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Autore: Glitch_    16/10/2018    2 recensioni
Durante i due anni nel Quantum Abyss, Keith ha visto frammenti di futuro destinati a succedere nell'arco dei prossimi vent'anni. Non tutti sono frammenti piacevoli, non tutti riguardano lui.
Questo è come decide di affrontarli.
[Post settima stagione, Keith/Shiro endgame, Keith/James no happy ending, Lance/Allura no happy ending, Lance/Surprise!, maggiori info nelle note iniziali]
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: James Griffin, Kogane Keith, McClain Lance, Takashi Shirogane
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Keith entra in casa di Acxa con la sua copia delle chiavi, deve solo procurarsi un paio di cambi da portare all'ospedale.

Si sofferma un attimo a guardare alcune foto attaccate alla parete d'ingresso, in una ci sono lui e Acxa da giovani, prima ancora che lui iniziasse la sua relazione con James: sono seduti sulla hoverbike di Acxa, lui l'abbraccia da dietro. Keith sorride nostalgico ricordando come all'epoca Acxa fosse stupita di come sulla Terra usassero ancora le chiavi di metallo al posto delle impronte digitali.

Porta subito il borsone che ha con sé verso la lavanderia, per mettere dentro la lavatrice i panni sporchi che Acxa gli ha chiesto di lavare, e per farlo passa davanti alla camera di Henry, col letto sfatto e il pavimento cosparso di riviste sullo spazio.

Si reca nella stanzetta che Acxa ha preparato per Sofia, e mette un piccolo squalo viola di peluche dal faccino carino dentro la culla. Sorride pensando a come Acxa capirà subito che è un regalo da parte sua. Sulla mensola più alta della stanza c'è l'elmo tradizionale galra che Allura ha fatto fare per Sofia; agli angoli ci sono le videocamere speciali che Pidge ha installato per permettere ad Acxa di controllare sempre come sta la bambina anche a distanza – sono una versione aggiornata di quelle che c'erano nella camera di Henry i suoi primi anni di vita.

Anche se finora Acxa ha vissuto lì solo con Henry, quella casa è calda e sa di famiglia, con il frigo carico di frutta gialla, le mensole piene di trofei di pallavolo di Henry e un paio di giacche sportive di Acxa appese all'attaccapanni. Keith pensa che se Lance lo volesse, lui e Alfie potrebbero inserirsi bene in quel quadro familiare, gli basterebbe solo tornare a fidarsi del suo cuore.

A Keith manca avere una casa vissuta, qualcuno che gli dica di non lasciare la giacca sulla sedia e gli ricordi di comprare il pane.

Ricorda una conversazione avuta qualche mese fa con Pidge, mentre erano seduti al banco di un bar poco frequentato, davanti a una fila di shot di tequila. Parlavano di come la gente si professi addirittura delusa di vedere Allura ancora senza un compagno accanto dopo anni di separazione da Lance, ma come di sicuro parlerebbero male di lei se iniziasse una nuova relazione, accusandola di volere sostituire troppo presto l'ex marito.

«Ci hanno idealizzato, Keith, vedono in noi degli eroi perfetti che devono fare solo cose perfette, e di conseguenza secondo loro dobbiamo avere il tipo di vita che loro sognano. Dobbiamo essere dei sogni viventi, per loro. Ma sai cosa? Non voglio sposarmi. Non ho bisogno di un uomo, in qualsiasi momento posso creare dal nulla un droide che mi scopi quando ne ho voglia,» e aveva concluso il discorso incliando la testa all'indietro e mandando giù della tequila con consumata scioltezza.

Pidge ha ragione, non tutti loro hanno voglia o bisogno di mettere su famiglia o di avere un partner, ma alcuni di loro ne hanno davverovoglia.

«Ti manca avere dei figli?»

«A volte.»

Keith non dovrebbe farlo, davvero, ma si siede sul divano, mette i piedi sul tavolino da caffè e avvia una chiamata. Usa uno dei vecchi cellulari che hanno in dotazione il team Voltron e le persone più vicine a loro; sono così retrogradi da essere paradossalmente difficili da localizzare, permettendo loro delle comunicazioni più sicure. E private.

Shiro risponde al secondo squillo. «Keith?» esordisce allarmato.

«Ehi, Shiro. Tranquillo, non è successo niente. Volevo solo...» si porta una mano alla fronte. “Sentire la tua voce?” Sì, non suona patetico per niente. «Ti hanno già detto che Sofia è nata e Acxa sta bene?»

«Sì,» suona sorpreso, poi Keith lo sente sorridere. «Hunk mi ha inviato delle foto. È carina, somiglia ad Acxa.»

«Già...»

«Dove sei, all'ospedale?»

«No, a casa di Acxa, mi ha chiesto un paio di favori e...» Keith sospira forte. «Senti, ero qui da solo a guardare come questa casa è viva e confortevole e... per cinque secondi mi sono sentito miserabile. Ho pensato a quanto la vita sia stata ingiusta con noi.»

«Keith...» prova a fermarlo dispiaciuto e triste.

Lui lo ignora e prosegue. «Sono felice per i nostri amici, credimi, e spero davvero che Lance e Acxa riescano a capire che insieme possono avere qualcosa di buono, non solo una figlia, ma... fra non molto compirò quarant'anni e non posso fare a meno di chiedermi quando, dopo avere salvato l'interno universo, la vita smetterà di sputarmi in faccia.»

C'è un attimo di silenzio statico.

«Puoi chiedere qualcosa di egoistico alla vita, Keith, te lo meriti.»

«Davvero? Perché l'ultima volta che ho pensato “Questo è solo per me e basta, nessuno me lo deve togliere” è finita con un divorzio. Sono un uomo con un cazzo di divorzio, Shiro. E non dico questo perché penso che un matrimonio stabile potrebbe farmi sentire più realizzato o una persona migliore, ma perché il divorzio è una cazzo di ferita che lascia cicatrici a vita e ben visibili, e non credevo e non credo di meritarmi questo. Eravamo degli eroi, eravamo forti e... bellissimi. Ora Pidge beve tequila reggendola più di me e Allura impreca,» sdrammatizza con sarcasmo. «Allura impreca, Shiro, com'è che siamo arrivati a questo punto?»

«Se è per questo Allura minaccia anche di usare le sue scarpe dal tacco dodici come arma impropria,» aggiunge Shiro con ironia asciutta, poi si fa più serio. «Ma hai ragione, nessuno di noi meritava questo.»

Keith apre bocca, ma non riesce a pronunciare alcuna parola. Si sforza. «Mi manchi,» pronuncia rauco. «Lo so che ci vediamo e parliamo spesso, ma non è...» non sa come continuare.

«Non è come quando eravamo giovani? Prima che tornassimo sulla Terra?» dice Shiro per lui.

«Non so, forse? Mi mancano certe parti di te, e mi mancano anche certe parti di me.»

«Mi manca “noi”,» la voce di Shiro è un soffio roco. «Noi due. Com'eravamo.»

«Non c'è mai stato un noi, Shiro.»

«Ne sei sicuro?»

