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Autore: Blackvirgo    21/10/2018    3 recensioni
La settimana che Gino ha passato da te è volata: non ti era mai successo di avere qualcuno da cui tornare a casa tutte le sere. È stato strano salutare tutti al termine di ogni allenamento e declinare ogni invito con un non posso, mi dispiace, ho da fare, ed essere fottutamente contento solo perché c’era lui ad aspettarti.
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ambientata dopo "Quello con cui ricominciare"
partecipa al writober di fanwriter.it, prompt 16. POV second person
Serie 'What a Wonderful World'
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Gino Hernandez, Salvatore Gentile
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'What a Wonderful World'
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“Non mi piace che tu debba ripartire così presto.”
Gino abbassa gli occhi. “Non ho molte possibilità.”
La sua espressione mesta ti scalda il cuore e tu credi di essere impazzito seduta stante, con tutto quello che hai fatto per potergli regalare un po’ di felicità nonostante quel maledetto infortunio. E nello stesso tempo sai benissimo che deve tornare a casa sua, ma tanta ragionevolezza non contribuisce a migliorare il tuo umore. La settimana che Gino ha passato da te è volata: non ti era mai successo di avere qualcuno da cui tornare a casa tutte le sere. È stato strano salutare tutti al termine di ogni allenamento e declinare ogni invito con un non posso, mi dispiace, ho da fare, ed essere fottutamente contento solo perché c’era lui ad aspettarti.
“Quando torni?”
Un lungo sospiro gli sfugge dalle labbra. “Non lo so.”
Te lo tiri addosso, la schiena contro al tuo petto e, con la mano, gli sollevi il mento fino a fargli appoggiare la testa alla tua spalla. Ti piace da morire sentirlo addosso, non sapere dove la sua pelle finisce e comincia la tua. “Magari potrei venire io.”
Gino volta il viso, il naso che ti sfiora il collo, le labbra che lo accarezzano leggere e che ti regalano il brivido di un battito perduto.
“Magari avverti, invece di piombare inaspettato.”
“Rischio di trovarti con un altro?”
Gino ridacchia, ma non risponde. Gli passi le dita sulle costole e affondi con i polpastrelli: lui si agita sotto le tue mani, lo sai benissimo quanto soffra il solletico.
“No,” ride. “No, no, smettila!”
“Rischio di trovarti con qualcun altro?” Ripeti con la tua miglior voce da assassino, calcando sulle sillabe una per una.
“No!” strepita lui e si inarca contro il tuo petto. Cede come un sacco vuoto quando smetti di tormentarlo e tu sei lì, pronto ad accoglierlo tra le braccia, a catturargli le labbra in lungo bacio.
“Non avrei abbastanza energia per un’altra storia.” Te lo soffia addosso, irriverente, quelle parole. È ancora senza fiato.
“È così faticoso avermi attorno?”
“No.” Chiude gli occhi e si volta verso di te, petto contro petto. “Non era in preventivo neppure questa storia, figuriamoci se ne comincio un’altra!”
Ci rimani male come tutte le volte che, in qualche maniera, sminuisce la vostra relazione, che la tratta come un dato di fatto, ma di cui potrebbe fare anche senza. Deve notarlo perché si solleva sulle braccia e ti chiede: “Che succede?”
“Niente.” Non puoi pretendere quello che non può darti. Lo hai già fatto una volta, di implorare un uomo di amarti come tu lo amavi, ma non ha funzionato. Ti è rimasta solo l’umiliazione di esserti messo in gioco con una persona che ti offriva un ghigno arrogante e un lo sai che non può funzionare tra noi, meglio viverla alla giornata. Eri persino arrivato a pensare che non ti saresti mai più innamorato di nessuno, poi hai capito che non aveva senso sacrificare la tua felicità per chi non se n’era mai preoccupato. Però, questa volta, è la tua dignità che non vuoi mettere a repentaglio.
