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Autore: Lux in Tenebra    13/10/2018    1 recensioni
"Luce e oscurità.
In un mondo grigio, è quasi impossibile definire dove finisca l'una e inizi l'altra.
Un inteccio di anime legate da un filo rosso sangue. Il loro silenzioso patto stretto alla luce della luna e una maledizione antica che consuma tutto ciò che incontra sul suo cammino.
Le tenebre nascondono.
La luce acceca.
Non c'è una via giusta da prendere, solo tante scelte e due anime unite dal caso.
L'umanità si illude di essere arrivata in cima, ma lì, tra gli alberi più alti, nelle foreste più profonde, esistono creature molto più antiche.
Lui vive.
E ha una storia da raccontare.
Riuscirà il sentimento per la donna dagli occhi ambrati a sbocciare?
O avvizzirà sotto il peso di un passato segnato a fondo sulla pelle?"
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Offenderman, Slenderman, Splendorman, Trendorman
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Piccolo avviso: vi chiedo perdono se questo capitolo sarà più corto e decisamente imperfetto, purtroppo ho avuto un sacco di problemi mentre lo scrivevo, ma non volevo rimandare ulteriormente. Vorrei mantenere un ritmo di un capitolo a settimana (esclusa quella in cui mi vengono, quindi -1), se tutto va bene, ed inserire il nuovo progetto (di disegno) che ho da parte in qualche modo. Vorrei solo avere le energie per fare di più, ma ogni volta il mal di testa mi blocca... ed è frustrante.

Vi ringrazio per la lettura.

Lux.


 


8. Capitolo


"Quel giorno."

Alzai il volto. Il vento gelido mi sfiorava gli zigomi, crescendo d'intensità ogni minuto che passava. Puzza di fumo aleggiava ancora, nonostante le forti folate, impressa come un marchio a fuoco, prova di ciò che era da poco capitato.

Mi mancava l'aria della foresta, la sensazione non era la stessa, quasi come una pallida imitazione dell'originale.

Lei si chinò in fretta, finendo di raccogliere le ultime candele bruciate, ben attenta a non scottarsi con il liquido bollente che era rimasto, spostando parte dei capelli rossi che la infastidivano sulla spalla sinistra con un veloce gesto della mano.

Se le mise in grembo, poggiandole sulla gonna, dopo aver versato la cera sciolta in un apposito vasetto di terracotta, precedentemente vuoto, che sembrava destinato a quell'unica funzione.

Afferrando le due estremità della veste, le legò in un fagottino di stoffa e scattò in piedi, dirigendosi verso di me, pronto, anzi, deciso a lasciare quel luogo.

Finii di sistemarmi la giacca addosso, facendola aderire al corpo, per poi appiattire le pieghe che si erano formate sulle maniche con i pollici. Per il momento, non era rimasto nulla da fare lì: ero troppo stanco, sarebbe stato inutile restare, non ne avevo motivo.

"Allora, ritorna a casa sua, signor Slenderman?" Tirò su le candele nella veste per non far scivolare quelle due in cima che cercavano di rotolare via verso la libertà, finendo per mostrare gli alti stivali che le raggiungevano le ginocchia.

"Puoi chiamarmi solo Slender, queste formalità sono inutili adesso." Mi sciolsi la cravatta, rifacendo il nodo senza toglierla del tutto.

Oramai era fatta, avevo la mia sicurezza. Finché il problema non fosse stato risolto, non avevo più motivo per temerla.

Nonostante questo, non volevo comunque fidarmi. 

La fiducia va guadagnata, mai donata.

Dato che non avrebbe potuto farci del male, ero più tranquillo in sua presenza.

"Lo terrò a mente, signo-" lei si bloccò per un attimo, rendendosi conto del suo errore "... Slender." Concluse, pronunciando il mio nome con una tonalità più bassa.

Rimase a qualche passo da me, fissandomi intensamente in pieno viso per qualche secondo, quasi come se stesse cercando qualcosa che non riusciva a trovare.

