Libri > Twilight
Segui la storia  |       
Autore: Zikiki98    07/10/2018    0 recensioni
- Avevo iniziato a scrivere questa storia qualche anno fa, lasciandola incompleta. La sto modificando e sto aggiungendo delle parti per renderla più piacevole e completa. Potete trovarla sia su Wattpad sia qui su Efp. I primi 9 capitoli li ho pubblicati tutti insieme, in modo che la storia segua lo stesso ritmo della pubblicazione su Wattpad. Spero vi piaccia -
__
E se Bella provenisse da un mondo diverso da quello in cui siamo abituati a vederla?
Dopo la battaglia terrificante contro i demoni, avvenuta circa cento anni fa, non si è più sentito parlare di Shadowhunters, ovvero, di Cacciatori di Demoni. Da quella strage di Nephilim, tutte le creature del mondo invisibile, vale a dire vampiri, licantropi, maghi e fate, hanno creduto che si fossero estinti.
E se non fosse così? E se si fossero solo nascosti?
I demoni stanno ripopolando il mondo e la vita, non solo degli esseri umani, ma anche delle creature mitologiche presenti nelle favole dei bambini e nei racconti terrificanti degli adulti, è a rischio.
Chi li manda? Come possono uscire dalla loro dimensione? La terra potrà tornare ad essere un pianeta "sicuro"?
__
Instagram: _.sunnyellow._
__
FanFiction su Twilight e Shadowhunters.
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Clan Cullen, Edward Cullen, Emmett Cullen, Isabella Swan, Quileute | Coppie: Alice/Jasper, Bella/Edward, Carlisle/Esme, Emmett/Rosalie
Note: Cross-over, OOC, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo, Violenza | Contesto: Più libri/film
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
THE WORLD OF DEMONS
IL PORTALE DEI DEMONI


10. SANGUI S
ANGUINIS MEI
 
[POV BELLA]

Schivai il suo pugno diretto alla mia faccia. Parai il successivo, in direzione del mio fegato. Schivai un altro gancio, abbassandomi sulle gambe e spostando il mio peso sulle mani con un balzo in avanti. Mi ressi sulle braccia, facendo roteare le gambe in modo da tirargli un calcio dietro le ginocchia, recandogli così la perdita dell’equilibrio.
Lo presi talmente alla sprovvista, da farlo cadere all’indietro come un sacco di patate.
Senza perdere tempo, mi misi velocemente a cavalcioni su di lui, per poi bloccargli le braccia dietro la testa. Avevo il fiatone, ero stanca, ma avevo ancora abbastanza forza per contrastarlo. Non mi sarei arresa facilmente, non lo facevo mai.
Io e Sebastian ci eravamo rinchiusi in palestra da poco più di due ore e non avevamo smesso un attimo di allenarci. Ci eravamo concentrati maggiormente sulla lotta corpo a corpo. Amavo la dedizione con cui ci allenavamo e il fatto che cercasse di insegnarmi tutto ciò che sapeva, facendo del suo meglio.
Gli allenamenti con Seb erano tra i più duri ai quali mi sottoponevo, ma mai pesanti quanto quelli di nostro padre, naturalmente. Jonathan si trasformava ogni qual volta ci doveva allenare. Diventava quasi più temibile di un demone. Questa era probabilmente l’unica cosa che mio fratello e nostro padre adottivo avevano in comune: entrambi tenevano in modo smisurato alle formalità e agli allenamenti. Per formalità si intendono le restrizioni del Conclave.
- Sei migliorata… - dovette ammettere, con un tono di voce che mi fece immediatamente pensare che, con tutta probabilità, era ancora turbato per quello che era successo in garage con Stephan.
Persino un cieco sarebbe riuscito a notare la sua gelosia. Il fatto che io e Ste andassimo così d’accordo lo faceva andare fuori di testa e io non riuscivo a fare a meno di sorprendermene ogni volta, soprattutto perché più i giorni passavano, più la situazione sembrava degenerare.
