La porta a vetri della stanza 22 del reparto
rianimazione si aprì senza fare alcun rumore, lasciando entrare il corpo snello
di un’infermiera dai lunghi capelli neri. Questa si avvicinò al letto,
rimboccando le coperte a quella bella addormentata, senza sapere che sarebbe stata il tuo principe azzurro. Prese la flebo quasi esaurita e la sostituì con quella nuova. Con
la mano destra affusolata sfiorò leggermente la guancia della paziente,
sentendo un brivido al contatto con quel corpo, troppo freddo per poter pensare
che fosse ancora viva, come invece suggeriva l’elettrocardiogramma. La mano
scivolò nel rosso sangue dei suoi capelli sparsi disordinatamente sul cuscino,
tanto che sembrava davvero morta per emorragia. Spostò una ciocca dietro
l’orecchia e si sporse a sussurrarle qualcosa.
«Nagisa, sono io… Sono Shiho…» L’infermiera
si alzò, scrollando i capelli neri ed uscì, silenziosa e misteriosa com’era
arrivata, come se non volesse realmente svegliarla.
Non passò nemmeno un battito di farfalla che l’elettrocardiogramma
si mosse, prima impercettibilmente, come le leggere onde del mare lambiscono una spiaggia in una calda giornata estiva, fino a
trasformarsi in una tempesta di grandi cavalloni. La ragazza mosse
per prima una mano, quindi, resasi conto della situazione, spalancò gli
occhi verdi. Si alzò di scatto, guardandosi attorno per trovare la presenza di
prima attorno a sé. Sbattè le palpebre, cercando di
riprendere il controllo su sé stessa. Si toccò il petto ricoperto solamente da
una leggera camicia da letto, sentendo il contatto con qualcosa al di sotto.
Alla fine si sdraiò nuovamente, rimanendo ad osservare il soffitto, indecisa su
come comportarsi.
***
Erano da poco passate le cinque. Al n. 22/2 di Beika il campanello suonò ripetutamente, come se fosse il
suono delle sirene della polizia. Il proprietario di casa, il Dottor Agasa, indaffarato in qualche sua strana invenzione, si
pulì le mani nel suo camice bianco prima di aprire.
«Sta succedendo qualcosa di strano, e non mi piace
affatto!» sbottò Conan sulla soglia, quindi entrò
sbattendo i piedi per terra. Era così agitato che si dimenticò persino di
togliersi le scarpe.
«Shinichi-kun…» cercò di
attrarre la sua attenzione Agasa, mentre chiudeva
delicatamente la porta dietro di lui.
«Haibara non è venuta a
scuola in questi giorni e non è malata» continuò lui imperterrito. «Sono sicuro
che non lo è! E’ diventata strana, da quando ha visto quella BloodyMary, o chi per lei, all’ospedale»
«Shinichi-kun…»
«Spero che non si comporti come l’ultima volta in
pullman! Credevo che finalmente si sentisse meglio…»
«Shinichi-kun…»
«Vuole sapere l’ultima? Quella ragazza si è
svegliata» Conan prese finalmente fiato. «Me l’ha
detto Mitsuhiko che l’ha casualmente vista mentre
usciva dall’ospedale, perfettamente guarita. Le sembra una cosa normale? Avrei
dovuto mettere quella microspia e non dire nulla ad Haibara!»
«Kudou-kun…»
Conan alzò lo sguardo verso la
voce che l’aveva chiamato per ultimo, una voce che aveva potuto sentire una
volta soltanto e nemmeno troppo bene, anche se il tono gli pareva lo stesso.
Dal piano superiore scendeva delicatamente una giovane donna, dai capelli ricci
e castano scuro e lo sguardo sbarazzino.
«Chi… Come… Cosa… Haibara…?»
balbettò lui.
«Che c’è?» disse Ai con lo
stesso tono che usava spesso per fargli capire cose per lei elementari. «E’
solo una maschera e una parrucca»
Sentendosi trattato veramente come un bambino, Conan si ingobbì. «Questo l’avevo capito… ma perché sei tornata adulta?! Hai finalmente
trovato l’antidoto?»
«No, è lo stesso che ti ho
dato l’ultima volta»
«Non avevi detto che era pericoloso prenderlo?»
