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Autore: Alba_Mountrel    08/10/2018    1 recensioni
Una ragazza è persa dentro se stessa... ma qualcosa, o qualcuno la salverà
Genere: Generale, Introspettivo, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Matt, Mello, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Sesto capitolo
"Conoscenza brusca e complessa"
 
Passa mezz’ora e ora ne cose ne odori popolano più la stanza, quando all’improvviso sento un tonfo, un altro tonfo non ben identificato mentre l’altro riesco a catalogarlo come la chiusura brusca della porta, e per finire una bestemmia a cuor leggero, una leggera risatina sadica, e un’imprecazione verso destinatari ignoti.
“Beh, ignoti per me almeno perché suppongo che invece ‘l’altro Tizio’ sappia che sta succedendo… e infatti…”
«Amico, ti vedo di buon umore». Vedo il nuovo arrivato girarsi nella nostra direzione e fissare delle iridi color del ghiaccio, con uno sguardo tremendo, nelle mie che pur essendo di un colore simile sono decisamente diverse, molto meno glaciali e preoccupanti, a occhio e croce.
«Cos’è Matt, hai dimenticato il mio nome per caso?». Lo sento rivolgersi al ragazzo a fianco a me.
“Quindi è così che si chiama, che bel nome, un po’ scontato e corto ma pur sempre bello, diciamo carino”
«Certo che no, capo mastro. Che è successo, sei entrato come una mandria di…». Lascia la frase in sospeso.
“Perché?”.
Sposto l’attenzione verso la direzione del suo sguardo e noto che la nota beffarda ha abbandonato il viso dell’amico, di cui forse non posso ancora sapere il nome.
“Fantastico direi, adesso che succede?”.
«Mello, cosa c’è? Seriamente!»
«Seriamente, non sono cazzi tuoi e della tua puttanella rossa».
“Cosa sono?”
Prima che possa ribattere, il rospo che ho in gola e sta per uscire se ne torna giù, perché mi vedo bloccare dal braccio di Matt davanti agli occhi. Grugnisco e, accusando il colpo, abbasso lo sguardo che sento bruciare di rabbia e stringo i pugni.
“Mi aveva detto che non era un tipo facile, per dirla in breve. Certo che poteva avvertirmi un po’ più dettagliatamente”.
«Mello… in stanza!». Dice senza scomporsi, con decisione. La risposta che sento arrivare farebbe anche ridere, se non fosse per la voce spaventosa.
“Va beh, ma dove sono finita. D’altronde: due pazzi per una mezza suicida, la comparazione è abbastanza appropriata”.
Sospiro, afflitta.
Vedo i due sparire verso una stanza che non è la camera dove eravamo prima ma un’altra alla sua sinistra, mentre Matt, con lo sguardo e un sussurro, si scusa. Sussurra qualcosa ma non la sento, con i farfugliamenti del suo amico Mello di sottofondo.
“No, probabilmente sarebbe stato mutilato se avesse parlato più forte, deve aver detto qualcosa di fastidioso per l’altro, va bene. Uff! Vorrà dire che aspetterò qui, senza far nulla e, probabilmente, sentendo urla e bestemmie di quel mezzo pazzo di… Mello. Mello. Che soprannome è? Matt è un soprannome, non Mello. Sembra una presa in giro, anche nella loro lingua”.
I miei timori dopo uno o due minuti si concretizzano e sento le pareti tremare.
“Oh no! Che è? Sono fatte di carta pesta? Non è che ci rimetto adesso, solo per una sfuriata? No, no, non è possibile. Non ero mai stata in un manicomio. Visto, però, che mi piacciono le nuove avventure, beh… eccone una bella tosta”.
Sento che il colorito del viso mi sta abbandonando e, anche la volontà di restar qui.
“E se all’improvviso decidesse di spararmi solo perché gli ho chiesto di passarmi da bere a tavola? Aiuto, non voglio di nuovo finire tra le fauci della mia mente: tra la paura e l’inerzia, anche se in effetti quello non è nessuno per me. Però… è decisamente più terrificante di mio padre. È un mafioso dopotutto. Anzi, no! Non mi devo far ingannare dalle apparenze. Matt mi ha detto che il suo amico è un bravo ragazzo, infondo infondo ma si accolla tutto il lavoro sporco e ogni volta ne esce segnato. Bravo ragazzo, un assassino un bravo ragazzo? Non credo proprio. Immagino che per portare a termine le missioni abbia dovuto far qualcosa di… brutto, ecco”.
