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Autore: chiara_LN    14/10/2018    1 recensioni
[Crossover: Doctor Who & Once Upon A Time]
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Fu in quel momento che il Dottore perse, almeno in parte, il controllo di sé:
“Vuoi sapere chi sono, Rumpelstiltskin? Sono il Dottore, vengo dal pianeta Gallifrey, nella costellazione di Kasterborous, ho 864 anni e rappresento il puro terrore per diverse specie. Mi chiamano “la tempesta imminente”, il “distruttore dei mondi” o la “tormenta”. Ho salvato migliaia di vite, così come ne ho prese altre migliaia. Vuoi sapere chi sono? Sono il distruttore del mio pianeta, ultimo dei Signori del Tempo e sono colui che ti sta offrendo la possibilità di lasciarci andare senza danni collaterali.”
Aveva davvero appena pronunciato quelle parole? Sì, si disse. L’aveva fatto per Rose, e le avrebbe ripetute anche altre miIle volte se fosse stato necessario.
Genere: Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Signor Gold/Tremotino
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Note iniziali: Questo piccolo esperimento è nato così, senza pretese. Ho deciso di pubblicare questo primo capitolo dopo un anno dalla prima stesura e, sarò sincera, non ne ho ancora scritti altri. Prima preferisco vedere come viene accolto, anche perché, è la mia prima fan-fiction e ammetto che impiego settimane a scrivere un capitolo, quindi se dovessi decidere di proseguire con questo viaggio, vi avviso già da ora che potrei aggiornare una volta ogni mille mai, cosa per cui chiedo scusa già da ora! Ma, bando alla ciance, vi lascio al capitolo. Buona lettura!

 

 

 

~1~

 

Il signore oscuro detestava essere interrotto. Qualunque cosa stesse facendo, soprattutto se si trovava all’arcolaio, nessuno doveva osare disturbarlo se non per stringere un patto. Tuttavia, in quei momenti non avrebbe disprezzato anche una minima distrazione poiché gli ultimi giorni erano stati relativamente noiosi per lui e, oltre l’aver trasformato due stupidi soldati in lumache, non era avvenuto niente di interessante: nessuno era venuto a supplicarlo di stringere un patto, nessun re si era presentato alla sua porta implorandolo di salvare il suo regno, nessuna fanciulla lo aveva supplicato di darle qualcosa che le facesse dimenticare un doloroso amore non corrisposto. Di conseguenza aveva osservato girare ininterrottamente la ruota dell’arcolaio per quelli che gli erano sembrati anni, pensando e ripensando ad un modo per poter raggiungere il figlio disperso in un altro reame, da lui irraggiungibile. Improvvisamente, il flusso dei suoi pensieri venne interrotto da un rumore leggermente fastidioso a lui sconosciuto che lo stranì non poco e che capì provenire dall’esterno. Il folletto, incuriosito, si alzò dallo sgabello di legno e si diresse verso una delle grandi finestre dell’immensa stanza nella quale si trovava. Dopo aver scostato la pesante tenda di velluto con un gesto annoiato della mano, notò con sorpresa ed anche con un po’ di indignazione che, nel giardino del suo castello, era appena comparso una specie di armadio a base quadrata dipinto di blu, ben visibile dalla finestra. Tuttavia, l’indignazione venne ben presto sostituita dall’euforia.

”Finalmente un po’ di divertimento! Era anche ora!”

Senza pensarci due volte, con un ghigno malefico, si spostò in giardino, avvolto da una nube viola; non ebbe nemmeno il tempo di compiere un passo, che da quella specie di armadio uscirono di corsa un uomo con degli strani capelli castani e una ragazza che a malapena poteva avere vent’anni. Una delle cose che aveva attratto maggiormente l’attenzione di Rumpelstiltskin fu lo strano vestiario dei due: l’uomo indossava uno strano mantello marrone che gli avvolgeva le braccia e che a malapena gli arrivava fino alle caviglie e, a i piedi, portava uno strano paio di calzature che gli sembrarono essere in tessuto; la ragazza, invece, indossava strani pantaloni celesti, il che parve al folletto totalmente fuori luogo trattandosi di una donna. 

“Rose, veloce, prima che esploda!” urlò l’uomo.

“Eccomi Dot-“ le parole della ragazza vennero interrotte da un’esplosione che investì i due e li fece cadere a terra, in mezzo all’erba per niente curata del giardino. In modo totalmente irrazionale, almeno secondo l’Oscuro, poco dopo i due incominciarono a ridere irrefrenabilmente e solo dopo un minuto buono si accorsero di non essere soli.

