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Autore: Shireith    30/10/2018    1 recensioni
«Luka» si presentò il ragazzo, benché Chloé avesse già una vaga idea circa la sua identità. «Senti, Chloé,» continuò, «ti andrebbe se provassi a farti cambiare idea sulla musica?»
(Luka/Chloé — crack pairing | Chloé/character development)
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Chloè, Luka Couffaine
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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 L’arte del suono


 «Quindi non ti piace la musica?»
 «Non ho detto che non mi piace,» ribatté la ragazza, «solo che non mi fa impazzire. È bella, ma niente di che.» Volle rettificare la sua ultima affermazione, Chloé, ma, nel farlo, tentò di non suonare troppo sgarbata. Stava provando a cambiare con tutta se stessa, lo voleva davvero, ed essere cordiale con un ragazzo, sebbene lo conoscesse a stento, le sembrava un buon inizio.
 Luka inarcò un sopracciglio, genuinamente stupito che qualcuno potesse descrivere come «niente di che» la musica, la sua stessa vita. Tuttavia, la ragazza che aveva di fronte non sembrava averlo detto con cattiveria, tutt’altro; era stata onesta, e lo apprezzava. E forse, ponderò, poteva tentare di farle cambiare idea. «Chloé, giusto?» domandò.
 «La mia fama mi precede, vedo. Be’, non mi stupisce.»
 Luka trovò qualcosa di divertente nel tono con cui lo disse e rise piano. Chloé rimase sorpresa da una tale reazione e distolse un attimo lo sguardo.
 «Luka» si presentò il ragazzo, benché Chloé avesse già una vaga idea circa la sua identità. «Senti, Chloé,» continuò, «ti andrebbe se provassi a farti cambiare idea sulla musica?» Scoccò un’occhiata ai loro amici, che, poco distanti da loro, erano impegnati in varie attività. «Non qui, però: è troppo affollato.»
 Anche Chloé si volse a guardare i loro, di amici – era strano, troppo strano, definirli così, anche solo nella sua mente. Vide, come prima cosa, Marinette e Adrien scambiarsi occhiate furtive e sorrisi timidi, e si chiese se sarebbero mai riusciti ad essere onesti l’uno con l’altra. Poi spostò lo sguardo su Alya, Nino, Alix, Marc, Nathaniel, Sabrina, Kim e qualcun altro lì presente quel giorno: forse era troppo presto definirli amici, ponderò. Non è che li odiasse, né li trattava più come se le fossero tutti inferiori; più semplicemente, non erano particolarmente legati. A parte Adrien, suo caro amico, e Sabrina, anche lei sua cara amica, l’unica persona con cui conservasse un qualche tipo di rapporto era Marinette, ma era un rapporto caratterizzato da una forte rivalità, che spesso sfociava in un acceso scontro verbale. Marinette poteva dare l’impressione di essere una ragazza dolce e innocente, ma Chloé sapeva bene che sapeva tirare fuori gli artigli e tenere testa a ogni suo capriccio. E, se doveva essere completamente onesta con se stessa, non disdegnava questo lato della sua personalità. Come Chloé, anche Marinette era più che capace di farsi valere, e di questo gliene dava credito.
 Non c’era nessuno che odiasse nel vero senso del termine, dunque; tuttavia, si sentiva come se quello non fosse il suo posto. Quindi, se Luka le stava offrendo una scappatoia, perché non accettare? Strano ma vero, non le sembrava poi tanto male, quel ragazzo.
 Sospirò, atteggiandosi come se per lei non facesse alcuna differenza. «Se proprio vuoi...» soffiò. «Tanto non ho di certo meglio da fare, qui.»
 Luka la scrutò con un certo interesse, come fosse un problema di matematica impossibile da risolvere: a primo impatto, Chloé poteva dare l’impressione di non essere niente di più di una ragazza superficiale; ma, in lei, Luka vi lesse una sensibilità che la ragazza cercava di tenere nascosta. Come una chitarra, pensò che avrebbe potuto dare vita a melodie impensabili, se solo qualcuno fosse riuscito a maneggiarla nel modo adeguato.
