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Autore: MEBsSoul    12/10/2018    2 recensioni
John si sentiva oppresso dalla folla da tutta la vita. Ogni giorno, quando apriva bocca per dire qualcosa, doveva sempre ponderare attentamente ciò che avrebbe voluto dire. A volte mentiva, molto più di quanto voleva.
"Sono gay". Questo non doveva neanche pensarlo.
-
Lui non piaceva a nessuno, doveva essere lui ad adattarsi agli altri, perché non va bene che un ragazzo faccia il saccente, non va bene che un ragazzo trovi vera soddisfazione solo nel risolvere crimini, specie gli omicidi. Quindi meglio tentare una terapia che starsene con le mani in mano.
-
-So come potrei batterlo, ma ho bisogno della tua conferma.-
Non dovette pensarci molto.
-È più facile di come sembra. Non devi dargli uno schema.-
Genere: Mistero, Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altro personaggio, John Watson, Lestrade, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: AU, Lemon, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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CAPITOLO 1


Nuovo anno di liceo, nuovi studenti, nuovi professori. John sperava anche in nuove amicizie, ma non ci contava troppo. Non che non fosse un tipo socievole, anzi, ma preferiva decisamente avere anche una sola vera amicizia con Greg che tante ma superflue. Ovviamente era più che disposto ad averne altre, ma solo nel caso in cui i compagni di scuola conosciuti nei primi due anni fossero cambiati. Ma appena pochi minuti dopo essere entrato nella prima classe del giorno capì che non era cambiato niente. I ragazzi continuavano a parlare delle loro vacanze stratosferiche, raccontando delle ragazze che erano riusciti a rimorchiare, che fossero storie vere o no poco importava. Le ragazze continuavano a sperare di ricevere attenzioni da ragazzi che sì, avrebbero anche potuto dargliele, ma solo per aggiungere un nuovo trofeo alla lista.

Quando gli rivolsero la parola e gli chiesero come era andata a lui, sottintendendo i riferimenti a un determinato tipo di cose, rimase sul vago con un "bene" o un "niente male". Starà a loro interpretare come più preferivano.

Per fortuna c'era degli argomenti di conversazione che erano una specie di "punto sicuro", come la voglia inesistente di rimettersi a studiare o il calcio, John era anche il capitano della squadra della scuola.

Con Greg invece gli argomenti erano a non finire, potevano dirsi più o meno tutto ciò che passava loro per la testa. O almeno, Greg lo faceva di certo, John invece pensieri come "Certo che oggi Steve è davvero niente male" li evitava il più possibile. Voleva fare coming out con il suo migliore amico, solo che doveva trovare il modo giusto.

***

Per fortuna il primo giorno i professori ci andarono abbastanza leggeri e le ore passarono in fretta. John e Greg andarono subito nella loro camera, volendo sistemare le valigie il prima possibile per poter poi avere il resto del giorno libero.

Le camere erano tutte simili, avevano una stanza per lo studio o in cui si poteva mangiare se non si aveva il tempo di andare a mensa, con un mini-frigo e un fornelletto, alla destra di questa stanza c'era il bagno, a sinistra la camera da letto con due letti singoli e due armadi. Alcune camere facevano eccezione e erano costruite per un solo studente, queste venivano date solo in casi eccezionali..

Greg e John si conoscevano da prima del liceo ed era stata una vera fortuna per loro essere smistati nella stessa camera. Greg aveva anche altri buoni amici, ma John era quello più stretto e non avrebbe potuto chiedere di meglio. Per loro era normale confidarsi, cercare approvazione e sostegno l'uno nell'altro.

-Comunque, alla fine ci sono uscito, con Melanie.- dall'espressione di Greg, era palese che non vedeva l'ora di parlarne.

-Visto? Te l'avevo detto che avrebbe accettato!-

-Beh, in realtà è andata anche meglio, mi ha invitato lei a uscire!-

Anche loro parlavano di ragazze, in realtà praticamente solo Greg, ma comunque non come i loro compagni di scuola, non si mettevano a sfoggiare l'ennesima conquista dandole in realtà un valore misero. Ad essere precisi, Greg ne parlava raramente con qualcuno che non fosse John.

***

I "giri turistici" della scuola per quelli del primo anno erano finiti, per il primo giorno loro potevano tornare a casa. John si era messo alla finestra a osservare la massa di ragazzini emozionati tutti in mille modi diversi. Qualcuno che si fece venire a prendere dai genitori, qualcun'altro tornò a casa da solo, probabilmente per mettersi da subito in mostra, alcuni si attardarono chiacchierando con nuovi e vecchi amici, altri continuarono a guardarsi attorno spaesati, con la faccia di chi lì dentro avrebbe preferito mille volte non tornarci mai più.

E poi c'era lui. Un solo ragazzo, decisamente non del primo anno, ma che stava comunque tornando a casa. Una massa esageratamente voluminosa di ricci in testa, gli si vedevano a fatica gli occhi, occhi di un colore che John avrebbe faticato a descrivere anche senza guardarli da una finestra del terzo piano. Non c'era una singola cosa comune in quel ragazzo, dal cappotto che indossava al giornale che stava leggendo, per il semplice fatto che era un giornale tra le mani di un adolescenteche lo stava leggendo anche con molta attenzione.

-Greg, hai idea di chi sia quel tizio?-

L'amico si avvicinò alla finestra e gli ci volle davvero poco per capire di chi stesse parlando l'altro.

-Oh, è uno abbastanza... Particolare. Ha un nome strano, qualcosa come Sherlock, spesso va sulle scene del crimine a cui lavora mio padre e praticamente fa il lavoro al posto suo. Credo abbia studiato a casa fin'ora. Un genio strambo, insomma.- e con un'alzata di spalle, tornò a stravaccarsi sul letto a leggere fumetti.

