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Autore: Nemesis01    18/10/2018    6 recensioni
Luca è un ragazzo all'ultimo anno di liceo che, nel giorno più brutto della sua vita, incontra il dottor Vittorio Salvemini. Peccato che l'uomo sia "responsabile" della morte del nonno di Luca.
[Storia scritta per la challange "Autumn" del gruppo Boy's love]
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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- Questa storia fa parte della serie 'La vita mia per cambiare la storia'
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Si sta come d’autunno sugli alberi

Amor fra l'ombre inferne

 seguirammi immortale,

onnipotente.

(Ugo Foscolo)

 

03 – Nebbia

 

Il ragazzo sembrava essere in piena crisi respiratoria e ciò gli provocava una tosse strana; quasi come se avesse fame d’aria e al contempo avesse assunto troppo ossigeno. Vittorio lo visitò in silenzio, ascoltando quello che la mamma aveva da dirgli in riferimento alle condizioni del figlio.

- È tornato da scuola, ha mangiato poco… Non lo so, aveva detto di aver mangiato delle castagne d’asporto, ma boh… Non riusciva a respirare e gli si è gonfiato il collo, ma non è allergico… -

- Stia tranquilla, signora Caruso, ora facciamo un po’ di controlli e risolveremo! – la rassicurò il medico, - Vedrà, sarà una cosa da nulla. –

La signora sembrava essere già più calma e gli annuì mestamente.

 

La medicina d’urgenza non era proprio la specialità di Vittorio che, da buon tirocinante di cardiochirurgia, si limitava a quella che era la propria branca di medicina; tuttavia, un buon medico non può non soccorrere una persona in difficoltà e, del resto, aveva anche un giuramento a cui far fede e per fortuna aveva una buona infarinatura di medicina di base. Leonilda era corsa a chiamare il medico di turno, impegnato con un’altra situazione d’emergenza, e nel frattempo Vittorio si era dedicato a dei controlli basici.

- Ora controlliamo la saturazione, - spiegò Vittorio. Luca sembrava essere in preda ad un attacco di panico e lo guardava in assoluto silenzio con occhi sgranati dalla paura. – Stai tranquillo! –

- Ha, ehm, paura dei medici… - spiegò la madre, sorridendo timidamente, quasi impacciata.

- Hai paura dei medici? – chiese il dottore. Luca rispose con uno sguardo quasi omicida che fece ridere l’altro. I ricci ribelli di Vittorio si mossero a ritmo della sua testa e proseguì, - Ma noi siamo buoni, siamo qui per curare le persone, per farle soffrire di meno. –

- Mi… Fanno… Paura… I… Camici… Bianchi… -

 

Il ragazzo parlava con voce flebile e Vittorio gli fece infilare il dito nel saturimetro, una piccola scatoletta elettronica che somigliava ad una molletta tonda e grassoccia. A quelle parole Vittorio si tolse il camice e lo lanciò ai piedi della barella, stringendosi nelle spalle, - Beh, il bianco ingrassa. –

La signora ridacchiò cercando di non farsi beccare; Luca, invece, rimase sorpreso: era in un ospedale e, al di fuori Vittorio, c’erano molti altri medici che indossavano un camice bianco. Il ragazzo, però, rifletté sul fatto che quello fosse un gesto molto premuroso da parte sua: non l’aveva deriso né preso in giro ma si era limitato a togliersi quel camice per farlo sentire a proprio agio.

- Grazie… -

Vittorio sorrise amabilmente per poi dare uno sguardo al saturimetro: 80 %. C’era qualcosa che non andava. Da che era gentile e delicato nei modi, Vittorio sembrò allarmato e, in assoluto silenzio, lo fece girare di spalle e gli sollevò la maglietta, auscultando in corrispondenza del cuore: il suono era aspro. Il giovane medico deglutì e fece dei movimenti scattosi nel prendergli i polsi: il battito sembrava essere flebile ma sincronizzato, allora si concentrò sul colore della sua pelle. I polpastrelli sembravano essere lievemente arrossiti, quindi afferrò il primo sfigmomanometro utile e misurò i livelli di pressione sanguigna, anch’essi alterati.

- Tutto bene dottore…? – chiese la signora, mentre il figlio sembrava agonizzare sempre di più.

- Un attimo solo signora Caruso… Resti qui, non si muova. Resti qui. – il dottore sollevò le mani come a dirle di rimanere calma prima di iniziare letteralmente a correre nervosamente per i corridoi.

