Anime & Manga > Boku no Hero Academia
Segui la storia  |       
Autore: Nope1233    22/10/2018    0 recensioni
- Ricordo bene quel periodo. Quello dove eravamo bambini e giocavamo alle cose più disparate senza nemmeno pensarci troppo.
Nè io, né Kacchan e nemmeno Izuku avevamo ancora sviluppato i nostri quirk e vivevamo ancora spensierati immaginando quello che saremmo potuti essere una volta cresciuti. Tutti e tre volevamo diventare eroi di alto livello.
Ricordo anche la prima volta che Kacchan mi rivolse la parola. Eravamo nel cortile dell'asilo e con i suoi soliti toni stava minacciando un bambino di mandarlo all’ ospedale. Non conoscendo nè lui nè la vittima mi buttai in mezzo difendendo il malcapitato. Mi parai davanti a lui con le braccia aperte e fissavo Kacchan con aria di sfida. 
Quest'ultimo si avvicinò con aria di superiorità e cercò di colpirmi. Schivai il colpo e con uno sgambetto lo feci cadere a terra. Sembrava arrabbiato, ma a me non importava.
“così impari brutta testa gialla!” dissi quasi urlando.
Riuscii ad intravedere un sorriso beffardo sotto quei ciuffi biondi mentre si rialzava e poi si mise a ridere.-
Genere: Azione, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hitoshi Shinso, Katsuki Bakugou, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

T/N POV

 

 

- Mi svegliai di soprassalto dopo aver sentito delle urla provenire dal corridoio.

Scesi dal mio letto per scoprire cosa stava succedendo e aprii leggermente la porta.

Tonfi, grida di dolore e lamenti provenivano dalla camera dei miei genitori accompagnati da una voce sconosciuta.

Mi paralizzai.

(- Saranno entrati dei ladri? Cosa sta succedendo? Devo chiamare qualcuno.-)

Ragionai sul da farsi.

Il telefono di casa era davanti all’ingresso e avrei dovuto passare di fianco alla stanza dei miei genitori per poter scendere le scale.

(- E se i ladri mi vedessero? Non posso permetterlo. Chiamare aiuto è l’unico modo in cui posso aiutare mamma e papà. Qualunque cosa stia succedendo non è nulla di buono.-)

Mi accorsi che il mio corpo stava tremando dalla paura e delle lacrime mi inumidirono gli occhi, ma cercai di farmi coraggio; perché è questo quello che fanno gli eroi.

Dovevo essere forte.

Aprii un po' di più la porta cercando di fare meno rumore possibile e mi avviai a passi felpati verso le scale. L’unica fonte di luce presente proveniva dalla stanza dei miei genitori e, per via della porta socchiusa, rendeva il corridoio in penombra. Le urla di dolore non accennavano a smettere. Arrivata davanti alla stanza di mamma e papà diedi un occhiata veloce all’interno senza fermarmi.

C’era sangue ovunque.

Mia madre era distesa sul letto tremante e probabilmente priva di sensi, mentre mio padre veniva trattenuto dalla presa di un uomo che lo stringeva forte al collo bloccandolo contro il muro.

Soffocai un urlo portandomi una mano alla bocca e mi concentrai sul proseguire più silenziosamente possibile. Le mie gambe tremavano, infatti dovetti appoggiarmi alla parete.

 

Stavo per scendere il primo gradino quando le urla si fermarono di colpo e nella casa cadde un silenzio innaturale. Mi bloccai.

 

Passarono alcuni interminabili secondi nell’assenza di rumori più totale. Presi tutto il coraggio che riuscii a trovare e poggiai il piede sul primo gradino, ma proprio in quel momento la porta della camera dei miei genitori si aprì.

Mi voltai.

Un uomo alto, vestito elegantemente con una maschera che gli copriva totalmente la testa mi stava osservando. Rimasi come congelata mentre la mia mente andava in corto circuito.

L’uomo mi squadrò per alcuni secondi e poi parlò.

“Non sapevo che i T/C avessero una figlia. Tranquilla piccolina, non voglio farti del male.”

Mi tese la mano.

Iniziai a tremare ancora di più. Avevo una paura tremenda e quell’uomo mi dava i brividi.

Non sentendo risposta, l’assassino iniziò ad avvicinarsi.

“Dico sul serio. Non avere paura di me.”