Intanto, le urla, bestemmie e quant’altro continuano a propagarsi nella casa/stanza come il fumo di poco fa, di cui per altro si sta lamentando Mello stesso ma sarà solo un riflesso di rabbia e frustrazione.
“Dio, che dolore mi infonde questa situazione, le loro condizioni... che sia una specie di missione affidatami da chissà chi o cosa, quella di aiutarli, diventando loro complice e amica? O qualcosa di più che amica, come vorrebbe… ‘Bellezza’, ma non credo succederà mai. Non credo nel destino ma sono capitata in una situazione troppo assurda per poter spiegarla in modo logico, o per poterla ignorare. Come ha fatto Matt a trovarmi tra tanti in questa città? C’è un particolare troppo grande che mi stanno nascondendo. Se non me lo dice subito, giuro che mi aggiungo alle urla di quell’altro”.
«No! Sai che tollero a malapena te e me stesso. Una donna no! È troppo. Devi cacciarla immediatamente».
“Andiamo bene, spero che Matt lo faccia rinsavire, altrimenti io che ci sto a fare qui?”
«Mello, brutto incosciente. Dimmi cos’è successo» sento un altro tonfo, credo un pugno al muro «Non farti pregare ogni volta. Se non mi vuoi dire cosa ti passa per la testa la prossima volta ti lego e ti porto con me in missione così dovremo per forza condividere tutti i ‘dettagli’, che ne dici?».
“Non capisco come faccia a rimanere così calmo e costante nella voce, non un accenno di cedimento o di rabbia, o altro… sarà èer far sfogare in una volta tutta la rabbia dell’altro. Che sia veramente uno psicologo? Ma no. Che vado a pensare. Stare insieme a uno così per vent’ anni basta e avanza per diventare o pazzi o morti o… così. Le altre due opzioni non erano contemplabili evidentemente”.
«Matt, testa di cazzo! Ho detto che stavolta non potevi sapere cos’è successo». Sento continuare Mello che non accenna a cedere.
“E sì che lo sta solo aiutando a esternare i propri demoni. Se si liberasse, finirebbe tutto in poco tempo e si sentirebbe molto meglio”.
Poi, Matt lo rimprovera con voce da vera apprensiva/minacciosa che sta per lanciare piatti e bicchieri.
«Sai benissimo cosa intendo Mello. Non farmi passare al piano B. È già successo questa settimana che tornassi a casa teso a più non posso, e te ne andassi di nuovo subito dopo a… ‘farti un giro per sfogarti’. Il tuo sfogarti ti ha solo procurato delle dita ‘momentaneamente’ rotte, come dici te ma evidentemente non è abbastanza per farti passare la voglia del piano B. eh?».
«Matt…»
«Mello, dimmi cos’è successo». Una bestemmia mi attraversa i padiglioni auricolari come uno schiaffo in faccia.
“Miseria, la situazione dev’essere molto difficile se arriva a dover imprecare in quel modo, è ovvio che non gli è solo ‘scappato’: Matt non mi sembra affatto un bestemmiatore. Sopraggiunge un altro ruggito e poi… come per miracolo il ragazzo si decide a vuotare il sacco. Mi fa piacere che abbiano un dialogo. La vita del mafioso, o del detective la immagino parecchio diversa da quella di noi civili, molto più… complicata e sacrificata. Non essendo convenzionali detective, avranno trovato questo delicato equilibrio, che però non comprende di certo me. Quindi che ci faccio qui? Non dovevo essere qui per aiutarli? E come dovrei fare se scombinassi questo loro sottilissimo ecosistema, chiamato anche catapecchia, per gli amici casa…”.
“Preferisco tapparmi le orecchie per non diventare anch’io, almeno per il momento, complice dei loro misfatti. Non sono allenata né motivata a evitare di confessare verità nefaste… sotto tortura”.
Rabbrividisco solo al pensiero. Ogni tanto mi sento fischiare le orecchie e prego di non sentire niente di compromettente nel togliere un secondo le mani.
