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Autore: T612    18/10/2018    2 recensioni
||Quinta classificata al Contest "Specchi, ombre e presagi: il doppelgänger" indetto da Shilyss sul forum di EFP. - Vincitrice premio speciale "Miglior Dialogo"||
Dal testo:
-Ti chiedi perché non puoi guardare nella mia testa. –prorompe una voce femminile, familiare e inquietante allo stesso tempo, le stesse parole utilizzate da Ultron.
-Prima o poi tutti rivelano sé stessi. –un brivido le scuote le ossa, si stringe nel suo cardigan grigio, insicura di voler sapere chi è seduto su quel trono.
-Scelta di parole curiosa. –la figura si volta nella sua direzione, la sua copia carbone la osserva con un ghigno divertito che le solca il volto, mentre liscia il giubbotto di pelle rossa che le fascia il corpo. (...)
-Tutti creiamo ciò di cui siamo terrorizzati… a volte è un oggetto fisico, ma in questo caso è molto più divertente.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Wanda Maximoff/Scarlet Witch
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Desclaimer: Questi personaggi non mi appartengono, ma sono di proprietà di Marvel Comics/Marvel Studios; Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
 
Quinta classificata al Contest "Specchi, ombre e presagi: il doppelgänger" indetto da Shilyss sul forum di EFP. - Vincitrice premio speciale "Miglior Dialogo".
 
Avvisi dalla regia:
Quando si parla del “gemello cattivo” in ambito Marvel il primo personaggio che viene in mente a tutti è Bruce Banner, in quanto la sua creazione stessa a livello editoriale è un incrocio tra “Dr Jekyll e Mr Hyde” e “Frankenstein”. Tuttavia io mi voglio complicare la vita, quindi voglio riproporvi il tema del “gemello cattivo” dal punto di vista di Wanda Maximoff, relativo all’entità di Wanda come corpo ospite in contrasto con i poteri mistici di Scarlet Witch.
Piccola annotazione fumettistica:
Wanda è in grado di modellare la realtà, creare la vita dal nulla, privare gli altri supereroi dai poteri e riportare in vita i morti… nell’MCU stanno mettendo le basi per arrivare ai livelli sopracitati.  
Rileggendo i fumetti, mi ha colpito molto il fatto che nemmeno lei sia consapevole di quanto sia potente (possiede già di suo il potenziale per riuscire a manipolare l’energia senza scatenare il gene x), ma proprio a causa dei suoi poteri illimitati soffre di disturbi psichici.
Prendo per buona la versione del “potenziamento” attraverso lo scettro di Loki (Gemma della Mente), mentre a livello cronologico-temporale la storia si colloca in “Civil War”, precisamente in quel lasco di tempo imprecisato tra la cattura all’aeroporto di Berlino e la fuga dal Raft.
 
 
 
La navata della chiesa era immersa nel buio, l’unica fonte di illuminazione proveniva dalla luce pallida della luna che rischiarava l’ambiente attraverso le finestre rotte e il tetto sfondato, mentre Wanda si avventurava in mezzo ai banchi di legno e i calcinacci piovuti dal soffitto, provando inquietudine mista a rispetto per quel luogo.
Da quella angolazione riusciva a scorgere solo lo schienale del seggio posizionato in mezzo all’incrocio con il transetto, intravedeva una figura seduta sul trono, ma non riusciva a percepirne i pensieri.
Quel piccolo dettaglio la spiazzava completamente, di solito sfruttava la lettura del pensiero come un vantaggio, in situazioni come quelle si ritrovava a brancolare nel buio.
-Ti chiedi perché non puoi guardare nella mia testa. – prorompe una voce femminile, familiare e inquietante allo stesso tempo, le stesse parole utilizzate da Ultron.
-Prima o poi tutti rivelano sé stessi. –un brivido le scuote le ossa, si stringe nel suo cardigan grigio, insicura di voler sapere chi è seduto su quel trono.
