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Autore: EvelynJaneWolfman    04/11/2018    0 recensioni
In un classico liceo americano non possono mancare gli atleti, le cheerleader, gli strambi, i nerd e gli invisibili. Ed è esattamente ciò che Sophie è; un misto tra una nerd ed una persona invisibile. Innamorata cotta di Kevin, giocatore della squadra di football del liceo, la giovane ragazza sa che può solo ammirarlo da lontano. Eppure, quando tra loro sembra inizi ad esserci intesa, lui la tradisce nel più subdolo e doloroso dei modi: rivelando a tutti il suo segreto e facendola deridere.
Perché Sophie non è solo Sophie, ma Sophie Beatrice McIntosh, principessa di un piccolo ma fiorente principato europeo. Ovviamente, con il suo stile poco trendy e gli enormi occhiali, chi la crederebbe una reale? Nemmeno il cane di sua zia Irma.
Delusa e ferita, la giovane torna al proprio paese e dopo cinque anni, rinata dentro e fuori, rifarà i conti con Kevin. Questa volta nelle vesti di... Sua guardia del corpo!
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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TENP - Capitolo 8 per EFP

Dev'essere impazzito, pensò Sophie, altrimenti non si spiegava il suo comportamento quel giorno. Era la seconda volta che la baciava, la prima poteva considerarlo un errore ma la seconda no. Non sapeva cosa gli fosse preso, fino al giorno prima sembrava gli fosse antipatica mentre adesso sembrava un'altra persona. Non l'aveva trattata né freddamente né da stupida, forse si sentiva male, aveva bevuto o... non lo sapeva nemmeno lei. 
Portò le mani sul suo petto, con l'intenzione di allontanarlo, ma il suo bacio la stava trascinando nell'oblio di sensazioni fino ad allora sconosciute. Si ritrovò senza nemmeno accorgersene a stringere la sua maglietta tra le dita per avvicinarlo di più a sé. 
Lui la sovrastò, coprendola col proprio corpo, Sophie provò un certo timore ed una punta di panico si impossessò di lei. Non sapeva cosa fare, come reagire in quella situazione, una situazione che da ragazzina aveva sempre sognato. Kevin abbandonò le sue labbra ed iniziò a baciare dolcemente prima le gote, la punta del naso fino a ritornare sulle sue labbra che non unì nuovamente alle sue. Rimase fermo, la bocca a pochi millimetri dalla sua, senza far nulla. Lentamente, il cuore si Sophie riprese a battere ad un ritmo quasi normale ed il timore svanì un po'. Alzò lo sguardo verso di lui e lo trovò a fissarla, era la prima volta che poteva ammirare i suoi occhi blu così da vicino, in quel momento, nella penombra, sembravano due pozze nere e ardenti. Il suo sguardo la penetrava nel profondo, la scrutava fin nell'anima, stava di certo tentando di capire se fosse prudente andare oltre o fermarsi. La cosa più razionale e giusta in quel momento, per entrambi, era mettere fine a quella follia e fare finta di nulla. Sì, sarebbe stato meglio. 
Eppure, spinta da un'audacia e da un bisogno che non credeva di possedere, unì nuovamente le sue labbra e diede inizio ad un bacio quasi famelico. Non sapeva chi dei due cercasse di avere la meglio sull'altro, di premere il controllo di quel bacio. 
Kevin avvicinò il bacino al suo e le fece sentire quanto la desiderasse, Sophie si lasciò scappare un piccolo gemito sorpreso e quel gesto le spense definitivamente il cervello. Abbandonò le labbra di lui per iniziare una scia di baci dal mento fino al collo, lo sentì ansimare più forte e infilare una delle sue calde mani sotto ad una delle enormi t-shirt che le aveva prestato. 
Sophie si sentiva ardere come non mai, ogni suo gesto era completamente dettato dall'istinto e sentì un bisogno urgente invaderla. Desiderava le mani di lui su tutto il corpo e non se ne vergognava, al contrario. 
Quando sentì la sua mano su un seno, una scarica elettrica la invase e si inarcò verso di lui. Kevin nascose il capo contro il suo collo e gli sembrò di sentirlo sussurrare «oh, Sophie», ma persa com'era in quelle sensazioni non ne poté essere sicura. 
E all'improvviso, tra la bolla di sensazioni fantastiche che sentiva, iniziò a provare freddo e la mancanza di qualcosa. Non sentiva più il suo tocco né il peso del suo corpo sul proprio. Aprì di scatto gli occhi, spaesata, e si guardò intorno confusa. 
Trovò Kevin steso sul suo sacco a pelo che le dava le spalle, come se nulla fosse accaduto. Per un attimo credette di aver sognato tutto, ma la maglietta alzata fino al busto rivelava la verità. Sconcertata, confusa e ferita per quell'abbandono improvviso, diede anche lei le spalle all'uomo mordendosi le labbra per non piangere. 
Mille domande le affollavano la mente. Perché si era allontanato? Forse non l'aveva trovata abbastanza attraente? Gli aveva fatto schifo toccare il suo corpo? Piena di vergogna si risistemo la maglietta, lasciando che calde lacrime le rigassero il volto.

