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Autore: MaxB    17/10/2018    3 recensioni
In barba al mio terrore delle scadenze, quest'anno partecipo anche io alla Gajevy Week, e non solo da lettrice!
Spero che il mio piccolo contributo possa piacervi e riempirvi le vene di fluff^^
31/01: Bonus day - Dojo Au
14/02: 1 - Matching
15/02: 2 - Longing
16/02: 3 - Pillow Talk
19/02: 6 - Grief
26/02: 7 - Living Together
17/10/2018: 5 - Trouble Twins
Prompt dei prompt: il letto ;)
Enjoy the Week♥
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gajil Redfox, Levy McGarden, Pantherlily
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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5. Trouble Twins

Nota pre-lettura: questo capitolo è stato pubblicato dopo molto tempo rispetto alla scadenza originaria perché fa parte di una collaborazione in corso con una bravissima artista e amica, C63. Nelle note a fondo pagina trovate tutte le info e i link per seguirla e avere un'anteprima di questo capitolo reso come comic :)

- Che diavolo succede? Si sentono i vostri schiamazzi da cinque isolati di distanza invece che da tre! – sbraitò Gajeel mettendo piede nella gilda, malumore alle stelle come sempre.
Levy alzò gli occhi al cielo prima di dirigersi dalla sua amica Lucy e… fermarsi a pochi passi da lei.
Due bambini di circa cinque anni erano seduti sul tavolo che di solito occupavano lei e le sue amiche, circondati dalle ragazze della gilda e da loro vezzeggiati. Mira stava servendo del succo di frutta mentre Lucy parlava loro in quel tono tutto moine e vocina sciocca che si usa con i bambini quando si cerca di farli ragionare. Lisanna non faceva altro che emettere urletti estasiati di fronte alla loro tenerezza e persino Erza li guardava con orgoglio, nemmeno fossero figli suoi.
I piccoli avevano capelli azzurri come quelli di Levy, della stessa forma e lunghezza, e il suo stesso colore di occhi. Kana non faceva altro che ripetere che le ricordavano qualcuno di altrettanto tenero, ma nel suo stato di alterazione mentale da alcol non riusciva a ricordare chi.
La bambina sorrise compiaciuta all’ennesimo complimento di Juvia, esibendo le sue fossette che, insieme alle gote pacioccone, le occupavano tutto il viso morbido e privo di imperfezioni. Quando voltò lo sguardo e incontrò gli occhi di Levy, però, perse il sorriso, sbiancando, e tirò una gomitata al bambino vicino a lei, che sorrideva impertinente. Il bambino abbassò lo sguardo, intimorito, quando vide Levy.
- Ehi, che succede qui? – chiese Levy avvicinandosi al tavolo. Perso lo sbigottimento iniziale, sorrise in modo tranquillizzante ai bambini e si sedette di fianco a Lucy, proprio davanti ai due ospiti.
- Ciao Levy-chan. Guarda chi è venuto a farci visita dal futuro! – la accolse Lucy, indicando i piccoli con la testa.
Loro però, a disagio, abbassarono la testa e infine si voltarono verso due sconosciuti che in un primo momento Levy non aveva notato. Due sconosciuti dall’aria familiare, però…
- Ciao Levy! – la salutò uno dei due estranei, un ragazzo che si apprestava a diventare un uomo nonostante l’aria ancora infantile e ingenua. – Sono Romeo!
- Ro-Romeo?! Romeo Conbolt?!
Le ragazze al tavolo risero di fronte alla sua reazione, identica a quella che avevano avuto tutte loro, Romeo del presente incluso.
- Io sono Asuka invece! – si presentò la ragazza che era con lui, un’adolescente.
Levy boccheggiò. – Mi sembra di essere tornata indietro di sette anni, a quando Biska aveva ancora la mia età… Ma cosa… come?
Lucy rise. – Sono venuti dal futuro Levy, hanno fatto un pasticcio con il portale di Eclipse e ora devono tornare a casa. Non prima di domani, comunque, o rischiano di fare confusione con i tempi. Fairy Tail resterà la stessa gilda incasinata e combina guai anche quando diventeremo genitori noi, a quanto pare.
- Genitori? Intendi che questi due bambini sono i figli di qualcuno della gilda? – chiese Levy, curiosa.
- Esatto Levy-chan! Spero tanto che siano i figli di Juvia e Gray-sama, sono così adorabili! – esclamò Juvia, prima di svenire all’idea di avere dei figli da Gray-sama.
Il bambino rise sommessamente quando Juvia crollò a terra, e Levy increspò le sopracciglia.
Si era sbagliata o… quel bambino aveva detto: “ Gihihi”?
Nel fitto chiacchiericcio prodotto dai membri della gilda, più eccitati del solito, Levy concluse di essersi sbagliata. Probabilmente era la risata di Gajeel stesso quella che aveva sentito.
- Come vi chiamate? – domandò Levy con curiosità, accarezzando con il dorso delle dita la guancia della bimba davanti a lei.
La piccola, allarmata, guardò Romeo, che annuì quasi impercettibilmente e la fissò con aria seria e ammonitrice. – Mi chiamo Shutora.
- Shutora?! Wow, che bel nome! Sai che è il nome della  principessa protagonista di uno dei miei libri preferiti? – rivelò Levy, appoggiando il viso sugli avambracci stesi sul tavolo.
Lucy fece rimbalzare lo sguardo da Shutora a Levy, notando in che modo la luce producesse gli stessi riflessi turchesi sui capelli dell’amica e dalla bambina, e come gli occhi che si scrutavano da sotto le lunghe ciglia fossero identici, l’uno lo specchio dell’altro. Lucy non sapeva che aspetto avesse Levy da bambina, era arrivata tardi a Fairy Tail, ma se avesse provato a darle un volto avrebbe sicuramente visualizzato Shutora.
- Sì, lo so – rispose la bambina, rilassandosi un poco e sorridendo timidamente a Levy.
- Quanto sei carina – strepitò lei, estasiata. – Te la legge la tua mamma quella favola? A te piace leggere?
- Mh-mh – annuì la bambina, tornando ad innervosirsi e cercando con lo sguardo l’appoggio del bambino.
Levy seguì il tragitto dei suoi occhi e osservò il piccolo. – Tu sei suo fratello?
- Sì, sono il suo gemello.                   
- Che forte, dei gemelli! E come ti chiami?
- Yajeh – rispose lui, esibendosi in un sorrisetto sghembo che fece pigolare Mira e sciogliere Lisanna. Quel sorrisino furbo non le era nuovo, così come gli occhi dalle pupille leggermente allungate, ma Levy sorvolò.
Era una giornata strana, in fondo.
- Se vi chiedessi di chi siete i figli…? – domandò, lasciando appositamente la domanda in sospeso.
- Ah, no! – la bloccò Asuka del futuro, scuotendo le mani di fronte al suo viso, agitata. Non aveva mai avuto quella reazione quando gli altri avevano posto quella domanda. – Sarebbe un pericolo per il futuro e altererebbe…
- Le diverse versioni del tempo, cambiando la realtà da cui provenite. Lo sapevo, ero solo molto curiosa – si schermì Levy, ridacchiando. - E voi siete proprio adorabili.
Yajeh gonfiò il petto orgogliosamente al complimento e la piccola Shutora chinò il capo con malcelato imbarazzo.