«Ho analizzato la formula e ho modificato
leggermente la struttura molecolare. Adesso i rischi sono ridotti e l’effetto è
aumentato. Non sono lontanissima dalla soluzione definitiva» Ai si passò una mano
tra i fili scuri della parrucca, rivolgendosi ad Agasa.
«Allora?»
«Sembri un’altra, davvero» rispose il dottore. «Non
ti riconosceranno di sicuro»
«Chi non dovrebbe
riconoscerla?» domandò Conan impaziente. «Perché
nessuno mi spiega niente?! Gli uomini dell’Organizzazione sono
anche affar mio e di sicuro non ti lascerò andare da
sola!»
«Invece dovrai» replicò
calma Ai. «Con la mia sola presenza ti ho già causato
troppi problemi. Non mi hai detto tu stesso che non devo
scappare dal mio destino? Che devo smetterla di
piangermi addosso?»
«Non intendevo certo mandarti così allo sbaraglio!» Conan si massaggiò una tempia. «Non è da te essere così
spericolata… Che ti succede?»
«Lo scoiattolo
scappa sempre dal serpente a sonagli, finchè
non gli cade in bocca da sé medesimo» Ai si appoggiò al muro, una
mano infilata nella tasca della lunga gonna verde scozzese, l’altra poggiata
all’altezza del colletto della camicia bianca. «Sia che
faccia qualcosa, sia che rimanga nascosta, la mia vita è in pericolo» mormorò,
tossendo leggermente. Sembrava sul punto di soffocare, trattenendo
chissà quale tristezza dentro di sé. «Così mi sembra di morire…» Alzò lo
sguardo verso di lui, che rivide gli stessi occhi che lei aveva quando piangeva
per sua sorella. «Che senso ha vivere in questo modo?
Dimmi, che senso ha vivere ogni giorno col terrore di morire, anche senza far
nulla? Tutti i mortali sono destinati a morire, la vita non è
altro che attesa della morte. Perché dovrei dunque prolungare
le mie sofferenze osservando il ticchettio lento delle ore?» Aspettò una
risposta che non poteva arrivare. «Prima o poi
mi troveranno, perciò tanto vale che rischi la mia vita per qualcosa di utile»
Conan si calmò lievemente. «Posso
capire, ma mi sembra veramente troppo pericoloso»
«Ho preso tutte le precauzioni. Anche se venissi scoperta, non potrebbero mai collegarmi a voi»
«Non è questo il punto!»
«A proposito» intervenne Agasa
poggiando una mano sulla spalla di Conan. «Dove vai?»
«In un bar» rispose lei vaga, avvicinandosi al
divano per controllare che nella grande borsa della
stessa tinta verde scozzese della sua lunga gonna fosse tutto in ordine. «Ho un
appuntamento con BloodyMary»
«Allora era veramente lei la
ragazza in coma…» commentò lentamente Conan. «Perché?!
Perché non mi hai permesso di indagare?!»
«E’ una cosa personale» Una leggera smorfia triste
si dipinse su quelle labbra troppo rosse. Li superò, mettendosi la borsa a
tracolla, e posò la mano sulla maniglia. «BloodyMary
è la mia migliore amica, la persona a cui tenessi di
più dopo mia sorella» Aprì la porta. «Non so se sarà disposta ad aiutarmi, ma
almeno è una strada sicura»
«Come puoi davvero fidarti di lei?! È una
dell’Organizzazione!» Conan si liberò dalla stretta
del Dottor Agasa per rivolgerle uno sguardo di sfida.
Ai piegò le labbra
all’indietro. «Anche io lo ero» E uscì.
Conan rimase interdetto, prima che
potesse seguirla. «Si, ma…»
«Shinichi-kun» lo chiamò Agasa. «Credi davvero di essere
l’unico a tenere a lei?» Mentre Conan osservava il
suo vicino di casa con espressione attonita, simile a quella che aveva fatto
davanti alla dichiarazione di Ran, lui proseguì «so
che il tuo atteggiamento è dovuto a preoccupazione, ma, per una volta, dovresti
lasciarla stare. Sa quello che fa, non è mai stata imprudente»
«Si, lo so» Conan abbassò lo sguardo, stringendo i pugni attorno alla
sua giacchetta blu. «Ma dovrei davvero lasciarla
andare a farsi ammazzare? È solo questo che posso fare per lei?»