-Scelta di parole curiosa. –la figura si volta nella sua direzione, la sua copia carbone la osserva con un ghigno divertito che le solca il volto, mentre liscia il giubbotto di pelle rossa che le fascia il corpo.
Wanda la osserva disorientata, ammira inquieta il suo doppio, il riflesso ribaltato che la scruta ogni volta che si osserva allo specchio… ma questa volta il riflesso è reale, vivo, mentre la trapassa da parte a parte con le iridi rosse, lo sguardo che giudica la sua debolezza.
-Tutti creiamo ciò di cui siamo terrorizzati… a volte è un oggetto fisico, ma in questo caso è molto più divertente… –il suo doppio sorride ghignante, gesticola sfarfallando le dita sprizzando piccole scintille cremisi. -… hai creato un’intera prigione mentale per controllarmi e ti sei rinchiusa qui con me.
-Posso sempre andarmene. –cerca di tenere sotto controllo la paura, trascina i piedi all’indietro cercando di guadagnare l’uscita. –Questo posto l’ho creato io, ho lasciato una via d’uscita da qualche parte.
-Non ne dubito.
Riesce a raggiungere il portone della chiesa, una folata di vento la investe quando schiude la porta.
-Qui dentro prevalgo io, ci sono leggi diverse. –il suo doppio le soffia la sentenza all’orecchio, agita le dita mentre le sfere di energia si sprigionano dalle sue dita. –Sono un ospite sgradito vero?
Wanda percepisce le punte dei piedi sollevarsi da terra, la nube rossa dell’incantesimo che la avvolge e la immobilizza, incapace di contrattaccare.
-Ti stai chiedendo perché non riesci a sbloccare i poteri? – La inquieta come il suo doppio riesca a percepire i suoi stati d’animo, come quelle iridi rosse riescano a scandagliare ogni suo pensiero. –La psiche funziona in modo strano a volte, come posso spiegartelo in modo semplice?
Il suo doppio spezza l’incantesimo mentre passeggia nella piazza rischiarata dalla luna, i lampioni spenti del vialone mettono in risalto l’alone rosso che sprigiona la figura che la precede. Wanda ha modo di osservarla, nel modo in cui si muove, nel modo in cui parla… la sua copia esatta in ogni minuscola imperfezione.
La tallona, cercando ogni dettaglio microscopico che la differenzi, ma non trova nulla se non l’inquietante sfumatura scarlatta che colora tutto il suo corpo. Le iridi rosse in tinta con la giacca di pelle, i capelli color mogano striati di cremisi, la pelle candida accesa da un tono vermiglio… come se l’intero corpo fosse uno sviluppo incorporeo dei suoi poteri, una proiezione energetica senziente della Strega Scarlatta.
-Facciamo così, questa… -il vialone si illuminò a giorno rivelando un luna-park deserto, le fiammelle dei lampioni che gettavano ombre scarlatte sule giostre spente. -… è la tua mente. Leggermente inquietante. Hai creato questa tasca dimensionale all’interno del tuo cervello, mi aggiro nella tua psiche, ti dono i poteri e tu finisci qui dentro ogni volta che sei incosciente. Diciamo che questa è l’ambientazione dei tuoi incubi.
-La fiera… ci venivo da piccola con Pietro e i miei genitori, perché non c’è nessuno?
-Perché Sokovia è stata ridotta in brandelli, questo luogo esiste solo nei tuoi ricordi… continuerà ad esistere fino a quando non mi accetterai.
-Non ha senso. – Gli occhi di Wanda sfuggono da un angolo all’altro alla ricerca di una via d’uscita.
-Wanda tu sei la Strega Scarlatta, fin quando avrai paura di me, fin quando tenterai di controllarmi, questo luogo esisterà nella tua testa.
-Tu sei la mia parte cattiva, sei la parte malvagia che temono tutti.
-Hanno paura di me perché non mi controlli, io sono solo la proiezione dei tuoi poteri. –la Strega le rivolge uno sguardo pieno di commiserazione, come se le scocciasse spiegarle per l’ennesima volta una lezione che si ostina a non capire. –Sei tu che generi me, Wanda. È tutto nella tua testa.