* * * 
Imbarazzo e disagio... ecco cosa avvertiva Sophie dal momento in cui avevano lasciato il bosco. Non aveva rivolto la parola a Kevin dal momento stesso in cui si era svegliato e lui aveva fatto lo stesso, non era riuscita a chiudere occhio per le mille domande che le avevano affollato la mente stanca e si sentiva a pezzi sia fisicamente che emotivamente. Quell'uomo doveva avere seri problemi di personalità, altrimenti non si spiegava come potesse baciare con una tale passione da sconnetterti tutti i neuroni solo per allontanarsi e voltarsi improvvisamente come un estraneo, come se non fosse successo nulla. 
La bionda appoggiò la fronte contro il finestrino, sforzandosi per non voltarsi e incontrare lo sguardo dell'uomo accanto a sé, desiderava soltanto arrivare da Jane e sfogarsi con lei; l'amica l'avrebbe sicuramente confortata e tirata su di morale, o almeno ci sperava...

Le immagini della sera precedente le tornarono in mente vivide e maligne, poteva ancora sentire il suo tocco sulla pelle e il sapore dei suoi baci. Si morse l'interno della guancia per evitare di perdersi ulteriormente in quelle fantasie e si diede della stupida; in qualche modo era di nuovo caduta nella sua trappola e gli aveva permesso di farla soffrire di nuovo, non importava se non si ricordava di lei, aveva abbassato nuovamente le sue difese davanti a lui permettendogli di scagliare un altro attacco. 
Che stupida! Era peggio di una masochista, tanto valeva aprirsi il petto e regalargli il suo cuore ancora caldo. 
L'immagine la fece rabbrividire e perse quel poco di appetito che aveva. Nonostante i suoi pensieri chiassosi a farle compagnia, il tragitto fino alla casa di Jane le sembrò eterno ed una volta arrivati salutò Kevin con un frettoloso "ci vediamo più tardi" prima di sfrecciare come un fulmine fuori dalla vettura e dirigersi dinanzi la porta dell'amica. 
Lui ci mise un po' prima di ripartire e Sophie giurò di aver percepito il suo sguardo insistente su di sé, ma gli aveva dato le spalle per tutto il tempo e non poteva esserne certa. Sicuramente aveva percepito la sua freddezza e il suo disagio, ma non ne aveva alcun accenno nella mezz'ora che avevano passato insieme né le aveva chiesto se ci fosse qualcosa che la turbasse. Forse sapeva perfettamente la causa del suo comportamento e preferiva non affrontare la questione, oppure era davvero un idiota incurante di nessuno se non di se stesso.

Non sapeva decidere quale delle due opzioni fosse la peggiore...

«Ehm... hai intenzione di restare lì impalata ancora per molto?»

Alzò di scatto il capo, sobbalzando alla voce dell'amica; Jane se ne stava ferma davanti alla porta di casa con un'espressione curiosa e indagatrice.

«Scusami» sospirò entrando in casa.

«Suppongo che il campeggio non sia andato a buon fine» indagò l'amica, scrutando con insistenza quasi imbarazzante il suo viso.

«Supponi bene» sospirò, lasciandosi cadere fiaccamente sul divano.

«Racconta tutto» le ordinò Jane, accomodandosi accanto a lei. «E con tutto intendo ogni dettaglio, fin dall'inizio, non come ieri che hai approfittato della mia stanchezza per svignartela e lasciarmi solo un biglietto con scritto "vado in campeggio con Kevin, ti racconto tutto domani".»

