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Autore: katvil    16/10/2018    1 recensioni
Fissa un punto non ben definito all’orizzonte, stringendosi nella giacca. In realtà, non sta guardando proprio niente, la sua mente è occupata da altro. Immagini, voci, frasi, pensieri, che l’hanno portata proprio lì, su quel muretto.
Le spunta un sorriso sulle labbra, mentre la brezza leggera accarezza i suoi lunghi capelli biondi. Ripensa a un paio di sere prima, quando era lì con Bryant, a quello che è successo.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fissa un punto non ben definito all’orizzonte, stringendosi nella giacca. In realtà, non sta guardando proprio niente, la sua mente è occupata da altro. Immagini, voci, frasi, pensieri, che l’hanno portata proprio lì, su quel muretto.
Le spunta un sorriso sulle labbra, mentre la brezza leggera accarezza i suoi lunghi capelli biondi. Ripensa a un paio di sere prima, quando era lì con Bryant, a quello che è successo.
 
«Vieni, voglio farti vedere quanto è bella New York da qua su!», le aveva detto, mentre la prendeva per mano e la invitava a sedersi sul muretto.
Il cielo si stava colorando di rosso, regalando loro uno splendido tramonto. Il ragazzo si è avvicinato, sedendole a fianco. Le ha passato un braccio intorno alla vita, donandole un brivido emozionante.
«Vedi quel parco?», le ha chiesto, indicando un punto all’orizzonte, a destra della Statua della Libertà, «Sai come si chiama?».
«No, non ne ho idea», gli ha accennato un sorriso.
«Quello è il Bryant Park», le ha risposto sicuro, poi è scoppiato in una fragorosa risata.
«Mi stai prendendo in giro?», gli ha chiesto dubbiosa, aggrottando le sopracciglia.
L’ha visto cambiare espressione, cercando di sforzarsi per restare serio e portandosi la mano destra al petto, «Giuro, mano sul cuore, che non ti sto prendendo in giro. Devo il mio nome a quel parco, al fatto che i miei genitori mi abbiano concepito su una panchina del Bryant Park».
È scoppiato nuovamente a ridere, mentre lei non riusciva a fare altro che fissarlo, perdendosi nel suo splendido sorriso. Poi è tornato serio, prendendole le mani e iniziando ad accarezzarne i palmi.
Ha lasciato correre lo sguardo lungo i lineamenti di Bryant: gli occhi scuri e intensi, i capelli castani leggermente lunghi, il naso perfetto. Ha fatto l’errore di esitare un po’ di più sulla sua bocca, iniziando a provare sensazioni che non si sentiva ancora pronta ad affrontare.
Si è ritratta immediatamente, allontanandosi e dandogli le spalle. Dopo alcuni secondi, ha sentito le mani del ragazzo posarsi sulle sue spalle. Si è voltata, incrociando i suoi occhi e il suo sorriso rassicurante. «Non devi aver paura di me, di quello che proviamo. Non devi aver paura di essere felice». Le ha posato una mano sulla nuca, avvicinando i loro volti, poi l’ha guardata per un secondo, come a volerle chiedere il permesso per spingersi oltre.
Lei gli ha sorriso, unendo le loro labbra in un bacio sensuale, appassionato, dolce, emozionante.
A un tratto, il telefono di Bryant ha iniziato a suonare e lui si è allontanato per rispondere. Dopo pochi minuti, è tornato da lei, ma la sua espressione era totalmente cambiata.
«Ally, io… Io devo andare…», si è passato una mano tra i capelli, «Sai come tornare a casa da qua?».
Lei ha annuito.
«Ok… allora… ci vediamo…». L’ha guardata per un attimo poi se n’è andato e, da allora, non l’ha più né visto né sentito.
 
Una pioggia leggera inizia a bagnarla, mentre i suoi pensieri corrono, chiedendosi che fine abbia fatto Bryant, che cosa abbia causato la sua reazione così inaspettata.
