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Autore: Akemichan    30/04/2005    5 recensioni
Non c'è nulla da fare... Dovunque vada, con chiunque stia, qualunque aspetto abbia... Le sue mani saranno sempre sporche di sangue... Le abbiamo sporcate noi... E lei sa bene che questa è la sua realtà. la sua vita, il suo destino... Non è forse vero, Sherry...?
Genere: Azione, Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro Personaggio, Heiji Hattori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La porta a vetri della stanza 22 del reparto rianimazione si aprì senza fare alcun rumore, lasciando entrare il corpo snello d

 

La porta a vetri della stanza 22 del reparto rianimazione si aprì senza fare alcun rumore, lasciando entrare il corpo snello di un’infermiera dai lunghi capelli neri. Questa si avvicinò al letto, rimboccando le coperte a quella bella addormentata, senza sapere che sarebbe stata il tuo principe azzurro. Prese la flebo quasi esaurita e la sostituì con quella nuova. Con la mano destra affusolata sfiorò leggermente la guancia della paziente, sentendo un brivido al contatto con quel corpo, troppo freddo per poter pensare che fosse ancora viva, come invece suggeriva l’elettrocardiogramma. La mano scivolò nel rosso sangue dei suoi capelli sparsi disordinatamente sul cuscino, tanto che sembrava davvero morta per emorragia. Spostò una ciocca dietro l’orecchia e si sporse a sussurrarle qualcosa.

 

«Nagisa, sono io… Sono Shiho…» L’infermiera si alzò, scrollando i capelli neri ed uscì, silenziosa e misteriosa com’era arrivata, come se non volesse realmente svegliarla.

 

Non passò nemmeno un battito di farfalla che l’elettrocardiogramma si mosse, prima impercettibilmente, come le leggere onde del mare lambiscono una spiaggia in una calda giornata estiva, fino a trasformarsi in una tempesta di grandi cavalloni. La ragazza mosse per prima una mano, quindi, resasi conto della situazione, spalancò gli occhi verdi. Si alzò di scatto, guardandosi attorno per trovare la presenza di prima attorno a sé. Sbattè le palpebre, cercando di riprendere il controllo su sé stessa. Si toccò il petto ricoperto solamente da una leggera camicia da letto, sentendo il contatto con qualcosa al di sotto. Alla fine si sdraiò nuovamente, rimanendo ad osservare il soffitto, indecisa su come comportarsi.

 

***

 

Erano da poco passate le cinque. Al n. 22/2 di Beika il campanello suonò ripetutamente, come se fosse il suono delle sirene della polizia. Il proprietario di casa, il Dottor Agasa, indaffarato in qualche sua strana invenzione, si pulì le mani nel suo camice bianco prima di aprire.

 

«Sta succedendo qualcosa di strano, e non mi piace affatto!» sbottò Conan sulla soglia, quindi entrò sbattendo i piedi per terra. Era così agitato che si dimenticò persino di togliersi le scarpe.

 

«Shinichi-kun…» cercò di attrarre la sua attenzione Agasa, mentre chiudeva delicatamente la porta dietro di lui.

 

«Haibara non è venuta a scuola in questi giorni e non è malata» continuò lui imperterrito. «Sono sicuro che non lo è! E’ diventata strana, da quando ha visto quella BloodyMary, o chi per lei, all’ospedale»

 

«Shinichi-kun…»

 

«Spero che non si comporti come l’ultima volta in pullman! Credevo che finalmente si sentisse meglio…»

 

«Shinichi-kun…»

 

«Vuole sapere l’ultima? Quella ragazza si è svegliata» Conan prese finalmente fiato. «Me l’ha detto Mitsuhiko che l’ha casualmente vista mentre usciva dall’ospedale, perfettamente guarita. Le sembra una cosa normale? Avrei dovuto mettere quella microspia e non dire nulla ad Haibara

 

«Kudou-kun…»

 

Conan alzò lo sguardo verso la voce che l’aveva chiamato per ultimo, una voce che aveva potuto sentire una volta soltanto e nemmeno troppo bene, anche se il tono gli pareva lo stesso. Dal piano superiore scendeva delicatamente una giovane donna, dai capelli ricci e castano scuro e lo sguardo sbarazzino.

 

«Chi… Come… Cosa… Haibara…?» balbettò lui.