 «Vieni» disse Luka, alzandosi e invitandola a seguirlo.
 Chloé s’alzò assieme a lui. Lasciato il parco in cui erano radunati un po’ tutti, Luka la condusse fino alla barca di proprietà della sua famiglia, che sostava su una sponda della Senna. «Mia madre non c’è e Juleka è con gli altri: abbiamo la barca tutta per noi.»
 La prima intenzione di Luka era stata quella di portarla sottocoperta, dove avrebbero avuto una maggiore riservatezza. Ma poi il suo sguardo incontrò il cielo, che ora si colorava delle tinture rosse e arancioni del tramonto, e quell’idea abbandonò la sua mente come se non fosse nemmeno mai esistita: sarebbe stato davvero un peccato perdersi uno spettacolo così affascinante. Perciò Luka prese posto a prua e con un cenno della mano invitò Chloé a fare lo stesso.
 Quel ragazzo era strano, pensò Chloé mentre lo imitava. Anzi, forse particolare  era più adeguato, come aggettivo. La conosceva appena, eppure l’aveva invitata sulla barca di famiglia come fossero buoni amici, e per di più, benché fosse gentile e molto disponibile, non dava affatto l’impressione di essere un ragazzo che si faceva mettere i piedi in testa. Che lei sapesse, Luka aveva circa due anni in più di lei, forse un po’ meno, eppure sembrava estremamente maturo. Nel suo modo poco ortodosso con cui inquadrava le persone, Chloé aveva l’abitudine di mettere gli altri sotto una luce eccessivamente negativa. Questa volta, però – forse perché stava davvero maturando? –, giudicò Luka come un ragazzo assennato, sicuro di sé, e altri aggettivi sorprendentemente positivi. Era la prima volta che Chloé non cercava di invalidare la personalità di qualcuno solo per non sentirsi minacciata. Questo la fece sentire davvero bene e in pace con se stessa, più leggera, e, allo stesso tempo, la fece interessare ancora di più a Luka.
 Chloé allacciò le braccia al petto, accavallò le gambe e scoccò a Luka un’occhiata sicura, penetrante, ma non minacciosa. «Allora, perché mi hai portata qui?» indagò.
 «Ti fermi mai a osservare le bellezze che ti circondano, tu?»
 «Tutte le mattine nello specchio del mio bagno.» Una frase in linea con la personalità della solita Chloé, quella, con la differenza che questa volta la ragazza la dosò con la giusta dose di sarcasmo, col risultato che non sembrò eccessivamente egocentrica. Forse qualcuno non sarebbe stato dello stesso avviso, ma essere Chloé significava anche quello: essere sicura di sé e di quello che valeva. Dal suo punto di vista, non v’era niente di egocentrico nell’avere fiducia in se stessi tanto da ammetterlo senza timore alcuno.
 Luka sembrò essere dello stesso avviso, perché rise una seconda volta – e, di nuovo, Chloé si sentì strana. «Non lo metto in dubbio, questo» commentò Luka, «ma mi stavo riferendo ad altri tipi di bellezza. Anche se, in realtà, il tuo esempio non è affatto sbagliato.»
 «Credo di non seguirti.»
 Con un cenno del capo, Luka indicò il cielo. «Vediamo il tramonto tutti i giorni, e di conseguenza raramente ci fermiamo a pensare a quanto sia bello. Pensa allora all’aurora boreale, o a una pioggia di stelle cadenti… non sono degli spettacoli che ti lasciano senza fiato?»
 Chloé si fermò un attimo a pensare. Il tramonto lo vedeva tutti i giorni, ma non le sarebbe affatto dispiaciuto assistere a una pioggia di stelle cadenti, o ad altri fenomeni naturali più rari del semplice calar del sole. «Sì, credo che tu abbia ragione» sentenziò.
