Ti
sentivi a pezzi. Letteralmente.
La
frusta d’argento, lunga e sottile, aveva lacerato la pelle di Emma infliggendole
solchi sanguinolenti che sembravano formare un’unica ferita profonda.
Preda
di una rabbia inspiegabile, che ti prendeva quando in qualunque modo si
minacciava la tua famiglia, avevi deciso inizialmente di sostituirti a tuo
fratello Mark prendendoti quelle frustate dolorose, quei segni punitivi, ma Emma
l’aveva impedito: Emma ti aveva addormentato a tradimento disegnandoti una runa
del sonno. Ti pareva di sentire ancora la sua mano che ti accarezzava la
guancia, le sue dita che sfioravano alcune ciocche dei tuoi capelli e quel “Dormi, amore mio”, anche se mentre stavi
soffrendo per il tuo stato ti sembrava fosse più il sussurro lontano di un
sogno. E quando avevi ripreso i sensi, annichilito e dolorante, la tua mente era
corsa subito a Emma e vederla ferita in quel modo atroce, immobile, come morta,
ti aveva dato il colpo di grazia, eppure ti eri alzato, l’avevi presa fra le
braccia tremanti e chissà come eri corso dentro
l’Istituto.
E
poi, dopo esserti fatto bendare, rimanevi sempre al suo fianco, seduto accanto
al letto della sua camera, nessuno ti avrebbe smosso da lì neanche se fosse
cascato il mondo. Dopo il chiarimento con Mark, a malapena facevi caso agli
altri che passavano a vedere come stavate.
“Devo stare con lei” rispondevi
inespressivo.
Giaceva
immobile, con i capelli chiari disordinati sul cuscino, il petto che saliva e
scendeva al ritmo regolare del respiro. Le avevano tracciato delle rune per
farla dormire, oltre che per lenire il dolore, fermare le emorragie e agevolare
la guarigione.
Tenevi
una sua mano inerme intrecciata con la tua e speravi fortemente che lei
riaprisse presto gli occhi, che ritornasse da voi – da te.
Non
avevi mai provato una sofferenza così profonda, immane, nemmeno quando eri stato
avvelenato da quella freccia e quasi sul punto di lasciarti andare: anche allora
avevi creduto fermamente in lei e la sua runa ti aveva miracolosamente
guarito.
“Emma, ti prego…”.
Potevi
anche smetterla di negarlo a te stesso, Julian. Ti era ormai evidente quello che
provavi davvero per Emma e nessuno vi avrebbe separati mai, neanche una rigida
legge che non capivi.
Stringevi
la presa sulla sua mano tanto forte da farle male, sperando così, forse, di
accelerare il suo risveglio.
“Emma, ritorna”.
Perché
lei era tutto e non potevi nemmeno sostenere l’idea orribile di
perderla.
Tutte le citazioni in corsivo le ho prese dal primo libro di TDA. Questa flash inoltre partecipa alla “4 days – tema angst&noir – II° Edizione” del forum Torre di Carta, con il prompt 30: Una ferita profonda (ovviamente fisica).