SherlockProbabilmente era solo perché un ragazzo così avrebbe potuto lasciare facilmente il segno, ma John ebbe la sensazione che avrebbe avuto a che fare molto più profondamente con questo Sherlock.

***

Ovviamente Sherlock si era accorto del ragazzo che lo fissava dalla finestra, ma perlomeno non aveva il solito sguardo di scherno o diffidente. Piuttosto, lo avrebbe descritto stranamente interessato.

-Hey, tesoro, sono qui!- al suono della voce di sua madre, Sherlock abbandonò i suoi pensieri e salì in macchina.

-Allora, come è andato il primo giorno nella nuova scuola?-

-Come ogni primo giorno.- rispose solamente il ragazzo, anche se avrebbe voluto continuare aggiungendo "Pieno di idioti" ma a sua madre questi commenti non piacevano e lui era troppo impegnato a leggere il giornale per permettersi di essere distratto dalla signora Holmes.

Duplice omicidio a Knightsbridge, Bart Turner e la moglie Samantha Turner. L'ispettore Jonathan Lestrade di Scotland Yard è convinto si tratti di avvelenamento da parte del cuoco personale della coppia, sembra non avessero nemici.

Non era il genere di caso che prediligeva, ma meglio di niente, erano due giorni e mezzo che non faceva una visita su una scena del crimine.

"Apparentemente Lestrade potrebbe aver ragione, ma se sulla scena del crimine troverò ciò che penso, il mio caro ispettore avrà sbagliato a ritenerlo un omicidio così banale."

-E il tuo compagno di stanza? Vi siete conosciuti?- continuava a chiedergli la madre, ma Sherlock aveva trovato quel tizio talmente banale che pensò che nemmeno alla madre avrebbe potuto cambiare qualcosa la sua esistenza, inoltre aveva cose di più importanti per la testa.

-Mamma, prima di andare a casa, puoi portarmi a Knightsbridge?-

Perché a Sherlock non importava niente della scuola, fosse stato per lui neanche ci sarebbe andato, o delle persone che ci avrebbe incontrato, a meno che non fossero state al suo livello, cosa improbabile. A Sherlock interessava solo tenere la mente impegnata, ma davvero, non con compiti irrilevanti o nozioni scolastiche superflue o, peggio ancora, con distrazioni snervanti come lo possono essere le attività sociali.

***

Ormai l'ispettore Lestrade e la sua squadra conoscevano bene il giovane Holmes, era molto più raro che non se lo ritrovassero tra i piedi che il contrario. Sapevano che se lo vedevano arrivare era inutile provare ad allontanarlo, in fondo a loro neanche sarebbe convenuto. Non avevano idea di come fosse possibile, ma quel ragazzino riusciva sempre ad arrivare alla soluzione del caso anche in soli dieci minuti, non sapevano nemmeno perché lo facesse e per quale motivo poi non volesse mai prendersene il merito, ma, insulti sfrontati verso gli agenti a parte, aveva sempre portato più vantaggi che svantaggi, quindi perché non sfruttarlo?

Anche quel giorno Sherlock arrivò e risolse il crimine. Alla fine, il colpevole non era solo il cuoco, ma tutti i domestici dei Turner, per avere l'eredità, visto che non avevano familiari o  conoscenze abbastanza intime a cui sarebbero andati i loro soldi. Pare l'avesse capito da delle macchie sulle loro uniformi, ma Lestrade non era molto sicuro, il ragazzo aveva sparato la sua intuizione talmente velocemente che si era perso dopo un paio di frasi.

Stavolta la madre era con lui, l'ispettore non voleva certamente perdere l'occasione di parlarci per capire qualcosa in più.

-Buongiorno, signora. Lei è la madre di Sherlock, giusto?-

-Buongiorno anche a lei! Sì, sono proprio io.- la donna rispose con un entusiasmo che lo stupì molto. Anche esteticamente, come presenza, non la si sarebbe mai detta essere la madre di un ragazzo ombroso e strafottente.

-Mi perdoni l'invadenza, ma devo ammettere che suo figlio mi incuriosisce molto. Risolvere crimini lo appassiona così tanto da passare intere giornate esaminando cadaveri ripugnanti?-

-Oh, Sherlock non è uno che si lascia impressionare.- rispose la signora, con un sorriso fiero -E poi non la definirei una passione. È qualcosa che lo tiene occupato, non lo fa annoiare. Credo si possa chiamare hobby. Lei non ha uno?-

-Certamente, ma di sicuro, non è qualcosa che mi fa stare vicino ai morti nel tempo libero.- rispose con una risatina, che però ebbe il risultato di spegnere il sorriso della signora Holmes, la quale capì che genere di persona era l'uomo nei confronti di suo figlio.

-Se la impressionano tanto, non avrebbe dovuto fare questo lavoro. Inoltre, mi scusi, ma gradirei che non giudichi mio figlio senza averlo conosciuto davvero.- detto questo, la donna salutò l'ispettore con un secco "arrivederci", per poi richiamare Sherlock e andarsene.

Sapeva perfettamente che il suo bambino, come avrebbe voluto chiamarlo lei se a lui non desse fastidio, aveva abitudini e atteggiamenti inconsueti, che spesso la gente lo detestava, sapeva anche che alcune cose erano da correggere, per questo lo aveva convinto ad andare dallo psicologo. Ma trovava molto più detestabili le persone che sputavano giudizi su un ragazzino che non aveva certo bisogno di aggiungere le critiche degli sconosciuti alla sua lista di problemi.

   
 
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