Sorrisi compiaciuta, nel tentativo di fargli cambiare umore – Grazie! - .
Poi, all’improvviso, una spinta dal basso mi costrinse a fare una capriola in avanti, che mi lasciò stesa a terra in posizione supina. Ora era lui a trovarsi a cavalcioni sopra di me.
- Ma non abbastanza – ghignò, prendendomi in giro e alzandosi da terra.
Mi guardò per qualche secondo dall’alto, con le braccia incrociate e lo sguardo palesemente alterato, mentre io ero ancora sdraiata sotto la sua figura. Dopo qualche secondo si spostò e, senza neanche porgermi una mano per aiutarmi a rimettermi in piedi, mi voltò le spalle e si allontanò verso l’Armeria.
Sbuffai innervosita. Mi misi seduta e con un balzo tornai in piedi. Mi asciugai il sudore prendendo da terra uno degli asciugamani puliti che avevamo a disposizione e anche una bottiglietta d’acqua. Come ho già detto, l’allenamento non fu tra i più leggeri, perciò mi era venuta molta sete. Tracannai tutta d’un sorso la bottiglietta, sentendomi subito meglio.
Successivamente, mi incamminai verso l’Armeria per raggiungere Sebastian.
Appena varcai la soglia della stanza, lo osservai mentre stava lucidando la sua spada angelica. Il suo arco si trovava sul tavolo ed era circondato dalle frecce, sparpagliate sulla superficie di legno.
Nel momento in cui si accorse della mia presenza, mi voltò le spalle, come per far finta che non ci fossi. Di tutta risposta, anche se non poteva vedermi, alzai gli occhi al cielo, pensando a quanto poco fosse maturo il suo atteggiamento.
Perché doveva comportarsi in quel modo? Proprio non riusciva a comprendere che, così facendo, il nostro rapporto non avrebbe fatto altro che peggiorare?
Queste erano le parti di lui che proprio non riuscivo a sopportare: l’egocentrismo, il vittimismo…
- Che problema c’è? – chiedo neutra, mantenendo forzatamente un tono di voce controllato per non urlargli addosso.
Si voltò lentamente nella mia direzione, ma senza staccare, per nemmeno un secondo, gli occhi dall’arma che stava lucidando.
Utilizzando un tono indifferente e alzando appositamente le spalle per irritarmi, rispose – Non so di cosa tu stia parlando -.
Per l’Angelo.
Incrociai le braccia sotto al seno, cercando con insistenza il suo sguardo, sguardo che non venne ricambiato neanche per un attimo. Sapeva che lo stavo osservando e ero a conoscenza di quanto fastidio provasse ogni qualvolta qualcuno si azzardava a fissarlo, ma io non avevo paura di lui e di una sua eventuale reazione.
- Sebastian, io davvero non riesco a capirti! – ammisi, non tradendo alcun tono di voce.
Lui sembrò prenderla come una battuta, dato cominciò a ridacchiare, anche se non sembrava divertito, per niente.
- Beh, questa non è una novità, sorella! – esclamò, sistemando la lama al suo posto, iniziando così a trafficare con le frecce, sempre con il suo solito ghigno strafottente sulle labbra.
Boccheggiai per qualche secondo confusa, senza sapere come rispondere alla sua provocazione. Scontrarsi a parole con Seb non era mai facile: di solito vinceva sempre lui, ti stancava talmente tanto mentalmente da, alla fine, dargliela vinta.
Non udendo nessuna risposta da parte mia, andò a vanti a parlare, semplicemente per provocarmi – In fin dei conti, il tuo tempo lo passi perlopiù con quel ragazzo che reputi tuo “fratello”, quando non è realmente tuo fratello! Io lo sono, ma sembri dimenticartene o, addirittura, non sembra importartene! -.
Istintivamente pensai di avvicinarmi a lui per dargli uno schiaffo, ma mi trattenni. Non so come, considerato che mi prudevano le mani e avevo davvero tanta voglia di farlo, ma resistetti.