“Oh, salve! Mi dispiace per l’intrusione e per il baccano.” disse l’uomo fra una risata e l’altra alzandosi da terra. “Sono il Dottore.” si presentò abbandonando il riso e porgendo la mano al folletto che, però, la ignorò bellamente.

“E io sono Rose. Voi invece siete?” disse la ragazza spuntando dalle spalle dell’uomo.

“Rumpelstiltskin.” rispose l’Oscuro, inchinandosi teatralmente. “Dottore...” - sussurrò il folletto, quasi assaporando il suono di quella parola, iniziando, allo stesso tempo, a camminare attorno ai due visitatori come un animale famelico gira attorno alla propria preda - “tu non sei un vero dottore e voi non appartenete a questo reame, è evidente. Inoltre, si dà il caso che vi siate introdotti nel mio castello senza essere stati invitati e sono pochi coloro che possono raccontare di aver fatto ritorno in una tale circostanza. Perciò dimmi, dearie, cosa ci fate qui? E cos’è quell’armadio blu?” chiese fermandosi davanti all’uomo dagli strani capelli, mentre il ghigno malefico che lo caratterizzava faceva capolino tra le sottili squame che ricoprivano la sua pelle verdastra.

La situazione di pericolo fu subito evidente agli occhi del Dottore che però non si fece intimorire ed anzi, rispose con sicurezza.

“Oh, mi aspettavo un’accoglienza un po’ più calorosa. Non è molto cortese da parte sua!”

“Non era mia intenzione esserlo, dearie. Sono famoso per molte cose ma non per la mia cortesia. E ora che ne dici di rispondere prima che ti trasformi in una lumaca?”. Il folletto fece seguire alla domanda la sua folle risatina, accompagnata da un gesto teatrale delle mani.

Quell’essere (il Dottore non sapeva come definirlo) era sicuramente inquietante e probabilmente pericoloso. Il Signore del Tempo si chiese se potesse veramente mettere in pratica la sua minaccia e, nel caso ciò fosse stato possibile, quali altri poteri avesse. A che razza apparteneva? Nei suoi 800 e passa anni di vita non si era mai imbattuto in qualcosa di simile, ne era sicuro.

“Beh... noi siamo... viaggiatori. E quello è il nostro mezzo di trasporto.” rispose il Signore del Tempo grattandosi distrattamente un lato della testa ed indicando la cabina telefonica. Un cosa era sicura: quella creatura non era a conoscenza delle caratteristiche del TARDIS e tantomeno doveva scoprire cosa fosse veramente quell’armadio blu, così come lo aveva chiamato. Voltatosi verso Rose, per verificare che fosse ancora lì, il il Dottore notò che la ragazza era attonita e che fissava lo strambo personaggio che si era presentato col nome di Rumpelstiltskin con incredulità.

“Rose, tutto bene?”. Sussurrò leggermente preoccupato.

La ragazza aprì almeno due volte bocca per poi non riuscire a dire niente.

“Può scusarci un momento?” Il Dottore si rivolse al folletto e, senza aspettare una risposta, prese delicatamente Rose per un braccio e la portò a qualche metro di distanza.

“Rose?” la chiamò, stavolta seriamente preoccupato.

“Dottore, io lo conosco. Ho già sentito quel nome.”

“Cosa? Quando? Dove?”

“Può essere che mi stia sbagliando, probabilmente è così, ma...”

“Ma?”

“Dottore, dimmi la verità. È possibile che le fiabe, le storie che ci vengono raccontate per addormentarci, insomma tutte questi racconti siano realtà?”

“Beh, sì... Può darsi. Molte di queste sono state ispirate da eventi realmente accaduti, ma ciò non vuol dire che siano tutte realtà. Perché mi fai questa domanda?” chiese inclinando leggermente la testa da un lato.

“Mia madre, a volte, per farmi addormentare mi raccontava una storia e il protagonista di questa storia era una specie di folletto malefico che si chiamava Rumpelstiltskin, ovvero come lui.”

Il Signore del Tempo spalancò gli occhi, arretrando di un passo. Se ciò che gli aveva detto Rose era vero, i due erano in un mare di guai; non che non lo fossero praticamente ogni giorno, ma questa volta sarebbe stato più difficile uscirne. Tra i Signori del Tempo correvano voci, leggende di ogni tipo; una di queste era considerata leggenda da metà della popolazione e realtà dall’altra metà ed era stata oggetto di dibattito per diverse centinaia di anni. Il Dottore non era mai riuscito a schierarsi né da una parte né da un’altra, anche se, dopo aver sentito quanto gli aveva detto la sua compagna di viaggio, stava iniziando a credere che tale leggenda corrispondesse a verità: l’esistenza di universi paralleli nei quali quelle che venivano considerate solo storielle da raccontare ai bambini erano invece realtà. 