Agasa scosse la testa. «Non posso
comprendere tutti i suoi sentimenti, perché è difficile addentrarsi in una
strada poco battuta, ma credo che questa situazione, per lei, equivalga ad
esistere, come se fosse un fiore non ancora colto. Proteggila, ma lasciala
vivere, per una volta che lo desidera. Pochi sono capaci di farlo» E Conan, tristemente, annuì. Era troppo tardi per seguirla,
ormai.
«E poi» aggiunse ancora Agasa. «Puoi sempre usare la ricetrasmittente che le ho nascosto tra le cuciture della borsa»
***
Ai premette il pulsante di
salita dell’ascensore nel parcheggio sotterraneo del magazzino Beika. Il tono con cui aveva discusso con Conan aveva ostentato più sicurezza di quanta
non ne avesse in realtà, perché non era certa di potersi fidare di BloodyMary. Anzi, visto come si era comportata l’ultima
volta che l’aveva incontrata, sarebbe stato più probabile che
la aspettasse con la pistola puntata contro di lei. Ma non le importava quanto fosse pericoloso, aveva davvero molta voglia di vederla. Nonostante BloodyMary e Conan fossero l’uno l’opposto dell’altro, avevano un
qualcosa di simile, qualcosa che la rendeva più coraggiosa, più forte, più
sicura. E che, di conseguenza, la faceva rischiare di
più.
La porta dell’ascensore si aprì con il tradizionale
tin, illuminando della luce artificiale il sotterraneo. Non era più tempo di
tirarsi indietro. Ai entrò e selezionò l’ultimo piano.
Non appena le porte automatiche furono richiuse, prima ancora che l’ascensore
partisse, Ai rovesciò tutto il contenuto della borsa a
terra e si tolse la parrucca, rivelandone un’altra nera sotto, raccolta in un
elegante chignon. Slacciò poi la cintura della gonna lunga scozzese e se la
sfilò, rimanendo con la gonna beige lunga fino al ginocchio che indossava
sotto. Quindi infilò la giacca in tinta con la gonna sopra
la camicia bianca che portava fin dall’inizio, e cambiò la maschera sul viso,
sostituendola con un’altra che teneva nella borsa, dentro un sacchetto da
congelare. Per ultima cosa rigirò la borsa, che in realtà era double-face,
facendola diventare nera, e vi infilò tutto dentro: il
sacchetto, la parrucca e la gonna, facendo attenzione che non spuntasse nulla.
Un altro tin e l’ascensore si aprì
all’ultimo piano, lasciando uscire una giovane mora vestita seriosa, molto
diversa dalla castana tutto pepe che era entrata al piano sotterraneo. Ai si
guardò intorno, cercando di sembrare il più naturale possibile. Era un poco in
ritardo. BloodyMary si trovava già in quel luogo,
proprio davanti alla porta del bar, divertendosi a
osservare gli sguardi che i ragazzi che passavano tiravano alle sue lunghe
gambe, lasciate scoperte dalla corta minigonna in jeans, e alla scollatura
della maglietta nera.
Ai, cercando di superare il
freddo che le legava le ginocchia come fossero radici, avanzò e la superò senza
degnarla di un’occhiata, entrando nel bar. Si sedette su uno sgabello,
appoggiando la borsa davanti a sé affinché nessuno potesse sbirciarvi dentro.
«Vorrei un BloodyMary»
chiese rivolta al barista, ma in tono abbastanza alto, che fosse udibile fino
alla porta.
«Subito!» Il barista si voltò e iniziò a preparare
il cocktail.
Al sentire quelle parole, BloodyMary
entrò nel bar, osservando quella donna curiosamente. Alla fine si decisa a sedersi sullo sgabello accanto a lei, fingendo
una scelta casuale.
«Un whisky» disse al barista mentre questo
consegnava il cocktail alla sua vicina.
«Certamente» rispose lui. «Può prendere qualche
snack, se vuole…» aggiunse rivolto alla mora. Ai avvicinò a sé il bicchiere, ma
ignorò le ciotole contenenti noccioline e patatine. Dovevano essere pieni di
microrganismi patogeni.
«Non era un po’ troppo pericoloso, per te, infilarmi
quella lettera sotto la camicia da letto?» chiese sottovoce la rossa,
poggiandosi una mano a coppa sulla bocca. «Gran bel travestimento, comunque. Non ti avrei mai riconosciuta»
«Visto che sei tu a dirlo,
lo ritengo un complimento» Dicendo questo, poggiò le labbra sulla cannuccia del
cocktail, cercando di rendere il gesto più naturale possibile.