-Quando ho creato questo luogo?
-Tu lo sai quando è successo.
-Voglio andarmene da qui, lasciami. –cerca di divincolarsi dalla presa della Strega Scarlatta inutilmente, quelle mani cremisi continuano a tenerla stretta per le spalle.
-Come desideri.
L’energia telecinetica la investe, cerca di reagire all’attacco, percepisce le sue mani formicolare.
L’impulso viene stroncato dalla scossa elettrica che si dirama dal collare, le mani ancora legate nella camicia di forza, mentre Wanda spalanca gli occhi sulla cella asettica del Raft.
-Giusto, la cella di isolamento.
Fulmina con lo sguardo l’obbiettivo della telecamera che la sta riprendendo, immagina la guardia carceraria che fissa gli schermi annoiata ed improvvisamente richiama l’attenzione di Ross, nella speranza di riuscire ad instillare almeno un vago sentore di paura alla vista del suo sguardo colmo di rabbia.
Si sente impotente, confinata all’interno di una camicia di forza, un collare che blocca ogni suo impulso nervoso impedendole di accedere ai suoi poteri.
Scocca uno sguardo frustrato al suo riflesso proiettato sul vetro infrangibile, l’immagine proiettata le restituisce un ghigno divertito… ha un strano alone rosso negli occhi.
“Non puoi liberarti di me, è il motivo per cui ti ritrovi in isolamento.”
Chiude gli occhi cercando di pensare ad altro, ignora la voce della Strega Scarlatta mentre cerca di contare i secondi che passano… chissà da quanto tempo è rinchiusa.
“Non saresti dovuta andare a Berlino.”
-Sta zitta, l’ho fatto per un buon motivo.
“Le buone intenzioni non portano a niente.”
-Taci.
 
Quando i soccorsi avevano sfondato la sua porta, avevano trovato una voragine nel pavimento.
Wanda ricordava lo sguardo meravigliato che aveva visto nei loro occhi nel trovare lei e Pietro, liberi ed incolumi che attendevano solo di essere trovati. Ricordava gli assistenti sociali che vociferavano nei corridoi, discutevano dell’apatia che manifestavano i gemelli, che non era normale che dei bambini di dieci anni non avessero versato nemmeno una lacrima da quando avevano scoperto di essere rimasti soli al mondo. Wanda ricordava di aver agito nelle migliori delle intenzioni, della premura di Pietro quando si prendeva cura di lei, della tenacia quando aveva lottato con le unghie e con i denti perché non la separassero dal gemello.
Si erano ritrovati a vivere per strada, a patire i morsi della fame mentre urlava nei cortei, a dormire sui banchi della chiesa di Sokovia. Il barone Strucker li aveva beccati mentre tentavano di rubare del cibo dai rifornimenti alimentari dell’HYDRA, Wanda aveva visto una possibilità ed aveva convinto Pietro a coglierla al volo. Si era offerta volontaria agli esperimenti, aveva accolto la Strega Scarlatta come un’altra parte di sé, ansiosa di entrare in azione, ambiziosa di confermare le aspettative del barone, divertita all’idea di giocare con le menti delle sue vittime.
Aveva visto la distruzione nella mente di Stark, aveva avuto una visione del pagamento dei suoi debiti, non le interessava il come si stesse vendicando. Aveva zittito Pietro quando le aveva chiesto incredulo se voleva lasciare lo scettro di Loki in mano agli Avengers, aveva assecondato la Strega Scarlatta nei suoi progetti che puntavano a distruggere la vita a Tony Stark. All’epoca lo riteneva un giusto metro di giudizio, la sua infanzia rovinata da una bomba ripagata con le sofferenze del suo creatore.
Aveva dovuto ricredersi quando la sua visione le si era ritorta contro, quando aveva appreso quali erano i termini che Ultron desiderava applicare per creare la pace per il suo tempo.