 

«Che c’è?» disse Ai con lo stesso tono che usava spesso per fargli capire cose per lei elementari. «E’ solo una maschera e una parrucca»

 

Sentendosi trattato veramente come un bambino, Conan si ingobbì. «Questo l’avevo capito… ma perché sei tornata adulta?! Hai finalmente trovato l’antidoto?»

 

«No, è lo stesso che ti ho dato l’ultima volta»

 

«Non avevi detto che era pericoloso prenderlo?»

«Ho analizzato la formula e ho modificato leggermente la struttura molecolare. Adesso i rischi sono ridotti e l’effetto è aumentato. Non sono lontanissima dalla soluzione definitiva» Ai si passò una mano tra i fili scuri della parrucca, rivolgendosi ad Agasa. «Allora?»

 

«Sembri un’altra, davvero» rispose il dottore. «Non ti riconosceranno di sicuro»

 

«Chi non dovrebbe riconoscerla?» domandò Conan impaziente. «Perché nessuno mi spiega niente?! Gli uomini dell’Organizzazione sono anche affar mio e di sicuro non ti lascerò andare da sola!»

 

«Invece dovrai» replicò calma Ai. «Con la mia sola presenza ti ho già causato troppi problemi. Non mi hai detto tu stesso che non devo scappare dal mio destino? Che devo smetterla di piangermi addosso?»

 

«Non intendevo certo mandarti così allo sbaraglio!» Conan si massaggiò una tempia. «Non è da te essere così spericolata… Che ti succede?»

 

«Lo scoiattolo scappa sempre dal serpente a sonagli, finchè non gli cade in bocca da sé medesimo» Ai si appoggiò al muro, una mano infilata nella tasca della lunga gonna verde scozzese, l’altra poggiata all’altezza del colletto della camicia bianca. «Sia che faccia qualcosa, sia che rimanga nascosta, la mia vita è in pericolo» mormorò, tossendo leggermente. Sembrava sul punto di soffocare, trattenendo chissà quale tristezza dentro di sé. «Così mi sembra di morire…» Alzò lo sguardo verso di lui, che rivide gli stessi occhi che lei aveva quando piangeva per sua sorella. «Che senso ha vivere in questo modo? Dimmi, che senso ha vivere ogni giorno col terrore di morire, anche senza far nulla? Tutti i mortali sono destinati a morire, la vita non è altro che attesa della morte. Perché dovrei dunque prolungare le mie sofferenze osservando il ticchettio lento delle ore?» Aspettò una risposta che non poteva arrivare. «Prima o poi mi troveranno, perciò tanto vale che rischi la mia vita per qualcosa di utile»

 

Conan si calmò lievemente. «Posso capire, ma mi sembra veramente troppo pericoloso»

 

«Ho preso tutte le precauzioni. Anche se venissi scoperta, non potrebbero mai collegarmi a voi»

 

«Non è questo il punto!»

 

«A proposito» intervenne Agasa poggiando una mano sulla spalla di Conan. «Dove vai?»

 

«In un bar» rispose lei vaga, avvicinandosi al divano per controllare che nella grande borsa della stessa tinta verde scozzese della sua lunga gonna fosse tutto in ordine. «Ho un appuntamento con BloodyMary»

 

«Allora era veramente lei la ragazza in coma…» commentò lentamente Conan. «Perché?! Perché non mi hai permesso di indagare?!»

 

«E’ una cosa personale» Una leggera smorfia triste si dipinse su quelle labbra troppo rosse. Li superò, mettendosi la borsa a tracolla, e posò la mano sulla maniglia. «BloodyMary è la mia migliore amica, la persona a cui tenessi di più dopo mia sorella» Aprì la porta. «Non so se sarà disposta ad aiutarmi, ma almeno è una strada sicura»

 

«Come puoi davvero fidarti di lei?! È una dell’Organizzazione!» Conan si liberò dalla stretta del Dottor Agasa per rivolgerle uno sguardo di sfida.

 

Ai piegò le labbra all’indietro. «Anche io lo ero» E uscì.

 

Conan rimase interdetto, prima che potesse seguirla. «Si, ma…»

 

«Shinichi-kun» lo chiamò Agasa. «Credi davvero di essere l’unico a tenere a lei?» Mentre Conan osservava il suo vicino di casa con espressione attonita, simile a quella che aveva fatto davanti alla dichiarazione di Ran, lui proseguì «so che il tuo atteggiamento è dovuto a preoccupazione, ma, per una volta, dovresti lasciarla stare. Sa quello che fa, non è mai stata imprudente»

 

«Si, lo so» Conan abbassò lo sguardo, stringendo i pugni attorno alla sua giacchetta blu. «Ma dovrei davvero lasciarla andare a farsi ammazzare? È solo questo che posso fare per lei?»