- PROFESSOR VELANTA, PROFESSOR VELANTA! – urlò, bussando alla porta dell’ufficio del suo docente. – PROFESSORE!! –

- Un attimo, arrivo… Vitto’, che c’è, che urli? –

- C’è un ragazzino al PS… - disse affannato, poggiando le mani sulle ginocchia. Gli presentò il caso: - Dispnea, gonfiore giugulare, tosse, saturazione bassa, pressione minima alta, soffio olosistolico aspro, presenta tachicardia, polsi flebili ma sincroni, acrocianosi… è la valvola mitrale stenotica congenita, no? L’anamnesi familiare è preoccupante, abbiamo perso suo nonno qualche tempo fa… -

- Prenota subito una sala! Come si chiama? –

- Caruso Luca, 18 anni… -

 

   

 

Vittorio aveva sbuffato e, con un gesto secco, dopo essersi buttato contro il muro del corridoio, si era tolto la cuffia liberando i ricci. Era stata una giornata lunga per lui e ora doveva avvisare la famiglia. Odiava avvisare la famiglia.

Si stropicciò gli occhi, si liberò della copertura chirurgica e, una volta lavatosi le mani, si diresse presso la sala d’attesa. Già se l’immaginava i signori Caruso: l’avrebbero visto arrivare e si sarebbero alzati per andargli incontro, si sarebbero stretti le mani e gli avrebbero chiesto “Allora dottore?”.

 

Così come aveva fantasticato poco prima, i due coniugi Caruso si erano alzati e l’avevano raggiunto mano nella mano.

- Dottore, allora…? –

Vittorio scambiò uno sguardo con i signori e poi sorrise dolcemente.

-  Vostro figlio soffriva di stenosi mitralica. Non è una cosa molto comune in ragazzi giovani come lui, evidentemente era qualcosa di ereditario. Sbaglio o suo padre ha sofferto molto di malattie cardiache? –

- No, non sbaglia dotto’, mio padre ha avuto pure un infarto… Pure mio nonno soffriva col cuore, - aggiunse il signor Caruso.

- Beh, l’abbiamo preso in tempo e gli abbiamo dovuto fare una plastica valvolare. –

- E ora come sta? – chiese la signora.

- È ancora sotto l’anestesia, però l’intervento è andato bene. Tra poco lo porteranno in camera e potrete vederlo. –

I genitori si sciolsero in un sospiro e sorrisero annuendo.

- Grazie dottore, grazie mille. –

Vittorio schiuse le labbra in un sorriso e, dopo essersi congedato, s’incamminò per i corridoi.

- È un bravo ragazzo, questo dottore. –

 

   

 

Quando Luca aprì gli occhi non riuscì a capire che ore fossero. Si sentiva confuso, dolorante e qualcosa in petto gli bruciava e gli arrecava fastidi. Aveva anche uno strano formicolio agli arti, ma forse quello era stesso causato dall’anestesia che stava perdendo il suo effetto. Faceva un po’ freddo in quel posto, però almeno era silenzioso. Nella stanza sembrava esserci solo un altro signore, oltre lui e suo padre che si era addormentato sulla sedia accanto al letto. Luca incurvò le labbra in un sorriso e si limitò a fissare la soluzione fisiologica scendere dal lavaggio, quando avvertì l’eco di alcune voci provenire dal corridoio adiacente alla stanza.

 

“Salvemini, che ci fai ancora qui?”

“Uh? Ah, professore! Sto andando via, ma prima volevo dare un’ultima controllata al ragazzo di oggi…”

“Ma sono le due di notte, saresti dovuto andar via ore fa.”

“Lo so, ma…”

“Veloce, su.”

 

La porta della camera si aprì con un cigolio e Vittorio, in abiti decisamente meno professionali e spaventosi, si avvicinò al letto di Luca. Controllò che ci fosse sufficiente soluzione fisiologica e gli misurò nuovamente la saturazione; nonostante l’operazione subita sembrava stare molto meglio.

- Ciao, - bisbigliò Luca.

Vittorio sorrise dolcemente e un raggio di luce blu filtrata dalla finestra si batté contro il suo viso pallido. – Ciao! Come stai?

- Ho sonno. –

- Dormi, dormi. –

- Va bene, - rispose il ragazzo e, dopo un secondo di pausa, aggiunse - Grazie. –

- Ehm, prego, ma… Per cosa? –

- Per avermi salvato la vita. –

- Beh, - Vittorio ridacchiò, infilando il saturimetro in tasca, - In realtà ti ho solo ricucito. Spero di essere migliorato! –

- Che cosa carina da dire, - ridacchiò il ragazzo, per poi assumere un’espressione sofferente: forse quello sforzo non andava d’accordo con quella ferita fresca.

- Shh, riposa, tranquillo, - il medico lo rassicurò con uno sguardo gentile e il ragazzo annuì.

- Buonanotte. –

- Buonanotte. –

 

Luca osservò l’ombra di Vittorio svanire dietro quella grossa porta bianca e tirò un sospiro. Aveva paura dei medici e degli ospedali, non sopportava la vista dei camici bianchi e quella stanza puzzava di farmaci e pipì.

Il sorriso di Vittorio, però, valeva tutte le pene che stava soffrendo.

 

   

 

 

Note a margine

Eccomi qui, nella speranza di essere ora in pari con la challange.

Volevo ringraziare pubblicamente Abby per le parole bellissime che mi rivolge in ogni recensione.

 

 

 

 

   
 
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