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Autore: coldays    14/10/2018    2 recensioni
CLASTIAN, What if? in Edom
E se il fuoco celeste non avesse funzionato e Clary fosse rimasta intrappolata all'Inferno con il suo demoniaco fratello? E se decidesse di non cedergli, di continuare a resistere a lui e i suoi Ottenebrati? Riuscirebbe a resistere sola nel regno di Edom, o troverà un improbabile alleato? Riusciranno i suoi amici a salvarla? Ma si trova realmente in pericolo?
Poiché accade sovente con ciò che si è perso e poi ritrovato che lo si ritrovi diverso da come lo si è lasciato...
"Quella di ogni Shadowhunter è una vita di sangue e cicatrici ma tu, sorella, sei stata crudele con me..."
Ritorno sul fandom dopo anni, con una nuova Clastian shipposissima, enjoy!
Genere: Erotico, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clarissa, Jace Lightwood, Jonathan
Note: Lemon, OOC, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Incest, Tematiche delicate
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Make me wanna die.

« You make me wanna die
And everything you love will burn up in the light
And every time I look inside your eyes
You make me wanna die.»
Make me wanna die, The Pretty Reckless.


Sebastian, nuovamente in forma, la osservava dal basso, sebbene avesse l’aspetto di un puntino lontano. Clary si chiese se sarebbe potuta restare lì sopra per sempre; la vista di suo fratello le provocò la nausea.
“Non ho nessuna intenzione di scendere! E spiaccicarmi al suolo è una prospettiva più allettante rispetto all’essere salvata da te.”
Il suono che la raggiunse sembrava uno sbuffo, ma era così poco da lui che pensò di essersi sbagliata.
“Allora non ti prenderò, ma non costringermi a salire là sopra, o ad alzare la trave di una decina di metri.” Parlava con calma e sembrava estremamente divertito; questa volta, Clary non dubitò neanche per un secondo che avrebbe potuto portarla ancora più in alto; il solo pensiero le fece venire le vertigini ed ebbe quasi l’impressione che la trave tremasse sotto di lei.
Cercò di richiamare alla mente gli insegnamenti di Jace, ma il battito del suo cuore sovrastava i suoi pensieri e non riusciva a pensare lucidamente.
“Rilassati, Clary. Respira profondamente.” Istintivamente, presa dal panico, lasciò che la sua voce la guidasse. Non aveva intenzione di restare un attimo di più su quella trave, in realtà; stando in piedi una nuova ondata di vertigini l’aveva assalita, e le sue parole giungevano alle sue orecchie gentili quasi come quelle di Jace.
Jace…
Non adesso, si disse; non adesso. “Salta, Clary. Adesso piega le ginocchia. Mantieni le gambe unite.” La sua voce era mortalmente seria, eppure non la intimorì. “ Atterra sulla punta dei piedi. Rotola.”
L’atterraggio, comunque, non fu dei migliori, e la sua già provata caviglia ne risentì, portandola a sbattere la spalla. Eppure in quel momento non lo notò; aveva appena fatto un salto incredibile! E pensare che all’Istituto, dove non mi sarei neanche slogata la caviglia, un salto del genere sarebbe stato impensabile per me…
Suo fratello la guardava con un angolo della bocca alzato, sorridendo come se fosse soddisfatto; anche i suoi occhi avevano un bagliore particolare quando batté le mani tre volte nella sua direzione. Sì alzò non riuscendo a trattenere una smorfia di dolore. “Cosa vuoi da me, Sebastian?” Nonostante si sentisse stremata, la sua voce era ferma.