“Non è vero.” Ti scocca un bacio a fior di labbra. Ti guarda con i suoi occhi azzurri, così limpidi e intensi da perdercisi dentro.
Sorridi appena: a stare con lui, stai perdendo la capacità di nasconderti. In fondo, sai benissimo che l’unica cosa che vorresti è che ti leggesse dentro, proprio come ti accusa di fare con la sua anima.
Continua a guardarti, serio, e abbassa la voce, manco ci fosse qualcuno a origliare. “L’altro giorno, quando parlavamo, ho avuto l’impressione...” Si interrompe, si prende il labbro inferiore tra gli incisivi e inizia a tormentarlo. “No, lascia perdere.”
“Dimmi.”
Tentenna, distoglie gli occhi, poi chiede a bruciapelo: “Hai mai avuto paura?”
Ti coglie alla sprovvista, proprio come aveva fatto quella sera, quando ti aveva detto che sei diventato qualcosa da perdere. Gli prendi la mano, come allora, e intrecci le dita con le sue. Ti piacerebbe rispondere no, ma hai scelto di essere sincero con lui. Però non rinunci a un sano tocco di teatralità: “Solo gli sciocchi non ne hanno.”
“E non sia mai detto che il prode Gentile sia uno sciocco!”
Ti prende in giro e ridete di cuore assieme, mentre lo stringi più forte: non sia mai che la sorte sia in ascolto e voglia fartelo scivolare via dalle mani. “Come ti vengono fuori certe domande astruse?”
“A te come vengono fuori quelle bastarde?”
Infili il naso tra i suoi capelli, incurante del solletico che ti provocano e soffochi l’ennesimo sorriso sghembo. Non si chiama paura anche quella? La necessità di sapere di essere l’unico, il solo. Il bisogno di una conferma al fatto che non sei solo tu a tenere a lui.
“Tutte le cose importanti fanno paura.”
“E la nostra storia è una cosa importante?”
Vorresti urlargli in faccia cosa devo fare ancora perché tu lo capisca?, ma preferisci rifugiarti nell’ironia: l’hai sempre considerata la maschera adatta a ogni occasione. “Ti facevo una persona intelligente, Hernandez.”
Lui scivola di fianco, ti dà le spalle e, quando si volta di nuovo verso di te, è per colpirti con una cuscinata sul viso. Non ti aspettavi nemmeno questo.
“Vuoi la guerra?” gli chiedi.
“Voglio la verità.” Ha la faccia seria e, dalla sua insistenza, sai che non demorderà. Non gli è mai mancata la caparbietà, lo sai bene.
“Potrebbe farti scappare,” gli rispondi. Senti il cuore correre nel petto e adesso di paura ne hai e pure tanta. Lo hai sempre visto fuggire dai discorsi sentimentali, dai legami, dagli obblighi. Come siete arrivati a quel discorso, dannazione?
“Con la caviglia così?” Solleva le sopracciglia: replicherà a tono a ogni tuo commento.
“Potresti non tornare.” Lo sfidi a sostenere il tuo sguardo, ma sei il primo a cedere.
“Non credo,” sorride lui. “Dovresti cacciarmi a questo punto.”
Si è steso sopra di te e ti ha abbracciato così stretto che non sai più distinguere il tuo battito dal suo. Respiri profondamente e chiudi gli occhi, le mani che scorrono lungo la sua schiena, un tremito che ti scuote l’anima e ti riverbera nelle ossa fino a frantumare ogni maschera dietro a cui nasconderti.
“Vuoi una dichiarazione in piena regola, con tanto di mazzo di rose rosse?” La voce ti trema, ma non ti importa. Non sei mai stato più felice in tutta la tua vita.
Solleva il viso, quel tanto che basta per sfiorarti le labbra. “Il sesso non mi basta più.” La dolcezza del suo sorriso è come un balsamo che invade e scalda ogni cellula del tuo corpo. “Voglio che facciamo l’amore.”
   
 
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