Keith ricorda la prima volta che ha pilotato Red sotto il comando di Shiro, e quando è stato costretto a recidergli il braccio meccanico. Ricorda come ha provato a reggere se stesso e il peso del corpo di Shiro per non cadere giù nel vuoto, pur sapendo che era già tutto perduto, pur sapendo – anche se non era vero – che il resto del team era morto e l'universo perduto. Nonostante tutto, lui non avrebbe mai lasciato andare la mano di Shiro.

L'universo o Shiro, e lui aveva scelto Shiro.

«Ti prego, non farmi questo,» lo supplica Keith, stanco, «non giocare con i miei sentimenti o le mie emozioni, perché non lo merito. Io non ti ho mai ferito.»

«Non è vero,» lo corregge Shiro, senza alcuna traccia di risentimento nel tono della voce. «Ci siamo sempre feriti a vicenda.»

Keith si artiglia una mano dietro la testa fino a farsi male. È troppo, è tutto. «Non posso farcela. Scusa,» chiude in fretta la chiamata, facendo appena in tempo a sentirlo pronunciare “Keith, aspetta!”.

«'fanculo,» mormora coprendosi il viso con le mani e poggiando la testa sullo schienale del divano. «'fanculo davvero. A tutto l'universo.»





Qualche ora dopo, Keith ha ancora i capelli umidi dalla doccia, quando sente suonare alla porta di casa.

Vede tramite la telecamera di sorveglianza che è Shiro. Sembra ansioso ma determinato, tiene le braccia strette a sé strigendo una mano sul polso destro, proprio com'era abituato a fare quando portava il bracciale per le stimolazioni elettriche.

Keith, completamente privo di energie, poggia la fronte contro la porta e riflette per un paio di secondi.

Questa è la sua punizione per averlo chiamato. È solo colpa sua se ora Shiro è lì e vuole Parlare. Perché di sicuro vuole Parlare. Keith preferirebbe una scazzottata.

Purtroppo però non ha più diciotto anni e si dice in giro che è diventato una persona migliore, quindi apre e accoglie Shiro senza proferire parola, indicandogli con un cenno della testa di seguirlo dentro e lasciando che sia lui a chiudere la porta.

Kosmo li guarda, uggiola e si teletrasporta via, probabilmente all'ospedale da Acxa, per tenerle compagnia e fare la guardia sotto la culla di Sofia.

Keith si lascia seguire in silenzio fino alla cucina. Apre il frigo e prende due bottiglie di birra, ne consegna una a Shiro. «Non possiamo sostenere questa conversazione senza degli alcolici in mano,» dice, mandando poi giù un lungo sorso.

Shiro lo imita e poi apre bocca, lui lo ferma sollevando la birra in sua direzione.

«Solo un'ultima cosa,» dice deciso, «e poi potrai vomitarmi addosso tutte le parole che vuoi. Sono quasi vent'anni che me lo porto dentro, quindi abbi pazienza.» Vede Shiro aggrottare la fronte ma restare in ascolto. «Durante i miei due anni nel Quantum Abyss, ho visto frammenti di futuro. Non tutti erano chiarissimi, non tutti appartenevano a un tempo immediato, ma c'era un frammento che era più che chiaro: c'eri tu nella tua divisa da tenente che mi dicevi che Adam era morto. E quando ti sei ripreso dal nostro scontro, durante il nostro viaggio verso la Terra, non ti ho detto nulla. E puoi immaginare perché

Shiro resta sorpreso per qualche attimo, poi si riprende scuotendo appena la testa. «Keith, non sarebbe cambiato niente. Il corso degli eventi sarebbe rimasto invariato, perché ce l'hai con te?»

«Forse perché avrei dovuto dirtelo?» dice sarcastico.

«Non sarebbe cambiato niente,» insiste Shiro.

«Ho deciso al posto tuo se ti avrebbe fatto male saperlo prima o meno,» sottolinea.

«Keith,» lo guarda negli occhi, «ricordi quando ho deciso di non dirti che ero malato, non rivelandoti così per quanto tempo ancora sarei stato con te alla Garrison? Credo che siamo pari.»

Vorrebbe dirgli che non è la stessa cosa, ma sa che Shiro insisterebbe fino a stremarlo. Si passa una mano fra i capelli umidi sbuffando. «Ok. Pensala come vuoi,» si arrende.

«Posso parlare, ora?» domanda Shiro con sarcasmo asciutto.

Keith gli fa un cenno secco con la mano, come a dirgli di farlo pure.

«Grazie. La nostra relazione è sempre stata un casino,» esordisce.

Keith sbuffa ridedendo amaro e scuotendo la testa, beve un altro lungo sorso di birra.

Shiro prosegue a parlare. «Quando ero prigioniero dei galra e costretto a combattere nell’arena... non riuscivo a smettere di pensare ad Adam e a te, ok?» La voce gli si arrochisce appena. «Pensavo sempre agli scenari peggiori, immaginavo i galra attaccare la Terra mentre io ero lì in catene impotente, mi chiedevo se per caso vi avessi già perduti senza saperlo, visto che non sapevo quanto tempo fosse passato dalla mia cattura. E poi sono tornato sulla Terra e ti ho ritrovato. Non so davvero come sia potuto succedere, o forse sì, ma io...» trae un respiro profondo e tremante. «Adam era la quotidianità che ricordavo di avere avuto sulla Terra, qualcosa che rivolevo indietro, e avere te come mio braccio destro, proprio come lui...»

Keith posa con forza la bottiglia sul tavolo. «Potresti saltare questa parte, per favore?»

«No,» gli risponde deciso, posando anche lui la birra. «Senti, lo so che è stata una pessima mossa da parte mia, e la parte peggiore è che non so in che percentuale è stato qualcosa che ho fatto in maniera inconscia. Ero distrutto, volevo indietro parte della mia normalità, ti conoscevo fin da prima di tutto quel casino ed eri qualcosa di familiare: mi sono aggrappato all'idea di te al mio fianco, e nei momenti in cui mi rendevo pienamente conto di cosa stavo pensando mi sentivo in colpa. Soprattutto perché percepivo benissimo cosa provavi per me. Ma non riuscivo a fermarmi. E quando siamo tornati sulla Terra e ho saputo che Adam era morto, ho pensato che quella fosse la mia punizione.»

«Fantastico, grazie per avermi spiegato nei dettagli come e perché per te sarò sempre un sostituto.»

«È molto più complicato di così!» sbotta Shiro.

«Davvero?»

Shiro, in risposta al suo continuo sarcasmo, alza la voce. «Pensi che sia stato facile per me? Eri sempre al mio fianco, sempre pronto a salvarmi quando io non ero nemmeno in grado di salvarmi da me stesso, ti ho lasciato sulla Terra che eri un ragazzino, ma quando ti ho ritrovato nello spazio sei diventato il mio partner. A volte ho l'impressione di non avere avuto mai altra scelta che innamorarmi di te!»

«Già, quando si ha voglia di sentirsi meglio è facile e conveniente aggrapparsi all'adolescente che nutre una cotta per te!»

«Protresti smetterla di travisare di proposito?»

«Non sto travisando nulla, le cose sono andate esattamente così. Ti mancava Adam, quindi hai pensato di appoggiarti a me, però ti sentivi in colpa. Poi hai scoperto che Adam era morto, quindi hai pensato che ormai fosse lecito e logico provare a scoparmi nello spogliatoio della palestra.»