“Voglio che tu diventi la mia Regina, voglio che regni al mio fianco sul trono che ho costruito per te, adesso che non c’è più nessuno ad ostacolarci.” Nella sua voce c’era una nota di speranza, nonostante avesse parlato come se fosse una domanda scontata, e questo la fece infuriare ancora di più. Che diritto aveva, dopo tutte le vite che aveva distrutto, di sperare che lei volesse assecondarlo nella sua opera di distruzione?
“E su cosa vorresti regnare? Su polvere e rovine e altre creature orribili come te?” Chiese velenosa, guardandolo negli occhi, come a sfidarlo; liquidò come rabbia il lampò che attraversò i suoi occhi e lineamenti. “Non è stato abbastanza risparmiare i tuoi preziosi amici? Ho impedito che Idris e tutti i Nephilim venissero cancellati dalla faccia della Terra, solamente per te.” Clary non riusciva a credere alle sue orecchie. “Se tu non fossi pazzo, niente di tutto questo sarebbe mai successo! Max, Raphael, Jordan, la persona a cui hai rubato il nome, persino Hodge, a quest’ora sarebbero vivi. Nessuno sarebbe stato in pericolo, se non fosse stato per te.” Urlò, sentendo le lacrime offuscarle la vista, e fece per andarsene e lasciarlo da solo.
 Io sarei a casa, con Luke e mia madre finalmente sposati, felice con Jace, e Simon e Izzy, e Alec e Magnus…
Le prese il polso, stringendo fino a farle male, e la costrinse a guardarlo in faccia. “Non accetterò che tu ti rivolga a me in questo modo, Clarissa.” La strattonò. “Non sai nulla, e non ti è mai importato saperlo! Non conosci le tue origini, hai cercato di dimezzare la tua famiglia, sei a malapena una shadowhunter eppure pretendi di conoscere tutto?” Le sue parole la ferirono, non per il veleno con cui erano state dette, ma perché vere. Conosceva davvero poco del mondo che aveva cercato di salvare, era stata la causa della morte di suo padre e aveva cercato di uccidere suo fratello; eppure, una Shadowhunter era tutto ciò che aveva disperatamente cercato di essere, rischiando la sua vita e mettendo a repentaglio quella di tutti gli altri.
Jace, Simon, Izzy, Alec, Magnus, Luke ed il suo branco… Quante volte il suo non essere abbastanza una Shadowhunter li aveva messi tutti a repentaglio? Quante volte, proteggendo lei, avevano lasciato le loro spalle scoperte? Quante volte la sua sconsideratezza li aveva condotti nella tana del lupo?
“Lasciami, Sebastian.” Lo sguardo che rivolse a suo fratello era irremovibile. Lui la guardò rabbioso, ma la ascoltò. “Non so neanche se sono realmente sani e salvi a casa.” Aggiunse poi debolmente, abbassando gli occhi, sopraffatta dal senso di colpa.
“Non avrei perso tempo a mentirti, sorella. Avrei vinto e ti avrei ottenuta comunque, e tu non avresti potuto farci nulla.” Clary si morse il labbro inferiore, riflettendo sulle sue parole. “Non sono io il bugiardo, tra noi due. Al contrario dei tuoi preziosi amici, o di tua madre, io ti ho sempre ritenuta capace di affrontare la verità.” Sebastian guardò il lieve rossore nel punto in cui l’aveva stretta, lasciando che il suo sguardo scorresse fino ai suoi occhi, accesi di rabbia, ed indicando con un gesto il punto da cui era appena saltata. “Smettila di comportarti come se fossi migliore di loro, Sebastian!” Si costrinse a prendere un respiro profondo, per evitare di urlare più forte di sua sorella. La rabbia va bene, pensò, so come gestirla. Il dolore e la perdita, invece, potrebbero portarmela via per sempre…
“Mi hai mentito nel momento esatto in cui ti ho conosciuto, fingendo di essere Sebastian Verlac. Mi hai baciata, sapendo di essere mio fratello!” Si mise le mani nei capelli, già così una massa disordinata, chiudendole a pugno. Sentiva che avrebbe potuto prendere una qualsiasi arma dalle pareti, ed ucciderlo. O almeno provarci. Di nuovo.