Delle lacrime iniziarono a rigarmi le guance mentre la distanza tra noi si riduceva sempre di più.

In un attimo il mio corpo reagì da solo.

Corsi giù dalle scale.

Sentii l’uomo iniziare ad inseguirmi e con la coda dell’occhio vidi dei tentacoli simili a rovi che cercarono di bloccarmi. Corsi a perdifiato nel corridoio d’ ingresso chiamando aiuto, quando uno dei suoi attacchi andò a segno ferendomi e trattenendomi per una caviglia, facendomi cadere.

 

“Dove scappi, bambina?”

Cercai di liberarmi dalla presa di quello che probabilmente era il suo quirk, invano.

Si stava avvicinando.

Quando la distanza tra di noi fu di pochi metri, in preda alla disperazione, attivai la mia Unicità toccando il pavimento. Il legno del parquet si animò e due rami si attorcigliarono intorno al corpo dell’uomo bloccandolo.

“Che meraviglia. A questa età riesci già a creare qualcosa di simile?”

Lo ignorai in preda al panico cercando di liberare la caviglia dall’impedimento.

“Ahah, sei la fusione perfetta dei tuoi genitori. Ti prego, fammi vedere cos’altro sai fare.”

Continuai a non ascoltarlo dibattendomi sempre di più per districarmi dalla sua presa.

Piangevo a dirotto e non pensavo ad altro se non a voler scappare il più lontano possibile.

Si udirono delle sirene in lontananza.

“Mpf, peccato. La nostra prima chiaccherata si conclude qui. Questo doveva essere un lavoro pulito, ma pazienza. Ci rivedremo presto bambina, quando crescerai il tuo quirk diverrà qualcosa di veramente interessante.”

Si aprì un varco simile ad un portale dietro alle sue spalle e, dopo essersi facilmente liberato dalla presa della mia Unicità, ci scivolò all’interno. Liberò la mia caviglia e presa dal panico mi fiondai fuori di casa. Delle auto della polizia lampeggianti erano posteggiate di fronte al cancello mentre degli uomini in divisa mi si avvicinarono. Uno di loro bloccò la mia corsa trattenendomi per le spalle. Mi chiese cosa era successo mentre gli altri poliziotti fecero irruzione in casa.

Non risposi. La mia mente si spense dando spazio ai ricordi dei miei genitori sofferenti, di tutto quel sangue e di quell’uomo. Tremai sempre più forte e piansi disperatamente buttandomi tra le braccia del soccorritore.-
 

-----
 

Mi svegliai di soprassalto e con il fiatone.

Quasi tutte le notti, quell’orrendo ricordo tornava a tormentarmi.

Mi coprii il viso con le mani cercando di liberare la mente. Alla luce del giorno era così facile non pensare a quello che era successo, ma la notte era tutta un’altra storia.

Presi in mano il telefono per controllare l’orario.

4:52.

Il sonno mi aveva totalmente abbandonato quindi l’idea di tornare a dormire era fuori discussione. Avevo bisogno di svuotare la testa.

Indossai una tuta, uscii di casa e iniziai a correre verso la spiaggia.

Una volta arrivata mi sedetti sulla sabbia osservando le onde rifrangersi sul bagnasciuga.

(- E se venire qui fosse stata un’idiozia? No. Io...voglio diventare una hero. Ci tengo così tanto. Spero solo di aver fatto la scelta giusta.-)

Presi a giocare con la sabbia davanti alle mie ginocchia. Avrei potuto usarla per allenarmi un po' con la mia Unicità ed è proprio quello che feci. Creai castelli, ponti, muri, alberi e qualunque cosa mi venisse in mente. Poi aumentai la potenza vedendo fin dove potevo arrivare. Con la sabbia non avevo problemi a farla tornare al suo stato originale, infatti era un materiale molto rilassante con cui allenarmi. Dovevo puntare in alto e lo sapevo; imparare a gestire elementi più complessi ed aumentare la mia portata di attacco e di utilizzo.

Il sole iniziò a sorgere e alzai gli occhi guardando quello che avevo creato, dopo di che rilasciai la mia Unicità facendo lentamente crollare tutto. Mi sentivo come rigenerata.

Chiusi gli occhi godendomi la brezza marina e qualche minuto dopo sentii dei passi in corsa avvicinarsi.

