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Autore: A_Typing_Heart    06/10/2018    0 recensioni
Quante volte si rimanda, per paura di qualcosa? Per paura di parlare, di aprirsi, Dino continua ad aspettare il momento migliore, fino a che si troverà davanti alla terribile, crudele verità: il tempo è tiranno e una volta perduto non si può più recuperare. Qual è il prezzo per cancellare un rimpianto che potrebbe distruggergli la vita?
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Dino Cavallone, Kyoya Hibari
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quando Romario entrò nella stanza buia dell'appartamento giapponese del suo boss non ottenne alcuna reazione visibile dall'uomo biondo ranicchiato in un angolo. Notò con sconforto ma non con sorpresa che il vassoio di cibo era rimasto intatto e che la sola cosa che Dino Cavallone sembrava aver ingurgitato era un'altra dose abbondante di alcol: al suo passaggio di quella mattina non aveva notato la bottiglia di tequila sul pavimento.
-Boss... non hai mangiato?-
-A cosa serve mangiare?-
-Non credo che... boss, se Kyoya ti vedesse in questo momento si vergognerebbe molto che un uomo che si vanta di essere il suo maestro si chiuda in un angolo a bere per giorni.-
-Se Kyoya mi potesse vedere io non avrei nessun motivo per bere.-
Dino sollevò la bottiglia di vodka appena inaugurata e ne buttò giù due sorsi. L'alcol non avrebbe fatto tornare Kyoya dall'altro mondo, ma nemmeno restare sobrio e continuare con la sua vita avrebbe fatto differenza. Preferiva stordirsi del tutto per attenuare il dolore, per rendere meno presente quel ricordo agghiacciante. Stava male, era inutile e patetico, ma gli sembrava davvero che a ogni sorso il colore rosso del sangue sbiadisse dalla sua memoria, e se buttava giù abbastanza alcol tutti i bordi si confondevano e poteva chiedersi per un po', fino alla fine di quell'effetto, se Kyoya era davvero morto o se stava soltanto facendo un brutto sogno.
-Boss... se fosse accaduto il contrario... se tu fossi morto, avresti voluto che Kyoya...?-
-Oh, Romario, davvero non trovi niente di più sensato da dire?- domandò Dino con un tono sprezzante che non aveva mai usato con un suo sottoposto, tantomeno con l'amico. -Se io fosse morto Kyoya avrebbe aperto una bottiglia di vino giusto per festeggiare. Non c'è sbronza che possa farmi pensare che lui potesse davvero ricambiare i miei sentimenti, nemmeno la decima parte. Non si sarebbe mai lasciato morire per me.-
-È questo che vuoi fare, Dino?-
Dino abbassò bruscamente la bottiglia e alzò la testa verso la porta. Romario non era venuto da solo stavolta, Tsuna era alle sue spalle, a un passo dall'ingresso, in attesa di un buon momento per introdurvisi. Anche se indossava jeans grigi e giacca grigia a fugace motivo a quadri portava ancora appuntato sul risvolto lo stesso fiore nero che aveva messo al funerale. Alla funzione per Hibari Kyoya tutta la famiglia Vongola portava il fiore nero. Haru, Kyoko, Ipin e Nagi Dokuro lo avevano portato come unico ornamento dei capelli, tutti gli altri sulla giacca, tutti tranne Mukuro, che non aveva fatto altro che rigirarselo tra le dita con lo sguardo perso in chissà quali pensieri cupi. Dato che erano già passati dei giorni Dino si stupì che Tsunayoshi continuasse a portarlo.
-Cosa fai qui, Tsuna?-
-Sono venuto a vederti... Romario mi ha detto che non mangi, che non fai praticamente niente...-
-Faccio molte cose, invece. Bevo, penso, piango. Ho la giornata piena.-
Tsuna certo non aveva mai conosciuto il lato più scontroso di Dino, lui stesso poteva dire di entrare in contatto con quell'alter ego per la prima volta, ma in verità di risultare antipatico a Romario o a Tsuna non gli importava niente. Non gli importava di nulla, di nessuno. Il fatto che la famiglia Cavallone avesse bisogno della sua guida, o che i Vongola necessitassero di rimediare al guaio con i Blavetchenko, o qualsiasi altro evento della vita era privo di significato. Era come se quei colpi avessero ucciso anche la sua anima insieme a Kyoya.