Avrei voluto che mi concedessi una possibilità, avrei voluto convincerti delle mie ragioni, averti con me senza costringerti, mostrarti quanto crudeli siano in realtà i Nephilim. Noi due insieme avremmo dovuto proteggerci, lontani da loro come due stelle... Avresti capito che il nostro legame è profondo, corre nelle nostre stesse vene e ci chiama insistentemente. Non lo senti anche tu, forse, sorella, il richiamo? La familiarità? L’eterno gioco di seduzione di angeli e demoni?
Se solo fossi arrivato prima a te, loro non avrebbero mai corrotto il tuo cuore…


Si fece serio per un istante, guardandola intensamente. Il sorrisetto che si aprì sul suo viso era eloquente. “Ti bacerei anche adesso.” Nonostante le mettesse i brividi, Clary notò che il suo corpo non registrava il senso di pericolo che avvertiva solitamente, come una sorta di istinto primordiale le suggerisse quando suo fratello stava per perdere il controllo; sembrava quasi che volesse semplicemente farla impazzire. Clary sapeva di doversene andare, approfittando delle porte aperte della palestra; ma dove posso andare, in queste condizioni? Riuscirei a varcare anche solo la soglia?
Sei a malapena una shadowhunter, eppure…

Invece di dirigersi fuori dalla palestra, zoppicò verso i grandi armadi addossati alla parete, prendendo il kit di pronto soccorso. Dopo essersi fasciata la caviglia, sotto la stretta sorveglianza di Sebastian, che si ostinava ad ignorare, afferrò una spada angelica e riprese ad allenarsi. Da uno degli specchi vide suo fratello allontanarsi, nuovamente con uno strano luccichio negli occhi.




Jonathan non poteva negare di essere ferito dall’atteggiamento di sua sorella; sebbene si fosse mostrato misericordioso, solo per lei, continuava ad odiarlo ardentemente, invece di mostrare gratitudine. Anche in un’altra dimensione, Jace Herondale, la sua famiglia e tutti i suoi amici si divertivano a tormentarlo.
 Esiste allora un posto in cui possa portarla dove possa dimenticarsi di loro? Aveva steso un mondo ai suoi piedi, un mondo da ricostruire, è vero, ma era pur sempre un mondo che avrebbe potuto accontentare ogni sua richiesta e desiderio, fatto per loro. Non le avrebbe negato nulla, mai, eppure lei non ne sembrava riconoscente.
 Se lo fosse stata, non sarebbe stato da lei.
La sua rabbia era fiera, proprio come lei; era lo scudo con cui si circondava nella sua torre di sdegno nei suoi confronti. Sapeva che si rifiutava di mangiare, di bere addirittura; Jonathan sentiva lo stomaco stretto in una morsa dolorosa ma piacevole quando pensava alla sua resistenza stoica, quando Sophia gli riferiva quanto fosse testarda. E’ esattamente come me, e questo pensiero gli faceva bollire il sangue nelle vene, come se fosse nuovamente pervaso dal Fuoco Celeste. Le stava concedendo il tempo per abituarsi alla sua nuova vita, ma non voleva che passasse troppo tempo a rimuginare, o non avrebbero fatto nessun progresso. Adesso che avevano l’eternità a loro disposizione, finalmente, avrebbe conquistato sua sorella, la sua compagna di diritto.