«Non è così!»

«Smettila di fare la vittima! Perché sei tutto meno che un santo!»

Shiro apre bocca per rispondergli a tono, ma poi si ferma e sembra calmarsi un po'. «Hai ragione.»

Keith però non vuole sentirsi dire che ha ragione, Keith ha solo bisogno di affondare il coltello nella piaga ancora un po'. «Già. Te lo ricordi quanto mi volevi costantemente sotto il tuo radar? Quanto desideravi avere il mio tempo? Ero felice con James, sai? E in caso tu te lo stessi chiedendo, sì, lui mi ha dato tutto quello che tu non mi hai mai dato. Ero dannatamente felice.»

«Lo so.»

«E sapevi anche che chiamarlo sull'Atlas avrebbe definitivamente messo il coperchio sulla bara che era diventato il nostro matrimonio, ma lo hai fatto lo stesso.»

«Sì.»

«Non avresti potuto accontentarti di andare al muro dei caduti, come facevi di solito, invece che cercare un sostituto rovinando così me e James?»

«Non stavo cercando un sostituto! Potresti placarti un attimo e lasciarmi spiegare bene tutto? Quando eravamo nello spazio e tu eri il mio braccio destro, sì, ho fatto una mossa del cazzo in maniera più o meno inconscia. Quando ero nel vuoto infinito della coscienza di Black ed eravamo solo io, i miei sensi di colpa e poi ancora io, tu eri la persona che più di tutti avrei voluto raggiungere. Mi hai trovato e mi hai salvato, e ammetto di essermi soffermato a pensare a tutte le cose che avremmo potuto fare ed essere insieme sulla Terra. Ma la morte di Adam è stato come un pugno allo stomaco, ho creduto davvero che fosse una punizione.»

«Non hai negato però che io fossi un suo sostituto, quando dopo l'incidente in palestra te l'ho chiesto,» gli fa notare.

«Ero confuso. Eravamo in piena guerra, la Terra che conoscevamo non c'era più, Adam non c'era più e tu eri l'unica cosa che mi era rimasta del mio vecchio mondo. L'unica costante.» Sorride triste. «La vita non mi ha davvero dato altra scelta che te

«Non sei il tipo da lasciare che gli altri e la vita scelgano al posto tuo. Hai presente la missione su Kerberos?»

«Smettila, lo sai cosa intendo davvero. Lo sai che la verità è che in fondo ho sempre scelto te.»

«La verità?» dice Keith sprezzante a Shiro. «La verità è che tu non sceglierai mai me. Non nel modo che vorrei.»

«Mettimi alla prova!» Lo guarda dritto negli occhi. «Cosa vuoi che faccia, Keith? Non ho nient'altro da perdere. Solo te. Se io posso accettare che porterai sempre con te James come una cicatrice, perché tu non puoi accettare che io faccia lo stesso con Adam? Stare con loro è stato bello, ci ha cambiato la vita, ma ho attraversato l’intero l'universo, sono tornato indietro dalla Morte e sono sopravvissuto a una guerra, e la risposta per me sei sempre stato tu. Non sono più confuso. Scelgo te. Scelgo l'uomo che sei diventato. Scelgo di imparare a conoscere di nuovo te e le tue reazioni, perché è chiaro che non siamo più quelli che eravamo vent'anni fa. Scelgo il tuo cuore umano e il tuo spirito galra. Scelgo di darci una possibilità, e sappiamo entrambi che questa è l'ultima occasione per averla.»

Sì, Keith sa maledettamente bene che quella è la loro ultima occasione, eppure sta fermo lì con gli occhi appannati dalla frustrazione e dal risentimento a fissare Shiro. Sente il suo cuore umano implorare pietà, di smetterla di soffrire, perché Shiro ha ragione: si è sempre fatto una colpa per non avergli detto che Adam era morto. Sempre, sempre, sempre. Ma il suo spirito galra non smette di strepitare e urlare che in fondo lui e Shiro non se lo meritano di essere felici. Forse è la loro punizione per non avere fatto tutto il possibile in guerra. Forse lui non merita Shiro perché è per metà galra come quelli che l'hanno rapito, torturato e mutilato. Forse Shiro non merita lui perché non avrebbe dovuto provare a sentirsi meno solo usando lui o immaginandolo come un sostituto di Adam. Forse meritano di continuare a farsi male a vicenda per l'eternità. Non riesce a smettere di lottare contro se stesso, non riesce a quietarsi e a impedirsi di fare del male a Shiro, perché cosa potrebbe succedere qualora poi un giorno le cose andassero male fra loro due? Proprio com’e successo con James. Keith sa che niente finisce bene, sa che niente è al sicuro, non può perdere Shiro di nuovo.

Shiro cerca ancora una volta il suo sguardo con il proprio, ha un’espressione stanca e ansiosa. «Keith, ti prego, smettila di pensare così tanto. Smettiamola di farci del male. Dimmi solo cosa vuoi davvero che faccia. Ti amo.»

Keith trae un respiro profondo e tremante e sorride amaro passandosi le mani sul volto. «E tu pensi che basti questo, che basti dirmi che mi ami e questi ultimi vent'anni andranno via?»

«Cos'altro vorresti fare? Onorare questi vent'anni portandoli ancora avanti? Keith, smettiamola. Dimmi solo cosa vuoi che faccia. Ti perdono. Perdonami.»

Keith è stanco. Sente il proprio corpo rilassare la posa per una resa che fa male da morire, ma che non può in fondo negare di aspettare da anni. Ha paura. La stessa paura che ha provato quando si è reso conto di trovarsi davanti a un clone di Shiro. Se adesso gli dirà di sì, sarà cone correre a velocità folle nel deserto in direzione di un dirupo. Sarà la cosa più stupidamente coraggiosa che abbia mai fatto, e lui è uno che ha combattuto una guerra.

Keith parla con gli occhi lucidi, ma anche con espressione decisa. «Non osare mai dirmi di non incontrare James o di farmi ridare la targhetta che gli ho dato, ok? Perché non posso farlo, non posso. E io non ti chiederò mai di rinunciare a quello che ti lega ancora ad Adam.»

Shiro deglutisce a fatica, ha anche lui gli occhi lucidi. «Ok,» dice flebile.

«E non voglio più essere io quello che ti insegue.»

«Sarò io a seguirti.»

«E non chiedermi di sposarti, né in un futuro prossimo né mai. Mai. Non posso farlo.» Quello che ha avuto con James è stato troppo prezioso e intenso, non vuole un nuovo matrimonio, ma sa che Shiro in fondo lo vorrebbe, che desidera una famiglia normale.

«Ok,» è la risposta che non si aspetta ma che arriva subito.

«E non chiedermi di avere figli, perché anche se Henry e Alfie per me sono come dei figli, posso essere solo uno zio, non un padre. Soprattutto in questo momento della mia vita.»

Shiro deglutisce a stento e per un attimo evita il suo sguardo. Keith lo sa che quella per lui è una grossa rinuncia, lo sa, ma non è disposto a retrocedere. È il colpo finale.