-Dino... è difficile... lo so, è difficile per tutti noi... io... non riesco nemmeno a dormire senza prendere delle medicine... continuo a sognarlo, più volte ogni notte, e mi sveglio urlando... so che è difficile...-
Una piccola parte del corpo etereo di Dino si mosse pigramente, come indolenzita. Gli ci volle un po' per capire che si sentiva in colpa. Tsuna avanzò nella stanza storcendo il naso e sapeva benissimo per quale motivo. Stoicamente il giovane boss si avvicinò senza coprirsi il naso.
-È ora di uscire di qui... io... io non posso farcela così... tu devi restare, Dino... ho bisogno che tu ci sia.-
-Io non ho più alcuna utilità per te, Tsuna... tutto è stato gestito da te, puoi cavartela.-
-Non sto parlando di questo... io... Dino, tu sei stato l'unica cosa che mi ha convinto che la mafia non era solo qualcosa di orribile... che c'erano anche brave persone... e che mi ha fatto credere che io potessi essere qualcuno di diverso da un imbranato che tutti prendevano in giro e che falliva tutto quello che provava...- disse lui, con la voce gonfia di emozione. -Se... se sono come sono adesso è perchè ho cercato in ogni modo di seguire il tuo esempio, di diventare come te... io voglio ancora diventare come te...-
Tsuna strinse i pugni e si morse il labbro. Dino non sapeva che cosa dire, la sua mente si stava dibattendo in mezzo alla nebbia dell'alcol per riemergere alla ricerca di aria fresca.
-Non... non darmi questo esempio... o ti seguirei...-
Non riuscì più a reggere il peso e Dino potè vedere una lacrima cadere prima che si coprisse la faccia. Romario si fece avanti dandogli qualche pacca sulla schiena, sussurrandogli qualcosa che il suo boss non sentì. Fu comunque sufficiente: Dino Cavallone guardò la bottiglia come se non sapesse nemmeno cos'era e si accorse di quanta derelitta devastazione restasse in quella camera e nella sua persona. Barcollando un po' con le gambe intorpidite si alzò dal pavimento.
-Romario... prepara del caffè, o del tè, per Tsuna... io...-
Esitò guardandosi la camicia: era la stessa che aveva messo per il funerale e ancora non se l'era tolta, dopo una settimana.
-Io faccio una doccia e lo raggiungo.-
 
Ricordava molto vagamente in quale film asiatico avesse sentito quelle parole, ma mentre faceva quella doccia gli tornarono in mente prepotentemente: "La pulizia è importantissima, perchè porta purezza nella nostra vita". Insieme all'acqua sembrarono scivolare via moltissime altre cose e gran parte del senso di oppressione. Non che una doccia bastasse a lavare via il pensiero di Kyoya e il dolore per la sua scomparsa, questo non era certamente possibile, ma dopo essersi lavato e rasato Dino avvertiva la sofferenza in modo diverso. La vedeva con nuovi occhi, e gran parte dei pensieri improvvisi che emergevano riguardo a Kyoya erano momenti belli. Non erano poi molti, in effetti, ma erano scintillanti e preziosi, era come osservare dei piccoli diamanti sul palmo della mano: minuscoli forse, pochi, ma di valore immenso e incredibilmente luminosi. Ciononostante, quel dolore in fondo al cuore persisteva a ogni bel ricordo...