- Vi immaginate la gilda tra dieci anni? – intervenne Erza. – Noi con dei figli, sposate… voi non potete proprio dirci nulla, vero? – chiese la ragazza, guardando prima Romeo e poi Asuka.
- Ah, no… - rispose lui, grattandosi la nuca. – A dire il vero non saremmo nemmeno dovuti venire qui, è molto pericoloso, ma Shutora e Yajeh hanno riconosciuto lo stemma di Fairy Tail e si sono fiondati qui senza ascoltarci.
- Proprio com’è successo quando hanno attivato il portale temporale – chiarì Asuka.
- Siete delle piccole pesti, allora – disse Lucy, facendoli arrossire.
- Non direi, in gilda ci sono bambini davvero terribili – rise Asuka. – Loro sono abbastanza tranquilli, ma sono molto curiosi e questo a volte li spinge a combinare più guai degli altri.
Shutora cercò di seppellirsi dentro il legno del tavolo, mentre Yajeh continuava a far correre lo sguardo fin troppo consapevole ovunque. Quel bambino doveva essere un vero furbastro sotto quell’aria un po’ tontolina e pacata.
- Spero di non ricevere una strigliata da G… - disse Romeo, prima di essere bloccato da una gomitata di Asuka.
- Dai genitori di Yajeh e Shutora quando scopriranno che siamo spariti. Sono andati in missione due giorni e hanno lasciato a me e Romeo i figli – spiegò.
- Quali genitori lasciano i figli piccoli da soli per due giorni? – chiese Levy, sorpresa.
Asuka, Romeo e i gemelli si guardarono e sorrisero per qualcosa che solo loro sapevano, attirandosi occhiate perplesse di tutte le ragazze.
- Sono dei bravi genitori, Levy. Ti piacerebbero – commentò Romeo con aria divertita.
- Vuoi dire che non li conosco?
- Dipende dai punti di vista – specificò Asuka, confondendo ancora di più la ragazza.
- Ehi, Levy, andiamo, ho preso la… e questi chi sono?
Gajeel, modi delicati ed educazione a parte, arrivò senza far notare la sua presenza e si chinò verso i due bambini, impietriti.
- Così li spaventi! – lo sgridò Erza tirandogli un pugno che lo fece arretrare di parecchi passi.
- Ciao bambini! Voi prendete fuoco? – gridò Natsu, seguendo a ruota il compagno e fiondandosi dai nuovi arrivati.
Lucy lo squadrò con l’aria sconsolata tipica di chi ha perso la speranza e la fiducia nel mondo. – Che razza di domanda è?
Natsu la ignorò e, diventando immediatamente serio, inspirò rumorosamente più volte, come un cane che segue una pista o una persona che cerca di capire la provenienza di un odore. – Ehi, ma perché questi due hanno l’essenza di…
- Natsu! – urlò Romeo, interrompendolo, saltando sul tavolo e placcandolo. – Ho imparato a maneggiare il fuoco dorato, vuoi assaggiarlo?
Gli occhi del ragazzo diventarono grandi come piattini e fu un miracolo se non assunsero la forma di un cuore. – Grande Romeo!  - esclamò, sputando una fiammata che costrinse Gray a ghiacciare una colonna per evitare che prendesse fuoco tutto il locale. – Ehi, ma perché tu profumi come Wendy? – gli chiese a bruciapelo mentre si allontanavano dai bambini.
- Storia lunga… - mormorò Romeo, imbarazzato, lanciando un’occhiata ad Asuka. Aveva lei, ora, il compito di proteggere l’identità dei genitori dei bambini.
Nel frattempo, Gajeel si era rialzato da terra, dove Erza lo aveva fatto cadere e lo aveva riempito di parole, e grattandosi la testa si era riavvicinato al tavolo al centro dell’attenzione dei membri della gilda.
Lanciò un’occhiata un po’ perplessa e confusa ai bambini sul tavolo, che si godevano le attenzioni degli adulti come pavoni intenti a far fare la ruota alla loro coda, finché la piccola incrociò i suoi occhi e gli sorrise timidamente.
Era così simile a Levy quando sorrideva…
- Smettila di fissare così Shutora-chan, Gajeel-kun, o la spaventerai – gli consigliò Juvia avvicinandoglisi.
Il ragazzo grugnì e distolse la sua attenzione da loro, cercando Levy.
- Andiamo piccoletta? – le chiese, interrompendo la sua conversazione con Lisanna.
- Dove andate? – domandò Erza, fin troppo curiosa, sovrastando di alcune ottave i toni di voce che le ragazze stavano usando, costringendo tutti a zittirsi e riportare il loro interesse sulla risposta di Gajeel.
- In missione – rispose Levy. – Una cosa breve, questa sera saremo di ritorno.
- Dovete recuperare quel libro? – indagò Lucy, sibillina.
- Esatto. Gajeel ha mangiato la copertina di metallo del mio libro più antico, di cui esistono solo cinque edizioni manoscritte e miniate. E lui ha giustamente deciso di fare in modo che nel mondo ne restassero solo quattro, di queste copie – commentò con sarcasmo, un misto di acidità e divertimento nel tono di voce. Gajeel era Gajeel, non poteva farci nulla. – Un cliente ha chiesto il recupero di un antico manufatto in cambio di una ricompensa in denaro e una delle quattro copie rimaste del manoscritto, quindi Gajeel si è offerto di aiutarmi nella missione per ripagarmi.
- Sì, sì, ora andiamo, però, o torneremo fra tre giorni – borbottò lui trascinandola via senza salutare nessuno.
Lily li stava già attendendo di fianco alla porta d’ingresso, e solo quando i tre furono fuori portata d’orecchio Lucy si arrischiò a dire: - Non penso che a loro dispiacerebbe stare in missione insieme per tre giorni.
Prima di uscire, Gajeel si voltò di nuovo verso i due bambini seduti al tavolo, che lo stavano osservando ma si affrettarono a distogliere lo sguardo una volta scoperti. Poi Levy lo chiamò e gli passò proprio sotto al naso mentre usciva dalla gilda, bloccandolo definitivamente.
- Ehi, andiamo Gajeel? – lo incalzò Lily tenendogli la porta della gilda aperta, in attesa che si muovesse.
Quando il suo compagno non diede segni di vita, gli sventolò una mano davanti al viso. – Tutto a posto? Natsu ti ha colpito più forte del solito?
Gajeel grugnì con disgusto all’idea di poter essere sconfitto da Natsu, ma non ribatté e seguì l’amico fuori dalla gilda. La frizzantina aria di Magnolia riuscì a dissolvere la nebbia che gli annichiliva le capacità cerebrali, e Gajeel fu finalmente in grado di riassumere il suo tormento in un unico quesito: perché i bambini profumavano come Levy?
 
Un gruppo di due ragazzi e una pantera si stava avvicinando alla gilda sotto alla guida delle stelle, quella sera. Levy canticchiava sottovoce e stringeva al petto il famoso manoscritto che Gajeel l’aveva aiutata a recuperare, dopo aver distrutto il suo, e la ragazza gli era stata talmente grata da lasciargli un bacio sulla guancia senza nemmeno riflettere sui suoi gesti. La cosa aveva spiazzato Gajeel e fatto galoppare il suo cuore, mentre Lily rideva e Levy, resasi conto dell’azzardo, era arrossita.