“Che situazione strana e particolare allo stesso tempo. Avessi le mie cuffie con la musica, adesso sarei in paradiso. Un po’ di sano metal ci vorrebbe proprio. Che vado a pensare? Cosa centra in questo momento? Sono proprio un caso perso. Scoppiata, andata, persa”.
Sento di nuovo insulti, stavolta rivolti a Matt stesso, il quale evidentemente è abituato e non se la prende più.
“Allora è proprio una caratteristica di Mello, non ce l’ha con me per chissà quale motivo… beh, magari forse un po'.
Un altro impropero pesante da parte dell’uomo soprannominato Mello.
“Chissà come si chiamano? Sono in teoria americani, quindi non dovrebbe essere difficile arrivare ai loro nomi… come no… sogna pure, Des”.
«Mi vuoi psicanalizzare, eh?! Sai benissimo che la mia mente è superiore alla media».
«E se ti impedissi di mangiare cioccolata?».
“Eh? Mangiare cioccolata? Cos’è, uno scherzo questo? Comunque adesso sono troppo curiosa di sapere come va a finire con questa storia, spero non tornino sui dettagli ‘tecnici’”.
Sento il biondo ridere beffardo e sicuro di sé, giurerei però che la sua voce abbia una sottile nota di disperazione.
“Quindi, è completamente vero quello che Matt mi ha detto sullo stato d’animo dell’amico, quando si lascia sopraffare dalle emozioni”.
 «Non farmi ridere coglione! Come vorresti impedirmi di mangiare la mia amata cioccolata?! Fai ridere i polli. E poi lo sai benissimo che di cioccolata e anche di tutto il resto non me ne importa assolutamente niente. La mia è solo una dipendenza».
“La ‘seduta/conversazione’ si sta facendo molto ma molto ridicola, ma visto che non la sto sostenendo personalmente, quindi non sono coinvolta, voglio provare a fidarmi di Matt. Devo abituarmi a chiamarlo per nome anche a voce alta. La mia mente non è solita essere collegata con la lingua nel momento più adatto. Per quello sembro balbettante a volte e spero vivamente di non esserlo davanti a quel pazzoide megalomane, biondissimo. Sarà tedesco, boh. Anzi, russo- A pensarci bene, però, sarà proprio davanti a lui che mi metterò a balbettare perché mi metterà di sicuro in soggezione, per non parlare dell’ansia e della pressione che mi farà provare.
«A maggior ragione. Farò chiudere tutte le fabbriche della tua cioccolata preferita. Anzi no, troppo ingiusto per la gente che ci lavora. Convincerò tutti i tuoi contatti che non li pagherai perché sei al verde. Se servirà userò la tua impronta vocale». Silenzio.
“Forse l’avrà convinto, lo spero. Anche se mi sembra un’enorme boiata. Chi mai potrebbe credere a una scusa del genere”.
«Gli farei vedere il tuo conto fintamente in rosso»
«Non oseresti, Hacker di merda». Silenzio assenso. Non l’ho mai sopportato e, anche se non riguarda me sento ugualmente la tensione. Da un momento all’altro immagino di vedere l’altro uscire sbattendo la porta come una furia e fiondarsi su qualsiasi cosa o persona gli si pari davanti.
“Non ci tengo a trovarmi con la testa spaccata. Ma quando sono diventata così egoista? Devo smetterla. Adesso che ci penso… Matt sta minacciando un suo amico e sembra che il motivo sia farmi restare qui. Possibile? Arrivare a litigare con un amico storico per una sconosciuta? No, aspetta. È più probabile che sia perché gli servo per le loro missioni, sì, sarà così e tutto ciò non mi rincuora affatto, perché questa è tutta una finta... Vorrebbe dire che oltre alle difficoltà materiali della situazione dovrò avere a che fare anche con quel tipo. Beh, spero mi accetti prima o poi… oppure che mi faccia fuori in fretta”.
Dopo un minuto sento altri tre tonfi sul muro e la porta che si apre con calma.
“Strano, avrei immaginato tutt’altro finale dopo una sfuriata del genere. Io e mia sorella lasciavamo semplicemente passare il tempo senza scusarci o altro e restavamo semplicemente a debita distanza in modo da calmarci a vicenda… sarà sbagliato?”.
