intervenivano per difenderla. Possibile che fosse proprio lui?

«E cos'è successo con questo ragazzo» le chiese con la voce spezzata dalla preoccupazione.

«Nulla. Gli ho confessato i miei sentimenti e di essere una principessa e lui ha consegnato il biglietto a Carly, che ha letto davanti a tutta la classe nell'ora di educazione fisica. Quindi anche lui mi aveva preso in giro.» Sophie spostò lo sguardo dal fuoco al suo viso e sorrise, un sorrise tristi e rassegnato.

Non poteva di certo essere lui quel ragazzo, non aveva ricevuto nessuna confessione da lei e di certo non avrebbe consegnato qualcosa di così importante ad un'arpia come Carly.

«Mi dispiace...» disse semplicemente, senza saper cosa dire.

«Non importa, è successo tanto tempo fa» sospirò lei prima di alzarsi e sgranchirsi braccia e gambe. «Io sonno, ti dispiace se vado a dormire per prima?»

«No, vai pure, io ti raggiungerò tra poco.» La bionda annuì e sparì nella tenda.

Approfittò di quei momenti di solitudine per pensare. Chi era il ragazzo che l'aveva tradita in un modo così subdolo? Voleva trovarlo per spaccargli la faccia, ma più di tutto voleva spaccarsela da solo la faccia, per non essere riuscito a proteggerla da un tipo simile. Lui non aveva idea che fosse innamorata di qualcuno, se ne andava in giro sempre sola o con la sua amica e mai con un ragazzo.

Sospirò e si passò una mano sul viso. Questo spiegava perché era scomparsa così improvvisamente, il dolore e l'imbarazzo erano stati sicuramente troppo da sopportare. Si alzò dal ceppo d'albero su cui era seduto e gettò della terra sul fuoco per spegnerlo prima di entrare nella tenda.

Trovò Sophie stesa sul sacco a pelo rosso che avevano comprato insieme, lei gli dava le spalle e sembrava addormentata ma Kevin sapeva benissimo che era ancora sveglia, lo percepiva dal suo respiro irregolare. Fece finta di nulla e si stese anche lui, fissando nella semi oscurità la parte superiore della tenda.

«Grazie mille» la sentì mormorare all'improvviso, così piano che per un secondo temette di essersi immaginato tutto. Si voltò verso di lei, fissandole la schiena, in quel momento provava il forte desiderio di abbracciarla e farle dimenticare gli orribili anni che aveva passato ma se l'avesse fatto lei lo avrebbe di sicuro frainteso. Inoltre era evidente che non si ricordasse di lui e questo gli lasciava una sensazione amara in bocca. La sentì voltarsi e si ritrovò col suo viso a pochi centimetri di distanza, i suoi occhi verdi scrutarono i suoi e per un secondo gli sembrò di vedervi nuovamente del rimpianto misto a delusione, non per se stessa ma per lui. Questo lo scosse e turbò, perché avrebbe dovuto essere delusa da lui?

«Grazie» ripeté lei di nuovo, strappandolo dai suoi pensieri. «Grazie per avermi portata qui nonostante non ne avessi voglia, so che le mie richieste sono assurde e che non eri obbligato ad assecondarmi, ma proprio per questo ti ringrazio.» Abbassò lo sguardo, come se non riuscisse a fissarlo.

Senza nemmeno rendersene conto, portò una mano sul suo viso e ne accarezzò la guancia con il pollice. La sentì tremare, esattamente come quando l'aveva baciata, ed i suoi occhi tornarono a fissarlo, stavolta carichi di domande. Non le diede alcuna spiegazione però, avvicinò soltanto le labbra alle sue e la baciò piano, quasi con timore. Questa volta non si sarebbe lasciato scappare l'occasione di averla accanto a sé come aveva fatto da ragazzino.

  
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