Gajeel aveva sulle labbra un mezzo sorriso che la notte gli nascondeva accuratamente, impedendo così a Lily di deriderlo, ma quella manifestazione di gioia che Levy riusciva sempre a fargli palesare si spense di colpo quando entrò nella gilda.
Pareva un bordello più che una gilda.
Non che la cosa fosse insolita, ma in quel caso si erano superati i limiti della decenza, raggiungendo nuove vette di assurdità. Gajeel riuscì all’ultimo a far scansare Levy e Lily dalla porta, evitando che una sedia volante cambiasse loro i connotati.
Levy aveva gli occhi grandi quanto il suo viso.
- Ma cosa sta…? – provò ad articolare, prima di abbassare la testa e interrompersi alla vista della scena che le si presentava davanti.
Rincorso dalla piccola Shutora, Yajeh stava ridendo mentre scappava da lei. Il botto che la sedia aveva fatto nel momento in cui era atterrata, fracassata, alle spalle dei tre nuovi arrivati, però, lo spaventò e lo fece inciampare. Yajeh si ritrovò steso per terra con un’espressione di sofferenza infantile sul viso mentre Shutora si premeva le manine sulla bocca temendo di essere stata lei la causa della caduta.
 - Scusa Yajeh – implorò, inginocchiandosi vicino a lui, cercando di aiutarlo ad alzarsi. – Scusami, non l’ho fatto apposta – lo supplicò, il terrore dipinto sul viso come in un quadro.
Levy si affrettò a chinarsi vicino ai bambini, che non l’avevano vista entrare. Quando alzarono gli occhi per appurare chi fosse, sbiancarono.
- Ehi, piccolino, tutto bene? Riesci ad alzarti? – chiese dolcemente passandogli le mani sotto le ascelle.
Il bambino annuì e si diede la spinta mentre lei lo tirava in piedi, alzandolo.
Per via dei pantaloncini corti e del legno ruvido della pavimentazione Yajeh aveva un ginocchio sbucciato che stillava lentamente goccioline di plasma più che di sangue, ma la sorellina scoppiò a piangere quando vide la ferita rossastra.
Levy si concentrò sul bambino, che non emetteva un gemito, e lo prese in braccio. Sbuffò di fatica mentre lo alzava. – O tu sei molto muscoloso, o io sono fuori allenamento – ridacchiò, facendo ridere anche il bambino.
- Io sono muscolosissimissimo come mio papà! – esclamò lui, dimentico della ferita, mostrandole i muscoli delle braccia magre e sottili.
Levy rise. – Accidenti, quanto sei forte. Farai strage di cuori da grande – asserì, facendolo gongolare. – Ora ti porto in infermeria così ti medico la ferita di guerra – lo informò.
Gajeel li osservò allontanarsi in silenzio, troppo intontito da tutte quelle diverse essenze di Levy per poter muoversi. Non c’era alcun dubbio: quei bambini avevano lo stesso identico odore della ragazza.
Sentendosi tirare il pantalone, Gajeel abbassò lo sguardo e con fatica riuscì a mettere a fuoco la bambina che cercava di chiamarlo. – Mi porti in infermeria da Yajeh, per piacere?
Senza pensare, il ragazzo annuì meccanicamente e si chinò per prenderla in braccio.
In quel momento si stupì per due motivi: primo, per lui fu spaventosamente naturale prendere la piccola in braccio e, secondo, il modo in cui lei strofinò il nasino contro il suo collo e lo abbracciò in cerca di conforto gli strinse il cuore in una morsa d’affetto che aveva scoperto di provare solo per Levy.
Lily gli diede una pacca per spronarlo a raggiungere l’infermeria prima di bloccare un boccale di birra vuoto e vagante e gridare a quel branco di matti di smetterla.
Confuso dalla vicinanza della bambina, appena si fu chiuso la porta dell’infermeria alle spalle Gajeel si affrettò a metterla per terra.
La piccola corse saltellando verso il fratello, seduto su un lettino in attesa che Levy, cotone e disinfettante in mano, gli pulisse la sbucciatura. – Yajeh, farà un po’ male, sai? Ti brucerà. Però poi io e la tua sorellina soffieremo sopra la ferita così farà meno male, va bene?
Il bambino annuì e sorrise alla sorella, tranquillizzandola. – Non lo dirò alla mamma, Shutora – la tranquillizzò.
- Ma lei lo scoprirà lo stesso perché ti verrà la crosticina – piagnucolò lei, rosa dai sensi di colpa. – La mamma si arrabbia tanto quando litighiamo e penserà che ti ho fatto male io – gli fece notare lanciando un’occhiata a Levy, quasi in attesa di una reazione.
- Non l’hai fatto apposta, piccina. Stavate giocando, non litigando – la calmò infatti lei, sorridendole. – Vedrai che capirà.
Tirando su con il naso, Shutora annuì, più calma, e si alzò sulle punte per guardare la sanguinolenta e gigantesca piccola feritina superficiale decisamente mortale del fratello.
Mentre Levy imbeveva il cotone di disinfettante verde, Shutora si girò verso Gajeel, immobile a osservare la scena, e alzò le braccia per farsi prendere in braccio. Lui obbedì alla sua richiesta e la prese in braccio di nuovo, stringendosela al petto, conscio di quanto il suo piccolo corpicino fosse delicato, morbido e caldo premuto contro il suo. A un tratto si chiese per quale motivo non avesse mai acquistato un peluche. Probabilmente quella notte avrebbe costretto Lily a dormire abbracciato a lui. In forma di gatto, ovviamente.
Levy, lanciandogli un’occhiata di sottecchi, sorrise intenerita di fronte alla dolcezza di Gajeel, prima di chinarsi verso il ginocchio del bambino.
Cercando una conferma sul suo viso, gli posò delicatamente il tampone umido sulla zona offesa, e lo vide stringere gli occhi per il bruciore.
Shutora nascose il viso nel petto di Gajeel, rifiutandosi di guardare, e chiese sommessamente: - Gli fa molto male?
- Ma no – minimizzò lui, attirandosi l’occhiata del bambino. – Tuo fratello, Yajeh vero?, è un duro. Non gli rimarrà nemmeno una cicatrice – la consolò.
Il bambino si adombrò. – Niente cicatrice? Io volevo una cicatrice come quelle di papà.
- Tuo papà ha molte cicatrici? – gli chiese Levy togliendo il cotone e iniziando a soffiare sulla ferita, facendolo ridacchiare per il solletico.
- Sì tante. Anche lui ci fa sempre il solletico – rivelò Shutora vedendo ridere suo fratello. – Quando gli facciamo il solletico noi, invece, fa finta di soffrirlo, ma io so che in realtà non è vero che gli facciamo il solletico. Però fa ridere lo stesso.
Levy ridacchiò, cercando di immaginare chi potesse essere il loro padre.
Shutora si asciugò le lacrime e sbirciò il fratello, che aveva riassunto la sua espressione placida e beata e osservava Shutora in braccio a Gajeel, che senza accorgersene aveva iniziato a dondolare leggermente, come a cullarla.
La bambina gli toccò il braccio destro fino a incontrare le piccole depressioni della pelle in corrispondenza delle numerose cicatrici.
Gajeel si irrigidì e la sentì mentre esplorava i vecchi tagli cutanei, aspettandosi di sentirle formulare qualche domanda o girarsi per vedere cos’avesse sul braccio. Ma la bambina continuò ad accarezzargli l’arto metodicamente, quasi fosse abituata a farlo e, soprattutto, come se avesse saputo della presenza di quelle cicatrici proprio lì.
