Anime & Manga > Yuri on Ice
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Autore: Pally93    16/10/2018    6 recensioni
Yuri ha subito un'operazione piuttosto delicata e ha bisogno di un infermiere. Otabek si ritrova nella scomoda posizione di doverlo assistere, trovandosi a somministrargli un'insolita cura.
Questa storia partecipa alla #26promptschallenge del gruppo facebook "Hurt/Comfort Italia - Fanfiction & Fanart"
Genere: Comico, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Lilia Baranovskaya, Otabek Altin, Yakov Feltsman, Yuri Plisetsky
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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prompt 23/26 
#SESSO

sostantivo maschile

1. I fatti e i fenomeni legati agli organi della riproduzione o del piacere, soprattutto per ciò che riguarda i rapporti sessuali e più genericam. la vita sessuale, la sessualità.

2. lett.
Gli organi genitali, sia maschili che femminili.

Dedicata a Kendra26, senza la quale non avrei mai scoperto che l'hurt/comfort avesse un nome e potesse essere una passione condivisa. Grazie per aver letto e revisionato questa storia, anche se sei oberata di lavoro. Grazie per mettere tutte le virgole che perdo per strada e per ricordarmi che scrivere può essere divertente. <3
 

***
 

«Vai pure, ragazzo. La sua stanza è in fondo al corridoio. Solo… Fa’ attenzione. Morde.»

La voce di Yakov, normalmente tonante, si abbassò appena sul finale di frase, come se non volesse davvero lasciarsi sfuggire quella piccola confessione.

Otabek trattenne un piccolo sbuffo prima di rispondere. Ma non mi dire… Può biasimarlo?

«Lo sospettavo, Signore. Il messaggio con cui mi ha invitato qui era piuttosto eloquente.»

A Yakov sfuggì un sorrisetto. Non faceva alcuna fatica a immaginare il contenuto del messaggio in questione, anche se non aveva avuto l’onore di leggerlo.

«Già. Beh… Buona fortuna, ragazzo.»

Otabek rispose con un cenno del capo e si avviò verso l’ultima stanza del corridoio, quella in cui sapeva che Yuri lo stava aspettando. Catapultati qui. Ma tipo subito, cazzo. ORA. Il messaggio risaliva a venti minuti prima, il tempo minimo necessario perché Otabek potesse raggiungere la lussuosa dimora di Lilia partendo dalla pista di pattinaggio. Lasciando a metà una sessione di allenamento, per giunta.

Indeciso se bussare o entrare di slancio, optò per una via di mezzo: socchiuse la porta e sbirciò dentro, annunciandosi con un colpo di tosse.

 

 

 

«Si può sapere che hai da tossire? Entra!» lo rimbrottò Yuri.

 

Otabek si affrettò a oltrepassare la soglia e chiuse con attenzione la porta dietro di sé.

La stanza di Yuri era sempre un disastro, ma quel giorno sembrava che un troll inferocito si fosse aperto la strada a colpi di clava: l’intero contenuto dell’armadio a quattro ante era stato rovesciato sul pavimento e sparso in giro per la stanza, per cercare cosa Otabek non avrebbe davvero saputo dirlo. Il borsone da pattinaggio era abbandonato dietro la porta, sotto a una felpa leopardata e a un paio di calzini appallottolati. Dall’altro lato della stanza c’era il trolley, aperto e pieno per metà: Otabek riuscì a riconoscere molti dei vestiti che il ragazzo aveva portato con sé l’ultima volta che era stato da lui ad Almaty, ormai tre mesi prima.

Ben attento a non calpestare nulla di importante, Otabek recuperò la sedia della scrivania, spostando un paio di coprilama, un accappatoio e mezzo panino smangiucchiato, e la portò accanto al letto. Si mantenne in rigoroso silenzio, non sapendo come affrontare uno Yuri palesemente prossimo alla più somma incazzatura. Il ragazzo non gli aveva detto perché dovesse catapultarsi in quella stanza il più in fretta possibile, ma Otabek era sicuro che non potesse essere niente di troppo piacevole.

 

«Devi aiutarmi con la medicazione,» sbottò Yuri all’improvviso, mangiandosi le parole.

 

«Che?» A Otabek per poco non cadde la mandibola sul pavimento.

 

Medicazione? Davvero Yuri voleva che lui… No, assolutamente no. Certamente aveva sentito male. Yuri doveva aver detto maledizione, o menzione, o mutazione… Di certo non medicazione.