Serra gli occhi, mentre le lacrime iniziano a mescolarsi alla pioggia. Non riesce a credere che l’abbia presa in giro, che sia riuscito a convincerla che poteva fidarsi di lui per poi abbandonarla. Sente la rabbia salirle dentro, assieme alla voglia di gridare con tutto il fiato che ha in corpo.
«Allison Burges, sei una stupida! Sei la più stupida dell’intero continente, dell’intero universo!», urla con le mani appoggiate al muretto e il viso rivolto a quel dannato parco.
A un tratto, si accorge che qualcuno l’ha affiancata, coprendola con un ombrello. Si volta, trovandosi davanti gli occhi scuri di Bryant. Per alcuni secondi restano uno di fronte all’altra, fissandosi senza dire nulla.
«Ammazza che ugola! Sono certo che ti abbiano sentito persino le anatre di Central Park», le sorride.
In un primo momento, Allison resta ferma a fissarlo. Lo stupore di trovarselo a fianco prende il sopravvento, ma, dopo un po’, la rabbia torna a uscire.
Lo guarda, sfoggiando un’espressione accigliata e allontanandosi, «Chi non muore si rivede».
Bryant si passa una mano tra i capelli, tornando ad avvicinarsi, «Ally, ti stai bagnando tutta…».
Continua a guardarla, mentre sul suo volto può leggere tutta la rabbia che prova e che sente di meritarsi, almeno in parte. Quante volte ha pensato di chiamarla negli ultimi due giorni, rinunciando stupidamente? Fissa i suoi occhi chiari, che si stanno riempiendo di lacrime, e sente come se il cuore gli si fermasse. Se c’è una cosa che odia, è vedere Ally piangere, soprattutto se la colpa è solo sua.
Allison si allontana, alzando il tono della voce, «Adesso t’importa del fatto che prenda due gocce di pioggia, ma l’altra sera non ti sei fatto nessun scrupolo nel lasciarmi sola. Sarebbe potuto arrivare chiunque, te ne rendi conto? Il bello è che non mi hai nemmeno cercata per sapere se fosse tutto a posto. Sarei potuta persino essere morta, ma per te non avrebbe fatto nessuna differenza…», abbassa lo sguardo.
Bryant cerca di giustificarsi «Beh… sono tornato qua…».
«Dopo due giorni!», alza le sopracciglia spazientita.
«Sei stata qua ad aspettarmi tutto questo tempo?», cerca di trattenere una risata.
«Se non la smetti di fare il cretino, giuro che ti butto al di là di questo muro e resto a guardarti mentre ti vai a schiantare sul tetto di un qualche grattacielo».
Il ragazzo non riesce a trattenersi e scoppia a ridere: Ally è così buffa, con i capelli bagnati e quell’espressione incazzata che la rende tremendamente sexy. Poi prende un lungo respiro «Scusami…», e abbassa lo sguardo.
«Per cosa? Per essertene andato senza avermi dato nessuna spiegazione? Per avermi lasciato qua da sola? Per non esserti fatto sentire per due giorni? O per essere venuto qua a fare il cretino, invece di raccontarmi cosa ti è successo?».
«Per tutto…», fatica a sostenere il suo sguardo glaciale. «L’altra sera… Ecco… Al telefono era mia madre…», sospira, mentre va a sedersi sul muretto. La pioggia ha smesso di scendere, lasciando nell’aria quell’odore di erba bagnata che gli è sempre piaciuto. Respira a pieni polmoni, come se inalare quel profumo gli servisse da calmante. «Mia mamma… Non sta bene…», si passa una mano sul volto, per poi riprendere a fissare un punto all’orizzonte. «Da un paio di anni, da quando mio fratello e mio padre sono morti, la sua testa… Ecco… Le sono rimasto solo io e si è attaccata morbosamente a me. Teme che la possa lasciare e io… Io ho paura che possa commettere un qualche gesto assurdo, ecco perché sono scappato appena mi ha chiamato. Sembrava così disperata che ho davvero temuto per lei… Ci sono giorni in cui è lucida, quasi tranquilla, ma altri in cui non va… Fatica a riconoscermi, chiamandomi sempre con il nome di mio fratello», cerca inutilmente di trattenere le lacrime.