Lei sapeva che c’erano, ed era abituata a toccarle. Gajeel ne era convinto.
Piano piano la sentì afflosciarsi verso il suo braccio sinistro mentre Levy finiva di medicare e mettere un cerotto a Yajeh, così chinò il viso e le annusò i capelli morbidi che gli fecero pensare di essere finito all’interno di una nuvola azzurra e vaporosa.
Il profumo di Levy era così forte che Gajeel dovette stringere i denti per cercare di placare gli impulsi che aveva iniziato a provare nei confronti della ragazza nel momento in cui aveva scoperto poco a poco di amarla.
Quante volte aveva sognato di seppellire il viso nei suoi capelli e abbracciarla?
Shutora era ovviamente una bimba, ma a Gajeel sembrava di avere tra le braccia proprio Levy, anche se l’istinto che aveva nei confronti della piccola era del tutto diverso da quello che lo spingeva a voler stringere a sé la ragazza.
- Ditemi che i bambini sono qui! – esclamò la vecchia Asuka spalancando la porta, prima di tirare un sospiro di sollievo alla vista di Yajeh, che la salutò sorridendo con aria colpevole.
- Gajeel, non si tiene così un bambino! – inveì invece Lucy, chiudendo la porta per lasciare fuori il trambusto delle scimmie. – Shutora sarà terrorizzata, guarda come l’hai fatta afflosciare, sarà scomodissima. Non ci sai proprio fare con i bambini.
Gajeel ringhiò, infastidito, quando Lucy gli si avvicinò per prendergli la piccola dalle braccia. Avrebbe voluto voltarsi per allontanare la bambina da lei, ma non servì: Lucy non arrivò mai a togliergliela.
- Dorme – sussurrò, sconvolta. – Sta dormendo, e sta pure sorridendo! Come hai fatto a non spaventarla?
Gajeel le lanciò un’occhiataccia malevola che parlava più di un oratore carismatico, ma il sorriso dolce e intenerito di Levy lo distrasse e gli fece perdere la caustica risposta che stava mettendo insieme.
- Anche il nostro papà è un po’ brusco e a volte fa paura per il suo aspetto – commentò Yajeh, muovendo le gambe avanti e indietro dalla sua posizione comoda sul lettino. – Ai nostri amici fa paura anche quando non dice nulla. Però in realtà è molto buono e gentile, non si arrabbia quasi mai. Non sul serio.
Il bambino si affrettò subito ad abbassare lo sguardo quando vide l’occhiata ammonitrice di Asuka, alle spalle di Gajeel.
- Buon per voi che avete un bravo papà, allora – commentò Levy, accarezzando i capelli di Yajeh.
- Ho sete – ribatté il bambino, cambiando bruscamente discorso.
Lucy sorrise e prese in braccio Shutora, facendo attenzione a non svegliarla.
- Vai con Gajeel a prendere un po’ d’acqua? – propose Levy, allungando le braccia per prendere il bambino che annuiva il suo consenso.
- Ah, Levy, forse è meglio se…
- Ehi, Asuka – la interruppe Lucy, bisbigliando per non svegliare Shutora. – Dove state questa notte?
Mentre la ragazza, distratta, rispondeva a Lucy, Levy passò Yajeh a Gajeel, che cercò di fare del suo meglio per mostrarsi bravo e capace con i bambini. Quando si avvicinò alla porta con Yajeh sorretto facilmente da un solo braccio e gli occhi di Levy, dolci e affettuosi, puntati sulla schiena, capì di esserci in parte riuscito.
Gajeel raggiunse con fatica il bancone del bar con il delicato pacchetto in braccio, facendo il limbo per schivare oggetti di legno non meglio identificati, talvolta persone, che volavano in giro senza motivo, o saltando per evitare di calpestare pozze di liquido dalla dubbia provenienza, anche se la schiuma gli dava la certezza che la maggior parte dei fluidi fosse birra.
Aveva quasi raggiunto il bancone quando intercettò la fastidiosa voce di Natsu dire: - Devi avvicinarti e sentire, Wendy. Hanno lo stesso identico odore di Gajeel, è inconfondibile. Quei due hanno qualcosa a che fare con lui, fidati.
Voltando il viso verso la provenienza della voce, Gajeel vide Natsu che parlava con aria da cospiratore con Wendy, appartati in un angolino insieme a Charle, Happy e Lily. I due gatti maschi scandagliarono la sala alla ricerca di Gajeel, e quando lo videro fecero saettare gli occhi dal bambino che aveva in braccio a lui, cercando… qualcosa.
Wendy invece sembrava dubbiosa, e si fissava le scarpe mormorando i suoi pensieri. – Hanno lo stesso odore? Quei due bambini che sono con Romeo e Asuka? Lo stesso odore di Gajeel?
Natsu annuì. – E Lucy ha detto che vengono dal futuro. Ma il punto è che sento anche l’odore di L…
Gajeel smise di ascoltare quando rischiò di cadere sopra il piano bar: non si era nemmeno accorto di averci sbattuto contro. Ordinò a Mirajane un bicchiere d’acqua fresca e fece sedere Yajeh sul bancone, incatenando gli occhi ai suoi. Il bambino lo fissava con curiosità e familiarità, a suo agio, con quegli occhi marroni-rossicci dalla pupilla leggermente allungata come quella di un rettile. Era lo stesso colore delle iridi di Levy, solo… più sanguigno. E i capelli erano esattamente come quelli di lei, senza ombra di dubbio.
Gajeel ringraziò Mirajane con un cenno del capo quando gli allungò il bicchiere, e lui lo mise nelle mani del bambino che seppellì il viso nel vetro freddo.
Aveva il naso inebriato del profumo di Levy, ma perché Natsu aveva detto che i gemelli avevano il suo stesso odore? Lui avrebbe messo la mano sul fuoco, giurato e spergiurato che avessero quello di Levy. Il suo naso stava forse perdendo colpi? Era vero che Natsu aveva un olfatto migliore del suo mentre lui aveva l’udito superiore a quello di chiunque, ma di sicuro il suo olfatto non avrebbe mai confuso l’odore di Levy. Mai.
Le sue elucubrazioni cambiarono l’oggetto del loro accanimento quando Yajeh sospirò contento e posò il bicchiere sul bancone. La luce colpì il bracciale che aveva al polso e Gajeel assottigliò gli occhi prendendogli la minuscola mano e avvicinandosela al viso per studiarla.
Quel bracciale era identico al suo, pareva che l’avesse proprio fatto lui. L’odore di quel metallo poi era molto, molto particolare. Ogni pietra, ogni pezzetto di legno, ogni oggetto di plastica ha un odore leggermente diverso dagli altri. Quel bracciale aveva l’odore del metallo che lui stesso produceva in quanto Dragon Slayer. – Ehi, bambino, dove hai preso questo…
Le parole gli morirono in gola quando, voltandogli il polso verso l’alto, vide un piccolo simbolo nero quasi invisibile a una prima occhiata, ma lampante a degli occhi esperti. Su quel bracciale era inciso il suo marchio, quello che metteva in ogni sua piccola creazione da mantenere, non da usare come oggetto di guerra o palline da scagliare contro Gray per infastidirlo. Quel simbolo, una specie di aerogramma con una piccola fetta aperta in basso a destra, rappresentava una stilizzazione della G e della R, inserite una nell’altra.