“Dottore?” Rose capì che le parole da lei pronunciate poco prima avevano sortito uno strano effetto sull’uomo davanti ai suoi occhi e si chiese se fosse il caso di scappare dentro il TARDIS seduta stante, nonostante l’esplosione di poco prima. 

“Nella storia che ti raccontava tua madre, questo folletto aveva una sorta di poteri o abilità magiche?”

“Sì, come uno stregone. Mi ricordo anche che una sua caratteristica era quella di voler sempre stringere dei patti con coloro che venivano a chiedergli un aiuto; questi patti, però, erano sempre a suo vantaggio.”

Il Dottore annuí pensieroso. Come procedere? Se si trovavano veramente in un altro universo, specialmente di quel tipo, ritornare al loro sarebbe stato complicato. Per di più, il TARDIS aveva bisogno quantomeno di un giorno intero per poter essere utilizzato senza il rischio di contaminazione radioattiva e completare il rodaggio.

 

Il comportamento di quel Dottore e della sua amica più che indignare l’Oscuro, lo incuriosì. Nessuno aveva mai osato voltargli le spalle o allontanarsi da lui in quel modo, con totale noncuranza e ciò gli fece comprendere che i due stranieri non sapessero chi fosse e quale reputazione avesse. Mentre i due viaggiatori confabulavano tra di loro, Rumpelstiltskin si avvicinò allo strano armadio blu e iniziò a girarvi intorno, osservando che, in una delle sue quattro facce, erano incise strane parole come Cabina, Polizia o Telefonica. Per di più, non appena si avvicinò, avverti un’aura molto strana, non magica ma comunque molto potente. Che cosa poteva mai essere quello strano aggeggio? Desideroso di sapere la verità ed ormai stufo di aspettare, decise di ritornare al castello e di portare i due con lui.

“Hey, ma che diavolo?” Rose e il Dottore vennero avvolti da una nube viola e, poco dopo, si resero conto di non trovarsi più nel giardino, ma bensì all’interno di una grande stanza. 

“Scusate dearies, non sono famoso per la mia pazienza. Ora rispondete alle mie domande, mi avete fatto perdere già abbastanza tempo.”

“Sicuramente non sarete nemmeno famoso per le vostre buone maniere!” disse Rose arrabbiata. La ragazza provò a dire altro ma, con un fluido movimento della mano, Rumpelstiltskin la privò della voce e la immobilizzò, così come immobilizzò anche il Signore del Tempo.

“Va già molto meglio, non credi Dottore?”

“Beh...” 

A causa della sua esitazione, Rose fulminò l’uomo con uno sguardo e ciò non fece che suscitare l’ilarità di quest’ultimo che la guardava divertito.

“Allora, Dottore, è meglio iniziare, non trovi? Da dove venite?”

“Da dove venivano? Eh, bella domanda!” Ricordatosi le parole pronunciate dal folletto precedentemente, decise di sfruttarle a suo vantaggio.

“Da un altro reame.”

“Non provare ad evadere le mie domande.” un lampo di ira attraversò gli occhi Rumpelstiltskin che, però, si ricompose subito dopo.

“Non mettere alla prova la mia pazienza, dearie, o finirà molto male per la tua amica... non credo vorrai udire urla di dolore uscire dalla sua bocca, vero?” nel dire ciò, l’Oscuro si era avvicinato a Rose e le aveva sfiorato la guancia con l’esterno di un dito, per poi scendere delicatamente verso il collo.

“Non osare toccarla. Allontanati da lei.” ringhiò il Signore del Tempo.

Nel mentre la ragazza lo guardò terrorizzata, in cerca di aiuto, totalmente impossibilitata a muoversi a causa dell’incantesimo del folletto.

Quest’ultimo si voltò verso l’uomo con un ghigno di puro divertimento stampato sul volto:

“Perché? Cosa credi di potermi fare ‘Dottore’?” marcò volontariamente quell’ultima parola con tono irrisorio quasi a voler evidenziare l’impotenza dell’uomo, la mano ancora a sfiorare il collo di Rose.