“Sei a malapena una shadowhunter, eppure pretendi di conoscere tutto?”
Le parole di Sebastian le riempivano la testa, costringendola ad allenarsi per ore, concentrandosi solo su tutto ciò che aveva appreso nel suo breve addestramento e visto durante le sue innumerevoli battaglie.
E’ per questo che ho fallito, pensò.
Lasciò spesso che fosse l’istinto a guidarla, o l’esperienza diretta sul campo, che le aveva insegnato a ‘giocare sporco ’. Non aveva nessuna runa ad aiutarla, e quando lanciò l’ultimo degli innumerevoli coltelli che aveva in mano, questo colpì il bersaglio, ma non con abbastanza forza da trafiggerlo. La bionda Shadowhunter che, evidentemente, aveva il compito di scortarla la trovò appoggiata contro il bersaglio, seduta tra i coltelli che lei stessa aveva lanciato e di cui adesso osservava i vari dettagli. Ce n’erano di tutti i tipi, con le lame di lunghezza diversa; Clary aveva scoperto di preferire le lame piatte e corte. Da una delle tasche del mantello tirò fuori uno stilo, e le si avvicinò. “Ho il compito di applicarti degli iratze, e magari una runa emos*.” Sorrise, come se la divertisse vederla giacere tra i coltelli, sporca di sangue e con gli occhi di una folle. “Sempre se farai la brava, è chiaro.” Aggiunse, ridendo piano. Clary si ritrasse di scatto e, nonostante qualsiasi movimento le provocasse fitte lancinanti in qualche parte del corpo, la guardò in tralice. “Siete più pazzi di quanto credessi, se pensate che mi lascerò tracciare dalle rune da voi.” Posò lo stilo in una tasca interna del lungo mantello rosso, alzando le spalle con indifferenza, e si avviò per i lunghi corridoi, consapevole della presenza di Clary dietro di sé per i suoi passi pesanti. La strada le sembrò essere molto più lunga, e pensò addirittura che Sebastian lo avesse fatto di proposito, o forse era semplicemente esausta perché, tornata nella sua stanza, dove aveva trovato un nuovo vassoio fumante ad attenderla, l’ultima cosa che sentì prima di sprofondare in un sonno profondo fu il nome della donna bionda che era stata la sua unica compagnia, seppur sgradita, in questi giorni: Sophia Blackdove.