Corrugai la fronte e indietreggiai di un passo, confuso dalla tenacia che riuscivo a scrutare nei suoi occhi.

"..." Restai in silenzio, non sapendo cosa dire, per poi irrigidire le spalle. Ressi il suo sguardo. "Perché mi stai fissando?" Domandai infine, alzando un sopracciglio invisibile. I muscoli si contrassero ulteriormente, facendo apparire dei piccoli solchi nella pelle candida.

Si, era assai strano ricevere lo stesso trattamento che davo agli altri.

La sua espressione si raddolcì, mostrando un flebile sorriso, quasi trattenuto, sulle sue labbra.

"Non posso certo mandarti a casa con quello in piena faccia. Farei fare una figura imbarazzante al mio nuovo socio, ne va del mio buon nome di strega." Così dicendo, indicò il centro della mia fronte. Dal suo gesto parve quasi volesse sfiorarla, ma ritirò la mano, preferendo evitare.

Saggia scelta.

"Cosa intendi per quello?" Ero piuttosto confuso. Possibile non me ne fossi accorto, qualsiasi cosa fosse? "Se è uno scherzo, ti avviso che non sono di mio gradimento..."

Nonostante il mio volto si fosse fatto scuro, lei non perse la calma, facendo segno di aspettare.

Corse a posare le candele nella sua dimora, ritornando in fretta nella mia direzione. 

Con in mano un fazzoletto inumidito da dell'acqua profumata, la stoffa di un bel colore azzurro, mi si avvicinò di nuovo.

"Hai l'impronta di una zampetta nera in fronte. Tutta colpa di quel birbante di Tetra scommetto. Lui ama questi tipi di burle... e rotolarsi nella fuliggine... lo fa con tutte le cose bianche. Muri, biancheria pulita, fogli e così via. Sarà per questo che ha pensato di sporcare il tuo viso, è così... pulito." Rimase ipnotizzata per una buona manciata di tempo, riprendendo poi il discorso come se niente fosse.

"A volte mi fa davvero dannare, ma ho deciso di tenerlo con me e non lo abbandonerò solo perché ha un carattere particolare. Tieni, usa questo, proprio lì, nel mezzo." Mi porse il fazzoletto bagnato, istruendomi su come usarlo nel modo più efficace.

Allungai la mano senza pensare, afferrandolo tra le dita, preso dalla bisogno di voler cancellare quell'umiliante traccia dalla mia pelle. Nonostante i miei modi scostanti, era rimarcabile che fosse rimasta fedele a se stessa, senza tradire la sua cordialità.

Lo condussi al viso, ripulendo l'esatto punto che la strega mi stava indicando. Aveva un buon profumo, di una qualità niente male, rimanendo sorpreso dal fatto che non percepissi prodotti chimici al suo interno.

Era sempre un gran fastidio dare la caccia ad umani eccessivamente improfumati, quella roba non faceva altro che rendere la loro pelle immangiabile.

L'unica pecca in quel fazzoletto erano le pieghe, righe formatesi nel tessuto sgualcito tenuto con poca cura, sebbene fosse lindo come una saponetta appena uscita dalla confezione. Lo allontanai, osservandolo per un po' prima di metterlo giù, custodendolo nel palmo.

"Tetra?" Avevo già una mezza idea di chi potesse essere, alla fine dei conti la soluzione poteva essere solo una.

"E' il mio micio. Però forse non è corretto definirlo come mio. Non ha padroni, ne catene a contenerlo, non appartiene a nessuno, ed è soprattutto libero di prendere la sua strada quando sentirà che è arrivato momento. Vive con me perché non ha un altro luogo dove andare, ma ci guardiamo le spalle a vicenda, prendendoci cura l'uno dell'altro, e sarà così finché saremo insieme. Mi basta questo. Conoscendolo, è venuto a salutarti a modo suo... anche se è stato piuttosto maleducato." Allontanò lo sguardo per un secondo, fissando con rimprovero un punto indefinito della casa.