La G e la R di Gajeel Redfox, una piccola firma alle sue migliori opere.
Ciò significava che quel bracciale lo aveva fatto lui per il bambino. E questo lo portava a due possibili conclusioni: uno, i genitori di Yajeh o Yajeh stesso gli avevano chiesto di regalargli un bracciale come dono, o, due, quel genitore era proprio lui.
La sola idea lo faceva ridere. Quel piccoletto non gli assomigliava per niente!

A parte per la forma delle pupille.
E della gamma mooolto vasta di espressioni facciali, e per i canini aguzzi.
- Chi ti ha regalato questo bracciale, e perché? – chiese di getto, senza curarsi del tono di voce reso aspro dalla preoccupazione.
Il bambino diede segno di ansia più che di spavento, e Gajeel lo vide mentre con gli occhi cercava freneticamente qualcuno, qualcuno che potesse salvarlo dal rispondere.
Dal rispondere a una domanda alla quale non poteva rispondere.
- Ehi Gajeel! – lo salvò Levy, chiamandolo alle sue spalle.
Lui si voltò e… semplicemente smise di respirare.
Levy gli stava andando in contro con la bambina addormentata in braccio, il viso appoggiato sulla sua spalla. Erano assolutamente identiche, con le ciocche cerulee un po’ spettinate e il piccolo sorriso di prassi dipinto sulle labbra.
Shutora aveva ovviamente gli occhi chiusi, ma Gajeel sapeva che se li avesse aperti in quel momento avrebbe visto quattro paia di identiche e brillanti finestre aperte sull’anima pura di due meravigliose creature indissolubilmente legate.
Non c’erano dubbi su chi fosse la responsabile di aver dato alla luce tanta meraviglia. E quando Gajeel allungò irrazionalmente le braccia per prenderle la piccola dalle braccia, ripensando alle parole di Natsu e Wendy, si chiese come avrebbe mai potuto prendere parte alla generazione di quegli splendidi bambini.
Eppure il sorriso grato di Levy, il calore e il conforto che Shutora trasmetteva e riceveva da lui, e l’espressione consapevole e appagata che Yajeh regalava a lui e Levy dissiparono ogni dubbio nella sua mente.
- I bambini dormono da Lucy questa sera, noi li accompagniamo, mentre Asuka e Romeo hanno prenotato una stanza in un albergo qui vicino. Non possono dormire con le loro famiglie, per precauzione. Non sia mai che si lascino sfuggire qualche notizia fondamentale tipo che paia di calzini indosseranno durante un ipotetico terremoto – spiegò Levy ridendo, spostando alcune ciocche ribelli di Shutora dal suo viso placido e sereno.
Gajeel annuì e Lucy, che aveva seguito Levy, prese in braccio Yajeh con uno sbuffo di fatica. – Hai mangiato ferro a cena? – gli chiese ironicamente.
Il bambino sbarrò gli occhi e il suo sguardo corse a Gajeel, che ghignò e gli fece l’occhiolino. – Dallo a me, coniglietta – ordinò, avvicinandosi alla ragazza.
- Ma hai già Shutora in braccio!
- E allora? In due peseranno meno della metà di Levy, che è un peso piuma, cosa vuoi che sia?
Presa in causa, Levy arrossì e si allontanò di un passo per permettere a Lucy di sistemare Yajeh sul fianco libero di Gajeel, impegnato a sorreggere i due bambini in modo che la piccola non cadesse e il fratello non la svegliasse.
- Andiamo? – li incalzò Levy, facendo strada verso la porta della gilda.
Lucy la seguì a ruota con Gajeel al seguito.
Yajeh lo fissò di sottecchi e sorrise prima di mettersi comodo e posare la testa sulla sua ampia spalla.
Qualcosa suggeriva a Gajeel che quella non fosse la prima volta che quei due gemelli si ritrovavano addormentati in braccio a lui.
 
Il tragitto verso casa di Lucy fu tranquillo e quasi noioso.
Lei e Levy parlarono del libro antico recuperato durante quella giornata, a quanto pare una delle prime storie di fantasia che erano state manoscritte nel corso della storia, tipo Il signore degli anelli o La Storia Infinita scritti a mano dall’autore in cinque copie. Roba grossa. Gajeel diede il suo contributo alla conversazione sbadigliando, quando Levy lo interpellò per coinvolgerlo nella discussione, e la ragazza desistette dall’interrogarlo ulteriormente. L’argomentazione infatti iniziò a focalizzarsi su temi specifici e libri appena usciti, niente a che vedere con quello preziosissimo che Levy conservava gelosamente nella borsa, e Gajeel di nuove uscite letterarie ne sapeva meno che della vita di Zeref.
Così, ritraendo la mente e distogliendola dalla voce delle due ragazze, passò tutto il tempo a contemplare quelle due testoline azzurre appoggiate alle sue spalle. I gemelli dormivano placidamente e probabilmente nemmeno l’arrivo di Natsu a cavallo di uno tsunami li avrebbe svegliati. Gajeel si ritrovò a sorridere leggermente vedendo il modo in cui i loro capelli oscillavano dolcemente ad ogni passo, e quella strana sensazione di familiarità mista a calore e affetto tornò a solleticargli la bocca dello stomaco. Il ragazzo provò l’impulso e il desiderio di sdraiarsi in un letto e circondarsi di quei due bambini e Levy.
Fu quest’ultima a strapparlo dolorosamente dal suo onirico idillio. – Gajeel siamo arrivati. Accompagna Lucy di sopra, io ti aspetto qui.
Il ragazzo obbedì senza proferire parola, seguendo Lucy su per le scale e poi dentro la porta del suo appartamento.
- Mettili pure sul mio letto – gli comandò bisbigliando, scandagliando la stanza con lo sguardo per verificare l’effettiva mancanza di Natsu.
Gajeel depose delicatamente i bambini sul letto, intenerito di fronte al piccolo pugno di Shutora che gli aveva afferrato la maglia e sembrava intenzionata a tenerlo lì con sé.
Stava per allontanarsi, quando sentì Yajeh mormorare - …nanotte papà.
Colpito al cuore, Gajeel barcollò ed evitò una caduta solo grazie alla mano di Lucy, che lo stabilizzò. – Tutto a posto?
Incapace di parlare, lui annuì e la salutò, eclissandosi oltre la porta.
Lucy sospirò, troppo abituata ai comportamenti insoliti e bizzarri di Natsu per preoccuparsi, e iniziò a spogliare i gemelli per metterli sotto le coperte.
Nel farlo, svegliò accidentalmente Shutora, che aprì un occhio nel quale era ancora dipinta la stanchezza e palese la voglia di dormire. – Dov’è andato papà, zia Lucy?
La ragazza si bloccò con una scarpa in mano, esterrefatta.
Zia Lucy? Zia Lucy?!
- Il papà non c’è, piccolina. Domani lo rivedrai – la rassicurò Lucy, temporeggiando, sperando che la bambina si accontentasse di quella risposta evasiva.
Fortunatamente, Shutora annuì e chiuse gli occhi. – Papà ci dice sempre che siamo troppo grandi per essere presi in braccio – farneticò mentre Lucy continuava a spogliarla. – Ma io lo so che… - mormorò, perdendosi. – Poi è lui a prenderci… in braccio. Gli piace. Dice che è come tenere in braccio la mamma da piccola…
Lucy sorrise nel silenzio che si creò poi, accarezzando la testolina di Shutora. Yajeh russava piano.