«Anch’io sono felice di
rivederti» sorrise l’altra fingendosi rivolta al barista, mentre afferrava il
bicchiere che lui le porgeva. «Possibile che per te sia così impossibile dirlo?»
«Visto come mi ha trattata
l’ultima volta…» Ai, sollevata dal ritrovarla più simile alla bambina
dell’Hokkaido che alla ragazza dell’Organizzazione, succhiò un po’ di quel
liquido rosso. Tuttavia, restava preoccupata e triste,
poichè gli occhi verdi erano ancora troppo spenti. Decide
di cambiare discorso, per non colpevolizzarla sulla sua pessima condotta. Non
era totalmente colpa sua, in fondo. «Come sei entrata in coma?»
«Un incidente autostradale. Stavo a
inseguire un obbiettivo con la mia moto, ma la strada era troppo scivolosa» BloodyMary estrasse dal bicchiere un cubetto di ghiaccio e
iniziò a morderlo. I suoi denti non erano mai stati troppo sensibili. «Avevo
dei documenti falsi in tasca, così l’Organizzazione non ha avuto problemi,
anche se stavo a curarmi all’ospedale pubblico. In
realtà sei sorpresa di vedermi ancora viva, vero?»
Con un cenno leggero, da essere quasi impercettibile,
Ai annuì. «Io e te siamo come
zombie, morti ancora in vita. O come vampiri»
«Sei troppo lugubre, Shihochan. Anche Akemi-neechan lo diceva spesso» BloodyMary
osservò i sottili fiumi che le scendevano tra le dita, lasciati dal cubetto di
ghiaccio che aveva mangiato. Un misto di whisky e acqua. «Stai tranquilla,
nonostante tutte le loro forze, nessuno dei nostri colleghi ha la minima idea
di dove tu ti possa trovare. Immagina la loro
sorpresa, se sapessero che sto qui a bere alcolici
assieme a te»
«Preferisco non immaginarlo» Ai poggiò
due dita sulle mani e deglutì a forza ciò che aveva succhiato dal suo
bicchiere.
«Allora stiamo a parlare
d’affari» BloodyMary bevve un lungo sorso,
asciugandosi sensualmente un rivo che gli scendeva ad un lato delle labbra
rosse e carnose. «Vuoi che io ti aiuti a debellare l’Organizzazione, non è
così?»
«Ci sono altre alternative,
per essere libera?»
«Benissimo» La rossa accavallò una gamba con un
gesto rapido. «Io ho un solo obiettivo, la vendetta; tuttavia, se uccidessi Gin
o il capo, non ci rimarrebbe molto tempo per parlare» Terminò in un sorso il
resto della sua bevanda. «Io vivo solo con l’Organizzazione, ma, una volta
completata la mia missione, non mi importerà più
nulla. Stai pure a smantellarla, ti aiuterò, purchè
tu mi permetta di uccidere Gin, vendicando così onichan»
«I nostri desideri ci portano a
fare scelte paradossali, non credi?» Ai si tolse di bocca la cannuccia.
«Oh!» BloodyMary trattenne
una risata. «Se gli uomini non vivessero seguendo i
loro desideri, sarebbe tutto molto semplice. Ma anche
molto noioso» Passò il dito sull’orlo bagnato del bicchiere. «Vivere un giorno
da leoni o cento da pecora, questo è il problema»
«Nagisa…» Ai mormorò la richiesta brevemente e in un tono basso che
ricordava quello delle anziane inchinate davanti all’effigie della Madonna. «Non
preferiresti rinunciare al tuo desiderio, e vivere?» Curioso che fosse proprio
lei a porre questa domanda, lei che poco prima aveva fatto una scelta analoga,
preferendo essere in quel bar, piuttosto che sul comodo e caldo divano nella
casa del Dottor Agasa, nascosta.
«Dopo la vendetta, ci sarebbe solo una cosa per cui davvero varrebbe la pena aspettare silenziosamente
la fine» Si osservò le unghie. «O per cui varrebbe la
pena cercare la fine»
«Di chi stai parlando?» Ai
allontanò da sé il bicchiere. «Esistono anche per te persone per
cui morire?»