 

«Pronto?! Sei su questo pianeta? La medicazione. Non ci arrivo da solo e col cazzo che chiedo alla vecchia mummia là fuori di aiutarmi. Non esiste, devi farlo tu.»

 

Nonostante la situazione si stesse facendo tragica, Otabek non poté fare a meno di sorridere per l’involontaria scelta di parole di Yuri. Col cazzo. Divertente, per uno che era stato operato ai testicoli solo il giorno prima.

Durante l’allenamento del mattino, nel bel mezzo dell’esecuzione del suo free, Yuri si era accasciato in preda a dolori lancinanti. Avevano dovuto tirarlo fuori dal rink di peso e chiamare un’ambulanza, perché non era stato assolutamente in grado di alzarsi in piedi, nonostante avesse tentato in tutti i modi di convincere gli altri che non aveva assolutamente niente, cazzo, e che quindi dovevano evaporare tutti e smetterla di fissarlo, coglioni che non erano altro. Fortunatamente Yakov allenava adolescenti da troppo tempo per lasciarsi fregare con la scusa di un crampo al polpaccio e aveva chiamato i soccorsi. I paramedici ci avevano messo due minuti scarsi per effettuare una diagnosi preliminare e caricare in barella un Yuri Plisetsky molto incazzato e imprecante. E preoccupato. Torsione testicolare, aveva detto il medico.
In ospedale era stato sottoposto d’urgenza a ecografia e visita urologica ed era stato dirottato in sala operatoria prima di avere davvero il tempo di metabolizzare cosa stesse succedendo. Era stato rimandato a casa il giorno dopo, con i postumi dell’anestesia spinale e cinque meravigliosi punti di sutura nel bel mezzo delle palle. Punti di sutura che, a quanto pareva, andavano medicati quotidianamente.

«Dai Beka, aiutami! Non ci arrivo da solo, la schiena mi fa un male d’inferno! È già abbastanza imbarazzante così, col cazzo che mi metto pure a pregarti per farmi cambiare un maledetto cerotto.»

Già, col cazzo.

La voce di Yuri riportò Otabek sulla terra, distraendolo dalle strane immagini che si stavano formando nella sua mente. Lui con un cerotto. Lui tra le gambe di Yuri, con disinfettante e guanti chirurgici. Lui che doveva toccarlo e… Improvvisamente dovette aggiustarsi sulla sedia, gioendo silenziosamente per essersi presentato da Yuri ancora in tuta e non con i suoi jeans strappati preferiti.

«D’accordo. Dimmi cosa devo fare.»

Sospirando, Otabek si rassegnò a compiere quella che si prospettava una delle operazioni più imbarazzanti della sua vita. Non lo avrebbe ammesso nemmeno sotto tortura, ma detestava tutto ciò che aveva a che fare con ferite, punti e bendaggi. La sola volta che, malauguratamente, aveva avuto bisogno di punti, aveva supplicato sua madre di occuparsi lei delle medicazioni, perché la sola idea gli dava la nausea. Non che crescendo avesse superato del tutto la cosa, ma c’era qualcosa di disturbante nell’immaginare le manone di Yakov intente a trafficare in un punto così delicato. Chiedere a Lilia forse sarebbe stata la scelta migliore, ma per ovvie ragioni era del tutto fuori discussione. Non c’erano vie di fuga, doveva farlo.

«La roba è nel sacchetto sul tavolo. Yakov dovrebbe aver preso tutto… Devi solo togliere questo cerotto, disinfettare con quel coso scuro e poi metterne un altro. Bello teso eh, che sulle palle si accartoccia che è un amore e tu non hai idea di quanto sia fottutamente fastidioso.»

Yuri sembrava tranquillo, ma Otabek notò comunque che non aveva mai smesso di torturare il lenzuolo con le dita. Aveva trovato un piccolo strappo nel ricamo in pizzo e continuava ad allargarlo infilandoci le dita. Solo per un istante, Otabek si chiese chi potesse essere stato tanto folle da mettere dei pizzi nella camera in cui vivevano un gatto e un adolescente dal potenziale distruttivo pari a quello di un puma incazzato, poi si ricordò di chi fosse la casa. Lilia.