Forse perché, in fondo, sapevo che ero io a spingerlo al limite in questo modo, perché sapevo quanto soffriva a vedermi insieme ai nostri fratelli. Però non potevo farci niente, li amavo quanto lui e questo non sarebbe mai cambiato. Il mio cuore apparteneva ad ognuno di loro e a nessun altro.
- Stai esagerando, Sebastian – lo rimproverai in modo pacato, cercando di non farlo aizzare ancora di più nei miei confronti.
Finalmente alzò lo sguardo sulla mia figura, ma con tutta onestà avrei preferito che non lo facesse. I suoi occhi erano rosso fuoco, incandescenti, e le sue mani iniziarono a tremare talmente tanto che fu costretto ad abbandonare le frecce sul tavolo, rimettendole nuovamente in disordine.
- Sto esagerando? – domandò retorico, a bassa voce, facendo una smorfia con la bocca e scuotendo la testa – Per l’Angelo, Bella! Non te ne rendi nemmeno conto! Stai sempre con lui, vi cercate, condividete delle cose insieme… ed io? Tu mi hai messo da parte! Quel rapporto che c’è tra voi due, quello… dovrebbe esserci tra noi! – preso da un eccesso di rabbia, con il braccio, buttò per terra arco e frecce, facendo un frastuono enorme.
Mi bloccai davanti a quella sua reazione. Mi aspettavo di tutto, ma non che reagisse così. Ci stava riuscendo, mi stava facendo sentire colpevole e, non riuscivo davvero a capire, se la colpa fosse davvero tutta mia oppure fosse di entrambi. Non avrebbero dovuto mai nascere queste gelosie e incomprensioni: siamo tutti fratelli, ci saremo sempre gli uni per gli altri e, il fatto che lui non riuscisse proprio a capirlo, o ad accettarlo, mi faceva soffrire. Una famiglia non è legata solo dal sangue, eppure lui era letteralmente fissato su questo concetto.
- Siamo stati adottati – ricominciai a parlare, dopo una serie di minuti dove si sentivano solo i suoi sospiri pesanti – e, che ti piaccia o no, siamo cresciuti tutti insieme. Siamo una famiglia e, anche se non lo sono realmente, io li considero miei fratelli a tutti gli effetti, tanto quanto lo sei tu -.
Appoggiò entrambe le mani sul tavolo, ormai sgombro da qualsiasi arma, stringendo il legno fino a far diventare le nocche bianche e tendendo le braccia. Era difficile vederlo soffrire in quel modo. Sapevo che se mi fossi avvicinata sarebbe stato peggio, perciò optai per lasciargli il suo spazio. Sapevo anche quanto fosse difficile per lui mostrarsi debole agli occhi degli altri, soprattutto davanti ai miei di occhi. Ma su questo argomento, non riusciva proprio a contenersi.
Sanguis sanguinis mei – mi ricordò mormorando, ad un certo punto, nel silenzio più totale – Loro non sono la nostra vera famiglia. Sei così ingenua. Io darei la mia vita per te, ogni giorno – e voltò il viso per avere un contatto diretto con i miei occhi – Loro non farebbero altrettanto con noi. Loro sono una famiglia e, in quanto tale, si proteggeranno sempre le spalle a vicenda. Noiio e tesiamo la nostra famiglia e dovremmo fare lo stesso. Dovresti… - ma si bloccò.
Scosse la testa, come per scacciare via un pensiero fastidioso. Dopodiché, si voltò nuovamente nella mia direzione, ma solo per uscire dall’Armeria, sbattendo la porta.
Io restai ferma dov’ero, come paralizzata. Non lo rincorsi, non lo cercai. Non cercai nessuno. Restai ferma e immobile a riflettere sulle parole che mi aveva detto.
Sangui sanguinis mei. Sangue del mio sangue.
__
Il giorno dopo, le prima lezioni della mattina passarono molto velocemente. Ormai era già ora di pranzo, così iniziai ad incamminarmi verso l’edificio in mattoni rossi che costituiva la mensa. Appena fui abbastanza vicina notai, oltre ai numerosi gruppetti di studenti che iniziavano ad addentrarsi della grande sala, che appoggiato con le spalle al muro c’era Emmett.