Fu in quel momento che il Dottore perse, almeno in parte, il controllo di sé:

“Vuoi sapere chi sono, Rumpelstiltskin? Sono il Dottore, vengo dal pianeta Gallifrey, nella costellazione di Kasterborous, ho 864 anni e rappresento il puro terrore per diverse specie. Mi chiamano ‘la tempesta imminente’, il ‘distruttore dei mondi’ o la ‘tormenta’. Ho salvato migliaia di vite, così come ne ho prese altre migliaia. Vuoi sapere chi sono? Sono il distruttore del mio pianeta, ultimo dei Signori del Tempo e sono colui che ti sta offrendo la possibilità di lasciarci andare senza danni collaterali.”

Aveva davvero appena pronunciato quelle parole? Lui, uomo di pace, che rinnegava la violenza in qualsiasi forma, aveva davvero appena minacciato quel folletto, utilizzando quegli alias da lui tanto odiati? Sì, si disse. L’aveva fatto per Rose, e avrebbe ripetuto quelle parole anche altre miIle volte se fosse stato necessario.

La ragazza lo guardava con occhi sgranati, sorpresa, quanto lui, di ciò che il Signore del Tempo aveva appena detto. 

Anche Rumpelstiltskin fu parecchio turbato dalle parole dell’uomo, ma non lo diede a vedere. Non tanto perché l’avesse minacciato, figurarsi, erano state tante le minacce che aveva ricevuto in vita sua da averne ormai perso il conto. No... ciò che lo aveva veramente turbato fu udire il nome di quella costellazione di cui lui aveva letto innumerevoli volte.

Com’era possibile che quell’uomo, sempre che lo fosse, provenisse da lì? E se ciò era vero, allora poteva viaggiare attraverso i reami? Forse, addirittura, poteva raggiungere il reame dove si trovava Bae... avrebbe potuto riveder suo figlio!

Aveva bisogno di riflettere, decisamente. Aveva anche bisogno di tempo. Decise che momentaneamente le segrete andavo più che bene per quei due.

Dopo un veloce movimento della mano, una nube viola avvolse il Dottore e la sua compagna e i due scomparirono sotto i suoi occhi.

 

“Ma come fa?!”  chiese nervosamente Rose, dopo essersi alzata da terra. Così come per lei, anche per il Dottore l’atterraggio sul pavimento non era stato proprio morbido ed ora l’uomo si massaggiava il gomito.

“Non ne ho idea; forse utilizza un qualche sistema di teletrasporto simile a quella del manipolatore del vortice. Devo ammettere che, però, non è così scomodo viaggiare così.”

Un’occhiataccia della ragazza lo indusse a non dire altro. Il Signore del Tempo si guardò intorno, stringendo gli occhi. 

“Allora... Siamo sicuramente in una cella ma...”

“Ma?” lo incalzò Rose.

“Ma non siamo decisamente in una cella medioevale, ne tantomeno terrestre.” disse con sicurezza dopo aver scannerizzato le pareti della cella con il suo fidato cacciavite sonico. A quel l’affermazione il Dottore ricevette uno sguardo interrogativo.

“Guarda queste pareti, Rose. Questo è luminium e il luminium non è ancora presente sul vostro pianeta.”

“Invece ora, voglio dire, nella mia epoca, c’è? Abbiamo il luminium?”

“No, decisamente no. Dovreste averlo fra circa diecimila anni, quando verrà importato dalle colonie su Giove.”

“Ma, allora, dove siamo?”

“Non ne ho idea. Abbiamo effettuato un atterraggio d’emergenza: il TARDIS è atterrato sul pianeta più vicino al punto in cui ci trovavamo quando siamo stati attaccati.”

“Capito...” Rose, adesso, era veramente spaventata. Non sapevano dove si trovavano, erano stati imprigionati da quel folletto malefico e, cosa più importante, non potevano utilizzare il TARDIS per chissà quanto tempo. Ce l’avrebbero fatta a uscire vivi da quella situazione? Beh, sì. In fondo lei non era da sola, c’era il Dottore. Finché gli fosse rimasta accanto sarebbe andato tutto bene, no? Sperò con tutte le sue forze che sarebbe stato così.

Probabilmente l’uomo che era lì con lei aveva capito che c’era qualcosa che non andava, infatti, le si avvicinò.

“Hey, andrà tutto bene, te lo prometto. Tu fidati di me, d’accordo?” le sussurrò accarezzandole le guance con i pollici. 

La ragazza annuì. “Lo so che andrà tutto bene. Andrà bene, come sempre.” Rose accennò ad un sorriso, che fu subito ricambiato dall’uomo. “Esattamente.”

Dopo essersi allontanato da lei, le suggerì con sguardo furbo: “Che ne dici, proviamo a scappare da qui?”

Il sorriso tornò ad illuminare il volto della giovane.

“D’accordo.”

“Allora... allons-y!”

 

 

   
 
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