 

Mi voltai e vidi un ragazzo correre a testa bassa sulla sabbia. Quando lo riconobbi, il mio cuore mancò un battito.

Katsuki Bakugo stava correndo nella mia direzione; con altissima probabilità non mi aveva notata.

Trattenni il respiro quando cominciò a farsi sempre più vicino. Avrebbe potuto avere un solo tipo di reazione vedendomi dopo quello che mi aveva detto il giorno prima, ma preferivo comunque rischiare.

Lo stavo osservando quando lui alzò gli occhi e mi vide. Frenò la sua corsa così istantaneamente che quasi perse l’equilibrio.

 

“Che cazzo ci fai qui?!” urlò.

“Perchè? Questa spiaggia è tua e non posso metterci piede?”

Era visibilmente irritato, come al solito d’altronde.

“AH? Non rispondere a una domanda con una un’altra fottuta domanda!”

“Mi sono svegliata presto e mi sono allenata un po'.”

Rimase in silenzio fissandomi con fare rabbioso.

“Bene. Ora levati dalle palle, ho da fare.”

Riprese a correre e passandomi vicino mi diede una leggera spallata.

“Bakugo! Io sto ancora aspettando una risposta alla mia domanda di ieri.”

Continuò a correre ignorandomi. Stava riuscendo a scavalcare il mio altissimo limite di pazienza ad una velocità mai vista.

Usai il mio quirk sulla sabbia bloccando il suo tragitto con un muro.

 

“Cazzo fai?!” si girò con lo sguardo più terrificante che avessi mai visto. Iniziai a camminare verso di lui.

“Rispondimi e ti lascio andare per la tua strada.”

“AH?! Non ho niente da dire. E poi a chi credi di poter dare ordini?”

Mi fermai ad un paio di metri da lui.

“Anche quando eravamo bambini soffocavi qualunque sentimento tramutandolo in rabbia. Speravo che crescendo sarebbe cambiato qualcosa.” dissi.

“Ma ti ascolti?! Sei fottutamente noiosa! Sempre a parlare di quel periodo di merda. Devi piantarla! Ora, se non togli questo muro dalla mia strada lo faccio esplodere!”

“Bakugo. Te lo chiedo perfavore. Dammi una risposta e ti giuro che non ti parlerò mai più.”

Piegò la testa, serrò i denti e strinse i pugni.

“Lo giuri?! Stai giurando come per tutte quelle promesse vuote che hai fatto tanti anni fa?” urlò alzando lo sguardo su di me.

 

Rimasi interdetta. Quando eravamo piccoli ci giurammo eterna amicizia e che saremmo stati sempre insieme. Me lo aveva proposto lui e la cosa mi aveva sorpreso un bel po'.

 

“Io...le voglio mantenere.” dissi quasi sottovoce.

“Te ne sei andata tanti anni fa e per me è come se non fossi mai tornata! Non me ne importa più nulla di quelle parole buttate al vento! Quindi ora lasciami in pace!”

 

(-Si che ti importa. Sennò non le avresti tirate in ballo.)

 

“Dopo che mi avrai risposto. Se non sei arrabbiato con me per le ultime parole che ti ho rivolto, allora per quale motivo mi eviti Kacchan?”

“Bakugo… Tu devi chiamarmi Bakugo.” rispose con voce tremante. “Leva questo cazzo di muro.”

“No.”

“Stai cercando rissa, per caso?! Vuoi arrivare a scuola con le ossa rotte?!”

“Perchè no. Ma prima bisogna vedere se riesci anche solo a toccarmi.”

 

Sapevo che lo stavo istigando, ma era proprio quello che volevo. Per parlare a cuore aperto con lui bisognava passare per i pugni e io volevo quella dannata risposta. Ne avevo bisogno per fare finalmente fare pace con me stessa.

Questa volta fu lui a rimanere interdetto. Sicuramente non si aspettava una risposta simile.

 

“AH DAVVERO? Vuoi morire?” urlò sorridendo e mettendosi in posizione da combattimento creando delle piccole esplosioni di avvertimento dai palmi delle mani.

 

Allargai le gambe per avere un migliore equilibrio e misi le mani di fronte a me come difesa.

 

“Accomodati, Kacchan.”

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Boku no Hero Academia / Vai alla pagina dell'autore: Nope1233