Valutai per diversi secondi se fosse il caso avvicinarmi a lui, essere falsamente gentile e salutarlo, per non destare sospetti, oppure seguire in linea i miei istinti da Cacciatrice e ignorarlo.
Non appena notò dirigermi verso la sua direzione, un sorrisetto spontaneo nacque sulle sue labbra.
Non ci misi molto a capire che cosa o, meglio, chi, stesse aspettando per entrare, dato che con tutta
probabilità i suoi fratelli erano già all’interno a recitare la solita messa in scena del nutrirsi.
Quella mattina Stephan mi aveva avvertita che avrebbe pranzato con Emmett. Nonostante il mio dissenso, lui si era giustificato dicendo che si stava sacrificando per la nostra missione, che avrebbe fatto di tutto per capire meglio il mistero chiamato “Cullen”.
Ovviamente, non gli credetti. Sapevo che passare il suo tempo con il vampiro, in realtà, gli piaceva, però sapevo anche che si sarebbe davvero informato come meglio poteva e, soprattutto, senza creare sospetti.
Una volta davanti alla porta della mensa, con la mano appoggiata sulla maniglia, mi fermai. Sentivo lo sguardo di Emmett addosso e, con mia grande sorpresa, l’istinto di protezione nei confronti di mio fratello prevaricò ogni cosa. Se prima ero decisa ad entrare in mensa, ora mi stavo muovendo verso il vampiro, a pochi metri di distanza da me, che non aveva perso il sorriso nemmeno per un attimo.
Una volta che gli fui davanti, rimasi impressionata dalla sua stazza. Non che prima non l’avessi notata, sia chiaro. Ma quella era effettivamente la prima volta che lo vedevo così da vicino. Inoltre, qualsiasi cosa indossasse, sembrava risaltare i suoi muscoli.
Immediatamente, i miei occhi neri si scontrarono con i suoi dorati.
- Buongiorno! – mi salutò, facendomi l’occhiolino.
Lo ignorai – Stai alla larga da mio fratello -.
Non era un consiglio, né tantomeno una minaccia. Era semplicemente un’affermazione.
Il suo sorriso, contrariamente alle aspettative, sembrò allargarsi – Risposta sbagliata, si dice “buongiorno a te!” – ridacchiò da solo – Sei sempre così seriosa? -.
I nostri corpi erano ad un palmo di distanza l’uno dall’altro e, per quanto Emmett potesse essere intimidatorio, non avevo intenzione di allontanarmi e, ancor meno, di sottostare ai suoi stupidi sproloqui.
- Stai alla larga da mio fratello – ribadii, più lentamente, con un tono volutamente più minaccioso del precedente.
Incrociò le braccia al petto, a mo’ di sfida – Dammi una ragione -.
- Sei pericoloso -.
Non era una constatazione sfuggita per caso, sapevo ed ero consapevole di quello che avevo detto. L’avevo fatto apposta per ponderare la sua reazione. Sapevamo, sia io che Stephan che, fiutando il nostro odore, avevano notato sicuramente che c’era qualcosa di diverso in noi, che non eravamo semplici umani. Loro, però, non sapevano che noi in realtà eravamo a conoscenza della loro vera natura e, per questo, eravamo avvantaggiati in un certo sento. Il mio era un modo per far intendere loro che avrebbero dovuto prestare attenzione alle loro azioni e che non avrebbero dovuto sottovalutarci.
Ma, onestamente, Emmett non reagì come mi aspettavo. Anzi, non reagì proprio, restò impassibile davanti alla mia provocazione.
- Anche tu lo sei -.
Cercai di non far trapelare nessuna emozione anche io, per non dargli nessuna soddisfazione.
Staccai gli occhi dalla sua immagine solo per voltargli le spalle e dirigermi, stavolta per davvero, in mensa. Per tutto il breve tragitto sentii lo sguardo del vampiro addosso, finché finalmente non entrai nell’edificio.
