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Autore: Shade Owl    22/10/2018    3 recensioni
La musica è un'arte, e chi la coltiva sa bene quanto sia complessa e gratificante. Un violino, poi, è tra gli strumenti più difficili di tutto il mondo della cultura sonora.
Questo lo sa bene Orlaith Alexander, che fin da bambina ha sviluppato un'autentica passione per il violino e la musica. Il giorno in cui Dave Valdéz, uno dei migliori produttori discografici di New York, scopre il suo talento, la sua vita cambia drasticamente, e da lì comincia il successo.
Tuttavia, il successo ha molte facce, proprio come le persone. E per scoprirle, Orlaith dovrà prima conoscere aspetti della sua musica che prima ignorava lei stessa...
Genere: Fantasy, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Epic Violin'
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Allwood la trascinò fin dietro il palco, aggirando completamente la platea e inoltrandosi nelle viscere del teatro fino a raggiungere l'area dei camerini. McGrath, dietro di loro, portava il violino di Orlaith, la quale ormai si era rassegnata a tacere, in attesa di conoscere il nuovo "piano" dello stregone.
Là dietro la musica era incredibilmente ovattata, filtrata dalle spesse pareti del teatro, e si sentiva solo un suono vago e lontano, come se l'orchestra suonasse dall'altro lato di un grandissimo campo. Difficilmente qualcuno all'esterno avrebbe sentito qualcosa.
- Allora, è molto semplice.- disse, fermandosi davanti a una porta su cui qualcuno aveva appeso un cartello con su scritto "Yelena Volkova" - Devi entrare qui dentro, è il suo camerino privato. Appena entra comincia a suonare e distruggila.-
- Certo... e magari lei rimarrà ferma dov'è senza reagire in alcun modo, vero?- chiese Orlaith, scocciata.
- Immagino che tu non sappia com'è andata l'ultima volta.-
- Certo che lo so: le abbiamo prese e ce la siamo cavata per miracolo!-
Allwood fece una smorfia amara, scuotendo la testa.
- No, temo di averle prese solo io.- rispose - Appena hai cominciato a suonare, a suonare sul serio, Fakhri si è disinteressato del tutto a me, specie quando si è reso conto che la tua musica stava trasformando in sabbia la sua armatura di roccia. Ha avuto paura e ha cominciato a concentrarsi su di te, dandomi il tempo di colpirlo alle spalle, proprio dove avevo visto il Cerchio Magico.-
- E allora?-
- E allora, anche se avevi gli occhi chiusi, non riusciva a colpirti.- spiegò Allwood - Qualsiasi cosa tu stessi facendo, non ti limitavi a ballare... hai schivato qualunque cosa lui tentasse di usare: i suoi pugni sono andati a vuoto, i proiettili di pietra si sono dissolti o sono andati a centrare una parete, ti ha persino tirato contro una poltrona... quella è tornata indietro, e per poco non mi schiacciava...-
- Va bene, ho capito!- sbottò lei - Quindi, in pratica mi stai dicendo che sono invincibile mentre suono?-
- No, solo estremamente difficile da colpire. Immagino che qualcuno come Vaněk riuscirebbe a colpirti, se s'impegnasse abbastanza, ma non è questo il nostro caso. Sei più potente di lui e, quindi, dei suoi Homunculus. Suona e non avrai alcun problema.-
- E voi due? Vi godete lo spettacolo?- chiese Orlaith.
- Ovviamente no.- rispose lui - McGrath e io ci assicureremo che non entri nessuno. Appena avrai finito rimetterò in ordine, poi andremo via di corsa.-
- Insomma, a me tutto il lavoro.- grugnì Orlaith, prendendo il violino da McGrath - Sai, quella storia dell'arma del nemico usata contro di lui... sicuro di essertela inventata?-
Lo disse per pura cattiveria, arrabbiata com'era, ma le parve di vedere uno sguardo dispiaciuto nel volto di McGrath, quando alzò gli occhi. D'altra parte, era un Homunculus: non provava emozioni, fingeva e basta.
- Non esagerare, McGrath.- brontolò, provando l'accordatura dello strumento - O penserò che provi davvero qualcosa.-
Il maggiordomo sospirò in tono sconsolato. Solo allora Orlaith si ricordò di non aver mai ammesso con Jayden di conoscere la vera natura del suo servitore.