Si era nascosta mentre la distruzione pioveva dal cielo, mentre la sua città si trasformava in un cumolo di cenere, terrorizzata da ciò che aveva causato, ripudiando quella parte di sé che aveva portato solo caos.
Clint le aveva offerto una possibilità, Wanda l’aveva accolta a braccia aperte mentre usciva allo scoperto come un membro degli Avengers, un tentativo di rimediare agli errori della Strega Scarlatta.
Poi l’aveva sentito.
Il suo cuore si era dilaniato, era stato fatto in mille pezzi, mentre sprigionava quel vortice rosso distruttivo, cancellando la vita nel raggio di un centinaio di metri. Qualcosa dentro il suo cervello era andato in corto, c’era stata una scissione netta che era passata in secondo piano, oscurata dalla desolazione emotiva che provava mentre strappava il cuore di metallo da Ultron.
Aveva visto ciò che restava di Sokovia dalla cima dell’Helicarrier, una buca nel terreno cosparsa di cenere, ben consapevole che lei era la causa di ciò che aveva davanti.
 
Wanda ha smesso di contare i giorni che la separano dalla sua fuga, rassegnata a quel circolo vizioso, il riflesso sul vetro antiproiettile che continua a parlarle incessantemente. Tuttavia ignorare la voce della Strega non è facile, la istiga a liberarsi, ad escogitare un piano per evadere, ma tutto ciò che guadagna è un viaggio turistico nel luna-park dentro il suo cervello.
Si dondola sulla cabina, le gambe a penzoloni mentre osserva le bancarelle della fiera illuminate, le luci intermittenti delle giostre visibili dall’alto della ruota panoramica.
Dovevano averla drogata, oppure era svenuta a causa della scarica elettrica, ignorava il come avesse raggiunto la prigione mentale. Si ritrovava ogni volta nella chiesa, nel punto d’origine istituito dalla sua mente, ma abbandonava presto quel luogo lanciandosi nell’esplorazione degli angoli nascosti della sua psiche, una valida alternativa ai muri bianchi della sua cella.
Aveva perso il conto dei giorni, ritrovandosi sempre più spesso a parlare con Scarlett, a riabituarsi alla sua presenza in quel luogo… una piccola parte di Wanda riteneva preoccupante l’aver affibbiato un nome concreto al suo delirio mentale, la parte preponderante della sua psiche la considerava solo un modo per parlare con qualcuno. Era ad un passo dall’impazzire completamente ma non se ne curava, non che avesse alternative a quella follia.
La cabina completò il giro, Scarlett la aspettava alla leva di azionamento, Wanda le fece posto sul seggiolino della cabina mentre il suo doppio azionava il secondo giro con qualche scintilla cremisi.
-Come mai così tranquilla? Di solito mi cacci come se fossi l’incarnazione del male.
-Tu sei l’incarnazione del male.
-Sono semplicemente la proiezione dei tuoi poteri, sta a te decidere se sono positivi o negativi.
Scarlett le scocca uno sguardo di sufficienza, come se stesse esponendo l’ovvio e Wanda continuasse a rifiutarsi di capirlo.
-Come se fosse facile, la Sicurezza Nazionale mi ritiene un pericolo pubblico… altrimenti non sarei qui.
-Non avevi deciso di fregartene delle opinioni altrui?
-Questo prima che mi mettessero il collare e mi internassero con una camicia di forza.
Wanda distoglie lo sguardo, lo punta lontano oltre la fiera e le giostre, notando solo in quel momento che anche nella sua mente la città è sospesa nel vuoto. Riesce a scorgere distintamente i contorni frastagliati, precipizi e baratri che terminano nell’oblio, nella parte di mente che la inquieta tanto quanto Scarlett.
-Hai sempre detto che la nostra dovrebbe essere una sorta di collaborazione. –osserva di traverso il suo doppio, lo sguardo curioso che riceve in risposta la pone nella difensiva. –Come posso fidarmi di ciò che non ha limiti?
-Perché dovresti porti dei limiti?