«Non me la sono svignata» si difese. «Eri stanchissima, si vedeva, e non volevo svegliarti solo per salutarti. Tutto qui.»

Jane alzò gli occhi al cielo, con l'espressione di chi tenta di comunicare con un caso perso. «Come no, ad ogni modo non cambiare argomento e spiega.»

«E va bene» si arrese, anche se non aveva alcuna voglia di parlare di Kevin in quel momento, ma sapeva che l'amica meritava spiegazioni; soprattutto dopo essere sparita senza dirle nulla.

«Come ti ho già raccontato, mio padre ha ingaggiato una guardia del corpo che avrebbe dovuto seguire ogni mio minimo spostamento, questo per evitare che io scappassi dal castello quando mi andava. Quella guardia era, anzi è, Kevin.»

«Cavoli! Se questo non è destino allora cos'è?» esclamò eccitata Jane.

«Destino?» Essere presa in giro due volte dalla stessa persona era destino? Forse sì, ma un destino di cacca allora.

«Pensaci: tu avevi una cotta per Kevin alle superiori e poi te lo ritrovi come tua guardia del corpo, quante possibilità c'erano che una cosa del genere potesse accadere?»

«Non lo so, l'unica cosa che so è che avrei preferito chiunque a lui. Ho quasi creduto fosse un uomo buono, ma ieri sera ho avuto la conferma che è solo un bastardo» sbottò furiosa, afferrando a morte uno dei poveri cuscini sul sofà.

L'amica divenne subito seria, abbandonando l'aria divertita di prima. «Ti ha fatto del male? Perché in quel caso ho una pala, possiamo ammazzarlo e seppellirlo in giardino.»

Si lasciò scappare una breve risata alle parole di Jane, ringraziandola silenziosamente. Le raccontò tutto quello che era successo la sera prima, anche se con un po' di imbarazzo perché era la prima volta che parlava con lei di certe cose. In quel momento si sentì quasi una normale ragazza col cuore a pezzi.

«Quindi è rimasto lo stronzo del liceo» sospirò infine, terminando il suo racconto.

«Mh...» mugugnò l'amica. «Non credo che si sia fermato perché stronzo, hai mai pensato che la situazione stesse degenerando troppo velocemente?» le chiese. «Voglio dire, come hai detto tu, lui non sa chi sei, quindi ti considera pressoché una sconosciuta ed anche il suo incarico di lavoro, hai mai pensato che si sia allontanato per non farsi coinvolgere troppo da te e quindi perdere la sua obiettività come tua guardia del corpo?»

No, non ci aveva minimamente pensato e iniziò a vergognarsene un po'. 
Era vero, Kevin la considerava solo il pacco che doveva consegnare a suo padre e lasciarsi coinvolgere emotivamente o fisicamente era una cosa che uno come lui non avrebbe mai fatto. Era stato un marine, uno abituato a seguire gli ordini e portare a termine le missioni con successo. La stessa cosa valeva con lei. Questo, dunque, non significava che fosse rimasto lo stesso ragazzino che l'aveva ferita anni prima, tuttavia temeva di non riuscire a fidarsi di lui proprio per ciò che era successo a scuola. 
Anche lei doveva tenere a mente il motivo della sua fuga e del perché dormisse a casa di Kevin e si muovesse solo con la sua costante presenza. Avevano fatto un patto e tra non molto lei sarebbe tornata a casa e non l'avrebbe visto mai più, non c'era spazio per risentimenti antichi di cui lui non aveva il minimo ricordo.

«Forse hai ragione, però sentirsi respinti in quel modo non è stato bello.»

«Certamente si è comportato da idiota e avrebbe potuto spiegarti il perché di quel gesto, ma gli uomini sono rudi e babbei e difficilmente si rendono conto di cosa può ferire una donna.» Jane le cinse le spalle con un braccio e la strinse piano a sé. «Sono esperienze che prima o poi facciamo tutti, e per quanto brutte sono felice che anche tu stia iniziando a vivere la tua vita. Anche se per poco.»

* * *

«Santo cielo, dimmi che non stai per morire!» esclamò sua sorella, fissandolo con un'espressione terrorizzata sul viso.