 

Agasa scosse la testa. «Non posso comprendere tutti i suoi sentimenti, perché è difficile addentrarsi in una strada poco battuta, ma credo che questa situazione, per lei, equivalga ad esistere, come se fosse un fiore non ancora colto. Proteggila, ma lasciala vivere, per una volta che lo desidera. Pochi sono capaci di farlo» E Conan, tristemente, annuì. Era troppo tardi per seguirla, ormai.

 

«E poi» aggiunse ancora Agasa. «Puoi sempre usare la ricetrasmittente che le ho nascosto tra le cuciture della borsa»

 

***

 

Ai premette il pulsante di salita dell’ascensore nel parcheggio sotterraneo del magazzino Beika. Il tono con cui aveva discusso con Conan aveva ostentato più sicurezza di quanta non ne avesse in realtà, perché non era certa di potersi fidare di BloodyMary. Anzi, visto come si era comportata l’ultima volta che l’aveva incontrata, sarebbe stato più probabile che la aspettasse con la pistola puntata contro di lei. Ma non le importava quanto fosse pericoloso, aveva davvero molta voglia di vederla. Nonostante BloodyMary e Conan fossero l’uno l’opposto dell’altro, avevano un qualcosa di simile, qualcosa che la rendeva più coraggiosa, più forte, più sicura. E che, di conseguenza, la faceva rischiare di più.

 

La porta dell’ascensore si aprì con il tradizionale tin, illuminando della luce artificiale il sotterraneo. Non era più tempo di tirarsi indietro. Ai entrò e selezionò l’ultimo piano. Non appena le porte automatiche furono richiuse, prima ancora che l’ascensore partisse, Ai rovesciò tutto il contenuto della borsa a terra e si tolse la parrucca, rivelandone un’altra nera sotto, raccolta in un elegante chignon. Slacciò poi la cintura della gonna lunga scozzese e se la sfilò, rimanendo con la gonna beige lunga fino al ginocchio che indossava sotto. Quindi infilò la giacca in tinta con la gonna sopra la camicia bianca che portava fin dall’inizio, e cambiò la maschera sul viso, sostituendola con un’altra che teneva nella borsa, dentro un sacchetto da congelare. Per ultima cosa rigirò la borsa, che in realtà era double-face, facendola diventare nera, e vi infilò tutto dentro: il sacchetto, la parrucca e la gonna, facendo attenzione che non spuntasse nulla.

 

Un altro tin e l’ascensore si aprì all’ultimo piano, lasciando uscire una giovane mora vestita seriosa, molto diversa dalla castana tutto pepe che era entrata al piano sotterraneo. Ai si guardò intorno, cercando di sembrare il più naturale possibile. Era un poco in ritardo. BloodyMary si trovava già in quel luogo, proprio davanti alla porta del bar, divertendosi a osservare gli sguardi che i ragazzi che passavano tiravano alle sue lunghe gambe, lasciate scoperte dalla corta minigonna in jeans, e alla scollatura della maglietta nera.

Ai, cercando di superare il freddo che le legava le ginocchia come fossero radici, avanzò e la superò senza degnarla di un’occhiata, entrando nel bar. Si sedette su uno sgabello, appoggiando la borsa davanti a sé affinché nessuno potesse sbirciarvi dentro.

 

«Vorrei un BloodyMary» chiese rivolta al barista, ma in tono abbastanza alto, che fosse udibile fino alla porta.

 

«Subito!» Il barista si voltò e iniziò a preparare il cocktail.

 

Al sentire quelle parole, BloodyMary entrò nel bar, osservando quella donna curiosamente. Alla fine si decisa a sedersi sullo sgabello accanto a lei, fingendo una scelta casuale.

 

«Un whisky» disse al barista mentre questo consegnava il cocktail alla sua vicina.

 

«Certamente» rispose lui. «Può prendere qualche snack, se vuole…» aggiunse rivolto alla mora. Ai avvicinò a sé il bicchiere, ma ignorò le ciotole contenenti noccioline e patatine. Dovevano essere pieni di microrganismi patogeni.