«Ok,» mormora infine Shiro, rauco ma sicuro.

Lo sta facendo, Shiro lo sta seguendo, anche fino a quel punto.

«Ok. Quindi ricominciamo da qui?» chiede Keith con voce incrinata.

«Sì,» dice Shiro, e avanza verso di lui con una determinazione bruciante, gli stringe una mano sulla spalla e l'altra dietro la testa e lo bacia.

Keith, da ragazzino, in preda agli ormoni aveva immaginato un primo bacio con Shiro dal sapore proibito e pieno di impaccio dovuto all’inesperienza. Forse Shiro l’avrebbe guidato, forse Keith si sarebbe aggrappato alla sua giacca da tenente per tenerlo ancora sé e non farlo tornare da Adam.

A diciotto anni aveva immaginato un primo bacio con Shiro in preda all’adrenalina post battaglia, con i loro caschi abbandonati a terra e le loro mani strette sui loro visi e capelli.

A vent’anni, invece, ci aveva rinunciato e durante una lunga doccia dopo un allenamento stremante, aveva chiuso gli occhi e aveva immaginato Shiro baciarlo un’ultima volta per dirgli addio.

Quel bacio però è reale, è irruento e ha la violenza di un colpo di cannone volto a distruggere l'ultimo muro di difesa avversaria. Shiro lo bacia con la stessa forza e intensità con cui dal ponte dell’Atlas ordina di fare fuoco. Keith lo bacia come pilota Black, con la stessa forza, determinazione e coraggio. Quello non è un bacio romantico tenero e avvolgente come la luce lunare, è un bacio passionale ardente e accecante come la superficie di un sole.

E non riescono a staccarsi l’uno dall’altro, si strattonano afferrandosi per le maglie per essere più vicini, infilano le dita fra i capelli e stringono le mani sulle spalle e sul viso per impedire all’altro di avere tregua e respirare a fondo. Keith si sente in apnea, si rende conto di avere indietreggiato solo quando la schiena gli sbatte contro il muro.

Shiro lo tiene in trappola, preme una mano sulla parete e usa quella bionica per stringere il mento di Keith, costringendolo così a fissarlo negli occhi. «Mi hai guardato dritto in faccia e mi hai mentito dicendomi che mi amavi come un fratello. Dillo di nuovo,» lo sfida.

Keith ha il fiato corto. «Ti amo,» dice ancora prima di rendersi conto di stare parlando. «Non come un fratello.» E poi si protrae verso di lui per mordergli il labbro inferiore. «Dimmi cosa sono adesso per te. Un fratello?» Insinua una gamba fra le sue. «Un compagno di team?» Spinge il bacino contro il suo e Shiro si lascia sfuggire un gemito sfiatato. «Il tuo braccio destro?» Shiro geme più forte e poggia la fronte sulla sua spalla. «Un tuo amico? Dillo, Shiro, cosa sono per te ora?»

Lui gli risponde mormorando rauco al suo orecchio. «Il mio amante.»

Keith abbozza un ghigno soddisfatto. «Sì, lo sono. E so perfettamente quanto ti piace il fatto che io sia capace di metterti a tappeto.» Lo afferra per il colletto della maglia, lo bacia un’altra volta sulla bocca e lo spinge a indietreggiare alla cieca verso la camera da letto. Shiro lotta appena contro la sua presa, giusto solo perché può farlo ed eccita entrambi.

Quando Shiro cade di schiena sul letto, Keith si mette a cavalcioni sulle sue gambe e si sfila la maglia di dosso. Poi blocca le mani di Shiro che vogliono toccarlo e allunga un braccio verso il comodino per prendere il lubrificante e un preservativo. Non li trova subito, afferra il cassetto e lo rovescia sul pavimento imprecando. Shiro invece di aiutarlo gli mordicchia e bacia le spalle e un braccio.

Trovato quello che cercava, torna fra le braccia di Shiro, che stringe una mano sulla sua nuca e preme la fronte contro la sua.

«Dimmi che l’hai capito che nemmeno l’intero universo puo mettersi fra di noi.»

Keith non esita a rispondergli a modo suo. «Si fotta l'universo,» e lo spinge con forza a stendersi all’indietro.

Quello che fanno non è esattamente l’amore, ma qualcosa di più animalesco e impetuoso, a tratti perfino osceno, ma a Keith va bene così. Gli va bene ascoltare i gemiti gutturali di Shiro e gli apprezzamenti sboccati che fa sul suo corpo. Gli va bene ascoltare lo schiocco umido dei loro corpi che si incontrano e lasciarsi andare incitando Shiro a spingere più forte dentro di lui.

Dopo l’orgasmo, crollano distesi su un fianco, l’uno rivolto verso l’altro.

Shiro, non per la prima volta da quando si conoscono, lo guarda come se fosse la cosa più bella dell’universo. Gli scosta una ciocca di capelli dalla fronte. «Scusa, la nostra prima volta non è andata come avevo previsto.»

Keith gli bacia il polso. «Non temere, potrai provare a sedurmi facendo il devoto romantico fra...» si volta a guardare la sveglia sul comodino, «una ventina di minuti circa. Secondo round.»

Shiro sbuffa esasperato coprendosi gli occhi con un braccio, ma sorride.

Keith si puntella sui gomiti per sollevarsi e gli deposita dei lievi baci sul mento. «Ti amo,» e stavolta lo mormora con estrema consapevolezza, come il più dolce dei segreti che nemmeno lo spazio buio e profondo è mai riuscito a portargli via.

Shiro gli passa il pollice sul labbro inferiore. «Ti amo anch’io.» Poi aggrotta la fronte. «Pensi che Lance vorrà picchiarmi di nuovo?»

«No. Se glielo chiedo per favore.»

Shiro ride. «Come puoi essere così bello e così stronzo insieme?»

«Non lo so, Madre Natura ha fatto un miracolo con me.»

Lui lo guarda con tenerezza. «Lo ha fatto davvero.»

Keith preme di proposito la fronte contro la sua dandogli una lieve testata. «Smettila di fare lo sdolcinato. Non ci si addice.»

«Davvero?» E lo bacia di slancio, con molta meno irruenza rispetto a prima, ma con un'intensità che spinge Keith a mugolare contro la sua bocca.

«Uhm,» mormora Keith, «questo l'ho trovato più affine a noi.»

Shiro sorride soddisfatto e incrocia le braccia dietro la testa. Poi diventa più serio. «Hai paura del nostro futuro?»

Keith risponde sincero ma con tono ironico. «A essere sincero ne sono terrorizzato. Nel Quantum Abyss ho visto parecchi frammenti di futuro, ma l’ultimo l’ho vissuto proprio poco fa: la nostra discussione.» Shiro lo guarda sorpreso.

«Già,» aggiunge Keith, «non so nient’altro del futuro. Ho passato così tanto tempo a chiedermi se questi frammenti mi stessero influenzando troppo, se per caso non fossero altro che la causa di loro stessi, che adesso che sono finiti mi sento un po’ perso. E non posso fare a meno di chiedermi se in realtá non ho visto nient'altro del futuro perché succederà qualcosa di davvero brutto.»