Quando Clary aprì gli occhi non riuscì a capire se fosse notte o giorno; le tenebre erano una condizione perenne, più o meno dense a seconda dell’orario. Ancora intorpidita si rigirò nel letto, stringendo una coperta che non ricordava di aver preso, così come non ricordava di essersi tolta le scarpe. Pensò fosse stata Sophia, nonostante non fosse da lei questa gentilezza. Un altro giorno nel mio personalissimo inferno, pensò. Strinse la coperta, rannicchiandosi su se stessa, e le sfuggì un singhiozzo. Jace, dove sei? Tirò su col naso, cercando di richiamare la sensazione delle sue braccia strette attorno a lei, cullandola, difendendola dai suoi incubi, il calore emanato dalla sua pelle… Affondò la faccia nel cuscino, lasciandosi andare alle lacrime. Se mi concentro, posso fare finta di sognare, posso restare ancora un po’ ad immaginarti…
“Perché piangi, sorella?” Suo fratello la osservava da una poltrona, comodamente seduto, con l’espressione corrucciata. Clary scattò a sedere con un ringhio, che le si strozzò in gola interrotto da un singhiozzo. Lei non lo avrebbe mai saputo, ma quello che Jonathan vedeva era un nido di capelli rossi con sotto una feroce ragazzina dagli occhi rossi e gonfi sopraffatta dalla rabbia che lo guardava come se potesse incenerirlo; lui, che era il padrone di questo mondo e, a conti fatti, avrebbe potuto disporre della sua vita a suo piacimento. Questo lo fece ridere, ma Clary si riprese presto dallo stupore e senza pensare gli si scagliò contro. “Ti faccio ridere? Vedermi stare male ti fa così ridere?!” Urlò, iniziando a tempestarlo di pugni che bloccava agilmente. “Cosa ci fai nella mia stanza?!” Un altro pugno. “Hai il coraggio di chiedermi perché piango?!” E ancora altri. Sfoga la tua rabbia su di me, sorella; non piangere…
“Perché sei nato, Jonathan Christopher Morgenstern!” Le braccia di Jonathan si abbassarono, e sua sorella lo colpì sulla guancia.
“Perché  sono rinchiusa qui, lontano dalle persone che amo, e non ho intenzione di darti quello che vuoi!” Rimase immobile, mentre una nuova scarica di pugni lo colpiva. Le nocche di Clary erano insanguinate e lasciavano scie rossastre sulla sua pelle diafana e la sua camicia bianca. Non sentiva dolore, eppure si sentiva come quando Valentine lo puniva, da bambino. Perché, sorella mia, perché mi odi? Perché mi tradisci in questo modo? Cosa ho fatto, sorella?
“Perché non so neanche che giorno o che ora sia! Che razza di persona farebbe questo alla propria sorella?!” Si alzò di scatto, stringendole entrambi i polsi con una mano; indietreggiando, Clary andò a sbattere con la schiena contro la scrivania. “Che razza di padre rende i propri figli dei mostri, Clary? Che razza di madre desidererebbe aver ucciso il proprio figlio ancora in fasce?” La sua voce si abbassò pericolosamente. “Puoi forse biasimarmi, Clarissa?” Le sue labbra si avvicinarono al suo orecchio, mormorando contro la sua pelle, facendole venire la pelle d’oca. “Il mondo non ha mai avuto posto per me… Ho dovuto crearmelo io stesso.” Le lasciò andare i polsi, scostandole una ciocca di capelli dal viso. “E’ per questo che mi hai portato via ogni cosa a cui tengo?” Lei lo guardò negli occhi, ormai completamente neri – ogni volta che erano così vicini, assumevano sempre questa particolare tonalità – e lo sguardo che lui le restituì era vacuo. “Io non ho mai tenuto a nulla. Non mi è mai stato concesso, Clary.” Serrò la mascella. “Ma adesso prenderò tutto ciò che desidero.” La sua voce assunse una sfumatura pericolosa, quella di un predatore che sa di aver bloccato nella sua morsa la sua preda. Il panico si impossessò di Clary quando le dita di suo fratello le sfiorarono delicate il collo, seguendo la linea della clavicola; cercò di divincolarsi, ma le sue mani si strinsero sui suoi fianchi. La sua presa era così diversa da quella di Jace, che la stringeva e toccava come se potesse rompersi, con riverenza.
Suo fratello la toccava come  se volesse portarla sul punto di rottura, e la guardava come se sapesse che sarebbe stata lei, alla fine, a rompere lui. Durò un attimo, poi le sue labbra si posarono, delicate ma bollenti, poco sotto l’orecchio di Clary. “Lasciami andare, Sebastian!” Lo colpì forte con la mano aperta sul petto, poco sopra il cuore. Una chiazza rosso scuro si allargò rapidamente sulla sua camicia e, con un ringhio, portò la mano di Clary nel punto in cui prima lo aveva colpito, imbrattandola di sangue. “Questo, Clarissa, è tutto ciò che mi hai concesso tu invece.” La macchia di sangue si allargava rapidamente, e Clary strinse la ferita nel pugno, sentendo il sangue caldo sulla pelle, la camicia ormai strappata nella sua