-Perché quando ho causato la distruzione di questo posto sapevo a malapena fare a brandelli un ferro vecchio, mentre a Lagos sono quasi riuscita a contenere un’esplosione… tu mi spaventi perché il mio limite fisico non va di pari passo con i tuoi poteri illimitati.
-Alla fine è solo questione di fiducia Wanda, tu non devi avere bisogno di porti dei limiti, devi desiderare di non porteli ed avere il coraggio di affrontarne le conseguenze.
-C’è una qualche differenza tra l’avere bisogno e il desiderare qualcosa?
-Dipende da come decidi di approcciarti al problema… -lo sguardo cremisi di Scarlett si illumina di una luce poco rassicurante. -… tanto hai già deciso di voler piangere in un angolo.
La Strega blocca il movimento della ruota panoramica con qualche scintilla vermiglia, la afferra per il polso e si libra in cielo aiutata dagli impulsi energetici color cremisi, portandola all’orlo del baratro.
-Se vuoi piangerti addosso dovevi iscriverti al liceo, se vuoi fare ammenda devi…
-…muovere il culetto. L’ha detto Clint, che significa?
Scarlett si avvicina, il modo di fare di qualcuno che sta per rivelare un segreto inconfessabile.
-Dipende tutto da te. –le soffia all’orecchio, per poi afferrarle le spalle e gettarla giù nel baratro.
Wanda urla, istintivamente lancia l’impulso al suo cervello di rallentare la caduta, sa di poter sfruttare la telecinesi per volare… l’impulso arriva insieme alla scossa elettrica.
Wanda riapre gli occhi di scatto, le serve qualche secondo perché la vista si spanni e ridefinisca i contorni delle mura bianche, del vetro antiproiettile e il riflesso di Scarlett.
“Sei tu stessa che ti poni dei limiti.”
-Non posso liberarmi del collare con la sola forza del pensiero.
“Mi riferivo alla bomba di Lagos, altri tre secondi e nessuno si sarebbe fatto del male.”
Wanda agisce inconsciamente, incurante di cosa sia reale o meno, ha bisogno di mettere a tacere la voce della Strega Scarlatta, il desiderio incontenibile di lanciarle contro un oggetto pesante per arrecarle del dolore fisico. Lo sgabello si muove appena, l’alone rosso si dissolve nel giro di mezzo secondo… ma lo sgabello si è mosso ed il collare non le ha dato la scossa.
“Questa è la differenza tra l’avere bisogno e il desiderarlo sul serio.”
Wanda osserva truce al riflesso nel vetro antiproiettile, ma l’immagine che le viene restituita è la sua espressione corrucciata, le sue occhiaie ed il suo pallore.
Si riconosce in quel riflesso… pace finalmente.
 
Wanda ricordava quando Steve aveva spento il notiziario, quando il disastro di Lagos era diventato di dominio pubblico, quando i giornalisti invece di criticare il lavoro della squadra avevano iniziato a discutere sulla possibilità concreta di rinchiuderla da qualche parte.
Ricordava il discorso di Steve, il suo consiglio sul riuscire a trovare il modo per convivere con la morte di quelle persone innocenti, che il loro lavoro può salvare molte persone, ma ciò non significa l’avere il potere di salvarle tutte. Ricordava il suo tono di voce mentre le diceva che se lei non fosse stata in grado di trovare una soluzione al problema, quando ci sarebbe stata una prossima volta, forse nessuno si sarebbe salvato.
Quando le avevano chiesto di firmare un pezzo di carta, un atto che legalizzava la sua reclusione, era seriamente tentata di accettare gli accordi… la Strega Scarlatta era fuori controllo e Wanda non riusciva a porle un limite, un freno al suo raggio d’azione distruttivo.
Quando avevano affrontato quel discorso era ben lontana dal riuscire a raggiungere un compromesso con le sue capacità, lontana anni luce dal Raft e dalla cella di isolamento.