«Io credo invece che questa sia per te la buona occasione per imparare a vivere la vita giorno dopo giorno,» commenta Shiro, e poi sorride. «Niente più spoiler!»

«Già, se prima la vita poteva investirmi come un carro armato, adesso potrà farlo solo come un tir.»

Shiro inarca un sopracciglio. «Provare a essere positivi?»

«Non è mai stato il mio forte, lo sai,» dice con ironia. «E comunque io al posto tuo non riuscirei a essere così positivo e tranquillo. Sai chi nel Quantum Abyss ha visto il mio passato e sa che da ragazzino avevo una cotta per te? Mia madre.»

Shiro sembra riflettere a lungo su quell'informazione, perdendo qualsiasi espressione. «E perché allora mi ha detto che era un piacere conoscermi?»

Keith sogghigna. «Credo che in realtà quella sia stata una sottile minaccia che non hai colto.»

Lui si lamenta esasperato e rassegnato coprendosi gli occhi con un braccio, che Keith poi gli bacia per richiamare la sua attenzione.

«Lo sai che abbiamo ancora tanto di cui discutere vero?» Vent'anni di incomprensioni e risentimento non vanno via nell'arco di un paio di ore.

Shiro annuisce accarezzandogli i capelli e guardandolo negli occhi con una tenera malinconia. Una voglia di appartenza. «Lo so. Ma ricominciamo da qui, ok?»

È solo una parola, due semplici lettere, ma Keith lo dice lo stesso, perché è abbastanza. «Ok.»

Finalmente può essere abbastanza.





Al termine della sua corsa mattutina quotidiana, Keith decide di andare a trovare Lance. Ne hanno passate troppe insieme per formalizzarsi per un po' di sudore.

È Alfie ad aprirgli la porta, sembra pronto a uscire e ha un paio di cuffie intorno al collo.

«Ciao, zio Keith,» borbotta, sgusciando via prima che lui possa scompigliargli i capelli sorridendo con affetto. E poi esce fuori tenendo in mano le proprie scarpe da ginnastica bianche, rosa e celesti.

Dalla cucina si sente la voce di Lance. «Vedi di indossare le scarpe! E ricordati di chiamare tua madre!»

Alfie si limita a dirgli un vago «Seh-seh» per poi andare via senza indossare le scarpe.

Keith entra in casa e chiude la porta. Raggiunge Lance in cucina, sta riordinando dopo la colazione. Lance indossa una maglia grigia della Garrison ormai sbiadita, e da sotto il colletto si intravede la catenella delle piastrine identificative.

Lance, Shiro e lui sono diventati quei tipi di soldati che non tolgono mai le piastrine identificative dal collo.

«Posso farti notare che tuo figlio è arrivato alla fase delle cuffie?» esordisce ironico. Lui e Lance non iniziano quasi mai un discorso con dei saluti.

«Ho dovuto attaccare all'anello delle sue chiavi una targhetta con inciso “Chiama mamma”, ci crederesti?» sbotta Lance. «Mi basta già questo, altro che cuffie!»

Keith lo osserva prendere dal frigo del succo di pesca, il preferito di Acxa, e accennargli a gesti se ne vuole. Annuisce. Sul tavolo c'è un cesto pieno di frutta gialla fresca, indubbiamente per quando Acxa e Henry vengono a trovare lui e Alfie.

«Si scontra spesso con Allura?» chiede Keith, prendendo il bicchiere offerto.

Lance arriccia appena il naso e versa da bere anche per sé. «Non è che litighino, è solo che più Alfie si fa grande, più Allura diventa esigente. Alfie non reagisce bene se messo sotto pressioni e caricato di aspettative...»

«Lo so.» Motivo per cui non sanno ancora quando renderanno ufficiale il suo titolo di successore di Keith. Forse quando Alfie sarà maggiorenne.

«E a volte Allura lo chiama Alfor, perché dice che non è più un bambino e quindi non deve usare nomignoli o diminutivi, ma... in ciò c'è un paragone sottinteso e per nulla sottile che Alfie non apprezza per niente. E non è che la situazione migliorerebbe qualora lo chiamasse Takashi.» Lance sospira forte scuotendo la testa. «Questo è il motivo per cui io e Acxa non abbiamo scelto nomi di famiglia.»

Keith prova a sdrammatizzare. «E io che credevo che fosse perché trovi i nomi galra troppo simili a uno starnuto.»

Lance abbozza un ghigno. «Anche, ma non dirlo ad Acxa!»

Keith finge di chiudersi una zip sulla bocca.

«Ho provato a parlarne con Allura,» dice Lance, mentre si spostano a parlare sul terrazzo, in un angolo all'ombra. «Ora che non viviamo più sotto lo stesso tetto, e ognuno di noi si è costruito una propria vita, è più facile parlare insieme dell'educazione di Alfie. Non so, però...» si passa stancamente una mano sulla faccia. «Speriamo bene. Alfie non è il classico ragazzino ribelle teppistello o disobbediente - a meno che non si tratti delle scarpe - ma quando per lui la situazione si fa pesante, va a nascondersi in posti isolati e sperduti senza dirci niente, facendoci preoccupare a morte. Henry domani tornerà dal ritiro con i Blades, e Acxa dice che Alfie è sempre più disteso quando c'è lui - anche se insiste col dire che non lo tollera... Perché stai ridendo, amico?» chiede perplesso.

«Niente,» mente Keith. «Ho appena ricordato un aneddoto di Henry in ritiro con Kolivan.»

«Quindi qualcosa di clamoroso, eh? Quel ragazzino non cambierà mai!» sorride con orgoglio del proprio apprendista.

Keith annuisce, appuntandosi mentalmente di chiedere ad Acxa quando si è accorta della cotta di Alfie.

«Comunque,» sospira Lance, «speriamo davvero che con il ritorno di Henry l'umore di Alfie migliori.» Poi posa il bicchiere svuotato sulla ringhiera e trae un respiro profondo cambiando umore. «A parte ciò, ricordi di quando Allura parlava di volere fare diventare l'Oceanus una nave-scuola per il combattimento sull’acqua, subacqueo e su pianeti acquatici?»

Keith inarca un sopracciglio. «Sì, ne ha riparlato con me, e le ho detto di raccogliere prima un esiguo numero di consensi da parte di pianeti acquatici, per usare un tratto dei loro mari come campi di istruzione. Perché, per caso ti ha convinto a fare la stessa cosa con la Perses ma su pianeti ricchi di vulcani?»

«No.»

«Beh, è un peccato.»

«Perché devi somigliare così tanto ai tuoi genitori?!» sbotta Lance esasperato, mentre lui ridacchia. «Comunque. Allura è andata sul pianeta di Regina Luxia per parlarle di questo progetto, e ha pensato di portare con sé Matt e sua moglie come sostegno e tramite.»

La moglie di Matt è un caso di ibrido molto particolare, perché è in parte una sirena proveniente dal regno di Luxia. Ha le gambe, può camminare sulla terraferma, ma non può respirare aria, motivo per cui porta sempre un casco pieno d'acqua.