 

«Non era un po’ troppo pericoloso, per te, infilarmi quella lettera sotto la camicia da letto?» chiese sottovoce la rossa, poggiandosi una mano a coppa sulla bocca. «Gran bel travestimento, comunque. Non ti avrei mai riconosciuta»

 

«Visto che sei tu a dirlo, lo ritengo un complimento» Dicendo questo, poggiò le labbra sulla cannuccia del cocktail, cercando di rendere il gesto più naturale possibile.

 

«Anch’io sono felice di rivederti» sorrise l’altra fingendosi rivolta al barista, mentre afferrava il bicchiere che lui le porgeva. «Possibile che per te sia così impossibile dirlo?»

 

«Visto come mi ha trattata l’ultima volta…» Ai, sollevata dal ritrovarla più simile alla bambina dell’Hokkaido che alla ragazza dell’Organizzazione, succhiò un po’ di quel liquido rosso. Tuttavia, restava preoccupata e triste, poichè gli occhi verdi erano ancora troppo spenti. Decide di cambiare discorso, per non colpevolizzarla sulla sua pessima condotta. Non era totalmente colpa sua, in fondo. «Come sei entrata in coma?»

 

«Un incidente autostradale. Stavo a inseguire un obbiettivo con la mia moto, ma la strada era troppo scivolosa» BloodyMary estrasse dal bicchiere un cubetto di ghiaccio e iniziò a morderlo. I suoi denti non erano mai stati troppo sensibili. «Avevo dei documenti falsi in tasca, così l’Organizzazione non ha avuto problemi, anche se stavo a curarmi all’ospedale pubblico. In realtà sei sorpresa di vedermi ancora viva, vero

 

Con un cenno leggero, da essere quasi impercettibile, Ai annuì. «Io e te siamo come zombie, morti ancora in vita. O come vampiri»

 

«Sei troppo lugubre, Shihochan. Anche Akemi-neechan lo diceva spesso» BloodyMary osservò i sottili fiumi che le scendevano tra le dita, lasciati dal cubetto di ghiaccio che aveva mangiato. Un misto di whisky e acqua. «Stai tranquilla, nonostante tutte le loro forze, nessuno dei nostri colleghi ha la minima idea di dove tu ti possa trovare. Immagina la loro sorpresa, se sapessero che sto qui a bere alcolici assieme a te»

 

«Preferisco non immaginarlo» Ai poggiò due dita sulle mani e deglutì a forza ciò che aveva succhiato dal suo bicchiere.

 

«Allora stiamo a parlare d’affari» BloodyMary bevve un lungo sorso, asciugandosi sensualmente un rivo che gli scendeva ad un lato delle labbra rosse e carnose. «Vuoi che io ti aiuti a debellare l’Organizzazione, non è così?»

 

«Ci sono altre alternative, per essere libera?»

 

«Benissimo» La rossa accavallò una gamba con un gesto rapido. «Io ho un solo obiettivo, la vendetta; tuttavia, se uccidessi Gin o il capo, non ci rimarrebbe molto tempo per parlare» Terminò in un sorso il resto della sua bevanda. «Io vivo solo con l’Organizzazione, ma, una volta completata la mia missione, non mi importerà più nulla. Stai pure a smantellarla, ti aiuterò, purchè tu mi permetta di uccidere Gin, vendicando così onichan»

 

«I nostri desideri ci portano a fare scelte paradossali, non credi?» Ai si tolse di bocca la cannuccia.

 

«Oh!» BloodyMary trattenne una risata. «Se gli uomini non vivessero seguendo i loro desideri, sarebbe tutto molto semplice. Ma anche molto noioso» Passò il dito sull’orlo bagnato del bicchiere. «Vivere un giorno da leoni o cento da pecora, questo è il problema»

 

«Nagisa…» Ai mormorò la richiesta brevemente e in un tono basso che ricordava quello delle anziane inchinate davanti all’effigie della Madonna. «Non preferiresti rinunciare al tuo desiderio, e vivere?» Curioso che fosse proprio lei a porre questa domanda, lei che poco prima aveva fatto una scelta analoga, preferendo essere in quel bar, piuttosto che sul comodo e caldo divano nella casa del Dottor Agasa, nascosta.

 

«Dopo la vendetta, ci sarebbe solo una cosa per cui davvero varrebbe la pena aspettare silenziosamente la fine» Si osservò le unghie. «O per cui varrebbe la pena cercare la fine»

 

«Di chi stai parlando?» Ai allontanò da sé il bicchiere. «Esistono anche per te persone per cui morire?»