«Esistono per tutti, solo che è difficile capirlo
finché loro non sono già morte per te» I suoi occhi verdi palude scintillarono.
«Ma non ti dirò il suo nome, Shihochan, è l’unico dei
miei segreti»
Ai scoccò un’occhiata
rapida all’orologio. Doveva andarsene, prima che diventasse troppo buio e prima
che la gente affollasse gli ascensori, impedendogli il cambio di travestimento.
«E’ nobile morire per una persona cara, ma stupido ed egoistico» E queste erano
parole di Shinichi, non sue. Si alzò, appoggiando
qualche moneta sul banco, sentendo che le viscere le si
attorcigliavano per aver ingerito troppo liquido di quel cocktail
orribile.
«Gli uomini sono stupidi ed egoisti, io e te non
meno che altri» Nagisa si arrotolò una ciocca sangue
attorno ad un dito, prima di infilarla in bocca e mordicchiarla. «Stai a dare un’occhiata al giornale, mi farò viva io» Ai annuì e
si allontanò silenziosamente, sotto lo sguardo lascivo di alcuni uomini. A
quella vista, BloodyMary sorrise. «Peccato che non
sopportassi la gabbia dorata dell’Organizzazione, saresti potuta diventare un
pezzo grosso» Si rivolse al barista, accennando al bicchiere mezzo pieno che la
mora aveva lasciato sul bancone. «Potrei finirlo io?»
«Oh, se vuole…» Lui sembrò un poco stupito dalla
richiesta, ma era suo dovere accontentare i clienti.
Nagisa lo
prese e succhiò avidamente dalla cannuccia tutto il contenuto, lasciando che il
liquido rosso scorresse rapidamente attraverso la gola. Ubriacarsi non sarebbe
stato un brutto modo per lasciarsi andare.
***
Notte. Plenilunio. Gufi che tubano, faine che si
svegliano. Frusci al limitare del bosco. E tutto
sparisce, ingoiato nell’ombra scura di uno spazio infinito. In città, la notte
può fare altrettanta paura, nonostante le luci e il movimento delle persone,
perse in vicoli illuminate da tenui luci di fari. È difficile trovare
differenza tra il bosco e la città, poiché in entrambi i posti troviamo predati e predatori. In certi casi, i predatori
attendono la preda in bar isolati nelle periferie, dove ancora il pianista
suona il blue e le canzoni vengono eseguite dal vivo.
«State qui a bere, come al
solito» BloodyMary rubò la sigaretta dalla bocca
dell’uomo dai capelli lunghi e biondi. «Mi domando come possiate essere davvero
così utili all’Organizzazione» Aspirò forte.
L’uomo si limitò ad osservarla coi
suoi occhi di ghiaccio, che incutevano paura a tutti a parte a due donne, ed
una gli stava davanti in questo momento. «Allora?» Tirò fuori il pacchetto e si
limitò a prenderne un’altra. «L’hai incontrata?»
«O-oh!» BloodyMary fece un risolino ironico, tenendo la sigaretta
fra l’indice il medio. «Si vede proprio quanto ti sta a
cuore, vero, Gin?»
«Non ho tempo da perdere con te» rispose brusco
l’uomo. «Hai visto Sherry? In caso contrario, possiamo fare a meno della tua
presenza»
«Un po’ di valium la mattina ti gioverebbe, sai?»
scosse la testa lei. «Si, l’ho incontrata. È rimasta
uguale, come se i cambiamenti esterni non potessero intaccare il suo cuore»
Fissò lo sguardo su Gin che si riaccendeva la sigaretta. «Ha preso da te…»
«Cosa ti ha detto?» Gin
ignorò i vari commenti. «Dove sta, con chi è…»
«Nulla di tutto ciò» BloodyMary
spense la sigaretta sul piano del tavolo. «Noi due ci confidavamo poche cose»
«Credevo il contrario» intervenne timidamente
l’altro uomo seduto al tavolo, con gli occhi coperti da spessi occhiali neri.
«Stavi a credere male»
replicò brusca lei.
«Cosa vuoi?» tagliò corto
Gin, senza che il tono di voce cambiasse minimamente.
