Anime & Manga > Captain Tsubasa
Ricorda la storia  |       
Autore: Blackvirgo    29/10/2018    3 recensioni
Milano e Torino sono vicine, così Gino non può esimersi da una visita ai suoi fratelli, tra chiacchiere leggere e riflessioni che da solo non riesce a fare.
---
partecipa al writober di fanwriter.it
Capitolo 1. L'odore del sesso, prompt 25. songfic
Capitolo 2. Questo nuovo me stesso, prompt 26. OC
Ambientata il giorno dopo "Obbligo o verità"
Serie 'What a Wonderful World'
Genere: Introspettivo, Slice of life, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Gino Hernandez, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
- Questa storia fa parte della serie 'What a Wonderful World'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
“Lara non mi è mai piaciuta.”
Trovo l’osservazione curiosa, soprattutto considerando che è spuntata dal nulla. Vero è che sto parlando con Serena e lei non è capace di intrattenere una conversazione senza sconcertare il suo interlocutore. Ma non capisco perché, ultimamente, il mio matrimonio fallito e la mia ex moglie siano diventati argomenti tanto interessanti.
“Perché non me lo hai mai detto?”  Quella frase mi turba più di quanto sia lecito: mia sorella dice sempre quello che pensa e il fatto di avermi nascosto un’opinione così importante mi lascia stranito.
“Perché doveva piacere a te, mica a me.” Serena incrocia le mani sul petto. “E poi tu, da quell’orecchio, non ci hai mai voluto sentire.”
Il dubbio mi fa aggrottare la fronte: non capisco dove voglia arrivare, ma l’assecondo. Di solito le sue conclusioni sono molto diverse dalle mie ed è una delle poche persone al mondo capace di farmi cambiare idea. E Dio solo sa quanto avrei bisogno di cambiare idea su quanto è successo con Lara!
“Quante volte ti ho chiesto se eri felice?” insiste lei.
“Tante.”
“E tu cosa mi ha sempre risposto?”
La sua aria saputa mi strappa un sorriso. Sin da quando eravamo piccoli, centrava il nocciolo della questione con netto anticipo rispetto a me e Luca, ma la soluzione che ci forniva – avulsa dal problema – raramente sembrava la migliore. Per fortuna, ha sempre nascosto il ve l’avevo detto dietro una risata divertita.
“Che lo ero.” Solo adesso mi rendo conto di quanto stessi mentendo a tutti. Il fatto è che si tratta di una di quelle domande di rito, che hanno una risposta scontata. Un po’ come quando incontri uno che conosci e gli chiedi come va? Ti aspetti che ti dica: bene, e tu?  Anch’io! e ognuno per la sua strada. Poi ci sono quelli che si mettono a raccontare tutta la loro vita, ma di solito cerchi di tagliare corto perché no, non è il momento adatto, non è la risposta giusta.
Sere me lo ha chiesto mille volte se ero felice, persino mentre mi sistemava il nodo alla cravatta e i fiori nel taschino il giorno del matrimonio, poco prima di entrare in chiesa. Ma a una domanda come quella, la risposta giusta è sì, certo che sono felice.
Lei annuisce decisa. “Hai mai pensato prima di rispondermi?”
Mi stringo nelle spalle: “Credo di no.”
Mi guarda con un sopracciglio inarcato, lo sguardo che dice lo sapevo, ma preferisce tacere.
“Perché siamo finiti a parlare di Lara?” Fino a quella domanda inattesa ci stavamo semplicemente aggiornando riguardo le nostre vite, lavoro, amici. Era un semplice pomeriggio di chiacchiere, come tanti altri. Poi, d’improvviso, mi ha guardato con quella faccia da birichina che non pare essere cresciuta di un giorno da quando aveva sedici anni, l’indice che picchiettava sulle labbra piegate da un sorriso, e io avrei dovuto immaginarmelo sin da subito di essere finito nei guai. Non c’è neanche Luca a darmi manforte.
“Ho solo precorso i tempi: dato che tutte le volte che ti chiedo informazioni riguardo alla tua vita sentimentale, parti con la tiritera che hai già un matrimonio fallito alle spalle, questa volta ho cominciato da quello che pare essere il tuo problema principale. Ora possiamo dedicarci alla parte interessante: come va con la tua nuova fiamma?”
Chiudo gli occhi per un lungo istante. La conosco da quando è nata, ma non sono mai riuscito a prevedere le sue mosse. Forse non ho mai capito niente delle donne, ma deve essere una prerogativa dei maschi. Anche Luca si fa sempre fregare. “Cosa ti fa pensare che abbia qualcuno?”
Povero illuso!, pensa. Glielo leggo in faccia.