L’allarme d’apertura della porta automatica la distrae dai suoi pensieri, mentre due guardie la sollevano di peso spingendola fuori dalla cella.
“È la tua occasione, agisci.”
Ignora la voce di Scarlett, ormai limitata ad un suono relegato nei recessi della sua mente, ben consapevole che l’essere riuscita a far vibrare impercettibilmente un sgabello non le consente di affrontare uno scontro con due guardie armate.
-Dove mi portate?
-Il Signor Stark ha richiesto che tu venissi tolta dalla cella d’isolamento.
-Ciò significa che non sono più un pericolo?
-No, significa solo che Stark ci tiene alla tua sanità mentale.
Quando raggiunge le celle comunitarie li vede, si alzano tutti e tre in piedi, Clint è il primo che inizia a sbraitare contro le guardie.
-È una ragazzina, è davvero necessaria la camicia di forza?
Le guardie non rispondono, la rinchiudono nella cella di fianco a quella di Sam, un sorriso impercettibile che le solca le labbra al pensiero che la voce di Clint è reale e non il frutto della sua mente.
Quando le guardie li lasciano soli iniziano a chiederle come sta, si preoccupano della sua salute mentale, risponde atona a tutte le domande per poi chiudersi nel silenzio.
Non c’è molto da dire, gli argomenti si esauriscono in fretta.
“Non puoi ignorarmi a lungo, sono sempre qui.”
-Clint dammi qualcosa a cui pensare. –lancia immediatamente la richiesta d’aiuto, cerca un appiglio alla realtà per non sprofondare nuovamente nel suo delirio.
-Qualcosa per riempire il tempo? –risponde subito la voce del diretto interessato in lontananza.
-Voglio partecipare anch’io, mi annoio.
-Tic-tac, sono giorni che sappiamo che ti annoi.
-Finitela. –Clint interrompe sul nascere quel battibecco tra Sam e Scott. –Io e Laura abbiamo imparato qualche indovinello per tenere impegnati i bambini durante i viaggi in macchina quando andiamo in vacanza…
-Fury ti concede delle ferie? Sul serio?
-Si, Sam… basta fare richiesta.
-L’idea degli indovinelli mi piace. –Scott interviene bloccando la disputa, mentre Wanda inizia a farsi un’idea di come saranno divertenti i giorni di reclusione a venire, consolandosi che le voci che battibeccano non sono frutto della sua immaginazione.
-Va bene, iniziamo. Questa cosa tutto divora, ciò che ha vita, la fauna e la flora, i re abbatte e così le città, rode il ferro, la calce già dura e dei monti pianure farà.
-Il tempo. –risponde Scott tempestivo.
-Ma dai, amico… non puoi esserci arrivato subito. –si lamenta inutilmente Clint.
-Come hai fatto Tic-Tac?
-È semplice, se c’è il verbo divorare e l’indovinello descrive la morte, la risposta è sempre il tempo. Ho sparato a caso.
Wanda alza gli occhi al cielo, ascolta le risa di Sam alle obbiezioni di Clint, mentre Scott difende la sua tesi della fortuna del principiante.
-Okay ragazzi finitela, Clint pensane uno più difficile. –interviene Wanda, la voce di Scarlett completamente eclissata dalle tre voci maschili.
-Okay ci sono. –esordisce dopo qualche minuto di silenzio. –Vedere non si può e nemmeno sentire, fiutare non si può e nemmeno udire, sta sotto i colli, sta dietro alle stelle e riempie tutti i vuoti, tutte le celle. Per primo viene, per ultimo va, a vita e riso termine dà.
-Non è il tempo, vero?
-Ma ti sembra la descrizione del tempo Tic-Tac?
-Era un tentativo, la fortuna del principiante, che ne sai…
-Taci Scott, cerca la soluzione prima che Ross torni per proporci di nuovo il patteggiamento.
-Che patteggiamento? –chiede Wanda preoccupata, interrompendo i ragionamenti alla ricerca della soluzione che passano velocemente in secondo piano.