«Sherry ha bisogno di un piccolo incoraggiamento,
prima di confidarmi tutto» constatò BloodyMary. «Lascia fare a me e potrai nuovamente affondare
i tuoi proiettili nella sua pelle candida» Scosse i capelli che, divenuti
elettrostatici, le si stavano attaccando alle dolci
guance. «E quando l’avrai fatto, mi farai incontrare
il capo, come promesso» Ammiccando, li lasciò soli, riflettendo su come potessero
essere flebili parole come promessa, fiducia, amicizia. L’uomo pensa solo ai proprio interessi, come qualsiasi animale, ed è disposto
a tutto. Ma gli animali lottano solo per vivere. Gli
animali non amano il sangue.
«Che pensi, Vodka?»
«Ci possiamo davvero fidare?» Si grattò il mento. «Non
potremo ucciderla subito?»
«No, non è ancora il momento; prima dobbiamo
scoprire il nascondiglio e tutti gli aiutanti, poi potrai farlo» Gin spezzò la
sigaretta ancora accesa a metà. «E’ proprio vero che una donna intelligente è
più pericolosa di una donna bella»
«Perché?» Vodka poggiò le
mani sul tavolo. «Non sono le belle donne a fregare gli uomini?»
«Certo che si, ma per farlo hanno bisogno di una
buona dose di furbizia» Gin avvicinò a sé il bicchiere pieno di liquore. «Una
donna bella non può diventare intelligente, una donna intelligente troverà il
modo di diventare una bella donna»
«Tu mi sembri davvero immune dal loro fascino…»
«Perché ho capito la vera
natura delle donne» Gin bevve un sorso di liquore. «E
degli uomini»
Note di Akemichan:
La frase in corsivo è ripresa da una delle Operette
Morali di Leopardi, quella “Dialogo della Natura e di un Islandese”. Ricordo
che quando l’avevo letta mi era venuta subito in mente la situazione di Ai. E poi, visto e considerato che
Ai è una persona colta, suppongo che, se fosse italiana, conoscerebbe
sicuramente quest’opera e sarebbe in grado di fare
una citazione, ecco perché l’ho messa. Ed è anche una delle motivazioni
principali che spinge Ai a combattere, chiara e
concisa. Ci vediamo al capitolo quattro, sabato prossimo ^^
Reviews:
Mirtilla: ^///^ E io ne approfitto
per dirti che sei fin troppo buona con me… Ma se la storia ti piace, non posso
che esserne contenta…^^ In realtà, nemmeno io posso dire di conoscere così bene
Ai, visto che è così misteriosa… Ma se voi dite che non è OOC, mi fido ^^ Per
il cocktail non mi devi ringraziare, era mio dovere dirlo ^^ Meno male che me
lo sono ricordato
Ginny85: Ah, non ti preoccupare, probabilmente sono
io che lascio troppe cose in sospeso e poi alla fine non si capisce niente, mi
dispiace ^^’’ Anche perché comincio a pensare che questa storia stia diventando
un trattato di filosofia… ^^’’ Se hai dubbi sulla storia chiedimi pure ^^
Melanyholland: Bè,
se ne sei così sicura allora mi fido ^^ Ma aspetta a vedere il resto, non
vorrei che poi la fine facesse pena… -.-’’ Ecco l’aggiornamento,
ma non so se soddisferà del tutto la tua curiosità… ^^
Jaly Chan:
Davvero? Ecco un’altra cosa che abbiamo in comune! Anch’io
prendo il manga, anche se ritenevo l’edizione della Kabuki
di qualità migliore… Anche se lo preferisco della star piuttosto che biannuale!! Se ti riferisci al
caso di Halloween Party, devi vedere com’ero ridotta
io quando ho finito di leggerlo…^^’’ Ma ho preferito non mettere spoiler
eccessivi (e quello ti scombina non poco, lo sai, se è quello che intendevi…). Ai
è anche il mio preferito (altrimenti che scrivevo a fare ^_-) e penso che Gosho le dovrà dare il finale migliore, nel fumetto, se non
vuole morire, visto la quantità di suoi fan…^^’’ Strano che non ti sia arrivata
l’e-mail… IL mio pc è sempre più fuori! Comunque, volevo dirti di andare a vedere questo link (purtroppo le frasi sono in inglese), perché a me a
fatto morir dal ridere e visto la tua opinione in merito ho pensato che sarebbe
piaciuto anche a te ^^
Preview:
«Novità, Nagisa?»
«Corri troppo rischi»
«Ma non esistono motivi per
non uccidere»
«Io ho solo cose per cui
morire…»
«Aiutami…»