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Autore: Blackvirgo    26/10/2018    3 recensioni
"Come ti comporti la mattina dopo, di solito?”
La domanda riscosse Gino dai suoi pensieri. Non sapeva rispondere: dopo Lara, le sue avventure non avevano mai visto l’alba. Si erano sempre perse nel buio della notte. “Tu come ti comporti?”

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Il giorno dopo di "L'arcobaleno di una notte".
Partecipa al writober di fanwriter.it, prompt 24. POV - terza persona
Serie 'What a Wonderful World'
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Gino Hernandez, Salvatore Gentile
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'What a Wonderful World'
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Gino aprì gli occhi e mise a fuoco una stanza che non gli era familiare. Già, la camera di Gentile, pensò. Aveva dormito stranamente bene per non essere stato nel suo letto e si portava ancora addosso il piacevole intorpidimento del dopo sesso. Salvatore era stato di parola: gli aveva promesso la scopata e, senza alcun dubbio, c’era stata. Si guardò attorno e, con la mano, accarezzò le lenzuola della metà vuota del letto. Erano ancora tiepide. Alzò il capo quando con la coda dell’occhio intravide Gentile, appena emerso da una porta che la sera prima non aveva notato. Aveva un asciugamano attorno alla vita e i capelli ancora umidi sulla fronte e lo osservava.
“Hai dormito bene?”
Gino annuì e stiracchiò pigramente il collo, prima da un lato e poi dall’altro. “Che ore sono?”
“Le dieci.”
“Cosa?” Scattò seduto, animato da un sentimento di urgenza: non era abituato a dormire fino a quell’ora. “Tu da quando sei in piedi?”
“Un’oretta,” rispose Salvatore. Si avvicinò lentamente, col passo felpato di un grosso felino, e si sedette di fianco a lui, sulle coperte. Profumava di sapone e dopobarba. “Devi andare da qualche parte?”
“Devo ripartire, per dirne una.”
“L’aereo non è nel tardo pomeriggio?”
“Devo andare in albergo a farmi una doccia e a recuperare le mie cose.”
“Il bagno è lì.” Gentile gli indicò la porta da cui era uscito. “Se vuoi posso mandare Fernando a prendere la tua roba, poi in aeroporto ti accompagno io.”
“Chi, scusa?”
“Il maggiordomo.”
Gino si diede mentalmente dello stupido. Sarebbe stato impossibile mantenere una villa come quella senza qualcuno che se ne occupasse a tempo pieno. Ripensò a come c’era finito anche lui, fra quelle quattro mura e, ancora, non se ne capacitava. E ancor meno comprendeva il motivo per cui non se n’era ancora andato.
“Perché hai voluto portarmi a letto a tutti costi?”
Salvatore sorrise sghembo. Allungò la mano per scostargli un ciuffo di capelli dagli occhi, sfiorandogli al contempo la guancia. Gino seguì le sue dita senza respirare. Si chiese se fosse una carezza rubata o solo frutto della sua immaginazione. O l’unica risposta che avrebbe potuto ottenere da quella domanda così impulsiva.
“Perché sei sempre stato il mio sogno erotico.”
“Scusa?” Gino si voltò verso di lui, genuinamente stupito. “E hai fatto tutto questo solo perché ero il tuo sogno erotico?” La cena, casa sua, dormire insieme… non aveva idea di quali fossero gli standard di Gentile, ma a lui sembrò troppo.
Salvatore chinò il capo e il portiere avrebbe giurato di aver visto una nota di rossore sugli zigomi pronunciati. Ma quanto sollevò di nuovo il viso, non c’era nessuna nota di imbarazzo nei suoi occhi, solo la solita strafottente sicurezza.
“Mi pare che ne sia valsa la pena.”
Cazzo, se ne era valsa la pena! Era da una vita che non godeva in quella maniera. Anzi, forse non gli era mai successo: si era lasciato andare nella maniera più completa, senza remore, senza pensieri. Si era fidato completamente di lui e…
“Come ti comporti la mattina dopo, di solito?”
La domanda riscosse Gino dai suoi pensieri. Non sapeva rispondere: dopo Lara, le sue avventure non avevano mai visto l’alba. Si erano sempre perse nel buio della notte. “Tu come ti comporti?”
“Non ti capita spesso, vero?”
Sorrideva sornione, Gentile, e Gino non era sicuro che gli piacesse essere così trasparente per lui. Non gli piaceva quella maniera che aveva di leggergli dentro e di farlo sentire nudo nell’anima. “No,” sfiatò.
“Nemmeno a me,” rispose Salvatore con nonchalance. “Che ne dici di fare colazione?”
   
 
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