Recuperata la busta della farmacia si avvicinò al letto, rassegnato al suo destino. Yuri stava litigando con i pantaloni del pigiama: non riusciva a sollevare la schiena abbastanza da sfilarseli comodamente e non poteva scalciare per non rischiare di strappare i punti, perciò cercava di toglierseli agitando i fianchi contro il materasso, imprecando sonoramente ogni volta che caricava troppo peso nella zona dell’anestesia. Qualcosa, nel movimento scoordinato del suo corpo, riportò alla mente di Otabek una scena vista tempo prima in un documentario naturalistico: Yuri Plisetsky era terribilmente simile a un salmone che tenta di risalire la corrente.


«Serve una mano?» chiese, trattenendo una risatina. Quel salmone avrebbe potuto mangiarselo vivo se per errore avesse detto o fatto qualcosa di sbagliato. O se avesse anche solo sospettato di essere stato paragonato a un pesce.

«No, macché. Mi sto divertendo un sacco, ti pare? Pensavo di inserire queste mosse nel nuovo short. Cristo, Beka, se volevo essere assistito da un coglione galattico chiamavo Popovich. Aiutami a sollevarmi, che almeno mi levo ‘sto cazzo di pigiama. Non sapevo nemmeno di averlo, un pigiama.»

«Forse è per quello che hanno dovuto ribaltarti l’armadio per trovarlo…» borbottò Otabek, incerto sul da farsi.

«Nessuno ha ribaltato niente, l’armadio è così da… Boh, tipo sempre? Questo orrore lo avrà raccattato la vecchia befana da qualche parte. Cazzo, spero non fosse a casa di Yakov. E se era uno di quelli di Viktor? Cristo, che schifo, non posso pensarci.»

«Non credo che Viktor usasse pigiami cifrati… Te l’ha preso Lilia, mi sa,» rispose, notando le lettere finemente ricamate sul colletto. Lilia non si era smentita: nonostante fosse un momento di crisi aveva procurato al suo pupillo il pigiama più raffinato che era riuscita a trovare, in soffice ciniglia grigia e con le iniziali cucite a contrasto.

«Cifra…che? Ma da quando sei un esperto di pigiami, scusa? Oh, comunque per medicarmi le palle mi devi levare anche le mutande, sai?» sbottò Yuri.

«Oh… Certo.»

La tensione tra loro era tale che si sarebbe potuta tagliare con un coltello. Otabek si apprestò a eseguire, chiedendosi come mai avesse improvvisamente la bocca così secca. Lui e Yuri erano una coppia da un annetto ormai, non era la prima volta che lo spogliava e metteva le mani sul suo corpo nudo, eppure l’intimità di quella situazione lo metteva enormemente a disagio. Gli sembrava di compiere gesti eccessivi, esagerati. Di oltrepassare un limite mai tracciato, eppure decisamente vistoso, intromettendosi in una situazione troppo privata. Purtroppo per entrambi, Yuri non aveva davvero nessun altro a cui chiedere aiuto, anzi, da quel punto di vista era stato fin troppo fortunato a essere operato proprio nella settimana in cui c’era lui lì, altrimenti avrebbe dovuto necessariamente ripiegare su Yakov, e Otabek era sicurissimo che in quel caso una semplice medicazione avrebbe davvero potuto trasformarsi in una tragedia.

Infilò le dita sotto l’elastico degli slip di Yuri, ben attento a sollevare la stoffa e a farla scivolare lungo le gambe senza sfregare sulla ferita. Il grosso cerotto quadrato che sbucò al centro dei testicoli lo costrinse a deglutire a vuoto. Non ce l’avrebbe mai fatta, la sola idea di toccare i punti lo faceva inorridire.

«Giuro che queste schifo di mutande da trisnonno non sono mie. Me le ha portate Yakov perché le mie non andavano bene secondo i medici… Branco di imbecilli.»

Otabek si astenne dai commenti e si rimise a fissare il cerotto, cercando di farsi coraggio e implorando il suo stomaco di non fare scherzi strani. Quello non era certamente il momento adatto per mostrarsi schizzinosi e, purtroppo per lui, nemmeno quello di svelare a Yuri che lui e le ferite avevano un rapporto davvero conflittuale, nonostante gli fosse capitato più di una volta di averci a che fare.

«Ok, iniziamo… Qui dentro c’è un foglio che spiega come fare. Sono stati previdenti in ospedale…»

Sospirò di sollievo scorrendo rapidamente le istruzioni lasciate dai medici: almeno non sarebbe stato costretto a improvvisare.