-Credo ci sia lo zampino di Stark, Ross si è presentato qui un paio di giorni fa con dei documenti da firmare, ha proposto gli arresti domiciliari a me e Clint… ci offre la possibilità di tornare dalle nostre famiglie a patto di interrompere tutti i contatti con voi. –la risposta esaustiva di Scott la lascia interdetta, non per la proposta, ma per l’offerta d’aiuto da parte di Tony.
-Ne abbiamo già discusso Tic-Tac, dovreste accettare. –interviene Sam, il tono di chi ha evidentemente passato gli ultimi due giorni a discutere con gli altri due sulla proposta.
-Lo sappiamo, Sam. –risponde Clint con tono irritato, snervato dal sentire cosa avrebbe dovuto fare da altri, già stanco di continuare quel discorso appena iniziato. –Ora finitela, ragionate sulla soluzione invece di rompere le scatole sul patteggiamento.
-Almeno voi avete una famiglia da cui tornare, ormai la squadra è andata a catafascio, se mi offrissero la possibilità di ritornare ad una vita normale firmerei ad occhi chiusi. –interviene lei con un commento disinteressato, una mera considerazione dei fatti.
La discussione si riduce al silenzio, nessuno ha il coraggio di obbiettare, tutti intenti a lambiccarsi il cervello alla ricerca di quel qualcosa in grado di nascondersi dietro alle stelle.
 
Il luna-park è illuminato a giorno mentre passeggia tra le bancarelle armata di zucchero filato.
Wanda era abbastanza sicura di essersi addormentata, il cervello ormai fuso a forza di arrovellarsi sull’indovinello, ritrovandosi di nuovo all’interno della sua prigione mentale.
Non sentiva la voce di Scarlet da un po’ di tempo, completamente eclissata dai continui battibecchi dei suoi compagni di prigionia.
-Aspettami.
Visione fa la sua comparsa alle sue spalle mentre le corre incontro munito di zucchero filato.
-Cosa ci fai qui? -chiede spaesata, è la prima volta che qualcuno di esterno si immette nei suoi pensieri riuscendo a raggiungerla in quel luogo.
-Stai sognando, sei tu che mi hai trascinato qui.
Liquida l’informazione con un’alzata di spalle, ha rinunciato da giorni a capire come funzioni il suo cervello, adeguandosi alla nuova situazione. Quell’incontro, man mano che prosegue la conversazione, prende le sembianze di un appuntamento, ritrovando la leggerezza dei momenti condivisi al Complesso tra un pezzo di zucchero filato e l’altro.
-… Vis, che succede?
La sua risata si smorza mentre Visione si ritrae sfiorandosi la gemma, l’espressione sofferente, come se l’avesse colpito una fitta particolarmente fastidiosa alla testa.
-Non è nulla… succede spesso ultimamente. –la liquida in fretta, ma non oppone resistenza quando Wanda si avvicina.
-Posso? –le dita che generano scintille cremisi, Visione le afferra la mano portandola a pochi centimetri dalla sua fronte, permettendo ai suoi poteri di entrargli nella testa.
-Vorrei comprenderla. –sospira quando Wanda gli comunica che non riscontra nulla di anomalo. –So che non è di questo mondo, so che proviene dallo scettro di Loki e che dona delle abilità…
-Come i miei poteri.
-Tu li comprendi?
-No, sono un mistero… ne ho paura. -alle sue orecchie non suona come un’ammissione di colpa, è consapevole che sia un problema globale il fatto che lei non riesca a controllarsi, ma quelle parole sembrano solamente una scusa preimpostata.
-Devi solo comprenderla Wanda.
-Comprenderla?
-Scarlett. I tuoi poteri fanno parte di te, tu sei la Strega Scarlatta.
Si fissa le mani che si stanno riducendo velocemente ad un riflesso traslucido color cremisi, si concentra sulla luminescenza vermiglia che sprigiona dalle dita, mentre Visione e la fiera spariscono, lasciandola sola ma per niente intimorita da ciò che sta accadendo. Sbatte le palpebre, come per risvegliarsi da un brutto sogno, facendo sparire quel buio senza suono che alleggia nella sua mente, rendendosi conto di osservare il mondo con gli occhi di Scarlett.