 

Seguii la sua traiettoria, scorgendo una piccola palletta di peli nera che ci guardava dal porticato, seduta sul posto, con gli occhi che si chiudevano, le zampette sotto il petto e le code rilassate attorno al corpo.

Rimasi fermo a guardarlo. Lui ricambiò, schiudendo le palpebre, fissandomi enigmatico.

Qualsiasi cosa passasse per quella testolina pelosa, non gli avrei permesso di farmi lo stesso scherzetto due volte.

Voltandomi verso la strega, spostai di nuovo l'attenzione su di lei: "Non c'è altro allora?" I miei occhi si specchiarono nei suoi, permettendomi di scrutare il bianco contorno della mia figura, rimembrando qualcosa che non riuscivo ad inquadrare nella mia mente.

Chissà cosa si prova a fissare un essere senza caratteristiche facciali... è stano? Difficile? Oppure assai semplice?

Per la nostra specie non è un problema, la maggior parte di noi nasce a quel modo. Avevo i miei dubbi che un umano lo trovasse normale, data la loro tendenza a dare per scontato che questa caratteristica fosse comune a tutti gli esseri viventi.

Ma dato che lei era una strega, sarebbe stato diverso?

Era un'altra semplice curiosità tra le tante che mi frullavano in testa. Assai singolare come quesito, ma allo stesso tempo, alquanto logico. Avrei fatto luce sulla faccenda in un secondo momento, il tempo non sarebbe di certo mancato.

"Si, ora è tutto a posto. Niente più tracce di felino." Posò le mani sui fianchi, sporgendosi un po' in avanti con il busto, quasi come se volesse avvicinarsi con discrezione per controllare ancora una volta.

"Perfetto, perché adesso dovrei tornare a casa." Mi rizzai sulla schiena, colto all'improvviso dal desiderio di allontanarmi da quel posto in tutta fretta. Una strana angoscia aveva attanagliato il mio cuore.

Lei si ricompose, senza mai abbassare lo sguardo, fisso sulla mia alta figura.

Era chiaro che voleva dirmi altro. 

"Cosa c'è adesso? Sono sporco da qualche altra parte? E' possibile?"

Proprio quando stavo iniziando a credere di avere addosso qualche macchia di sangue residua, ricordo della mia precedente caccia, che non avevo notato, la sua voce mi parlò, sospinta dalla corrente:

"Prima che tu vada, per quanto riguarda l'altare distrutto ai confini della foresta a nord-ovest, ho bisogno che mi racconti cosa è successo. Non posso aiutarti in modo efficace se non lo farai ora." Era molto seria, gli occhi come avvolti da un'ombra nera.

Mi avvicinai a lei di qualche passo, silenziosamente, sovrastandola in tutta la mia altezza. Rimase immobile, senza farsi intimidire dalla mia presenza. "Posso fare di meglio, te lo mostrerò." Avrei impiegato troppo tempo con delle semplici parole e non di sicuro non ne volevo perdere altro.

"Un memoriae?" Alzò il sopracciglio, provando ad ipotizzare. I suoi occhi gialli si riempirono di curiosità, desiderosi di scoprire cosa avrebbero trovato in quei ricordi.

"Come fai a saperlo?" Guardingo, la fissai, mentre si insinuava in me il sospetto per quella nuova, inaspettata, informazione.

Non perse un secondo, senza avere cedimenti, la sua voce carica di sicurezza. "Trovai un cenno a questa capacità in un libro che ha acceso il mio interesse per la vostra specie. Tramite un contatto diretto, si possono condividere i ricordi posseduti con un altro essere vivente, ed è un'abilità innata derivante dalle vostre capacità di manipolazione della mente. Si racconta che le streghe si siano ispirate a voi per alcuni incantesimi che tutt'ora sono ancora in uso, ma sono solo leggende." Le sfuggì una risata eccitata. "Mi piace studiare, molto, e voi siete un vero e proprio mistero, il che ha solo... aggravato la mia passione per l'argomento." La sua espressione si tramutò in un sorriso ben più largo, mentre la curiosità divenne fascinazione.