“Vuoi l’elenco degli indizi per poi capitolare o risparmi a me la fatica e a te la noia di annuire e ti arrendi subito?”
Mi scappa una risatina: ha ragione, la conclusione non cambierebbe. Però mi piace stare al gioco. “Se ti dicessi che non c’è nessuno?”
“Ti chiederei di spostare il viso, non vorrei che il tuo naso mi cavasse un occhio.” Mi viene vicino e si siede accanto a me, lo sguardo luccicante dalla gioia di poter estorcermi qualche confidenza. Come se non gliele avessi mai fatte!
“Oh, insomma!” continua. “Torni in Italia per impegni che con il calcio non c’entrano niente e manco ti fai vedere, controlli il telefono in questo periodo più spesso di quanto tu abbia fatto in tutto il resto della tua vita, hai una faccia distesa come…”
“Ok, ok!”
“Uomo o donna?”
“Uomo.”
La vedo tirare un sospiro di sollievo: lei è sempre stata più convinta della mia omosessualità di quanto lo sia io. Ho sempre pensato di essere bisessuale e, tutto sommato, di preferire le donne. La cosa che mi ha sempre turbato è stata la completa assenza di desiderio sessuale in quelle amicizie speciali tra ragazzi che ho avuto da adolescente e che forse, nel mio cuore, erano qualcosa di più. Magari è vero che l’ambiente ci plasma, e crescere in un dormitorio maschile con l’obiettivo di sfondare nel mondo del calcio e la necessità di uniformarsi per far parte del gruppo non mi ha aiutato a conoscere meglio me stesso. Eppure, devo ammettere che non mi sono mai sentito represso o infelice. Forse è solo l’ennesima prova che, in fatto di sentimenti, non ci ho mai capito niente.
“E?”
Mi stringo nelle spalle. “È iniziata per scherzo.” La storia che stavo per venire nelle mutande semplicemente guardandolo mentre una sconosciuta glielo succhiava non gliela racconterò mai, nemmeno sotto tortura. Ho ancora una reputazione da mantenere. “Mi ha chiesto di concedergli una serata per scoparmi.”
“Te l’ha detto così?” Sorride, quindi approva. Chissà perché, non avevo dubbi. “Uno che sa quello che vuole.”
Un’ottima sintesi di quello che è Salvatore.
“E tu hai accettato?”
“Non subito.” Sorrido e nella mia mente rivedo i suoi occhi allo specchio. Mi gratto dietro il collo, all’attaccatura dei capelli, dove mi accarezza sempre. “Così ha aggiunto un invito a cena.”
“Ti sei lasciato comprare dal cibo?”
“In realtà non avevo nulla da perdere.” Anche se, ripensandoci ora, quel A te potrei concedere anche una cena doveva aver giocato la sua fottuta parte. È riuscito a farmi sentire speciale anche allora.
“Così sei andato a una cena con uno sconosciuto e avete scopato come ricci in calore?” Serena batte le mani. “Avanti, voglio i dettagli.”
Vorrei dirle che lo conosco sin dalle nazionali giovanili e invece sorrido appena. Non manco di fiducia in Serena, ma non lo trovo giusto nei confronti di Salvatore. Per quanto sia strafottente e non abbia remore nell’ostentare ciò che gli aggrada, ci sono dei lati di se stesso che tiene accuratamente nascosti e credo che la sua preferenza per gli uomini rientri tra questi.
“Si è rivelato una piacevole compagnia.”
“E a letto?”
Non ho parole per definirlo e mi rifiuto di cercarle. “Non ha fatto fatica a farmi accettare i suoi inviti successivi.” È stata la scopata con la S maiuscola e, se ci penso troppo, mi viene ancora il fiato corto. “Non ho dovuto aspettare molto perché l’incontro si ripetesse.” Se penso che aveva detto Non esco mai con nessuno che non sia bravo a letto, immagino che anche lui sia rimasto soddisfatto.
“Bravo fratellino!” Picchia il pugno contro la mano aperta. “Ma non è finita qui, vero?”
Mi guarda con uno sguardo che è a metà tra la speranza e la certezza.
“No, non è finita qui,” sospiro, perché ancora non so se sia un bene o un male. Non volevo provare alcun sentimento per lui, non volevo farmi incastrare in una storia: è vero che non ero innamorato di Lara, ma la fine del nostro matrimonio mi ha comunque lasciato tramortito. È stato come un ciclone che ha spazzato via tutto e io sono rimasto lì, a raccogliere i cocci della mia vita, a chiedermi dove avevo sbagliato, a non saper cosa rispondermi. Poi è arrivata Valencia, con la sua calma e la sensazione di avere tutto il tempo del mondo a disposizione. E, in mezzo a quello, si è materializzato Gentile: un altro ciclone da cui non uscirò indenne.
 
