Allora allora... due paroline per spiegare questa flashfic che nasce da un discorso avuto l’altro giorno con mia nonna. Lei sosteneva che Nureyev e Mercury avessero avuto una relazione. In effetti questa voce ha girato... e alcuni siti dicono che è vera, mentre altri dicono di no ( e questi sono la maggioranza, per cui credo a questi)... comunque, mi è rimasta l’idea che quei due sarebbero stati una gran bella coppia... per cui ho provato a buttare giù qualcosa su di loro.
Quindi ecco qui una storiella piuttosto triste dal punto di vista di Nureyev.... diciamo che vuole essere un po’un tributo a due uomini che sono alcune delle vere leggende del nostro tempo.
La canzone citata è “One Day I’ll Fly Away” dal film Moulin Rouge.
I personaggi non
mi appartengono e con questo scritto non voglio rappresentare la loro vera
vita. La storia non è scritta a fini di lucro.
Temperance
Flown away
Why live life from dream to dream
And dread the day when dreaming
ends
L’uomo
nella tuta scura spiccò un balzo, nell’esatto istante in cui anche la musica
raggiunse la propria apoteosi, ed atterrò pochi secondi dopo, in assoluto
silenzio e con la stessa grazia di cui solo una farfalla o una libellula
sarebbero state capaci.
E
poi, quando tutto si spense, quando la musica tacque, Rudolf Nureyev, l’uomo
che sapeva volare, si asciugò una lacrima.
Perché
solo quello, solo la danza, solo ciò per cui viveva riusciva a farlo sentire
appena un po’meglio.
Appena
un po’... e questo semplicemente non aveva senso.
Non
ne aveva, punto.
A
passo deciso, si avviò verso l’uscita del salone, ma a metà strada si fermò,
tornando indietro quasi di corsa e colpì con un pugno la sbarra di legno,
stringendosi poi la mano dentro all’altra ed imprecando sottovoce.
“Ti
odio...” Mormorò.
Non
sopportava di essere così fragile, non sopportava che lui lo rendesse così.
Lui...
l’uomo che aveva incontrato solo una volta.
Lui
che l’aveva colpito nel profondo prima come artista e poi come persona.
Lui
a cui aveva scritto per mesi, solo sperando di poterlo rivedere.
Stava
piangendo per un uomo che praticamente non conosceva.
Ma
che amava, questa era la verità che gli risultava tanto scomoda.
Per
questo il comunicato stampa ricevuto quella mattina l’aveva fatto tanto
soffrire.
Troppo,
dal suo personalissimo punto di vista.
Perché
lo sapeva, lo sapeva che Freddie doveva morire, sapeva che soffriva del suo
stesso male, di quel male che lui negava.
Quel
male che mai prima di allora gli era sembrato così vero, tangibile e
pericoloso.
Mai
come allora che gli aveva portato via qualcuno a cui teneva davvero prima che
potesse rivederlo.
Non
avrebbe dovuto fargli questo... nessuno faceva torti al grande Nureyev,
nessuno.
Eppure
lui l’aveva fatto... si era azzardato a morire senza chiedere il suo permesso,
senza dirgli addio, senza... senza un ricordo di lui da donargli e l’aveva
lasciato lì, con la sua sola voce incisa su milioni di dischi.
Dischi
che erano di tutti, nulla che fosse soltanto loro.
“Ti
odio...” Ripeté il ballerino, sospirando, ed estrasse dal borsone un rettangolino di plastica chiara.
Un
CD, un CD uscito appena
undici giorni prima.
Un singolo: The Show Must Go On.
Lo
spettacolo deve continuare.
Ovvio.
Lo
spettacolo sarebbe continuato, anche senza Freddie a mandarlo avanti.
Il
mondo avrebbe continuato a girare anche senza quell’amore mai nato di cui quello stesso
mondo già parlava.
Niente
si sarebbe fermato, e tantomeno lui.
Lui
che fermo non ci sapeva stare.
E
lì, in quella sala dalle pareti ricoperte di specchi, mormorando due semplici
parole, ti odio, come una litania, lì, quel ventiquattro di novembre in cui una
stella era tramontata, lui ballò.
Ballò
su una musica che non era sua, una musica che non amava e non sentiva, ma di
cui aveva un bisogno talmente forte da parere assurdo.
Ballò
su ciò che gli restava di lui, ballò sulla sua voce perché gli entrasse dentro,
perché almeno una volta Rudolf e Freddie, canto e danza, potenza e leggerezza
fossero parte dello stesso universo.
Della
stessa realtà.
Ballò
perché era l’unico modo in cui fosse in grado di dirgli che lo amava.
Ballò
per dirgli addio... perché era l’unico addio che Freddie avrebbe accettato da
lui.
Today is the day
When dreaming ends