«Devo staccarti il cerotto. Non posso bagnarlo per sciogliere la colla, quindi farà un po’ male.» disse per preparare Yuri. Afferrò gli angoli e iniziò a tirare pian piano, cercando di mantenere tesa la pelle sottostante. Sentì Yuri trattenere il fiato e lo vide mordersi le labbra. Sperando che non gli tremassero le mani, Otabek continuò a sollevare il cerotto il più lentamente possibile, finché non venne bloccato con una manata.

«Aggeggio del cazzo. Lascia, me lo levo io…»

Con un colpo secco, Yuri strappò via il cerotto.

«Porca puttana! Porca, porchissima puttana impestata!» strillò.

«Plisetsky, linguaggio!» si sentì rispondere da oltre la porta. Lilia, con un tempismo degno di nota, aveva scelto esattamente quel momento per andare in cucina a prepararsi una tazza di tè e nel tragitto aveva attraversato il corridoio, assistendo involontariamente al raffinato sfogo verbale del suo pupillo.

«Befana maledetta.»

Potya, per nulla intimorito dalle urla del suo umano da compagnia, sbucò dal cumulo di vestiti che aveva eletto come degno di ospitare il suo riposino pomeridiano e saltò sul letto, deciso a scoprire per quale motivo lo avessero svegliato in modo così brusco. Si accoccolò sereno tra le gambe aperte di Yuri, squadrando Otabek con gli occhi socchiusi. Quel ragazzo era un amico, ma se pensava di poter far male al suo umano in sua presenza si sbagliava di grosso.

«Yuri…»

«Che c’è?» chiese, sfiorando il gatto con la punta delle dita. Potya prese a fare le fusa e si stiracchiò, portando il muso un po’ troppo vicino alla ferita che Otabek stava disperatamente tentando di tenere pulita.

Questo gatto è un ninja, non mi ero nemmeno accorto che fosse in camera.

«Qui c’è scritto che la ferita dovrebbe restare pulita e sterile, non credo che metterci sopra il gatto sia una buona idea,» azzardò.

«Potya è un gatto pulitissimo! Medica quel taglio e facciamola finita, dai,» rispose Yuri, piccato.

«D’accordo. Allora… “Tamponare la sutura dall’alto verso il basso con una garza imbevuta di Betadine, avendo cura di non sfregare i punti.” Sembra facile… Yuri, vuoi tenere fermo quel gatto?» Potya, facendo appello al suo celebre senso pratico, aveva ben pensato di venire in soccorso all’umano imbranato alla moda dei gatti: era intenzionato a leccare la ferita. L’umano impacciato, però, aveva buttato la mano davanti al suo muso un istante prima che potesse iniziare la sua accurata opera di pulizia, rimediandosi una leccata sul palmo della mano. Miagolò di disappunto, soffiando anche un po’. Quell’umano si stava prendendo un po’ troppe libertà.

«Ma che vuoi che mi importi del gatto! Sono qui a palle all’aria, ti dispiacerebbe arrivare al punto?»

La stizza nella voce di Yuri era ormai più che evidente. Sembrava che il ragazzo avesse superato la fase dell’imbarazzo e del disagio, per approdare nelle vaste lande dell’ira e della frustrazione. «Non era così che doveva andare…» si lasciò sfuggire in un sussurro, abbassando gli occhi sul lenzuolo.

Ah, è per questo allora!

Nemmeno Otabek avrebbe mai pensato di passare la settimana a fare da infermiere personale a Yuri, non dopo essere stati lontani per così tanto tempo e aver discusso nei minimi dettagli cosa avrebbero voluto fare insieme, dentro e fuori dal letto. Yuri non si era mai fatto problemi a deviare le loro videochiamate verso argomenti e situazioni decisamente vietate ai minori, ma soprattutto nell’ultimo periodo si era fatto piuttosto insistente con la questione sesso. Non erano ancora mai andati fino in fondo, ma ormai si sentivano pronti e avevano programmato di farlo durante quella settimana… Lo spavento che si era preso vedendo Yuri stare così male aveva messo tutto in secondo piano e il pensiero di poter fare qualcosa con lui non lo aveva nemmeno sfiorato, ma ora che il suo ragazzo lo aveva accennato, in modo più o meno esplicito, aveva una mezza idea che gli frullava per la testa. Una mezza idea che avrebbe potuto rivelarsi un completo disastro, ma dopotutto la situazione era già così paradossale che Otabek si chiese se davvero avrebbe potuto peggiorarla in qualche modo.

Ora o mai più.   