Intanto mi ero seduta sull’unico tavolo presente, quello in cucina. Sento di dover dire qualcosa ma la scrollata del capo di Matt mi fa capire che, per l’appunto, devo far passare del tempo e lasciar fare a lui. Annuisco, e ricevo un bellissimo sorriso, dolce ma maturo, serio allo stesso tempo. Che bel ragazzo. Ehm, no Des… concentrati.
«Senti Des, che ne dici di preparare per tutti una bella camomilla calda? Così ci calmiamo e facciamo le presentazioni ufficiali». Conclude con finto entusiasmo.
«Va bene, capo» esclamo provando a infondere serenità nella voce «Vado subito».
Poi, però dalla frase che mi sento rivolgere dal suo amico, fermata a metà da Matt, quasi mi infiammo nuovamente; se non che, Matt batte un pugno allucinante sul tavolo e il silenzio cade opprimente nella stanza, quindi non devo far altro che aspettare la ‘quiete dopo la tempesta’ e riscaldare l’acqua per la camomilla.
“Tanto lo so che è tutta una cazzo di farsa. Quindi anche se il tuo sorriso sembra il più sincero che io abbia mai visto, risparmiamelo perché mi ferisci e basta… porca…”.
Lascio passare cinque minuti e poi servo le tazze, a me non piace la camomilla quindi ho optato per un tè allo zenzero, come sempre. Mentre sorseggiamo assorti, sento che il giovane di nome Mello non si è ancora del tutto tranquillizzato perché continua incessante a mormorare frasi ingiuriose, con lo sguardo basso, contro di noi e contro tutto il mondo, penso.
Dopo un po’ vedo Matt che si alza e temo in una ricaduta dell’umore di Mello ma stranamente l’azione passa inosservata, ciò che più mi stupisce è quello che fa Matt quando si risiede con noi. Apre la confezione di una tavoletta di cioccolata fondente ‘ottantotto per cento’, per poi togliere con un taglio netto la stagnola che l’avvolge. Infine, la porge all’amico attendendo che lui si degni di alzare lo sguardo.
“Deve essere abituato anche a questo”.
Quando Mello alza il viso nei suoi occhi passa una veloce scintilla di passione ma tutto si dissolve quando con un gesto decisamente brusco afferra la tavoletta e l’addenta staccandone quasi metà, con la stessa violenza e foga con cui il lupo strappa le carni della propria preda. Un gesto che mi fa salire i brividi lungo tutta la schiena, vista l’attenzione con cui l’osservavo, infatti sposto lo sguardo così non noterà il mio.
“Meglio che al suo mal umore non si aggiungano anche le mie di emozioni, anch’esse troppo ‘voluminose’ per gestirle”.
«Pulisci». Mi ordina sgraziato Mello. Mi si contraggono i muscoli, mi sale il sangue alla testa e sto per ribattere ma Matt nuovamente mi blocca, facendomi cenno con la testa di obbedire. Inorridita ma confidente nelle scelte di Matt, di mala voglia mi alzo e prendo le tazze per lavarle ma i miei movimenti sono scattanti e nervosi e la testa comincia a pulsarmi come un tamburo. Mi salgono le lacrime agli occhi, lacrime brucianti e pesanti ma non le verso né emetto alcun suono, ne andrebbe del poco orgoglio che mi è rimasto, e ormai è anche l’unica cosa rimastami.
“Tra qualche giorno mi porteranno via la casa e, anche la libertà nel caso mi trovassero lì. Forse dovrei dirlo a Matt. Dovrei avvertirlo che sono un caso perso, un caso umano, una nullità, una bambina viziata che si mette a piangere appena non la trattano come una principessa. Ma a lui cosa dovrebbe fregargliene? Niente. Quindi non servirebbe a niente dirgli della casa, e della mia famiglia, ecc ecc. Dovrei spiegargli che non potrà mai guarirmi dalla mia mente bastarda e infame. Ma per ora mi limiterò a pulire queste dannate tazze di Death Note. Bah, degli investigatori/mafiosi… nerd, il massimo insomma. Anzi, sono sicura che è stata un’idea di Matt, molto più allegro e spensierato del suo amico che povero caro, è simpatico come una zappa sui piedi. Speriamo non sia così tutto il tempo. Confido in un cambiamento radicale entro un’ora o, forse sono troppo ottimista”.
Finito di lavare, ancora piuttosto furiosa di scatto mi volto, e a passo marziale in tre passi arrivo in camera, della quale chiudo la porta sbattendola e come conseguenza sento una sguaiata risata ironica che di nuovo mi fa salire le lacrime ma sono più che decisa a non versarle davanti a loro.