 

«Esistono per tutti, solo che è difficile capirlo finché loro non sono già morte per te» I suoi occhi verdi palude scintillarono. «Ma non ti dirò il suo nome, Shihochan, è l’unico dei miei segreti»

 

Ai scoccò un’occhiata rapida all’orologio. Doveva andarsene, prima che diventasse troppo buio e prima che la gente affollasse gli ascensori, impedendogli il cambio di travestimento. «E’ nobile morire per una persona cara, ma stupido ed egoistico» E queste erano parole di Shinichi, non sue. Si alzò, appoggiando qualche moneta sul banco, sentendo che le viscere le si attorcigliavano per aver ingerito troppo liquido di quel cocktail orribile.

 

«Gli uomini sono stupidi ed egoisti, io e te non meno che altri» Nagisa si arrotolò una ciocca sangue attorno ad un dito, prima di infilarla in bocca e mordicchiarla. «Stai a dare un’occhiata al giornale, mi farò viva io» Ai annuì e si allontanò silenziosamente, sotto lo sguardo lascivo di alcuni uomini. A quella vista, BloodyMary sorrise. «Peccato che non sopportassi la gabbia dorata dell’Organizzazione, saresti potuta diventare un pezzo grosso» Si rivolse al barista, accennando al bicchiere mezzo pieno che la mora aveva lasciato sul bancone. «Potrei finirlo io?»

 

«Oh, se vuole…» Lui sembrò un poco stupito dalla richiesta, ma era suo dovere accontentare i clienti.

 

Nagisa lo prese e succhiò avidamente dalla cannuccia tutto il contenuto, lasciando che il liquido rosso scorresse rapidamente attraverso la gola. Ubriacarsi non sarebbe stato un brutto modo per lasciarsi andare.

 

***

 

Notte. Plenilunio. Gufi che tubano, faine che si svegliano. Frusci al limitare del bosco. E tutto sparisce, ingoiato nell’ombra scura di uno spazio infinito. In città, la notte può fare altrettanta paura, nonostante le luci e il movimento delle persone, perse in vicoli illuminate da tenui luci di fari. È difficile trovare differenza tra il bosco e la città, poiché in entrambi i posti troviamo predati e predatori. In certi casi, i predatori attendono la preda in bar isolati nelle periferie, dove ancora il pianista suona il blue e le canzoni vengono eseguite dal vivo.

 

«State qui a bere, come al solito» BloodyMary rubò la sigaretta dalla bocca dell’uomo dai capelli lunghi e biondi. «Mi domando come possiate essere davvero così utili all’Organizzazione» Aspirò forte.

 

L’uomo si limitò ad osservarla coi suoi occhi di ghiaccio, che incutevano paura a tutti a parte a due donne, ed una gli stava davanti in questo momento. «Allora?» Tirò fuori il pacchetto e si limitò a prenderne un’altra. «L’hai incontrata?»

 

«O-ohBloodyMary fece un risolino ironico, tenendo la sigaretta fra l’indice il medio. «Si vede proprio quanto ti sta a cuore, vero, Gin?»

 

«Non ho tempo da perdere con te» rispose brusco l’uomo. «Hai visto Sherry? In caso contrario, possiamo fare a meno della tua presenza»

 

«Un po’ di valium la mattina ti gioverebbe, sai?» scosse la testa lei. «Si, l’ho incontrata. È rimasta uguale, come se i cambiamenti esterni non potessero intaccare il suo cuore» Fissò lo sguardo su Gin che si riaccendeva la sigaretta. «Ha preso da te…»

 

«Cosa ti ha detto?» Gin ignorò i vari commenti. «Dove sta, con chi è…»

 

«Nulla di tutto ciò» BloodyMary spense la sigaretta sul piano del tavolo. «Noi due ci confidavamo poche cose»

 

«Credevo il contrario» intervenne timidamente l’altro uomo seduto al tavolo, con gli occhi coperti da spessi occhiali neri.

 

«Stavi a credere male» replicò brusca lei.

 

«Cosa vuoi?» tagliò corto Gin, senza che il tono di voce cambiasse minimamente.