 Si fa presto a cantare che il tempo sistema le cose
Si fa un po’ meno presto a convincersi che sia così
Io non so se è proprio amore:
Faccio ancora confusione
So che sei la più brava a non andartene via
Forse ti ricordi
Ero roba tua
 
Mi viene in mente quella vecchia canzone di Ligabue quando penso alla storia con Salvo. Forse dovrei mettermi a canticchiarla e lasciare che siano la musica e il testo a spiegare come mi sento. Ma Serena non potrebbe cogliere le stesse emozioni, così devo sforzarmi e spiegarmi a parole mie.
“Non so cosa voglio, Sere.” Perché so che il tempo non sistema le cose, non so se sia amore, ma indubbiamente mi sento roba sua. Proprio come sento che lui è roba mia.
“Qual è il problema?”
“Non so cosa aspettarmi, ogni giorno è una sorpresa.”
“Cosa c’è che non va nelle sorprese? Perché hai sempre questo bisogno di programmare tutto?”
Piego le labbra di lato e le mordo. “Perché mi dà sicurezza?”
“Di sbagliare?” Se fosse qualcun altro a dirmelo, mi offenderei. Ma, con quel sorriso birichino, lei può dirmi quello che vuole.
“Dici sempre che ti è andato tutto storto,” continua. “Magari questa volta, prendendola alla giornata, potrebbe andare meglio, no?”
È la stessa cosa che ho sperato quando sono andato a Valencia: ho smesso di pensare in grande, ho smesso di caricarmi sulle spalle le aspettative del mondo intero e ho ritrovato il piacere di giocare a calcio. “Forse,” le concedo.
“Ascoltami, Gino.” Quando mi chiama per nome è meglio drizzare le orecchie. “Da quanto tempo è che non permettevi a nessuno di starti vicino dopo un infortunio?”
Troppo. Ma, a un certo punto, chiudermi in me stesso mi era parsa una soluzione geniale. “Non ho potuto farne a meno, dato che è piombato a casa mia.”
“A Valencia?” È impressionata: probabilmente Salvatore sarebbe in grado di stupire anche lei. Sarebbe un confronto interessante. 
“Sì.”
“E tu?”
“Mi sono arrabbiato da morire. Poi abbiamo fatto pace.”
Sorride, ora, maliziosa.
“Quando gli ho detto che avrei dovuto rimanere a riposo per una settimana, mi ha invitato a trascorrerla a casa sua.”
“Deve essere stato molto convincente.” È più bassa di me, ma riesce lo stesso a guardarmi dall’alto in basso, sorniona. “Immagino che accettare sia stato una vera sofferenza.”
Rido: accettare è stato sin troppo semplice e Salvatore è un padrone di casa eccezionale. Il problema è che non riesco a dirgli di no e, ogni volta, la distanza che ho messo tra noi si accorcia.
“Perché non ammetti che ti piace da morire e basta?”
Una piccola menzogna è utilissima per evitare risposte scomode. Invece tu distogli lo sguardo, chini il capo, rimani in un silenzio imbarazzato. 
Da quando Salvatore mi ha fatto notare questa mia reazione mi trovo a studiare i miei stessi movimenti. E niente, sono proprio come li descrive lui e sorrido perché mi sembra di vedermi attraverso i suoi occhi.
“Non so praticamente niente di lui.”
“Abitarci insieme, anche solo per una settimana, mi sembra un buon modo per ovviare.”
Scuoto il capo: non riesco a smettere di interpretare la parte di avvocato del diavolo. “Quando gli ho chiesto perché io?, lui mi ha risposto che ero il suo sogno erotico. Non mi sembra l’inizio migliore per una storia seria.”
“Una buona intesa sessuale aiuta sempre,” osserva Serena, gli occhi socchiusi.
Con Lara, in effetti, non c’è mai stata. Il sesso, con lei, l’ho sempre vissuto come qualcosa che dovevamo fare quando ci trovavamo a letto insieme. Poi c’era stata la sua ossessione di avere un figlio che non è mai arrivato, i calcoli su quando dovevamo farlo, quanto tempo doveva passare tra una volta e l’altra… spero che almeno fosse a causa mia. Ho sempre pensato che sarebbe stata una bravissima mamma mentre ho sempre avuto molti dubbi a vedermi nelle vesti di padre. E, se è vero che sono omosessuale, non avrò molte possibilità di avere un figlio mio comunque.
“Il sesso, da solo, non basta.”
“C’è davvero solo quello?”
 