«Dico, ma sei scema?» sbottò irritato, capiva che potesse stupirsi di ricevere la sua visita per due giorni di file, ma da qui a pensare una cosa del genere si doveva essere strani sul serio. E sua sorella lo era, strana.

«Be', concedimelo, ti vedo sì e no mezza volta all'anno e adesso ti presenti qui due volte in meno di quarantotto ore, i miei sospetti sono giustificati.» Sonia incrociò le braccia, mettendo su la sua solita espressione preoccupata di sorella maggiore. Solo di un minuto.

Kevin alzò gli occhi al cielo, passandosi stanco una mano sul volto. «Santo cielo, sto bene! Non morirò, per ora, sono qui solo perché mi andava di vederti.» Bugia. Era lì perché voleva chiedere un parere femminile, aveva notato la freddezza di Sophie quella mattina ed era certo fosse causato da ciò che era accaduto la sera precedente.

Sua sorella gli lanciò uno sguardo di fuoco. «Credi che io sia scema? Sai che a raccontar bugie ti si accorcia l'aggeggino che hai in mezzo alle gambe?» lo prese in giro.

«Non ti si allungava il naso? E comunque, ti sembrano cose da dire a tuo fratello?»

«Se si ha un fratello idiota, sì.» La donna sospirò e si diresse in cucina, tornando qualche minuto dopo con due lattine di birra e porgendogliene una. «Su, dì alla tua sorellina ciò che ti turba.»

Kevin fissò con sospetto la lattina che aveva tra le mani. «Di un po', per caso stai cercando di sciogliermi la lingua con l'alcol?»

«Esattamente» confermò lei senza vergogna. «È l'unico modo per farti parlare, lo sappiamo entrambi, altrimenti te ne saresti seduto sul divano a mugugnare, sbuffare e maledire Dio solo sa chi prima di aprire bocca.»

Aveva ragione, purtroppo. Sua sorella lo conosceva benissimo e negli anni aveva sviluppato ingegnosi trucchetti per sciogliergli la lingua o per fargli fare ciò che voleva. Era una scaltra volpe, uno dei motivi per cui negli ultimi anni l'aveva tenuta lontana, sapeva che con lei i suoi segreti non sarebbero rimasti tali. E non voleva lei venisse a conoscenza di fatti spiacevoli, che stesse male per lui, aveva una famiglia a cui badare e Kevin non voleva essere un altro peso.

Aprì la lattina di birra e ne bevve un lungo sorso, se voleva l'aiuto di Sonia doveva parlare e davvero gli sarebbe servito dell'alcol per raccontarle di Sophie e di ciò che era accaduto nella tenda. Fissò nuovamente l'oggetto in latta tra le sue mani, pensando attentamente alle parole da usare per iniziare a raccontare. Doveva partire dall'inizio o dirle il meno possibile? Sua sorella non l'avrebbe aiutato se avesse capito che teneva per sé qualcosa che non voleva raccontarle.

«Ti ricordi di quel lavoro che avevo trovato all'estero?» iniziò, decise di farlo dall'inizio, anche per guadagnare un po' di tempo e mettere chiarezza nei suoi pensieri.

Sonia annuì. «Sì, quello di guardia del corpo all'estero, no? Ieri quando ti ho visto alla mia porta sapevo che era successo qualcosa, ti hanno licenziato?»

«No, sono tornato perché la donna che dovevo sorvegliare e scappata dopo neanche dieci minuti dall'inizio del mio incarico.» Ammetterlo non gli faceva piacere, però era la verità.

Sua sorella si lasciò scappare un breve risata. «È riuscita a sfuggirti senza che te ne accorgessi? Stranamente, mi è già simpatica, chiunque lei sia.»

«Già.» le lanciò un'occhiataccia e continuò. «Ad ogni modo, si è scoperto che questa donna era una mia compagna di classe alle superiori, una che mi piaceva molto e che era scomparsa senza dire nulla.»

«Stai parlando della ragazzina bionda a cui sbavavi dietro l'ultimo anno?»

Kevin sobbalzò dalla sorpresa. «E tu come fai a saperlo?» Era certo di non averle mai rivelato la sua cotta per Sophie, non l'aveva mai raccontato a nessuno.