Gli occhi le brillavano, quasi come se avesse ricevuto l'occasione perfetta per studiare un raro essere vivente. Cercò di frenarsi e mantenere la sua abituale compostezza, non riuscendo però più a celare l'emozione che taboccava come un bicchiere di cristallo ricolmo di vino.

Probabile che fosse uno dei motivi, se non il principale, per cui aveva accettato di stipulare il patto. Dopotutto non ero l'unico a volerne sapere più sulla sua specie: il sentimento era reciproco.

"Allora saprai come funziona, bene." Rivolsi il palmo nella sua direzione, aspettando che vi posasse sopra le dita.

Non mi andava molto a genio di condividere i miei ricordi con qualcuno ma, se fosse servito a sbrigare la faccenda il più velocemente possibile, di certo non avrei obiettato.

Tutto ciò che era inutile o troppo personale sarebbe stato escluso a priori, preferivo tenere fuori i particolari della mia vita privata.

Si accostò a me. "Non l'ho comunque mai provato di persona." Posò l'arto sul mio.

"Consolati, io non l'ho mai usato con una strega." Glielo strinsi con presa salda, forse anche troppo, ma non si mosse.

Il mondo attorno a noi iniziò a mutare in un vortice che fece sbiadire tutti i colori circostanti, mentre ogni cosa veniva risucchiata, lasciandoci nel bianco più puro. Poi, risalendo dal terreno come un liquido, i colori ritornarono, finché tutto non fu ricostruito in una diversa figura.

Ritrovandoci entrambi in quel giorno di tanti anni prima, riguardammo la scena dal mio punto di vista.

Era tutto come lo ricordavo, nessun dettaglio, nemmeno il più piccolo era fuori posto: il colore delle foglie, il rumore del vento, quella puzza insopportabile di arcano e le fitte di dolore del mio corpo, nulla mancava.

Lei guardò con attenzione, senza proferir parola, osservando in religioso silenzio, imprimendosi nella memoria ogni prezioso attimo.

La visione non durò a lungo, una decina minuti al massimo. Non c'era molto altro da raccontare su quel giorno, solo morte e oscurità.

Lasciai andare la sua mano, mentre ogni cosa ritornava al suo posto, lasciando che la realtà riprendesse la sua vera forma, concludendo quel contatto.

Scrutai un'ultima volta il viso di lei, perso in uno stato di profonda riflessione. La sua mente era altrove, rivolta a ciò che aveva visto nella visione.

"Io vado." Annunciai, dandole le spalle, pronto ad incamminarmi verso il varco da cui ero entrato.

"A presto! L'uscita è il secondo sigillo accanto alla porta di entrata, quello bianco, si vede poco normalmente, devi metterti in controluce, ma non puoi sbagliare. Toccalo e ti porterà fuori, è una scorciatoia!" Si apprestò ad avvisarmi lei dalla distanza, portando le mani ai lati della bocca per amplificare la sua voce. 

Voltai il viso un'ultima volta, la sua sagoma si era fatta piccola, ma potevo ancora scorgere bene i suoi capelli rossi e la veste del medesimo colore ondeggiare per la brezza.

Era strano che parlare con lei non mi avesse stancato più di tanto, data la mia palese introversione.

Sfiorai il simbolo che mi aveva descritto, sparendo dalla sua vista in un battito di ciglia, come lei sparì dalla mia.

Riapparii fuori, affacciandomi sul pontile del lago. L'aria gelata mi sferzò il viso, scuotendo le vesti, implacabile, mentre il rombo di un tuono riecheggiò potente nell'aria. Le burrascose onde del lago si abbattevano con forza contro il legno, producendo rumorosi scricchiolii. 

Grandi gocce di pioggia iniziarono a cadere fitte dal cielo, bagnandomi interamente i vestiti poco prima che potessi teletrasportarmi.

Ma lì, proprio mentre stavo per dirigermi a casa, vidi una figura nera tra le fronde scosse dalle raffiche impetuose.

Un fulmine cadde, facendo luce sull'intera area.

Non c'era nessuno.

Lo avevo solo immaginato.

   
 
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