- Zia Lucy? – la chiamò ancora la bambina.
- Sì?
- Il papà è andato a casa con la mamma?
La ragazza si grattò la nuca, leggermente inquieta. Era evidente che Shutora stava vaneggiando, la mente obnubilata dai fumi soporiferi del sonno, e non riusciva a distinguere il passato dal presente o dal futuro.
- Il papà è già a casa con la mamma, aspettano voi – la rassicurò, stringendo gli occhi e pregando che la piccola la smettesse di fare domande e dormisse.
Poi si rese conto che se lei avesse risposto alle domande di Shutora non sarebbe cambiato nulla nel corso della storia. Semmai, era proprio la piccola a poter cambiare il corso degli eventi, spiattellando informazioni che avrebbero dovuto rimanere riservate.
Agitata, Lucy si guardò intorno alla ricerca di qualcosa che potesse far tacere la bambina, intenzionata a parlare nel sonno più di quanto non facesse da sveglia.
- Il papà… ci dà sempre il bacino prima di dormire – farfugliò ancora Shutora, rabbrividendo nello stato di dormiveglia in cui si trovava. – Lui pensa che dormiamo, ma in realtà siamo svegli e sappiamo che lui viene di nascosto a darci un bacino. La mamma ce lo dà prima e poi lo aspetta sulla porta. Anche… Lily ce lo dà prima di dormire.
Lucy si bloccò nell’atto di disfare il letto per infilare i gemelli tra le coperte.
Lily? Cosa c’entrava Lily?!
- Lily dice sempre a papà che è una testa di ferro – mormorò la bambina. – Perché non vuole farsi vedere mentre ci dà il bacino. Lui si arrabbia e diventa davvero tutto di ferro. Fa ridere, diventa tutto grigio, e la mamma rincorre sia lui che Lily…
Diversi minuti di chiacchiere insensate dopo, finalmente Shutora chiuse la bocca e sprofondò in un sonno profondo con il sorriso sulle labbra.
Alla finestra, Lucy, con l’aria intenerita e una strana gioia che le pervadeva il cuore, fissava in lontananza le luci soffuse del dormitorio delle sue nakama, Fairy Hills, dove Gajeel stava accompagnando Levy.
Sorridendo e scuotendo la testa, la ragazza si infilò il pigiama e si diresse a letto, dai loro figli, certa del fatto che le stelle che tingevano di luce il manto notturno avrebbero operato la loro magia per quei due futuri innamorati genitori.
 
- Gajeel, tutto bene? Sei più silenzioso del solito… - lo incalzò Levy dopo alcuni minuti di camminata taciturna.
La casa di Lucy non distava molto da Fairy Hills, dieci minuti a piedi se il tragitto veniva percorso di buona lena. Quella notte, però, stavano già camminando da quindici minuti, lenti come se ai piedi avessero delle zavorre, senza fretta e senza nerbo.
Il cielo sembrava una distesa infinita di tintura nera, come se un bambino avesse dipinto con le tempere un foglio di carta e lo avesse appiccicato sul soffitto del mondo, rendendolo uniforme e calmante nel suo ordine. Il contrasto tra il suo spettro nero e il fulgore delle stelle non faceva altro che aumentare la sensazione di quiete e placida serenità nel cuore di chi osservava quello spettacolo a naso in su.
Levy sorrise leggermente quando vide due stelle gemelle splendere più forte per un attimo e poi spegnersi, prima di tornare a brillare. Le capitava spesso di notare dei baluginii strani in astri relativamente vicini, come due occhi, e non poteva fare a meno di pensare che fosse il Re degli Spiriti Stellari che ammiccava a lei o a qualunque altro amico di Lucy che avevano il coraggio di tentare di vederlo al di là di ciò che l’occhio umano poteva cogliere.
Gajeel notò quel sorriso e sospirò piano, sempre più confuso.
Le passeggiate che faceva con Levy erano sempre silenziose, più o meno, ma non così tanto. Di solito la ragazza parlava del più e del meno, argomenti originali e a volte inusuali di cui lui non si stancava mai. Bene o male, Levy lo coinvolgeva sempre, e i due finivano per parlare per ore, passando da argomenti seri a facezie in tempo record, senza mai esaurire le parole.
Quella sera, però, la ragazza non aveva nemmeno provato ad aprire bocca, osservandolo di tanto in tanto con curiosità. Lui era troppo impegnato a pensare ai due gemelli per provare a sforzarsi di conversare di qualsiasi altra cosa.
- Secondo te di chi sono figli i due gemelli? – chiese poco dopo, puntando i suoi occhioni luminosi su di lui. Quei due meravigliosi gioielli sul viso di Levy non avevano nulla da invidiare alle stelle.
- Ehm… - borbottò lui, a disagio, fissando il bosco alla sua sinistra. Maledisse Lily per essersela svignata con la scusa della stanchezza e averlo lasciato solo in balìa di una curiosa Levy. – Per me non dovremmo discuterne… - concluse laconico.
Levy lo fissò con tanto d’occhi, mentre la sua espressione interessata e viva si spegneva leggermente.
- Sai – si affrettò ad aggiungere lui, sentendosi in colpa per aver calpestato il suo entusiasmo, - per via del possibile… coso… il… tempo. L’alterazione del tempo, lì.
- Giusto – acconsentì Levy, unendo le sue mani dietro la schiena e procedendo a testa bassa, leggermente imbarazzata.
Il silenzio di Gajeel non l’aveva mai, mai messa a disagio. Eppure, ultimamente le cose tra loro stavano cambiando.
Pochi istanti dopo giunsero all’ingresso di Fairy Hills, dove Levy si pulì le suole impolverate sul tappeto.
Si voltò per salutare Gajeel e porgli una domanda, quando un urlo di Erza fece tremare l’edificio.
Levy ridacchiò. – Scusa se non ti faccio salire, ma, sai… potrebbe essere più un male che un bene per te. Anzi, lo sarebbe di sicuro.
Il ragazzo annuì e tirò un piccolo calcio ad una zolletta di terra, che rotolò via e si sgretolò contro un sasso. – Allora, buonanotte Levy – dichiarò grattandosi la testa, osservandola di sottecchi.
Lei annuì, esitante, e Gajeel vide il dubbio attraversarle il volto. Se quella fosse stata un’altra sera, un altro giorno, un’altra occasione, le avrebbe chiesto senza tentennare quale strano mistero irrisolto, quale arcano dubbio le stesse divorando il cervello.
Ma quella sera aveva paura della risposta, per cui la scrutò in silenzio, indissolubilmente legato a lei e profondamente terrorizzato.
Quando mosse un passo per allontanarsi, Levy esclamò il suo nome, afferrandolo per il braccio.
Rimasero immobili finché lei trovò il coraggio di parlare. – Sei stato bravo con i bambini. Ci sai fare.
Lui non rispose, incapace di comandare al cervello di prendere possesso dei suoi muscoli.
- Ti vedrei bene, come padre – ammise Levy sommessamente, ritraendo la mano.
Collegato ad essa da fili invisibili, Gajeel si voltò e le scavò dentro con gli occhi rossi che ardevano, freneticamente alla ricerca di certezze e convinzioni.