E ci siamo mischiati la pelle le anime le ossa
Ed appena finito ognuno ha ripreso le sue
Tu che dentro sei perfetta
Mentre io mi vado stretto
Tu che sei così brava a rimanere mania
Forse ti ricordi
Sono roba tua
 
Il sorriso di Serena è cambiato. Mostra un calore che deve aver imparato nel diventare la splendida donna che è ora, indica una strada da seguire invece che una soluzione preconfezionata.
“Da quanto tempo va avanti?”
“Alcuni mesi.”
Rimane in silenzio, per un lungo momento. “Sei sempre stato terribilmente onesto, fratellino, sia con gli altri che con te stesso. Non hai mai avuto problemi ad ammettere un errore. E hai sempre avuto un bel carattere. Perché non ammetti che vorresti viverla fino in fondo, buttarti a capofitto?”
Sento il pomo d’Adamo rimbalzarmi in gola.
“Perché non ti vuoi dare una possibilità con questo uomo del mistero?”
“Gliel’ho data la possibilità.”
“A lui.” Mi pianta l’indice sullo sterno. “Ma tu te la sei data?”
La mia espressione non deve essere molto intelligente se rispecchia il vuoto mentale in cui mi pone quella domanda.
“Da quel poco che mi hai raccontato, sembra che abbia fatto tutto lui. Che tu te ne sia stato passivamente a dire di sì – un po’ come stai facendo come me ora –, a vedere dove ti porteranno gli eventi. Ma tu non sei così!”
Sospiro. “Non ero così.”
“È ora che il tuo matrimonio te lo lasci davvero alle spalle, Gino. Anche se è stato importante, è passato. Lascialo dov’è.”
“Non è così facile.” La fine del matrimonio con Lara mi ha fatto dubitare di ogni singola parte del mio essere. Quello che mi ha detto quando ci siamo lasciati – sei un ipocrita, un egoista, non hai idea di cosa significhi stare con qualcuno perché il tuo mondo comincia e finisce con te – è stato uno sciame di spilli che si è conficcato direttamente nella mia anima. E la cosa peggiore è che tutto quello che ha detto riecheggia di verità. Lo so che quegli spilli sono ancora lì e, se da un lato credo di meritarmi tutto il dolore che mi danno, dall’altro ho paura che toglierli faccia ancora più male.
“Ma è necessario,” insiste lei. “Non puoi pregiudicare la possibilità di essere felice con qualcuno perché con qualcun altro non ci sei riuscito!”
Annuisco, ormai automaticamente: non posso negare la veridicità delle sue parole. È il passaggio dalla teoria alla pratica che mi frega.
“Ti ricordi la decisione di andare a Valencia?” Serena sospira: il giorno in cui anche lei si arrenderà con me sarò completamente perduto. “Avevi perso il posto in squadra da titolare per un brutto infortunio, no?”