“Se mai uscirò dal girone dei dannati mi sfogherò come non mai. Però, è difficile trattenere qualcosa che preme in questo modo. Non posso farcela, non posso farcela, non posso. E invece devi Des, devi per te e la tua famiglia. Devo essere forte anche per loro. Per la loro memoria, per come erano loro: combattivi ognuno a suo modo, belli come il sole, spirituali e ispiratori di un futuro migliore. Sì, sarò forte per loro, perché a causa del fato non hanno potuto avverare i loro sogni o godersi semplicemente ancora tanti tramonti e il vento sul viso o la neve bianca fredda ma soffice che con i suoi fiocchi leggeri accarezza la pelle come un velo dei più sottili. Prima o poi, metterò fine alla farsa di questi due pazzi”.
Non faccio a tempo a togliermi l’unica lacrima scesa dagli occhi, che scatta la serratura ed entra Matt.
“Non so a che gioco sta giocando, se cerca solo d’aiutarmi o di cambiarmi in una servetta, quindi non intendo rivolgergli troppe attenzioni”.
«Ehi… sei stata perfetta, beh, almeno per Mello. Un po’ gli sei piaciuta ma capisco che questo possa non interessarti più di tanto visto come lui ha trattato te. Però, fidati se ti dico che con lui è tutto più che normale. È un po’ sessista, oppure diciamo che non sa trattare con la gente, ecco… beh, adesso che ci penso l’ha detto lui stesso poco fa. Ma è un buon punto di partenza il fatto che abbia voluto rivelarti i nostri ‘nomi’. Per farti meglio comprendere il peso delle mie parole, sono i nomi che più facilmente sono conosciuti per la città, ma anche in tutto il mondo. Per questo mi sono presentato a te con il soprannome di un mio nemico, aspettavo l’assenso di Mello. Così, in caso lui non avesse acconsentito, e ci sarebbe stato un motivo ben preciso, se ti avesse interrogata la persona sbagliata tu avresti fatto il nome di un nostro nemico e avresti condannato lui, facilitandoci la vita». Lo fisso sconcertata.
“Non era affatto una battuta, ne sono più che sicura. Mi fa paura essere entrata in contatto con questa dimensione della realtà, mi fa sentire sporca già solo conoscerli. Stronzo!”.
Questi pensieri devono aver fatto presa su di me perché, appena vedo la sua mano avvicinarsi alla mia spalla, inorridita mi scanso bruscamente e quasi sbatto a uno spigolo del letto.
«Non toccarmi! Fai tanto l’intelligente, il carino, il comprensivo ma poi mi hai portata qui solo per fare da palo, da cavia, da pedina. Non valgo un cazzo, sono una risorsa utile, tutto qui. Eh beh, come sempre, non sia mai che qualcuno mi avvicini perché mi vuole amare, incoraggiare, aiutare o altre stronzate del genere. No Matt, tu no, tu sei diverso. Voi invece potete usarmi addirittura per compiere i vostri piani e… ‘salvare’ il mondo. Salva pure il mondo mentre io aggiungo alla mia lista di ‘avventure’, lo stupro o l’omicidio, la vista di sangue o l’imbroglio, l’immoralità più estrema e così via, per non parlare dell’umiliazione più totale. O magari sono io che mi sto sognando tutto?!».
“Sto per piangere lo sento, eppure m’ero ripromessa di non farlo finché sarò vicina a questi due. Dio! Che situazione. Le lacrime dispettose pungono sugli occhi rendendoli visibilmente lucidi e premono per cadere, e segnare così la caduta anche della mia dignità, o quel che ne resta”.