Quando raggiunse Tsuna lo trovò rinfrancato dal tè che stava bevendo, ma aveva comunque l'aria di una sofferenza trascinatasi per  giorni. Oscurato dal suo stesso dolore Dino non aveva affatto pensato di non essere il solo a soffrire. Probabilmente al liceo di Namimori c'era stata una veglia per lui, come succedeva in simili tristi circostanze, il comitato era probabilmente il più afflitto tra tutti gli studenti, e i genitori di Kyoya piangevano la morte violenta del loro unico figlio, per non parlare proprio della famiglia Vongola... eppure le aveva viste quelle quattro ragazze in lacrime al funerale, Tsuna che stava in disparte per potersi nascondere, mentre la pioggia, il sole e la tempesta dei Vongola assistevano a testa bassa senza dire una sola parola. Persino Lambo aveva avuto addosso una tale mestizia da non dire quasi nulla per tutta la funzione, seduto su una seggiola  accanto a Ipin. Mukuro non aveva mai staccato gli occhi, anche quel giorno ombreggiati di nero, dal feretro chiuso, dove Kyoya era stato messo a riposo con una gran quantità di gigli bianchi. Dino non era stato il solo a subire un colpo tremendo quel giorno, e comportarsi come se il mondo non potesse capirlo era stato molto sciocco.
-Dino... ti senti meglio...?-
-Devo dire di sì.- ammise lui, e prese posto in poltrona. -Grazie per essere venuto... mi stavo davvero lasciando andare.-
Tsuna combattè una vistosa battaglia interiore per decidere se parlare o meno. Alla fine annuì come per farsi coraggio.
-Senti... so... so che è una cosa... privata, però... tu... stavi insieme a...?-
Dino lo guardò con gran stupore, bloccando la mano che aveva teso per prendere una tazza di caffè. Davvero qualcuno al mondo aveva avuto l'impressione che Hibari potesse ricambiare un qualsiasi suo sentimento tenero?
-Cosa te lo ha fatto pensare, scusa?-
-N-no? Insomma... la tua reazione così... ho pensato che forse tra voi...-
-Non c'era nulla di più di un rapporto piuttosto controverso tra maestro e allievo, direi... ma onestamente, avrei voluto rispondere diversamente a questa domanda.-
Tsuna aprì leggermente la bocca, ma non parlò. Si portò la tazza alle labbra per bere, ma non distolse gli occhi castani dai suoi.
-La cosa che mi ha fatto più male è tutto quello che non gli ho mai detto.- ammise Dino, che sentì il dolore bruciare immenso dentro il suo petto. -Io... avrei dovuto dirgli che cosa provavo per lui, anche se credo che lo sapesse già. Credo fosse anche per questo che mi respingeva con tanta ferocia... ma a prescindere da tutto... io dovevo dirglielo... dovevo... dirgli che lo amavo... che lo amo ancora adesso.-
Il sorso di caffè non aveva alcuna traccia del gusto forte che gli dava solitamente Romario. In realtà gli parve che non avesse alcun gusto. Sentì una nuova ondata di lacrime invaderlo da dentro e si coprì gli occhi, pur sapendo di non poterle nascondere nè trattenere. Aver detto ad alta voce quel pensiero che lo stava ossessionando da giorni aveva rotto le fragili difese che la sua mente aveva cercato di piazzare a protezione del poco che restava in lui di vivo. L'idea di aver pensato di avere ancora tempo, di avere un'occasione migliore, aveva causato tutto quel gran pasticcio. La sua confessione dubitava avrebbe cambiato il carattere difficile di Kyoya e forse avrebbe addirittura inasprito il loro rapporto, ma col senno di poi avrebbe preferito farlo infuriare ma confessare piuttosto che trovarsi a maledirsi di non aver mai parlato per il resto della sua vita. Era stato davvero un crudele destino che Kyoya morisse all'istante, ancora prima di cadere a terra. Non aveva nemmeno avuto qualche secondo per lasciare una parola, o per ascoltarne. Nemmeno per rendersi conto che stava per morire...
-Dino... Dino, è davvero questo il tuo più grande dolore?-
Dino non riuscì a guardare Tsuna in faccia, ma gli rispose annuendo. Quando lo sentì parlare ancora si era avvicinato a lui.