Le tre figlie nate da lei e Matt sono altrettanto peculiari: la maggiore e la minore possono vivere sott'acqua e anche respirare aria e stare sulla terraferma, ma solo se dentro delle vasche, perché hanno una coda da sirena, una parte superiore terrestre e delle branchie sul collo. La mediana, invece, pur riuscendo a respirare sia sulla terraferma che sottacqua come le sorelle, ha delle gambe umane e delle piccole chiazze di squame iridiscenti blu e verdi - sui piedi, sulle nocche e sugli zigomi.

Questo ha reso la convivenza della loro famiglia un po' difficile, perché non possono condividere l'esperienza sulla terraferma insieme e allo stesso modo, e ha spezzato il cuore di Pidge, che ha cercato nel tempo di creare modi sempre più efficaci per fare crescere le sue nipoti insieme e dare modo ai nonni paterni di passare del tempo con loro.

Keith osserva l'espressione soddisfatta e un po' maliziosa di Lance. «E cos'è successo di così strano da renderti così esaltato?»

«Blue ha legato con Lottie.» La figlia mediana di Matt.

Keith prova a fare mente locale sulla situazione: Lottie, piccolo uragano undicenne dai capelli rosso mela, divoratrice di lecca-lecca al caramello salato - a patto che si tratti di sale marino - amante dei grandi cetacei marini e più Holt di quanto gli Holt possano essere... apprendista di Allura.

«Ah,» è l'unico commento che riesce a fare.

Lance si piega in due dal ridere e si appoggia a Keith. «Allura è così tanto entusiasta, non vede l'ora di chiederti ufficialmente il permesso per l'apprendistato Lottie: non sa quello che l'aspetta!»

Vista la situazione della famiglia di Matt, non tutti loro conoscono bene le sue figlie.

«Non dovresti ridere di lei,» lo ammonisce Keith, anche se sta stringendo la bocca per non sorridere troppo.

«Andiamo, lo vedo che ti stai trattenendo dal ridere!» Si asciuga delle lacrime. «Andrà ancora meglio di quando ha portato per la prima volta Kosmo su Blue, me lo sento!»

«Un disastro annunciato.»

«Appunto!»

Keith sospira scrollando la testa. La sua voce si vela di malinconia, ma anche di speranza. «Se ci fai caso, un giorno Voltron sarà ben diverso da adesso. Attualmente io sono l'unico per metà non terrestre, ma Alfie, Henry e Lottie sono tutti degli ibridi... e ho l'impressione che anche gli apprendisti di Pidge e Hunk lo saranno.»

«È il futuro, Keith!» Con il mento Lance gli fa cenno di guardare la parte di città che si estende sotto il terrazzo, in cui si alternano negozi ordinari terrestri a locali eccentrici e colorati alieni. «Il futuro è ibrido, e Voltron quindi non può essere altro che ibrido!» afferma fiero.

Keith sorride. «Il futuro è in buone mani.»

«Beh, se si ricordano di mettersi le scarpe, senz'altro!» ironizza Lance. Ridono entrambi.

Keith sospira di nuovo e prova a inoltrarsi in un argomento delicato con leggerezza. «Sai, non mi è sfuggito come ultimamente stai rendendo questa casa galra-friendly...»

Lance gli rivolge un’espressione ironicamente accusatrice. «Cosa vorresti dire, che prima la tua pellaccia galra qui non si sentiva la benvenuta?»

«Andiamo, lo sai cosa intendo...»

Lance sorride rassegnato e appoggia le spalle al muro incrociando le braccia al petto. «Non so amico, rifare tutto da capo, rischiare un'altra volta... Stare di nuovo insieme a una donna che era innamorata di Lotor...»

Dopo quell'ultima frase pronunciata con serietà, cade il silenzio. Entrambi fissano a terra fino a quando cedono, si guardano di sottecchi e scoppiano in risate nasali piegandosi in due.

Keith si sforza di prendere aria portandosi una mano sul fianco dolente. «Ok, questa era veramente brutta!»

Lance annuisce asciugandosi gli occhi. «Lo so, ma me la meritavo, sembra quasi che me le sia cercate!»

Quando finalmente si placano, Lance ritorna a parlare. «Però davvero non so che fare. Da una parte mi dico che sono troppo vecchio e ne ho viste troppe per rischiare... Io e lei abbiamo una figlia insieme, dire che abbiamo bruciato le tappe è un eufemismo. Non ci siamo mai comportati da fidanzati, perché non lo siamo mai stati: non è quello che volevamo dal nostro rapporto. Ma ora...» scuote la testa sospirando forte, poi continua a parlare.

«E penso anche ad Alfie, sai? Non è mai stato in disaccordo con la separazione fra me e Allura, ma logico che ne abbia sofferto e che ne soffra tuttora. E lo so che a volte si sente in colpa perché troppo spesso io e Allura abbiamo litigato sulla sua educazione. Quindi mi chiedo: voglio questo anche per Sofia? Perché potrebbe succedere e non mi va di commettere lo stesso errore, preferisco piuttosto tenermi il rapporto che io e Acxa abbiamo al momento.»

«Non essere così sicuro che andrà male,» obietta Keith.

Lance sospira di nuovo, stanco e malinconico, rivolge lo sguardo verso la città. «Io non...» esita. «Acxa allatta, quindi è sempre stanca, assetata e assonnata, e io cerco sempre di non esserle di intralcio, ma... L'altra sera ero a pezzi, il ginocchio che l'ultima battaglia con Haggar mi ha fottuto ha ripreso a farmi male - forse per il cambio climatico - e quindi zoppicavo, non riuscivo a fare quello che volevo.» Sorride amaro. «Lo sai come divento in questi casi. Ripenso a tutto quello che ho perso in guerra, mi chiedo se la guerra lascerà mai la mia testa, se meritavo di andare in guerra e perché sono stato coinvolto. Il mio umore si inacidisce, rispondo agli altri in modo cinico anche se non se lo meritano. E ho il vaffanculo facile.» Si copre il viso con una mano cercando di reprimere una risata triste. «Quando sono così cerco di non stare da solo con Alfie, lo affido ad Allura, perché non se lo merita e non voglio che mi veda così.»

Keith si limita ad ascoltarlo stringendo una mano sulla sua spalla, perché questa è la prima volta che Lance parla apertamente di questo suo problema, del motivo per cui l'alcol stava per diventare per lui un'abitudine, quindi lo lascia parlare.

«L’altra sera ero proprio così, ma ero da Acxa per aiutarla con le faccende di casa, visto che Henry non c'è, ma cercavo di stare lontano da lei per non pesarle addosso, per non rischiare di darle una rispostaccia. Era esausta, aveva dormito solo tre ore, eppure mi ha fatto cenno di sedermi sul divano accanto a lei. Mi ha chiesto se il mio ginocchio mi faceva male e poi...» sorride incredulo e con gli occhi lucidi, «nel suo solito modo quieto, serio e pragmatico mi ha parlato di quanto è stressante avere un corpo che si stanca più facilmente rispetto a prima, e quant'è faticoso per lei muoversi dopo il cesario. Ha detto che mi capiva, abbiamo parlato delle nostre condizioni, seppur diverse, abbiamo condiviso qualcosa e per la prima volta dopo anni quando sono tornato a casa non mi sono sentito solo.» Si asciuga brusco delle lacrime col dorso della mano.