Vede il suo corpo dall’esterno, addormentato e con l’espressione serena, ancora ingabbiato nella camicia di forza. Nota che il collare lampeggia come quando si aziona per darle la scossa, ma non percepisce nulla e vede che l’impulso elettrico non sortisce alcun effetto.
“Non mi sto ponendo limiti.”
In quel momento lo capisce, nel bel mezzo di quell’esperienza extracorporea mentre sperimenta l’altro lato della medaglia, comprende finalmente che i suoi poteri sono come un fiume in piena… direzionabili ma incontenibili, un’estensione fisica di un sentimento o un’emozione.
Sfiora il collare con quelle dita vermiglie ed incorporee…
Riapre gli occhi sulla sua cella, incurante se fosse un sogno o altro, il collare che continua a lampeggiare, ma avverte solo un pizzicore fastidioso.
Si accorge solamente in quel momento della presenza delle guardie, vede Scott sfilare davanti alla sua cella, la cavigliera elettronica in bella vista… mentre dormiva dovevano aver riproposto il patteggiamento.
-La risposta era buio. –afferma improvvisamente, realizzando la risposta quando Clint le sfila davanti fermandosi davanti alla sua cella, schiudendo le labbra in un sorriso annuendo.
-Ma dai, davvero? –sente la voce di Sam nella cella accanto.
-Si… -si interrompe, non sa bene cosa dire, mentre la sensazione irreale che non si rivedranno mai più li lascia tutti a corto di parole.
Wanda non sa di preciso cosa le dice il cervello, ma lo sguardo di Clint non manifesta rammarico e nemmeno malinconia… anzi. Le viene istintivo quanto respirare, vede gli occhi chiari di Clint colorarsi di rosso per mezzo secondo, ascolta i suoi pensieri e sorride.
-Da un bacio a Nathaniel da parte mia. –lo saluta così, le guardie lo trascinano via ignare della loro conversazione telepatica.
-Restiamo solo io e te. –commenta Sam con voce incolore.
“Non per molto, dagli meno di ventiquattr’ore.”
La risata che avverte al di là del muro le dà la conferma che il messaggio è stato recepito.
Nelle ore seguenti riesce a ridurre il pizzicore del collare a un formicolio sordo, sorride quando un bip elettronico la informa che il collare è stato disattivato da remoto.
Finalmente dopo giorni sprigiona i suoi poteri telecinetici liberandosi dalla camicia di forza, la gioia indescrivibile che la attraversa quando sgancia i meccanismi del collare tornando finalmente libera, mentre un’ondata cremisi distrugge il blocco della cella, in una cacofonia di vetri infranti che si vanno a sommare alle urla e ai tonfi provenienti dal piano superiore.
Fa scricchiolare il collo, stiracchia la schiena, mentre un sorriso a trentadue denti le solca le labbra.
-Era ora. –rimbecca Steve quando entra dalla porta armato di scudo.
-Ho fatto prima che ho potuto. -le sorride genuino prima di frantumare il vetro del pannello di accesso alla cella di Sam. -Muoviamoci, Natasha non può reggere il diversivo all’infinito.
-Aspetta, dove andiamo? -chiede Sam, lo sguardo che saetta tra Steve e le scintille che continuano a scaturire dalle sue dita.
-Lontano da qui, Wanda potresti…?
Sfondare il lucernario è un gioco da ragazzi, tanto quanto sbloccare le porte e controllare da remoto il Quinjet fino a quando Steve non prende il controllo della cloche. Si sbizzarrisce senza esitare, sicura del suo operato, fidandosi dei limiti che infrange per gradi… vuole strafare e si diverte nel farlo.
-Vedo che sei scesa a patti con i tuoi poteri.
-È solo questione di fiducia… fiducia senza limiti.
   
 
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