Allison addolcisce l’espressione. A un tratto, si sente quasi in colpa per aver pensato male di Bryant. Si avvicina al muretto, sedendogli accanto, «Dev’essere dura per te».
«Già…», abbassa lo sguardo, «Non è facile, anche perché non posso fare a meno di pensare a com’era prima, alla donna solare e amante della vita, che mi leggeva le poesie di Whitman e cantava a squarcia gola le canzoni dei Doors». Gli scappa un sorriso, che muore sulle sue labbra nel giro di pochi secondi. «Quel giorno maledetto ha sconvolto le nostre vite, chiudendola in una specie di bolla che la isola dalla realtà e dalla quale difficilmente riesce a uscire».
Prende un lungo respiro «Io ho cercato di fare qualsiasi cosa per lei, ma non era più possibile andare avanti così. Non potevo uscire per andare al lavoro e avere paura nel rientrare a casa perché non sapevo come l’avrei trovata. Così ho dovuto prendere una decisione, la più difficile della mia vita, e farla ricoverare in un istituto. Ecco perché sono sparito: mi sono dovuto occupare di lei, di trovare il posto giusto per farla stare meglio. Ho passato gli ultimi due giorni fuori e dentro dall’istituto, non volevo che si sentisse abbandonata…», abbassa lo sguardo, asciugandosi gli occhi.
Allison lo guarda, stupendosi nel vederlo così impacciato. Tutta la rabbia che aveva dentro è svanita, lasciando il posto a una gran voglia di abbracciarlo.
Lui si volta, prendendole le mani e guardandola negli occhi, «Scusami, Ally. Non sarei dovuto scappare così, per poi sparire nel nulla… Io…».
Lo interrompe, portandogli l’indice sulle labbra, «Non devi giustificarti oltre, Bryant. Hai fatto quello che dovevi, non fartene una colpa. Io sto bene, tua mamma adesso sta bene perciò si è sistemato tutto». Gli regala un sorriso, mentre gli passa una mano intorno alla vita, stringendolo a sé. Lo abbraccia, iniziando a far scorrere le mani sulla sua schiena.
Il ragazzo appoggia il volto nell’incavo tra il collo e la spalla di Allison, respirando a pieni polmoni il suo profumo, come se fosse l’ossigeno che gli permette di sopravvivere. «Ally… Io… Non so cosa fare… Vorrei solo che stesse bene, che tornasse com’era, ma so che non accadrà mai…».
Sente le lacrime di Bryant bagnarle il collo. Lo stringe maggiormente a sé, accarezzandogli i capelli, «Andrà tutto bene, Bry. Ne sono certa».
Bryant alza il volto, fissando gli occhi di Allison. Sono così grandi e chiari che ci si potrebbe perdere. Con la manica della giacca, asciuga le lacrime che gli hanno rigato il volto.
«Ripetimelo», le chiede, stringendole le mani.
«Cosa?», lo guarda leggermente confusa.
«Quello che mi hai detto prima, mentre mi accarezzavi la testa».
Gli sorride, stringendo la presa sulle sue mani, «Andrà tutto bene, Bry».
Resta per qualche minuto in silenzio, beandosi del sorriso della ragazza che ha davanti. Poi sorride a sua volta, appoggiando la fronte a quella di Allison, «Se lo dici tu, devo crederci per forza».
«Credici», gli risponde poi unisce le loro labbra in un bacio delicato, ma sensuale, come a sigillare il loro patto.
   
 
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