«Scusa, Potya,» disse prendendolo per la collottola e depositandolo fuori dalla porta. Per buona misura chiuse la stanza a chiave, sperando ardentemente che il gatto non tentasse di farsi strada verso l’interno a suon di artigli. Non era sicuro di cosa Lilia avrebbe potuto fargli se per colpa sua Potya avesse malauguratamente usato le sue preziose porte in mogano come tiragraffi, ma preferiva davvero non pensarci. Aveva un compito da portare a termine e non poteva permettersi distrazioni di alcun genere, soprattutto non se contemplavano minacce di eviscerazione da parte della divina Baranovskaya.

«Ehi, ma che…»

«Zitto!»

Contro ogni pronostico, Yuri tacque. Non era da lui e sinceramente Otabek non si aspettava che gli obbedisse, ma in effetti era ancora sul letto, senza pigiama e con la ferita esposta all’aria… Probabilmente non si sentiva nella posizione adatta per dettar legge. Sembrava che si fosse rassegnato a dover cedere il controllo e ad accettare lo scorrere degli eventi.

Accorgersi che per una volta Yuri accettava di dipendere totalmente da lui e dal suo aiuto annebbiò definitivamente la poca lucidità che gli era rimasta, spingendolo all’azione. Si piegò sul suo viso, baciandolo a fior di labbra. Sapeva che così facendo avrebbe aumentato la sua frustrazione: Yuri era uno da tutto e subito, ma in quel preciso momento non era assolutamente in grado di alzarsi per prenderlo. Si spostò sul suo collo, lasciando scorrere la lingua fino al mento e deviando poi verso l’orecchio.

«Adesso finiamo questa medicazione e lo facciamo come si deve… Stai fermo e zitto e riceverai un premio, ok?» gli bisbigliò nell’ orecchio. Si accorse di avere la voce più roca di quanto si sarebbe aspettato… Yuri non era il solo a perdere la testa. Si concesse un momento per osservare il suo sguardo farsi velato per l’eccitazione e le sue labbra schiudersi. Conosceva fin troppo bene quell’espressione.

Con gesti rapidi e precisi aprì il pacchetto delle garze e le inzuppò con il disinfettante. Era scuro e a contatto con la pelle lasciava tracce simili a sangue, ma non ci fece troppo caso. Tamponò con cura ogni centimetro della sutura, controllando di tanto in tanto che l’espressione di Yuri non mostrasse tracce di sofferenza. Nonostante tutto, aveva davvero paura di fargli male.

«Beka…» lo sentì ansimare poco dopo. Gli posò rapido una mano sulla bocca, costringendolo a tacere, poi si spostò nuovamente accanto alla sua testa.

«Ho detto zitto, ricordi?» disse vicinissimo al suo orecchio. Come si aspettava, lo vide rabbrividire. Il respiro caldo gli aveva fatto il solletico, ne era certo: Yuri era sempre stato sensibile in quel punto. Non potendo parlare, il ragazzo si limitò ad annuire. Otabek gli baciò entrambe le palpebre prima di togliere la mano dalla sua bocca e di tornare a sistemarsi tra le sue gambe.

«Ora tocca al cerotto… Stai fermo e avrai il tuo premio. Abbiamo quasi finito.»

Far aderire il cerotto ben teso sulla cucitura fu più facile di quanto si aspettasse, così decise di cogliere l’attimo e di portare a termine il suo piano: si chinò tra le gambe del suo ragazzo e iniziò a tracciare i contorni del cerotto con la lingua.

«Ma cosa…!»

Appena Yuri aprì bocca, Otabek si interruppe.

«Oh. Silenzio. Giusto.»

Resistette stoicamente sotto gli assalti di Otabek, mordendosi le labbra per trattenere anche il più piccolo suono, ma quando il calore della sua bocca lo avvolse non riuscì a trattenere un gemito.

«Questa è davvero la cura migliore…»

Puoi dirlo forte. 

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La fanart per questa storia è stata realizzata da NekoRika (https://efpfanfic.net/viewuser.php?uid=34120) per l'iniziativa del gruppo facebook "Boys Love - Fanfic & Fanart's World" relativa alla creazione di fanfiction. La ringrazio infinitamente, adoro questo disegno... E il fatto che sia riuscita a inserire anche Potya! <3 Inoltre vi consiglio di passare dal suo profilo, scrive storie davvero meritevoli. Grazie ancora per aver accettato di disegnare per me! 
   
 
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