Il peggiore. In automatico, la mia mano scende lungo la gamba sinistra, e sento la cicatrice dell’intervento anche sotto la spessa stoffa dei jeans. Frattura di tibia e perone. Fanno ancora male, a volte.
“Ti ricordi perché sei andato a Valencia?”
Annuisco: ci avevo messo due mesi per rimettermi in piedi e altri tre per rientrare a pieno titolo in squadra. E finire in panchina, perché non si cambia un portiere che ha giocato bene a tre quarti di stagione solo perché è tornato il precedente titolare. E poi cominciare la stagione successiva come riserva perché la gamba starà anche bene, ma non ci sei con la testa, Gino. La testa è il problema.
“Perché non avevo nulla da perdere?”
“No.” Il suo dito ora mi sventola sotto il naso. “Perché era un bel posto dove ricominciare.”
Strano che la stessa frase – non ho nulla da perdere – me la sia detta anche prima di accettare l’invito di Salvatore. Che lui sia quello con cui ricominciare?
“Ho paura di fare un gran casino, Sere.”
“Se ti è stato dietro tutto questo tempo, probabilmente si è già accorto che sei un gran casino, ma gli vai bene così.” Mi abbraccia e io la ricambio. “Sei tu che devi decidere se è lui che vuoi oppure no.”
Credo di averlo già deciso, in fondo. Forse è ora che lo ammetta.
 
Non va più via l'odore del sesso che hai addosso
Si attacca qui all'amore che posso che io posso
Non va più via l'odore del sesso che hai
Addosso si attacca qui all'amore che posso che io posso
Non va più via davvero non va più via nemmeno se...
Non va più via...
 
 
 
***
 
Black notes:
  • Dato che sono fine come il ghiaione… fanculo anche alla songfic! Non sapevo neppure come si scrivesse una songfic! Quelle che avevo letto in passato non mi erano mai piaciute così, senza una base a cui ispirarmi - anche solo vagamente - non sapevo che pesci pigliare. Nel dubbio tornatevi ad ascoltare quella magnifica canzone che neanche il Liga, ormai, è più capace di scrivere dei pezzi così…
  • Ovviamente la canzone L’Odore del sesso è di Ligabue… così per i dare i credits, casomai non l’avessi ripetuto abbastanza!
  • uestaSsStavolta addirittura una mini-long… Prossimamente il secondo e ultimo capitolo!
  •  Per chi non ha seguito la serie Anteros, Luca e Serena sono miei OC, cioè i fratelli di Gino a cui lui è legatissimo, tanto che in famiglia li hanno soprannominati la Trinità. Serena è molto simile a quella che già conoscete (se la conoscete), Luca non proprio. Ma se il background è stato diverso per Gino, lo è stato anche per loro…
  • Un abbraccio a chi legge! Vi adoro!
   
 
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Captain Tsubasa / Vai alla pagina dell'autore: Blackvirgo