«Io… io non ho mai pensato di usarti Des, né mai lo vorrò ma… Se vuoi davvero far parte della nostra squadra… sì, dovrai sporcarti le mani. Comunque, ti assicuro che non ti manderemo mai a fare quello che fa Mello, anche perché lo vuole fare lui e solo lui riesce in certe imprese, dio solo sa come. Evito anche solo di raccontarti un aneddoto che mi è appena venuto in mente. Più che altro perché se spiffero qualcosa che non dovrei siamo morti, senza contare che mi fa secco prima lui, però sono fiducioso. Se ti ha detto i nostri nomi vuol dire che si fida… Non ti sarà capitato di farci caso ma appena è entrato ha buttato l’occhio verso di te e anche prima di ‘presentarsi’ coi suoi soliti modi, ti ha scrutata a fondo e in quei due, tre massimo cinque secondi in totale si è fatto un’idea della tua persona che per ora gli ha permesso di valutare che potevi sapere un dato importante e delicato su di noi. Fidati che si è già pentito amaramente ma non è tipo da rimangiarsi la parola nemmeno con l’inganno, quindi puoi star tranquilla che non rischi di morire per questo»
«Ah… grazie mille, adesso sì che sono tranquilla, quindi al minimo sbaglio sono morta in poche parole. Beh… così almeno raggiungerò il mio obiettivo iniziale…». Forse questa battuta era un po’ cruda per i miei standard. Lo vedo stringere i pugni e lo sguardo si fa teso ed estremamente serio.
«Se ti fa comodo suicidarti, allora quella è la porta». Detto ciò, mi indica la porta alzando il braccio a mezz’aria, con la testa bassa e attende immobile la mia reazione, quindi la mia decisione.
“Infondo… infondo cosa ho da fare? Cosa da perdere? O da guadagnare? Nulla. Di quale dignità vado vaneggiando… non ho più niente, altro che storie, quindi penso che accetterò. E bravo Matt, come sempre me l’hai fatta alla grande. Abbiamo la stessa età ma in confronto io sono un essere insignificante”.
Gli rispondo di no, che rimarrò ancora per un po’. E in tal caso, decido di suggellare questa decisione con una forte stretta di mano, troppo forte da parte sua perché mi scappa un leggero lamento di dolore, perché era vicino a spaccarmi la mano, a giudicare dal rumore che ho sentito delle mie ossa.
«Ehi, mi hai fracassato la mano. Madonna, in più le hai veramente ruvide ma posso capirne il motivo…».
“Mi sembra di esser stata un po’ polemica. Solo un po’, però se lo merita alla grande”.
«Che polemica» mi sorride benevolo «Non vorrai mica che mi levighi le mani, vero?!». Ride. Di quelle risate che sciolgono il cuore anche a venti gradi sotto zero, e di nuovo penso che mi ha anticipata.
“Sembra veramente leggermi nel pensiero ma in realtà è solo molto accorto e intelligente”.
Dopo qualche secondo che mi sono incantata, torno in me e distolgo lo sguardo: le mie guance sono di nuovo in fiamme ma questo, per fortuna, non mi impedisce di pensare a qualcosa da dirgli.
“Così se sono fortunata non avrà fatto caso agli occhi da pesce lesso che gli stavo rivolgendo… se sono fortunata, ma non lo sono poi molto in questo periodo, quindi non ci spero più di tanto. Sto pensando a come organizzare la frase per esprimere quello che gli voglio dire, in proposito al nostro accordo. Vediamo se riesco a parlare senza dir qualcosa che mi fa sembrare scema”.
«Senti… Matt».
“Lo sapevo: c’ho dovuto pensare per ricordarmi il suo nome E va beh”.
«Puoi determinarlo tu stesso da questo ultimo piccolo episodio… diciamo imbarazzante. Sono debole, molto debole o forse sei tu che sei un uomo e in più sei troppo forte per me ma comunque…».
“Che imbarazzo, sto facendo esattamente il loro gioco, a me la forma fisica non interessa proprio nulla”.
«Se voglio fare le cose che mi chiedete, dovrò pur essere pronta sia psicologicamente, che soprattutto fisicamente. A questo punto mi verrebbe da chiederti se avessi già in mente un allenamento a cui sottopormi oppure posso proporre io qualcosa? Non sono per niente d’accordo con quello che dovrò fare ma se proprio devo giocare meglio mettermi in gioco, no?!». Non so spiegare da dove venga la voglia di aiutarli.
“Sono così stupida da allearmi spontaneamente con questi due? Non ho ancora deciso se è una cosa abbastanza amorale o totalmente e irrimediabilmente, eppure il mio istinto sembra già aver scelto tutto per me… forse era davvero destino”.