-Se tu potessi dirglielo... se potessi dirglielo, in qualche modo ti sarebbe di conforto?-
-Tsuna... che stai dicendo? Lui è andato dove nessuno può più dirgli qualcosa.-
-Sì, ma se ci fosse un modo per...-
-Non ho intenzione di contattare stregoni e fattucchieri per cercare di parlare a una persona morta, Tsuna.-
-Non volevo certo dire questo!- protestò lui. -Ma insomma, se questo modo esistesse, se tu potessi dirglielo, ti sarebbe di conforto o no?-
Dino sospirò, perchè non riusciva a capire dove andasse a parare quell'assurdo discorso, ma si ritrovò a pensare seriamente a una risposta. Lo avrebbe fatto sentire meglio, o almeno meno male, poter dire a Kyoya quanto lo amava? Se avesse potuto dirgli che amava il suo orgoglio così ferreo, che amava la tenerezza con cui trattava i suoi piccoli animali, che quei suoi occhi grigi gli toglievano il fiato... se Kyoya avesse potuto sentirgli confessare tutto questo, la sua perdita sarebbe stata più sopportabile?
-Io... credo... credo che lo sarebbe.- disse infine Dino. -Non lo so dire... ma ora, oltre al pensiero di non vederlo mai più, a farmi davvero male è sapere che non ho più tempo per parlare... non ho più un'occasione per dirgli quello che provo... non ne avrò più, e... non riesco a pensare a nient'altro, ora... se potessi parlargli non so comunque che cosa succederebbe. Forse soffrirei per non avergli potuto mai tenere la mano, o dargli un bacio. Potrei avere altri mille rimpianti oltre a questo, che adesso non riesco a vedere...-
Tsuna parve molto combattuto ma Dino non riuscì proprio a capire per cosa. Prese un altro sorso di caffè insapore.
-Dino, e se... se io potessi darti cinque minuti insieme a lui... di nuovo?-
-Tsuna, ti prego, non dire queste cose.-
-Sto parlando sul serio.-
Dino fissò Tsuna come se avesse improvvisamente notato segnali che gli facessero dubitare della sua identità. Perchè stava dicendo quelle cose assurde? Il macchinario in grado di portare le persone nel punto desiderato del tempo era stato distrutto dopo essere ritornati dalla battaglia del futuro, non esisteva più, e anche ammettendo che quella battaglia non avesse del tutto modificato il corso degli eventi quella tecnologia non sarebbe mai stata replicata prima di altri dieci anni. Nessun'altra tecnologia avrebbe potuto permettergli di rivedere Kyoya: il famoso bazooka dei dieci anni dei Bovino lo avrebbe potuto rispedire per pochi minuti nel passato, ma avrebbe trovato solo una scena vissuta due lustri prima senza il tempo materiale per poter trovare Hibari Kyoya... che oltretutto sarebbe stato un bambino.
Era piuttosto strano che Tsuna si divertisse a pungolare una ferita a quel modo.
-Quello che mi chiedi non può succedere.-
-Se te lo sto dicendo è perchè può succedere.-
Tsuna posò la tazza di tè vuota sul tavolino e si alzò dalla poltrona. Era leggermente impallidito, era molto nervoso, ma era anche risoluto.
-Se vuoi sapere come... se vuoi quei cinque minuti con lui... vieni domani a casa... voglio dire, nella tana. Ti spiegherò come fare, ma non parlarne con nessuno.-
Il giovane boss se ne andò, lasciando un Dino Cavallone da un lato rinfrancato dopo la grave depressione, dall'altro molto impensierito. Continuò a bere caffè e accettò anche di mangiare qualcosa, ma si accorse a malapena di cosa ci fosse sulla sua pizza. Il salotto si inondò di ombre, ma ancora non aveva in mente una qualsiasi soluzione che gli permettesse di parlare per qualche minuto con un uomo deceduto. Sperò soltanto che non avesse in mente qualche sciocco trucco psicologico, perchè quel tipo di imbroglio non glielo avrebbe perdonato in quel frangente.
   
 
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