Si voltò a guardarlo, e vide che era di nuovo accigliato, ma stavolta non pareva arrabbiato. Semmai, era triste.
- Lo sai?- chiese.
Lei annuì.
- Ho visto una foto di lui che lavorava per Vaněk, di almeno sessant'anni fa.- spiegò - L'ho trovata per sbaglio mentre facevo qualche ricerca.-
- E hai capito che c'era qualcosa di strano.- concluse Allwood - Gliel'hai detto tu?- chiese, rivolgendosi al maggiordomo.
Lui annuì.
- Lei non mi ha mai vietato di confermare a miss Alexander ciò che già sospettava. Mi ha ordinato di non parlarle di certi argomenti finché non lo avesse fatto lei, ma...-
- Sì, ho capito...- sbuffò Allwood - Va bene... non importa.- sospirò, massaggiandosi le palpebre - Orlaith, entra in questo maledetto camerino e fai quello che ti ho detto. Tra pochi minuti qui dietro ci sarà una gran folla. Io userò un Cerchio Magico per bloccare i rumori.-
La violinista non replicò, ora dispiaciuta: McGrath le aveva detto di non parlare dell'argomento in presenza di Jayden, ma era così arrabbiata che...
No, un attimo... davvero me ne frega qualcosa? Si chiese, chiudendosi dietro la porta.
In fondo, una cosa del genere poteva finalmente portarlo ad aprirsi un po'. Magari avrebbe potuto fidarsi completamente di lui, se lo avesse costretto a parlare un po' più di se stesso.
Terminò di saggiare l'accordatura del violino e, quando fu soddisfatta, guardò il proprio vestito: Jayden aveva detto che ballando aveva evitato quello che la musica non aveva respinto o neutralizzato, e ballare l'aiutava anche a calarsi più a fondo nei brani, a scordarsi di tutto il resto e a concentrarsi sulle note. Le dava brio, l'aiutava a esprimere quello che provava, quindi era indispensabile, ma le scarpe avevano un tacco troppo alto, cosa a cui comunque poteva rimediare in fretta. Per lo strascico era tutta un'altra storia.
Di certo non avrebbe suonato nuda: doveva accorciare quel vestito.
Tanto lo ha pagato Jayden...
Sul tavolino della trousse c'erano delle forbici per capelli, non particolarmente grandi ma affilate: avrebbe potuto usarle per...
E se la... pugnalassi?
Si rese conto di non poterlo fare non appena ebbe formulato il pensiero: la sola idea le dava la nausea e le faceva tremare le ginocchia. Poteva accettare di uccidere un Homunculus con la musica, ma pugnalarne uno con un paio di forbici per capelli era tutta un'altra cosa.
E poi, ricordò con sollievo, gli Homunculus potevano essere uccisi solo neutralizzando il loro Cerchio Magico, nascosto da qualche parte nel corpo. Non avrebbe comunque potuto uccidere la Volkova con un'aggressione tanto blanda: era una ragazzina di una cinquantina di chili, più o meno (non si pesava da un po'). Un Homunculus, a prescindere dalla stazza, era in grado di strappare le braccia a uno scaricatore di porto, secondo Allwood. Che speranze avrebbe mai potuto avere in un corpo a corpo?
Sentì un lontano scroscio di mani che battevano, e comprese che lo spettacolo era finito. Aveva giusto il tempo per gli applausi.
Cercando di sbrigarsi, tagliò il vestito all'altezza della coscia, così da essere più libera, e si tolse le scarpe; gettò poi tutto in un angolo dietro il grande appendiabiti, dove si nascose anche lei stringendo a sé il violino. Sentiva il cuore battere a mille mentre rimaneva appostata lì come... come chi?
Hitman? No, quello è un cecchino.
Non conosceva abbastanza i fumetti per fare un paragone decente.
Il rumore degli applausi morì di botto, come se qualcuno avesse tolto il volume: l'incantesimo di Allwood doveva essere entrato in azione.
Quando sentì la maniglia della porta scattare, Orlaith sentì un fiotto di adrenalina che la pervadeva da capo a piedi; la figura snella di Yelena Volkova, infilata in quel suo tutù argentato, entrò rapidamente nel camerino e si chiuse la porta alle spalle, dirigendosi verso lo specchio. Non parve notarla minimamente, limitandosi a prendere le salviette struccanti dal tavolino per cominciare a rimuovere i vari strati che le coprivano il viso.