«Sono tua sorella, ho passato nove mesi accanto a te, so leggere le tue espressioni» disse fissandolo seriamente. «Inoltre, ogni volta che mi avvicinavo a te per parlare, la tua attenzione veniva sempre catturata dalla presenza di quella biondina. La cercavi con lo sguardo anche quando non c'era, era abbastanza facile intuirlo.»

Deglutì rumorosamente, anche incredulo alle parole di Sonia. Davvero si era sempre tradito così facilmente?

«Comunque» riprese sua sorella. «Cos'è successo con lei»

Si schiarì la voce e riprese a raccontare. «L'ho seguita fin qui e trovata, ma prima che potessi portarla a casa ho fatto un patto con lei, promettendole di darle qualche altro giorno di libertà prima di riportarla da suo padre.» Sonia annuì, spingendolo a continuare. «Ieri l'ho portata in campeggio, ho confermato la sua identità e una volta in tenda...» si fermò, imbarazzato da ciò che avrebbe dovuto raccontare. Non aveva mai confidato certe cose a nessuno, ed iniziare da sua sorella era piuttosto strano.

«In tenda, cosa?» chiese lei, leggermente spazientita da tutta quella reticenza.

«Be', ecco io...»

«Hai allungato le mani!» lo precedette, con la voce più stridula di una zitella settantenne che assiste a delle effusioni in pubblico, ci mancava solo il segno della croce e sarebbe stata perfetta. 

«No! Cioè... sì, ma non come pensi!» si difese, anche se aveva ben poco da difendere visto che le mani le aveva veramente allungate.

«Allora com'è? Illuminami, Kevin Grey» lo prese in giro, ridendo sotto i baffi nel vederlo in difficoltà.

«Ecco... io l'ho baciata, spinto dal momento e dal ricordo, lei ha ricambiato e poi...» si sbottonò qualche bottone della camicia e prese un altro sorso di birra. «Poi ho... sì ho allungato le mani!» ammise stizzito. «Però qualche secondo dopo ho capito di star correndo, che non era giusto nei suoi confronti affrettare le cose in quel modo, così mi sono allontanato e voltato e stamattina lei aveva un'aria gelida ed imbarazzata. Non mi ha rivolto la parola per tutto il viaggio di ritorno» terminò il racconto con un sospiro di sollievo, sentendosi sudato come se avesse corso per tre chilometri.

«In che senso ti sei "voltato e allontanato"? Stai dicendo che dopo aver fatto i comodi tuoi, toccato ciò che non avresti dovuto, l'hai lasciata lì come una cretina e le hai dato le spalle?» gli chiese, con lo sguardo di chi sta per strozzare qualcuno.

Kevin annuì e la sentì imprecare contro di lui.

«Perché proprio a me Dio ha voluto affidare un fratello così idiota?» si disperò, per chissà cosa poi visto che lui non ci capiva più niente. «Ti rendi conto di cosa hai fatto? Non puoi allungare i tentacoli e poi far finta di nulla senza dare spiegazioni, una donna può rimanerne ferita, sentirsi umiliata e respinta» lo illuminò infine.

Oh. Kevin iniziava a capire.

«Quindi è per questo che stamattina si comportava in quel modo? Mi sono comportato da idiota e l'ho ferita.»

«Esattamente, non ti è passato per la testa che agire in quel modo fosse sbagliato? Ti sei comportato come un uomo delle caverne o come una donna al supermercato che palpa la frutta per sentire qual è la più buona. Quella poveretta ha delle emozioni, non puoi fare quello che ti pare come più ti piace.»

Perso nei suoi pensieri, annuì più a se stesso che alla sorella, ripensando a come aveva agito la sera precedente. Effettivamente, baciarla e toccarla solo per allontanarsi muto il secondo dopo era stato davvero da stronzo.

«Porca puttana» imprecò a denti stretti, rendendosi conto di aver fatto un altro passo falso con lei.

Sentì Sonia sospirare e puntò nuovamente lo sguardo su di lei. L'espressione di compassione sul volto della sorella fece aumentare il suo nervosismo, ma sapeva di meritare molto meno della compassione.

«Devi andare da lei e chiarire la situazione, dirle la verità, altrimenti non avrai più nessuna speranza con lei e l'avrai persa per sempre.»

  
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