 

«Sherry ha bisogno di un piccolo incoraggiamento, prima di confidarmi tutto» constatò BloodyMary. «Lascia fare a me e potrai nuovamente affondare i tuoi proiettili nella sua pelle candida» Scosse i capelli che, divenuti elettrostatici, le si stavano attaccando alle dolci guance. «E quando l’avrai fatto, mi farai incontrare il capo, come promesso» Ammiccando, li lasciò soli, riflettendo su come potessero essere flebili parole come promessa, fiducia, amicizia. L’uomo pensa solo ai proprio interessi, come qualsiasi animale, ed è disposto a tutto. Ma gli animali lottano solo per vivere. Gli animali non amano il sangue.

 

«Che pensi, Vodka?»

 

«Ci possiamo davvero fidare?» Si grattò il mento. «Non potremo ucciderla subito?»

 

«No, non è ancora il momento; prima dobbiamo scoprire il nascondiglio e tutti gli aiutanti, poi potrai farlo» Gin spezzò la sigaretta ancora accesa a metà. «E’ proprio vero che una donna intelligente è più pericolosa di una donna bella»

 

«Perché?» Vodka poggiò le mani sul tavolo. «Non sono le belle donne a fregare gli uomini?»

 

«Certo che si, ma per farlo hanno bisogno di una buona dose di furbizia» Gin avvicinò a sé il bicchiere pieno di liquore. «Una donna bella non può diventare intelligente, una donna intelligente troverà il modo di diventare una bella donna»

 

«Tu mi sembri davvero immune dal loro fascino…»

 

«Perché ho capito la vera natura delle donne» Gin bevve un sorso di liquore. «E degli uomini»

 

 

 

Note di Akemichan:

 

La frase in corsivo è ripresa da una delle Operette Morali di Leopardi, quella “Dialogo della Natura e di un Islandese”. Ricordo che quando l’avevo letta mi era venuta subito in mente la situazione di Ai. E poi, visto e considerato che Ai è una persona colta, suppongo che, se fosse italiana, conoscerebbe sicuramente quest’opera e sarebbe in grado di fare una citazione, ecco perché l’ho messa. Ed è anche una delle motivazioni principali che spinge Ai a combattere, chiara e concisa. Ci vediamo al capitolo quattro, sabato prossimo ^^

 

 

Reviews:

 

 

Mirtilla: ^///^ E io ne approfitto per dirti che sei fin troppo buona con me… Ma se la storia ti piace, non posso che esserne contenta…^^ In realtà, nemmeno io posso dire di conoscere così bene Ai, visto che è così misteriosa… Ma se voi dite che non è OOC, mi fido ^^ Per il cocktail non mi devi ringraziare, era mio dovere dirlo ^^ Meno male che me lo sono ricordato

 

Ginny85: Ah, non ti preoccupare, probabilmente sono io che lascio troppe cose in sospeso e poi alla fine non si capisce niente, mi dispiace ^^’’ Anche perché comincio a pensare che questa storia stia diventando un trattato di filosofia… ^^’’ Se hai dubbi sulla storia chiedimi pure ^^

 

Melanyholland: , se ne sei così sicura allora mi fido ^^ Ma aspetta a vedere il resto, non vorrei che poi la fine facesse pena… -.-’’ Ecco l’aggiornamento, ma non so se soddisferà del tutto la tua curiosità… ^^

 

Jaly Chan: Davvero? Ecco un’altra cosa che abbiamo in comune! Anch’io prendo il manga, anche se ritenevo l’edizione della Kabuki di qualità migliore… Anche se lo preferisco della star piuttosto che biannuale!! Se ti riferisci al caso di Halloween Party, devi vedere com’ero ridotta io quando ho finito di leggerlo…^^’’ Ma ho preferito non mettere spoiler eccessivi (e quello ti scombina non poco, lo sai, se è quello che intendevi…). Ai è anche il mio preferito (altrimenti che scrivevo a fare ^_-) e penso che Gosho le dovrà dare il finale migliore, nel fumetto, se non vuole morire, visto la quantità di suoi fan…^^’’ Strano che non ti sia arrivata l’e-mail… IL mio pc è sempre più fuori! Comunque, volevo dirti di andare a vedere questo link (purtroppo le frasi sono in inglese), perché a me a fatto morir dal ridere e visto la tua opinione in merito ho pensato che sarebbe piaciuto anche a te ^^

 

 

Preview:

 

 

«Novità, Nagisa

 

«Corri troppo rischi»

 

«Ma non esistono motivi per non uccidere»

 

«Io ho solo cose per cui morire…»

 

«Aiutami…»

 

   
 
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