mano. Voleva ferirlo, voleva che si sentisse come lei; impotente, ferito e in suo completo potere. Era come se una voce prepotente si fosse impossessata della sua mente, riempiendola di disprezzo, impedendole di ragionare; quando lo sentì sussultare, ne fu estasiata. E’ questa la mia occasione?, pensò, prima di sentire la risata cattiva di Sebastian. “Non sei riuscita ad uccidermi con una spada piena di fuoco celeste, e non ci riuscirai così.” Prese la mano di Clary, portandosela alle labbra e depositandovi un bacio. La fece scorrere poi sul suo collo, ed il suo petto, sotto il suo sguardo sconvolto; quando la lasciò andare aveva le labbra rosse del suo stesso sangue, ed il sorriso di un folle. “Quella di tutti gli Shadowhunters è una vita di sangue e cicatrici ma tu, sorella, sei stata crudele con me.” I suoi occhi si abbassarono su una terribile ferita pulsante, simile ad un’ustione, che gli sfigurava completamente metà torso e continuava sulla schiena, dove sembrava aver riaperto quelli che sembravano troppi colpi di frusta per poter essere contati. “Il fuoco celeste… non ha reagito bene con il residuo di metallo demoniaco ancora… presente nel mio corpo.” Aggiunse, con una smorfia, vedendo il suo sguardo sconvolto. Jonathan prese la sua camicia, cercando di farne una fasciatura. “A otto anni ero… assuefatto al metallo demoniaco.” Scosse la testa, e i suoi capelli quasi bianchi, sporchi del suo stesso sangue, gli caddero sugli occhi. “Così nostro padre iniziò ad usare una… particolare… frusta.” Con il dorso della mano li spostò, lasciando una nuova chiazza rossa anche sulla sua fronte. “Ad ogni frustata, tante piccole scaglie di metallo demoniaco si conficcavano nella mia schiena. E’ impossibile rimuoverle, sono un… ricordo della mia disobbedienza.” Sorrise di nuovo come un folle, con gli occhi completamente neri, come se avesse momentaneamente dimenticato il dolore. “Così come l’uomo è sempre ricordato della sua disobbedienza dalla condizione di inevitabile sofferenza in cui si trova.” Clary sentiva la testa girarle pericolosamente. Sebastian si comportava in modo assolutamente inusuale, quasi lui fosse una semplice vittima, e lei la causa di tutto il suo dolore. Si guardò le mani, sporche del sangue di suo fratello, e non le riconobbe. Questo colore assomiglia al vermiglio. O è sangria? Eppure ha una sfumatura così intensa… Come sempre, quando si trovava sotto pressione, la sua mente cercava rifugio in qualcosa di noto e familiare; le tempere ed i suoi colori, in questo caso. “Quello che Valentine ti ha fatto non giustifica le tue azioni, Sebastian.” Sussurrò, puntando gli occhi nei suoi. Quasi non vide le sue mani scattare verso le sue spalle, stringendola con forza, quasi fino a romperle le ossa; i suoi lineamenti erano stravolti dalla rabbia. “Io ho accettato il mio destino, Clarissa! Non siamo ciò che ti ostini a credere, sorella.” Ed ecco, di nuovo, il particolare luccichio nei suoi occhi, mentre poggiava la sua fronte contro quella di Clary, parlandole con voce melliflua a pochi centimetri dal suo viso. “Io e te siamo fatti per regnare, Clary.” Le depositò un lieve bacio sulla guancia. Era incredibile, come passasse da uno stato emozionale ad un altro; lo aveva notato anche durante la loro breve convivenza passata, ma era come se lì fosse forzato. Adesso, invece, sembrava non avere controllo sulle sue emozioni. “Preferirei morire.” E, con orrore, Clary si rese conto che neanche lei ne aveva. La paura era come svanita, e non perché lei si trovava in una qualche situazione di vantaggio nei suoi confronti ma perché, semplicemente, se i confini con i mondi erano davvero chiusi, cos’altro avrebbe avuto da perdere?
Sebastian le posò l’indice, grondante sangue, sulla fronte. “E come hai intenzione di morire?” Lo spostò sulle sue labbra, parlando piano. “Come una mondana?” E scese ancora, poggiandolo sul suo cuore. “O come una shadowhunter?”


Ciao a tutti!
Eccoci con questo terzo e nuovo capitolo dove entra -seriamente- in scena un Sebastian un po' più squilibrato del solito, insomma, se possiamo dirlo (ed è, credo, tutto un dire!). Ma penso, comunque, sia importante per far comprendere cosa gli passa per la testa ed esporre il suo, finora abbastanza inesistente, lato umano -sì, lo so, oggi parlo per eufemismi. Sono scene forse un po' "forti" e spero di non essere stata macabra. Ovviamente anche Clary qui è un po' OOC. 
*emos, sarebbe una runa con lo scopo di velocizzare il ricambio e la produzione del sangue; non so se esiste già, quindi in caso segnalate che provvedo a sistemare! :)

A presto, Coldays.

 
  
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