Va bene... lo devo fare, quindi lo faccio. Ma vai a quel paese, Jayden!
Lasciò in silenzio il proprio nascondiglio, portando l'archetto sulle corde, e cominciò a suonare.
Aveva riflettuto per tutto il tempo sul brano da scegliere per l'occasione: quello che stava scrivendo non era ancora pronto, ma ne ricordava chiaramente un altro, totalmente dubstep, che faceva al caso suo.

Qui il brano

Nella parte iniziale la musica era lenta, calma, poco ritmata, e diventava poco più veloce andando avanti. L'idea di scrivere quel pezzo le era venuta leggendo di una ricerca sulla cosiddetta "memoria dell'acqua" e sulla sua capacità di cristallizzare in modi differenti a seconda delle atmosfere che la circondavano: in presenza di vibrazioni positive assumeva un aspetto ordinato e armonico, mentre in presenza di vibrazioni negative ne prendeva uno totalmente caotico e indefinibile. Il che, secondo lei, rispecchiava gli stati d'animo degli esseri umani (peraltro fatti in gran parte d'acqua): in presenza di un ambiente positivo stavano bene, erano più sereni e in pace, mentre in un ambiente negativo... insomma, era chiaro.
Il brano parlava di questo, e lo aveva scritto esattamente pensando a quel genere di cose. La sua ricerca di un ambiente piacevole e positivo l'aveva portata a quelle note particolari, a quella musica.
Appena ebbe sentito le prime note Yelena Volkova si voltò verso di lei, colta alla sprovvista dalla sua improvvisa comparsa. Prima di chiudere gli occhi, Orlaith la vide muovere le labbra per dire qualcosa.
Ma ormai le sue parole erano già diventate un lontano mormorio indistinto.
Intorno a lei non c'era più il camerino del teatro, che era diventato solo una caverna coperta di ghiaccio scintillante e neve, completamente vuota e silenziosa, a eccezione di lei e del suo violino.
Ad ogni suo movimento le stallatiti vibravano ed emettevano fiochi echi tintinnanti, riempiendo l'aria con il loro suono, cantando per lei. Alcune di quelle più grosse si ruppero silenziosamente, frantumandosi in sottilissima sabbia gelata, e andarono a volteggiare con lei al centro della grotta, mentre la neve sotto i suoi piedi nudi, la cui temperatura era misteriosamente facile da tollerare, seguiva i suoi passi.
Le schegge delle stalattiti si sciolsero e divennero acqua, e quella andò ad assumere mille e mille forme, alternando ogni volta la forma ghiacciata a quella liquida. A volte era una lepre che le saltellava intorno, altre volte una volpe, oppure uno stormo di passeri che si libravano verso l'alto e poi si rituffavano giù, cambiando di nuovo e diventando qualcos'altro.
Accanto a Orlaith c'era all'improvviso una figura umana, fatta di acqua e di ghiaccio, dagli occhi liquidi e le labbra distese in un sorriso di cristallo, che ballava con lei suonando un altro violino.
I capelli erano frammenti di pioggia che si muovevano nella sua scia, lasciando per qualche secondo delle esili goccioline nell'aria, mentre entrambe piroettavano nella neve, in mezzo alla grotta di ghiaccio, accompagnate dalla musica di un violino di legno e da quella di un violino di ghiaccio.
Giunsero insieme al termine dell'esecuzione, e quando Orlaith alzò l'archetto la figura davanti lei fece lo stesso, concedendole un ultimo sorriso prima di svanire con la caverna in cui si trovavano entrambe.

Quando riaprì gli occhi Orlaith ebbe un sussulto per la sorpresa, rimanendo senza fiato.
Il camerino in cui si era introdotta, in pratica, aveva cessato di esistere. Adesso era più simile a un piccolo campo di battaglia, devastato da un qualche disastro di cui non si era resa minimamente conto.
C'erano schegge di ghiaccio lunghe un dito, se non di più, conficcate nelle pareti intorno a lei, e alcune avevano scheggiato la porta, trasformandola in una sorta di enorme puntaspilli piatto. I vestiti nell'appendiabiti erano stati ridotti a brandelli, e solo in quel momento si rese conto che c'era un velo d'acqua che le bagnava i piedi e si stendeva su tutto il pavimento. I mobili erano difatti completamente fradici e trucchi, salviette, piume, pezzi di stoffa e frammenti di vetro (provenienti dallo specchio, ridotto in pezzi da una scheggia di ghiaccio particolarmente grande) galleggiavano o comunque affioravano intorno a lei.