- Mh – mormorò poi, ringraziando la sua materia grigia per essere stata in grado di elaborare una tale esauriente risposta.
Levy pensava che sarebbe potuto essere un buon padre? Lui?
Ma questo non confermava i suoi sospetti sull’identità dei genitori dei gemelli? Su di loro? Voleva dire qualcosa?
- Ti piacerebbe… un giorno… vorresti avere dei figli? Una famiglia, con… moglie e figli. La vorresti? – sussurrò Levy, fissando l’interessantissima punta dei suoi piedi mentre formulava quella domanda casuale che, per Gajeel, nascondeva più emozioni e sentimenti di un “ti amo”.
Se voleva una famiglia? Figli?
Non ci aveva mai pensato.
O meglio, non ci aveva mai pensato prima di rendersi conto di quanto Levy fosse speciale e… amabile.
La verità era che, in quel momento, in quello stato d’animo, in quella notte che era seguita ad un giorno pieno di eventi bizzarri e sconcertanti, Gajeel non capiva più nulla di cosa volesse, di cosa avesse, di cosa provasse.
Così, disprezzando se stesso, si voltò e si incamminò verso casa, dove Lily lo aspettava.
- Buonanotte Levy.
Con il suo udito da drago, Gajeel non fu in grado di captare una risposta al suo augurio, ma fu ben consapevole dello sguardo affranto di Levy puntato sulla schiena finché sparì dietro agli alberi, tirando un sospiro di sollievo e un pugno ad un albero.
 
Reduce da una notte insonne, Gajeel si alzò di buonora e, dopo aver lasciato un bigliettino e due kiwi freschi sul tavolo per Lily, s’incamminò verso la gilda.
L’aria frizzantina del mattino lo rinvigorì e gli restituì parte di quella lucidità mentale che a lui mancava a causa della serie di eventi del giorno prima e della notte tormentata. Quando entrò in gilda non fu sorpreso di vederla parzialmente vuota, occupata solo dal master, da Laxus in stato comatoso mezzo stravaccato sul bancone e da Kana riversa sullo stesso bancone, che probabilmente aveva passato la notte in quel preciso punto, troppo ubriaca in seguito ad una delle sue ricorrenti gare di bevute.
Ciò che non si aspettava di vedere, invece, era Lucy con i gemelli. I bambini sembravano ben riposati anche se i loro occhietti pesanti e gli sbadigli da leoni lasciavano ad intendere la loro difficoltà ad abbandonare l’abbraccio di Morfeo. Lucy era… be’, Lucy dormiva sempre poco. Avere il letto occupato da Nastu e compagnia bella cinque sere su sette non era esattamente riposante.
Gajeel decise che quel giorno non le sembrava peggio delle altre, ecco. Almeno era pettinata.
- Ciao – salutò educatamente sedendosi al tavolo con loro, con la voce melliflua simile al raschiare degli artigli di un gatto contro una lavagna.
Lucy sobbalzò dallo spavento e i gemelli sorrisero felici, perdendo subito lo strascico di sonno che si portavano dietro dal loro letto.
- Ciao p… pollo – esultò Shutora, bloccandosi nel bel mezzo della frase e bofonchiandone il finale.
Yajeh rise sotto i baffi e Lucy la guardò come una che la sa lunga.
Gajeel ghignò amichevolmente e le scompigliò i capelli. – Io non ho sentito come mi hai chiamato, va bene? – le propose, gioviale.
La bambina rise e annuì con vigore, lieta che Gajeel non si fosse arrabbiato per l’appellativo.
- Bambini, andate a dire a Mirajane cosa volete per colazione. Io vi aspetto qui – li incoraggiò Lucy, aiutandoli a scendere dal tavolo.
Silenziosi e obbedienti, i gemelli ciondolarono fino al bancone, attirando l’attenzione di Laxus che li prese in braccio per fare in modo che Mira si accorgesse della loro presenza.
- Come sono stati? Bravi? – indagò Gajeel, incapace di nascondere una punta di apprensione mista ad aspettativa nel suo tono di voce.
Lucy lo fissò sbigottita e… incerta.
- Sono dei bravi bambini, educati e dolci. Penso che in questo abbiano preso dalla mamma – lo stuzzicò, sondando il terreno.
Lui sogghignò. – Lo penso anche io. Educazione, dolcezza e aspetto, questo è indubbio – commentò, decisamente orgoglioso nei confronti di quei bambini che non si era nemmeno reso conto di amare fino a quel momento.
Ma era innegabile che fossero i suoi figli.
Suoi e di Levy.
- Dal papà hanno preso la testardaggine – disse casualmente Lucy, attenta e cogliere le reazioni di Gajeel.
Lui roteò gli occhi. – Solo questo hanno preso da me?
Lucy si sciolse in un sorriso pieno d’affetto. – Come l’hai scoperto?
- Profumano in maniera obnubilante di Levy. Da far girare la testa. Però Natsu e Wendy hanno detto che hanno il mio odore. Yajeh ha un braccialetto che ho fatto io, su questo non ci piove. E diversi altri motivi. Penso che un padre riconosca i propri figli in maniera viscerale.
Lucy scoppiò a ridere, facendo voltare i gemelli, un po’ perplessi. – Certo, certo, immagino che ti si sia risvegliato l’istinto paterno e tu sia diventato una persona migliore.
Gajeel grugnì, infastidito dal suo sarcasmo.
- Hanno un buon cuore. Hanno preso anche quello da te, in parte – lo rassicurò Lucy, rischiando di farlo arrossire. – Levy sospetta qualcosa?
Gajeel scosse la testa. – Ha il cervello più brillante che esista, eppure qualche volta è un po’ tonta riguarda a certi argomenti.
- Forse è per questo che vi amate – lo rimbeccò Lucy, divertita.
Questa volta Gajeel arrossì furiosamente.
- Ehi, razza di cosplayer, non siamo innamorati. Cioè noi non… noi…  ci facciamo i fatti nostri, ecco!
Lucy rise ancora di fronte al Gajeel imbarazzato che mai avrebbe pensato di vedere in vita sua.
Notando che i gemelli stavano tornando, posò una mano sulla sua, richiamandolo, e gli fece l’occhiolino. – Sarete due genitori fantastici, ma, ti prego, non dire nulla a Levy. È importante per il futuro dei vostri stessi figli.
Roteando le iridi rosse, Gajeel borbottò qualcosa in merito alla fiducia e al non essere così stupido come molti pensavano.
 
I gemelli, Romeo e Asuka del futuro partirono quella sera, dopo aver salutato i membri della gilda uno ad uno ed aver promesso di portare i loro saluti ai loro stessi del futuro.
Lucy si era quasi commossa quando aveva salutato i gemelli, che le avevano bisbigliato all’orecchio un caldo e tenero: - A dopo zia.
Sorprendendo Levy, avevano voluto a tutti i costi un bacino da lei, costringendola a chinarsi per essere alla loro altezza. Specchiandosi nei loro occhi del suo stesso colore, si era sentita scaldare il cuore e li aveva abbracciati fin quasi a stritolarli, facendosi giurare che non si sarebbero cacciati nei guai e non avrebbero più spaventato i loro genitori sparendo nel passato.
I gemelli avevano riso di fronte a quella preoccupazione.
Il saluto di Gajeel era stato commovente, ma nemmeno Natsu si era azzardato a prenderlo in giro per i suoi sentimenti verso quei piccoli bambolotti coccolosi e simpatici.
