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Autore: ElementalSide    08/10/2018    1 recensioni
"Lui, che mi ricorda il teatro dove per la prima volta ci presentammo.
Rosso come la facciata della palazzina, il cielo quella sera di inizio settembre, quando il sole combatteva ancora per restare a galla e io combattevo per guardarlo negli occhi. [...]"
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Dedicato a chi in questi due anni ha vissuto nei miei pensieri da ospite indesiderato.
Questa raccolta rimanda un capitolo della mia vita che sento di aver terminato e che per fortuita coincidenza o scherzo dell’inconscio, coincide con la fine del mio quinto anno del liceo.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Inno alla Memoria

 

Confusi ricordi di un'estate che volge al termine.

-Do


Ti incontrai la prima volta per caso, ma mai più senza intenzione le volte successive.

Quando l’orologio segnava l’una ma il cielo pareva già albeggiare.

Buia la stanza, accarezzata dalle luci dei palazzi accanto, erano occhi puntati ovunque e da nessuna parte.

Là dove ogni individuo si perde tra i milioni e niente conta più.

Là dove il tempo o scorre impetuoso o si blocca tra il chiacchierare delle prime ore del mattino.

Eri arte tra le note che ascoltavi.

Eri dolcezza quando ti si illuminava lo sguardo.

Abbiamo passeggiato per le strade insonni, sotto un cielo cieco con solo la luna a segnare la sera.

Sei conservato nell’abbraccio dell’ultima notte e nell’avvolgersi delle parole.

Tra le chiacchiere vacue di persone che d’inverno non si rivedranno.

Alcuni momenti sono fatti solo e soltanto per essere bei ricordi ma non per permanere nella realtà.

Crescerai e troverai il modo per compiere tutto ciò che desideri, sei brillante e tanto ti basta.

Raccontami ancora dei tuoi sogni e fammi viaggiare.

Tu che ancora puoi farlo perché quella è l’età.

Cresceremo, ma non avrei mai immaginato che sarei stata ancora con te. 

Tra il frenetico camminare delle persone ti cercavo con la vista, sporgendomi sulle punte.

Nella stazione dove ogni sera si era soliti riunirsi.

Nel buio e nel caldo di una metropoli morente in periferia ma scoppiante di vita in piena Manhattan.

E ancora, seduti sulla panca di legno vicino al giardino.

Nell’umido dell’imbrunire, confusi dai rumori della città.

Non mi hai lasciata andare via, nonostante fossimo convinti che non ci saremmo mai più incontrati.

Abbiamo case vicine ma affacciate su mari diversi.

Ti ritrovo nei ricordi del viaggio durante il quale mi hai tenuta compagnia, nel ritmico infrangersi della pioggia sull’asfalto e sui finestrini.

In quei pomeriggi piovosi e grigi, passati in viaggi interminabili in auto.

Tra il verde profondo a perdita d’occhio.

E ancora mi ricordi le cime degli alberi e il sole che filtrava tra i rami fitti.

Ti sento vicino, in quelle sere che ho passato distesa sula pietra gelata, in mezzo ad una strada a fissare le stelle.

Là in alta quota dove l’infinito mi si perdeva negli occhi e le stelle mi riempivano il volto di lentiggini.

Là dove l’unico suono è la propria voce e si è soli per chilometri e chilometri.

Non c’eri.

Eppure c’eri solo tu.

Non c’è nulla di poetico o di romantico nelle nostre conversazioni delle quattro del mattino.

Non è salutare né dolce il mio addormentarmi all’alba né il tuo svegliarti a mezzogiorno.

Non so che rispondere quando mi affermano che siamo fortunati o quando mi domandano se ci bastano i pochi giorni che ci sono concessi per vederci, per volerci così bene.

No, non ci bastano ma ce li facciamo bastare.


   
 
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