Quando finisco la frase vedo gli occhi del rosso che si illuminano a più non posso e quasi virano all’azzurro ghiaccio come l’amico, da quanto diventano luminosi. Allarga un sorriso a trentadue denti e mi fa segno di aspettare perché vuole consultarsi con Mello ma dopo qualche secondo che è uscito sento il portone che si apre, quindi è uscito. Allora aspetterò pazientemente senza toccare nulla perché ho paura di prendermi qualche malattia mortale.
“Ma senti un po’ come ragiono, ho paura di prendermi qualche infezione, che stupida. Pensare che poco fa stavo per buttarmi da quattro piani, cioè quindici metri, cioè troppo per sopravvivere; altro che malattie e balle varie. Mi conviene di svegliarmi fuori, qua non sono a casetta bella ma nella tana del lupo, quasi nella tana del lupo: diciamo che questo è un lupo vegetariano, ecco, ma pur sempre un lupo. Inoltre, non posso fare niente perché non c’è niente da fare per me, il PC e il telefono sono rimasti a casa ma non credo mi lascerebbero usarli, il materiale da disegno anche… insomma, sono tornata a quando passavo la vita interamente a guardare i cartoni animati, solo che ora non ho nemmeno quelli. Uff! e lo ripeto, Uff. E se guardassi la televisione? Però, nessuno mi ha dato il permesso, anche se a Matt non importasse nulla, non vuol dire che il capo, lì, sia d’accordo. Potrei provare a chiederglielo ma mi sembra una cosa così stupida che mi è già passata la voglia, anche se la noia non so proprio come scacciarla. Potrei fare origami però non è che ne sappia fare di belli e comunque non ho visto se abbiano carta o no. Vediamo”.
«Ehm…».
“Aiuto, mi sparerà, lo sento”.
«Mello». Attendo, in caso mi volesse assalire.
«Se…». Lo sento rispondere dalla cucina e allora mi do un po’ di coraggio.
«Senti, non è che…».
“Aiuto!”
«Dimmi cosa vuoi donna, sono occupato». Risponde brusco.
“Lo sapevo, è di pessimo umore e… come sarebbe a dire che è impegnato? Su cosa? Su un caso, probabilmente”.
Sbuco fuori con solo la testa, dalla camera e noto che il tavolo si è riempito di carte e ben tre portatili.
“Ma com’ha fatto a tirar fuori tutto quel casino senza che neanche lo sentissi. Mah, adesso sono anche sorda”.
«Vorrei…»
«Se…?!». Deglutisco a fatica prima di parlare.
«Vorrei scrivere qualcosa, sai per scacciare la noia. Matt mi ha detto di aspettarlo ma non so quando torni visto che è uscito»
«Questo covo non è sicuro e c’è la forte possibilità che si debba sgomberare entro pochi secondi perché qualcuno ci vuole attaccare, cosa molto probabile visto che sei qui e non a casa tua come tutti gli adulti normali, e se un nostro nemico trovasse qualche indizio a nostro carico, anche il più minuscolo, manderesti nel cesso trent’anni di sforzi solo per una puttanata, quindi fammi un favore… Vattene nella camera e restami lontana, non voglio dover fare da babysitter a una della mia stessa età».
“Brutto figlio… no Des, non diventare volgare come lui. Non è proprio da te”.
«Non è che voglio mandarlo in stampa, voglio solo passare il tempo in qualche modo ma non ho le mie cose».
“Perché non la smetti di fare lo stronzo?”.
«Ho detto di no!» quasi urla, però non muove un muscolo e continua imperterrito il suo lavoro «E ora, se non vuoi un buco in testa e la disfatta della mia amicizia col caro, povero, ingenuo Matty… ti consiglio di fare come ti ho appena detto». Mi rimbecca con voce melliflua e venefica ma la sento anche seria, seria e matura e questo vuol dire che o fa sul serio, oppure tiene davvero al suo amico: opto più per la seconda. Comunque, mentre mi minacciava ho ben notato la pistola che tiene al fianco quindi non lo prenderò sotto gamba.
«Ci tieni al tuo amico… ne sono felice. Non immaginavo di poter mai scoprire questo lato del mondo». Ogni tanto è bello poter prendere in giro il proprio nemico.
«Tzé! Come ti pare». Mi liquida con una scrollata rapida della mano destra e la sinistra portata alla pistola, e faccio in tempo a notare il sorriso beffardo ma soddisfatto che gli compare sul volto anche se è chino sui fogli, intento a elaborare chissà quale piano, o strategia vincente.