Vide anche una gran quantità di polvere d'argilla mischiata all'acqua. Guardandosi attorno riuscì a trovarne il punto di origine, e un gran senso di pena le crebbe dentro.
Yelena Volkova, o quello che rimaneva di lei, giaceva a faccia in giù nell'acqua.
Di tutto il suo corpo si era salvata solo la parte superiore del busto, a cui era rimasto attaccato solo un braccio, coperto da ciò che rimaneva di una sottile e liscissima protezione di ghiaccio. Le sue gambe e il braccio destro erano totalmente scomparsi, e la crocchia in cui aveva stretto i capelli si era quasi totalmente disfatta.
Orlaith, invece, si accorse di essere incolume, a parte un paio di piccoli strappi superficiali nel vestito. Aveva combattuto, senza nemmeno accorgersene, contro un Homunculus estremamente agguerrito e dotato di poteri di acqua e ghiaccio che era stato capace di devastare una stanza in quel modo. E ci era riuscita senza farsi nemmeno un graffio.
Doveva ammetterlo: aveva fatto parecchi passi avanti dal suo primo incontro con quelle creature.
Vide la Volkova muovere le dita, e comprese che non era ancora morta. Rimase ferma per un istante, incerta su come comportarsi: era sua nemica, avevano cercato di uccidersi a vicenda, non poteva provare dolore o emozioni che potessero condurla all'agonia durante i suoi ultimi momenti e, oltretutto, il suo obbiettivo era eliminarla. Tuttavia non riusciva a non provare pietà nel vederla così.
Mise il violino al sicuro dall'acqua su ciò che rimaneva del piccolo tavolo e con molta cautela rigirò i miseri resti di Yelena Volkova, mettendola a faccia in su.
- Oddio...- mormorò.
Una grossa porzione della sua fronte era diventata polvere, lasciando scoperto l'argilla secco al disotto e costringendola a tenere completamente chiuso l'occhio destro. Il suo viso, prima perfetto, era ora una maschera di crepe sottili e profonde, che si sfaldavano lentamente e si mischiavano all'acqua sotto di lei.
Il suo unico occhio buono incrociò i suoi.
- Provi pietà per me, violinista?-
- Riesci ancora a parlare?- chiese Orlaith.
- Non provo dolore.- rispose la Volkova. Aveva un forte accento russo - Non sento le ferite.- portò la mano davanti alla faccia e la guardò: anche le dita iniziavano a disfarsi - Però sento quando la fine si avvicina.- ammise - Come puoi provare pietà? Sei stata tu a ridurmi così.-
- Non pretendere di capire gli esseri umani.- rispose la violinista - Le emozioni sono complicate.-
La ballerina tentò di sorridere, ma le uscì più che altro una smorfia.
- E tu non pretendere ci conoscere gli Homunculus. È evidente che non sai nulla di magia.-
- So che non provate niente. Siete capaci di fingere e basta. Siete solo qualcosa che Vaněk usa per rimanere immortale.-
L'Homunculus scosse quel che rimaneva della testa.
- Ciò dimostra solo la tua ignoranza.- mormorò - E non solo sui Suggelli. Forse all'inizio non proviamo nulla, ma anche noi siamo esseri umani, e possiamo imparare. Anche a sentire qualcosa.-
- Di cosa stai parlando?-
Lei sorrise di nuovo, scuotendo la testa. Il poco che rimaneva del suo corpo stava già diventando polvere a velocità sempre maggiore.
- Ci sono cose che non ti sono state dette.- disse - E mi dispiace per te.-
Si trasformò in argilla sotto lo sguardo impotente di Orlaith, lasciandola da sola nell'acqua.
 

Ammetto che un po' mi dispiace per Yelena, ma la storia è la storia. Deve continuare.
Ringrazio 
John Spangler, Old Fashioned, Fan of The Doora, _Alexei_, Kira16, Fiore di Girasole, Sahara_2, Queen FalseHeart, Marz97, Aelfgifu e Roiben, i lettori che mi seguono. A presto!
 

   
 
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