Levy era rimasta per parecchio tempo appoggiata alla porta aperta della gilda, dopo la loro partenza. Aveva fissato il cielo per lunghi e interminabili momenti, riflettendo profondamente su migliaia di cose e allo stesso tempo svuotano la mente per non pensare a nulla.
Quando stava per rientrare, dopo essere rabbrividita, Gajeel le si affiancò silenziosamente, gettando un’ombra su di lei. Non le si era avvicinato per tutta la giornata, e se non fosse stato per la presenza distraente dei gemelli, Levy sarebbe già impazzita di paranoia di fronte al suo disinteresse.
- Ehi – mormorò lui, con la voce bassa che riverberava per le strade vuote.
- Ehi – rispose pacatamente lei, chinando la testa per nascondere un sorriso.
- Scusa per ieri. Ero parecchio… stanco. Giornata pesante.
Levy gli lanciò una strana occhiata e cercò di raddrizzarsi per essere un po’ meno bassa. – Uh-uh – acconsentì, dondolandosi sulle gambe. – Lo capisco.
Senza più nulla da dire, o meglio, con mille cose da aggiungere e nessun modo attuabile per farlo, Gajeel si grattò la nuca, a disagio. Alla fine riuscì a dire: - Comunque quando vuoi fare qualche missione e hai bisogno di una mano, io ci sono. Senza bisogno di farlo per ripagarti di un libro.
Levy ridacchiò e annuì, sorridendogli con dolcezza.
- Almeno ne è valsa a pena per quel romanzo? – le chiese ancora, rendendosi conto di non voler interrompere il contatto verbale con lei.
Come al solito, la vide illuminarsi di fronte all’argomento, e faticò a reprimere un ghigno di trionfo. Ci volle tutto il suo autocontrollo per rimanere impassibile come sempre.
- Non è proprio un romanzo, è più un’epopea. Narra gesta di eroi e fatti politici realmente accaduti qui migliaia di anni fa, in un’altra epoca. Quella che mi hai aiutato a recuperare è una rivisitazione in chiave poetica e romanzata vecchia di quattrocento anni. Per ora mi piace, ma ieri sera ho letto solo una ventina di pagine prima di addormentarmi con il manoscritto addosso.
Questa volta Gajeel non poté evitare di ridacchiare, imitato da lei. – Solo venti pagine?
– Meglio non farmici pensare, mi sono svegliata quando ho sentito il tonfo di un mucchio di pagine vecchie e costose migliaia di jewels cadere per terra come un sacco di patate! – esclamò Levy, scuotendo la testa mentre rideva.
- Se fossi in te mi punirei per un gesto tanto noncurante e blasfemo – la prese in giro Gajeel, chinandosi verso di lei.
Lei sbuffò una risata e poi alzò gli occhi su di lui. – Mi è venuta in mente una cosa bizzarra.
- Mh…
- Il nome del protagonista dell’epopea è un principe ereditario che ha salvato il regno di suo padre, il re, dalla rovina. Si chiamava Yajeh.
Gajeel spalancò gli occhi per un secondo prima di riacquisire il controllo. – Che cosa… strana – borbottò.
- Vero? – lo incalzò lei. – Sembra quasi una coincidenza! Inoltre anche la bambina, Shutora, aveva il nome di una principessa che tecnicamente è realmente esistita. Quindi stavo pensando…
Gajeel sentì la gola farsi all’improvviso secca e il sangue defluire dal suo volto per raggrupparsi ai suoi piedi, pesanti quanto Natsu quando cercava di capire qualcosa di fondamentalmente semplice.
- E se quei gemelli fossero…
Il cuore di Gajeel si fermò.
- …venuti dal passato? È fattibile no? In qualche modo magico, magari non potevano dircelo per via dello spazio-tempo e quelle complicazioni lì!
Gajeel rischiò di cadere e respirò rantolando. Poi scoppiò a ridere.
Levy s’imbronciò. – Cosa ti fa ridere, esattamente?
- Niente, niente – minimizzò lui, sollevato. – Nulla, è una storia che ti rivelerò più avanti.
Perplessa, Levy aprì la bocca per ribattere, ma in quel momento sentì la voce di Lucy richiamarla.
Sospirò. – Vado a sentire cosa vuo…
Gajeel la bloccò per il polso nel momento in cui fece un passo per allontanarsi. Lei lo guardò, sorpresa dal gesto repentino e dal cambio di atteggiamento di Gajeel. – Ehi, tutto bene?
- Ehm… sì – esordì lui, sicuro e allo stesso tempo titubante. – Volevo dirti, riguardo a ieri… alla domanda che mi hai fatto… che sì, un giorno vorrei avere una famiglia.
Gajeel sentì il polso di Levy sfuggire alla sua stretta per rimpiazzarlo con la sua mano, le cui dita si intrecciarono alle sue in modo perfetto.
- Sono cambiate molte cose in questi mesi, sono cambiato io, è cambiato tutto. Non avevo mai pensato a… quello che mi hai chiesto. Però ho scoperto di volerlo, un giorno. Famiglia, figli… moglie.
Levy si sciolse in un piccolo sorriso di fronte all’intensa sincerità dei suoi occhi, che sapevano comunicare meglio del suo eloquio impacciato.
- Pensi che sia giusto? Per uno come me? Lo chiedo a te perché sei l’unica che ha il diritto di rispondermi, dato che sai chi sono e cosa ho fatto – aggiunse in fretta, sentendo il familiare senso di colpa che iniziava a punzecchiarlo.
Levy strinse la sua mano e la circondò con l’altra, chiudendola in un guscio di calore e morbidezza.
- Assolutamente, Gajeel. È giusto. Giustissimo – lo rincuorò sorridendogli. – E sono certa che ben presto ce l’avrai, una tua famiglia. Con la donna che sceglierai.
Gajeel incurvò l’angolo della bocca in un piccolo sorriso quando il suo cervello gli disse: con te.
Solo con lei.
- Levy, io…
La voce di Lucy li interruppe un’altra volta, più vicina, e Levy sciolse l’intreccio delle loro mani facendogli l’occhiolino.
- Devo andare, Gajeel, ci vediamo dopo – gli disse prima di rientrare in gilda.
Lui la osservò allontanarsi con aria serena, con una calma che raramente aveva provato.
Sì, si sarebbero rivisti dopo.
Dopo, e per il resto dei loro giorni.



MaxB
Sembrano passati anni da quando sono passata qui.
Oh. Forse è proprio così.
Vi chiedo immensamente scusa, anche se scusarsi non basta e non serve a nulla. Ho avuto un blocco e ultimamente non riesco a scrivere più nulla. Solo a leggere, leggere e leggere. Penso che un giorno tornerà il mio momento e le dita riprenderanno a volarmi sulla tastiera. Ne sono convinta, ma non so quando. Io però ci credo.
Basta ciance, ringrazio ANCORA TANTO TANTO TANTO C63 per questa meravigliosa collaborazione.
Come già anticipato, lei sta provvedendo, con molta solerzia e buon cuore, a rendere in comic questa storia. La ringrazio per la pazienza, la devozione e la sua incrollabile fiducia in me, fiducia che forse, anzi sicuramente, non merito.
Di seguito vi riporto tutti i link utili per seguirla e stalkerarla, io la considero una grandissima artista. Ha parecchi link eh ahahah:


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