“Ah, allora non sei poi quel mostro che mi sembravi appena entrato, hai un po’ di sale in zucca, però devi ammettere che un po’ dal tuo amico hai da imparare: ad esempio il gioco di squadra. Penso, mentre mi rassegno a dover passare il tempo “libero” senza fare niente. Un bel niente di niente, che bellezza… dalla padella alla brace nel giro di pochi giorni, un record”.
«Ah… chiudi la porta quando entri, e… non fare rumori molesti di nessun genere. Non che abbia bisogno di concentrarmi ma non sopporto la voce femminile». “Che stronzo maschilista. Vaffanculo, farò tutto il rumore che voglio, se voglio, quando e come voglio. Sembra uno sciogli lingua. A proposito del mio vizio di vagare con i pensieri… d’altronde non ho niente da fare, a parte infastidire questo biondo ossigenato con gli occhi perforanti e i vestiti da checca. Cioè, sei un uomo in tutto e per tutto… perché ti devi vestire così? Attillato, di pelle e scollato, e con un rosario che sembra una collana portato in quel modo. Un connubio di omosessualità indecifrabile su un uomo che di omo non ha proprio nulla, va beh. Affari suoi, non credo sia un problema nel mondo in cui vive e per il lavoro che fa, al massimo spaventerà qualche vecchietta”.
A questo pensiero per nulla serio, prima di entrare in camera che si trova nella parte nord della casa e ha una grande finestra a doppio vetro, sghignazzo vistosamente. Lui si deve essere accorto di tutto perché nuovamente mi minaccia e mi fa salire i brividi con il solo tono della voce, così con un balzo scappo in camera ma, ahimè, scopro che non c’è nessuna chiave.
“Aiuto! Questo mi fa fuori se gli girano un po’ di più. No, aspetta… Matt mi ha rassicurato che non mi vuole fare niente ma allora mi chiedo se non ci sia un motivo ben preciso per cui io sia qui. Matt, cosa aspetti a tornare? So che sono passati solo pochi minuti ma sento già un’ansia paradossale per l’attesa di porti tutte le domande che mi passano per la testa. Perché è uscito? Non aveva detto che parlava con Mello? Accidenti”.
«Uff! E adesso non potrei nemmeno parlare da sola?». Chiedo ironica, appositamente con voce più alta, in attesa di far saltare definitivamente i nervi a quel tizio.
“Matt… Perché continuo a pensare a quello lì. Basta. Devo davvero darmi una regolata o finirò col crearmi ancora più casini mentali: con l’amore… e tutto il resto. Pensa un po’, tempo fa mi preoccupavo tanto per non perdere troppo tempo a pensare invece di lavorare. Al contrario, ora non ho nient’altro da fare se non pensare o rimuginare, o morire più che altro di noia”.
D’istinto, come mossa da un’entità estranea o più semplicemente dalla noia, comincio a ballare, passi casuali e senza troppa grazia o importanza, mosse un po’ così: tanto per provare e per sfogarmi. Per fortuna c’è uno specchio, e quindi posso vedere quello che faccio. Dopo solo due, tre minuti, però, non facendo riferimento a una qualche coreografia su cui concentrarmi, quel modo di svagarmi perde totalmente di significato e comincio a fissare la mia immagine: i particolari del mio viso, dei capelli, del corpo e tutto il resto. Faccio caso alla stanza in cui sono: al letto che è matrimoniale e non capisco perché ma forse ho qualche idea… al termosifone che è in stile ‘giurassico’, e faccio caso anche a tutto il resto, solo con meno interesse perché in questa casa non c’è veramente nulla da vedere, ma proprio nulla a parte la muffa forse.
“Che orribile condizione, o forse sono io che sono diversamente abituata e quindi non posso capire? Potrei provare a chiedere a Mello perché stanno in un posto simile… Bah, dubito fortemente che mi risponderebbe, però…”.
Sospiro.
“Ma che mi salta in mente? Ho già constatato che non è possibile parlare con lui. È troppo chiuso e scorbutico. Non arriveremmo neanche a una frase intera. Beh, glielo chiederò quando saremo veramente entrati in confidenza, se non lo verrò a sapere prima. Avanti Matt, ti prego, sbrigati ad arrivare”.
   
 
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