Mi inserii velocemente in fila per prendere da mangiare. Riempii il mio vassoio abbondantemente, senza preoccuparmi delle calorie o degli sguardi dei miei compagni di scuola. In questi tre giorni, mi ero quasi abituata ad essere sempre sotto osservazione e, onestamente, non sapevo se fosse una cosa positiva o negativa.
Dopo aver acquistato una quantità di cibo tale da saziarmi come si deve, mi allontanai dal bancone per cercare un posto dove sedermi. Iniziai a camminare tra i tavoli e, involontariamente, passai accanto alla “postazione Cullen”. Non potei non notare che il mio compagno di biologia mancava all’appello anche quel giorno. Non che mi dispiacesse, ma la cosa mi insospettiva. Mi appuntai mentalmente di indagare sulla questione.
Ovviamente, come io stavo osservando loro, loro stavano osservando me. Gli sguardi degli altri tre fratelli non erano gioviali come quelli del bestione che avevo incontrato poco prima, ma non mi interessava minimamente. I loro vassoi erano pieni di cibo, ancora intatto.
Guardai ognuno di loro in faccia, memorizzando i loro visi e le loro espressioni scontente, prima di scuotere la testa pensierosa e proseguire per la mia strada.
Trovai un tavolo non molto grande e abbastanza isolato. Mi sedetti lì e inizia a mangiare tutto ciò che avevo preso. La qualità del cibo non era il massimo, ma almeno mi saziava. Mi guardai intorno e vidi Luke lo Stronzo, con il naso gonfio e dolorante per il mio diretto destro, lanciarmi qualche occhiata furtiva ogni tanto, mentre era intento a conversare con i suoi compagni di squadra.
Appena si accorse che avevo notato le sue “attenzioni” poco gradite, lanciandogli un’occhiata glaciale, spostò alla velocità della luce gli occhi da un’altra parte. Risi tra me e me. Codardo.
Continuai a pranzare in tutta tranquillità, quando una figura si bloccò al mio fianco. Mi voltai per incontrare gli occhi nocciola di Angela. Aveva un vassoio tra le mani con sopra una bottiglietta di succo e un’insalata mista. Indossava una tuta semplice, probabilmente dovuta alla lezione di ginnastica, e un paio di occhiali da vista le ricadevano sul naso. Aveva raccolto la metà superiore dei capelli in una coda alta, la metà inferiore invece l’aveva lasciata sciolta.
Nonostante il suo sguardo fosse intimidito, probabilmente dalla mia presenza, la postura sembrava più sicura del solito.
Decisi di andarle incontro e parlare per prima, anche se avevo ancora la bocca piena – Ciao -.
- Ciao – rispose immediatamente, facendomi un mezzo sorriso – Ehm… posso sedermi? -.
Sapevo che avrei dovuto dirle di no, sapevo che era sbagliato: mi ero arrabbiata con Stephan per lo stesso motivo, più o meno, e l’ultima cosa che volevo era risultare ipocrita. Ma rifiutare la sua mi proposta mi sembrava un errore più grande rispetto a farla sedere accanto a me. Perciò, per una volta, provai a lasciarmi andare e a seguire le mie emozioni, dando un’occasione a quella ragazza che mi aveva colpita fin dal primo momento in cui l’avevo vista.

Quello che non sapevo e che non avrei mai potuto immaginare è che, col tempo, proprio quella ragazza timida e in difficoltà, sarebbe diventata la mia più grande forza per andare avanti.  


#IlMioAngolo
Ciao a tutti! Come state? Spero bene!
Mi scuso per l'attesa, ma purtroppo questa settimana ho avuto molte cose da fare e sarà sempre peggio con l'andare avanti dei giorni. Anche se sarò super impegnata, cercherò di aggiornare non appena posso. 
Vi auguro una dolce notte.
Un beso <3

Zikiki98

Instagram: _.sunnyellow._
 
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Twilight / Vai alla pagina dell'autore: Zikiki98