«Ma ho paura, Keith, perché non credo di avere i mezzi per sopportare un secondo divorzio, potrebbe distruggermi, potrebbe prendersi quello che la guerra non si è presa. Ma allo stesso tempo voglio di più... Lei è quieta dove io di solito faccio più chiasso, pratica dove io mi prendo troppe libertà. Forse ho molto più bisogno di lei di quanto pensassi all'inizio.»

«Sei innamorato,» afferma Keith con affetto e sicurezza.

Lance lo guarda sorridendo e portandosi un dito sulla bocca, facendogli ironicamente cenno di tacere.

Keith sorride e mette le mani avanti.«Ok.»

«Lasciamo che questo periodo passi, poi si vedrà,» sospira Lance. «Acxa e io ci stiamo adattando a Sofia, e Sofia si sta adattando a noi e alla vita, cosa che non sarà una passeggiata,» ironizza. «È dura per una neonata capire che quando ha fame non può più tirare il cordone ombelicale. Quando staremo tutti meglio, se ne riparlerà.»

Keith annuisce sorridendo comprensivo. Poi Lance passa di palo in frasca.

«Hai un capello bianco.»

Keith abbozza un ghigno. «Non sono mica l'unico ad averlo, non sei molto più giovane di me, sai?» insinua.

«Non dicevo in testa, ma qui,» si indica un punto sulla spalla.

Keith d'istinto abbassa lo sguardo, pensando si tratti di un capello di Shiro. Non trova niente. Di sottecchi vede Lance sfoggiare il suo ghigno da squalo cattivo.

«Bastardo,» borbotta Keith.

Lance scrolla le spalle, divertito e soddisfatto. «Se ti può essere di conforto, questo è nulla a confronto a quello che sto riservando a lui.»

«Grazie.»

«Figurati. È a questo che servono gli amici, no?» Poi Lance lo guarda serio. «Ma ti sta trattando bene, vero? Perché se per caso sta ancora lì a pensare che tu...»

«Tranquillo, Lance, va tutto bene,» lo rassicura sorridendo.

Lui sospira forte. «Sono felice per te, ma ammetto di essere anche preoccupato: avete entrambi troppa storia alle spalle, e più passerà il tempo, più questa storia diventerà invasiva...»

Keith sorride amaro passandosi una mano sul volto. «Lo so, sarei uno stupido a pensare che prima o poi il nostro passato non tornerà a tormentarci, o che nel momento sbagliato ci rinfacceremo certi errori dando il peggio di noi stessi. Ma forse voglio proprio questo, darmi l'occasione di vedere il meglio e il peggio di noi. Sono terrorizzato, ma voglio rischiare,» sorride nervoso.

Inaspettatamente, Lance lo abbraccia. Restano fermi a scambiarsi pacche goffe sulla schiena e a tirare su col naso.

Lance gli parla all'orecchio mormorando e con la voce incrinata da lacrime di commozione. «Sono fiero di te. Sono fiero di noi, di tutti noi. Eravamo solo un mucchio di ragazzini, non ce lo meritavamo di vedere così tanta morte e distruzione. Non ce lo meritavamo di sentirci dire: “Ehi, questa nave da guerra aliena a forma di leone è magica, ha legato con te e quindi ora solo tu puoi pilotarla. Vai a combattere all'improvviso una guerra di cui non sai un cazzo, di corsa!” Non meritavamo il peso dell'universo sulle spalle. Ma ora siamo qui, traumatizzati e pieni di cicatrici, ma ancora vivi e pronti a lottare per quello che ci spetta.» Stringe Keith più forte, il suo tono si fa più serio e sottilmente minaccioso. «La vita è in debito con noi, Keith, non farglielo mai dimenticare.»

«Contaci,» replica rauco e poi, lottando contro le emozioni che gli stringono la gola, stringe piano una mano sulla testa di Lance e gli stampa un bacio veloce sulla fronte. «Anch'io sono fiero di te, di tutti voi.» Lui annuisce.

Si allontana di un passo da Lance. Entrambi tengono lo sguardo basso e continuano a tamponarsi gli occhi col dorso della mano e a tirare su col naso. È giunto il momento di concedersi a vicenda un po' di tregua dalla condivisione di riflessioni importanti - quelle che a mettere nero su bianco fanno male - e stare da soli.

Keith fa un cenno vago verso la porta d'ingresso. «Vado. Ci sentiamo più tardi.»

Lance si limita ad annuire e abbozzare un saluto con la mano.

Quando Keith è sulla soglia della porta, sente Lance richiamarlo.

«Comunque non sarebbe male l'idea di trasformare la Perses in una nave-scuola per il combattimento su pianeti ricchi di vulcani attivi.»

Keith sorride scuotendo la testa, apre la porta e gli risponde senza voltarsi. «Portami come Allura il consenso dei rappresentanti di almeno cinque pianeti ed è fatta.»

«Lo farò.»

Lo sapeva che ci sarebbe cascato.





Sono all'ennesima festa di beneficenza. Per attirare gente e spingerla a fare donazioni generose, Allura e Pidge hanno deciso di sfoggiare Shiro e James freschi dei loro nuovi gradi e titoli - rispettivamente ammiraglio e capitano dell'Atlas.

È la prima volta che Shiro indossa in pubblico la sua nuova divisa. È anche la prima volta che loro due si mostrano in pubblico insieme come coppia.

La gente mormora. Fino a quando Shiro è un bell'oggetto da guardare, va bene, ma lui in coppia con Keith no.

Lance devia i discorsi su di loro raccontando aneddoti imbarazzanti a spese di chi stava iniziando a parlare di loro. Hunk interviene offrendo cibo o parlando di cibo. Pidge ritorce hackerando un paio di account di posta privata.

Keith apprezza, ma sta imparando a lasciare sempre più sullo sfondo quanto la gente parli di lui. Soprattutto da quando ha sentito la teoria inquietante secondo cui Shiro l'ha puntato quando era piccolo e l'ha tenuto sotto il suo radar fino a quando non lo ha avuto.

Che è in parte vero, ma è successo molti anni dopo.

Keith vede Henry corrergli incontro. Non gli salta addosso solo perché suo padre gli urla di non farlo, però si aggrappa forte al padrino e gli racconta quello che ha fatto al ritiro con nonno Kolivan. Parla veloce come una mitraglietta e spingendosi gli occhiali indietro sul naso di tanto in tanto. Keith si limita ad annuire, James alle spalle del figlio sorride comprensivo e intenerito.

Diecimila parole dopo, Henry intravede Alfie tra gli invitati, urla il suo nome e corre da lui.

Keith vede un cameriere con un vassoio di bicchieri di champagne passare accanto a loro. Lo ferma e prende due bicchieri, ne offre uno a James e poi accenna un brindisi.

«Congratulazioni.»

«Grazie,» James fa tintinnare il bicchiere contro il suo sorridendo.

«Sono fiero di te. E la divisa ti dona particolarmente.»

«Grazie di nuovo, ma non dovresti flirtare con me: il tuo uomo ci sta fissando,» lo avverte James, sorridendo ironico e accennando al punto in cui si trova Shiro.

Keith non si volta nemmeno a guardare Shiro. «Non preoccuparti, sa bene che deve smetterla entro tre secondi, altrimenti lo mollo,» scherza. Ma non troppo. «Avrò pure il diritto di adulare il mio ex, no?»

James ride scuotendo la testa. Poi sospira diventando più serio. «Quindi... come va con lui? Sei felice?»

Keith annuisce e guarda James con affetto e un pizzico di nostalgia. «Sì, lo sono.»

Spera di non avergli fatto male con quella risposta, perché sa che nessuno dei due smetterà mai di amare l'altro, seppure in modo diverso rispetto a prima.

«Allora lo sono anch'io per te. Ho sempre voluto solo questo per te, la felicità,» gli dice con dolcezza malinconica.

«E non sai quanto io ti sia grato per questo.» Avrebbe anche potuto odiarlo nei loro momenti peggiori, o se solo avessero deciso di non lasciarsi e andare avanti a oltranza. «Anch'io ho sempre voluto solo questo per te.»

«Lo so. Sei una brava persona.»

Entrambi svuotano veloci i bicchieri, come a sbrigarsi a concludere quel momento.

«Allura mi sta chiamando,» dice James veloce, «vado da lei.»

«Sì, certo.» Keith sorride e non controlla nemmeno se James gli ha detto una bugia per svignarsela, perché è giusto così.

Il cameriere passa di nuovo, Keith gli consegna il bicchiere vuoto e ne prende uno pieno.

Un giorno anche James sarà felice con qualcun altro. Glielo augura davvero.





Arrivato il momento di fare volare Alfie e Black insieme per la prima volta, l'Uranus con un equipaggio ridotto all'essenziale parte per una piccola luna deserta lontana dalla Via Lattea.

Lance e Allura sono presenti, Shiro no. Avrebbe voluto esserci, in qualità di ex Paladino di Black, ma Alfie si sarebbe sentito ancora di più sotto pressione, quindi Keith l'ha convinto a restare sulla Terra, anche se gli ha promesso che farà registrare tutto dall'equipaggio dell'Uranus e glielo farà vedere.

Prima dell'atterraggio, Lance si avvicina a Keith sul ponte di comando e gli stringe una mano sulla spalla. Keith si aspetta un discorso a cuore aperto su Alfie e invece...

«Pidge e Hunk ti stanno organizzando una festa a sorpresa per i tuoi quarant'anni.»

Keith aggrotta la fronte. «Se si tratta di una festa a sorpresa, perché me lo stai dicendo?»

«Perché tu detesti le sorprese.»

«Vero.»

«E io voglio bene a tutti voi tre e tu sei il mio migliore amico, quindi te lo dico prima per darti il tempo di assimilare la cosa e fingerti poi sorpreso. Così nessuno ci resterà male.»

«Il discorso non fa una piega.»

«Lo so,» sorride soddisfatto dandogli delle pacche sulla spalla, «sono un genio.»

Keith sceglie di lasciarglielo credere.

Arrivati alla meta, Keith fa salire Alfie e i suoi genitori su Black e vanno sulla luna.

Atterrati, scendono da Black lasciandola accucciata sulle zampe posteriori.

Keith si allontana un po' da Alfie, permettendo a Lance e Allura di abbracciare il figlio a turno, rassicurandolo e dicendogli quanto sono fieri di lui.

Infine, Alfie si avvicina a Keith. Indossa la tenuta ufficiale dell'equipaggio dell'Uranus, una tuta da pilota bianca, nera e viola. Keith si chiede come sarà quando fra qualche anno indosserà la tenuta da Paladino Nero. Crede che Lance e Allura stiano pensando la stessa cosa.

Keith porge ad Alfie la sua bayard. «Vuoi provarla?»

Lui lo guarda indeciso. «Sei sicuro che sia il momento giusto?»

«Henry lo ha gia fatto,» lo tenta, «ma è un segreto.» Di cui sono a conoscenza tutti i Paladini più Acxa e Shiro.

«Come ha convinto mio padre a dargliela?»

«Sorridendo.»

«Tipico,» brontola Alfie. «Che forma ha preso?»

«Una sciabola. Molto più simile alla sua spada da Blade di quanto lo sia la mia.» La bayard di Keith ha linee più rigide e dritte.

Alfie fissa la bayard, perplesso. «Pensi che per me sarà un arco?»

Keith scrolla le spalle. «Chi può dirlo. Le bayard nel tempo possono cambiare, e tu sei ancora molto giovane...»

Alfie sembra decidersi, trae un respiro profondo e allunga la mano. Poi si ferma. «E se non dovesse prendere alcuna forma?»

Keith ghigna e gli lancia la bayard addosso. Lui la prende al volo, sorpreso.

La bayard si illumina appena e cambia forma.

È una lancia.

Keith sente le esclamazioni sorprese di Lance e Allura.

Dopo un attimo di stupore, Alfie maneggia subito l’arma passandola da una mano all'altra e roteandola. È alta quanto Alfie, ma sembra estremamente maneggevole, adatta al combattimento corpo a corpo e a essere usata come un giavellotto.

Alfie sorride timidamente felice.

«Allora,» lo esorta Keith, «Vuoi provare a volare?»

Alfie, tenendo la lancia in mano, si volta a fissare Black, serio e deciso. Per un lungo attimo sembra che lui e Black stiano sostenendo lo sguardo, poi Black inclina il capo all'indietro e ruggisce. Per tre volte di seguito. Alla fine si accuccia e apre la bocca per Alfie.

Il ragazzino non si guarda nemmeno alle spalle, sale a bordo sicuro.

Qualche attimo dopo, Black schizza su verso il cielo.

Keith sente Allura singhiozzare dalla commozione, si volta e la vede coprirsi gli occhi con le mani. Lance ha gli occhi lucidi e segue Black con lo sguardo, ma circonda le spalle di Allura con un braccio.

Keith torna a guardare Black volare pilotata da Alfie.

Ci vorranno ancora secoli per ripulire l'universo dai danni fatti dall'Impero Galra nel corso di millenni, e Keith non sa se smetteranno mai di scontrarsi con ex generali galra che vogliono riformare l'Impero. Eppure... il futuro è lì, davanti a lui.

Ci sarà sempre qualcuno pronto a lottare per una vita migliore, anche se si tratta di immergersi in una guerra nata millenni prima.

Il futuro è davanti ai suoi occhi, è ibrido come lui ed è molto più che abbastanza.










Note finali: Lo so, ha un finale un filino aperto, ma mi piace così! Nel caso foste curiosi:
- Alfie e Henry, dopo mille fraintendimenti, si mettono insieme intorno ai loro 18-19 anni, dopo avere vissuto insieme come fratellastri per qualche anno.
- Il successore di Pidge è un figlio di Romelle (avuto con un biochimico della Garrison. È 4 anni più giovane di Alfie e Henry), mentre Yellow andrà a Sofia. Sì lo so, è una scelta scontata, ma mi piace!
E con questo mi sembra tutto, vado a defungere. (Su FB mi trovate come Rosalie Hawks... e cercate pure la pagina FB di Tales of Altea, la prima fanzine italiana su Voltron! Dentro ci sono anche io come fanwriter!)
   
 
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