 Luka sorrise. «E non credi che sia difficile esprimere una tale meraviglia a parole? Vedi, penso che più una cosa ti stupisce, più sia difficile spiegarlo a parole. “Che bello”, “Che meraviglia”, “È uno spettacolo mozzafiato”… puoi dire tante cose, ma a parte questo cos’altro puoi aggiungere?»
 «Non è per questo che la gente scatta fotografie?»
 «E non è sempre per questo che la gente scrive canzoni?»
Touché,  osservò Chloé tra sé e sé, incapace di ribattere.
 «Per molte persone,» continuò Luka, «la musica è composta di tante canzoni che ascolti nel tuo tempo libero, o quando sei in viaggio, e di artisti da seguire. Come Jagged Stone.»
 «Ed è sbagliato?» investigò Chloé, sempre più avvinta dalle argomentazioni di Luka.
 «No, certo che no. Tutto il contrario, direi: è bello che un fenomeno come la musica possa accomunare così tante persone. Sto solo dicendo che, per alcuni, la musica è anche di più. È un modo per comunicare agli altri qualcosa che è impossibile comunicare con le parole. La musica è fatta di parole, ma anche di note. Con le note puoi dare vita a un infinito numero di melodie che suscitano nelle persone tante sensazioni diverse.» Luka alzò lo sguardo dalla sua chitarra e lo puntò nuovamente negli occhi celesti della ragazza. «Avevi mai pensato alla musica in questo senso?»
 «No» ammise, franca.
 «E credi che sia giusto quello che ho detto?»
 Prima di rispondere, Chloé si fermò a pensare all’eccitazione che ti pervade nel profondo del cuore durante un concerto, facendo vibrare il tuo animo come le corde di una chitarra; o, ancora, alle colonne sonore delle pellicole cinematografiche, che sono in grado di rendere una scena romantica ancora più romantica, una scena malinconica ancora più malinconica, e così via. Sorrise – un gesto che avrebbe sicuramente sorpreso le persone che la conoscevano da più tempo di Luka, se solo l’avessero vista – e disse: «Sì, credo di sì»
 Luka sorrise a sua volta.
 In quel momento, sembrò essere una qualsiasi ragazza, non la Chloé che era sempre stata. Quel lato immancabile della sua personalità, tuttavia, tornò a galla pochi istanti dopo. «Certo sarebbe meglio se me ne dessi una dimostrazione pratica, non credi?» disse infatti, facendo cadere l’occhio sulla chitarra poggiata sulle gambe di Luka. «Chiaramente, se non te la senti, non posso mica costringerti» aggiunse poi con tono palesemente provocatorio, seppur senza cattiveria.
 Di nuovo, questo suo atteggiamento non portò Luka a pensare che Chloé fosse una persona meschina. Più semplicemente, aveva un carattere molto particolare – tagliente, fiero, un po’ altezzoso, sì, ma non erano aspetti negativi. Luka riteneva che si potesse essere tante cose senza il bisogno di risultare cattive persone. Se Chloé lo fosse stata, l’avrebbe trattato male, o l’avrebbe insultato. L’aveva fatto? No, per niente. Si era comportata bene, con lui, quindi perché giudicarla? Al contrario, Luka non disdegnava affatto trovarsi alle prese con persone stimolanti come Chloé.
 «Era proprio quello che volevo fare» rispose – e non era una bugia. Senza aggiungere altro, Luka sistemò la chitarra sulle gambe e posizionò una mano sulla parte inferiore dello strumento, il corpo, e l’altra sul manico. Mentre la sinistra dava il primo accordo, la destra era già pronta a correre lungo le corde; seguì un secondo accordo, poi un terzo, e i restanti continuarono a rincorrersi l’uno dopo l’altro senza alcuna sbavatura. Gli occhi di Luka avevano catturato l’immagine di quel tramonto come l’obiettivo di una macchina fotografica, e ora che esso era proiettato nella sua mente aveva acquisito sembianze ancora più incantevoli. Luka cercò di immaginarsi il tramonto cui stavano assistendo come il più bello di tutti i tramonti, e voleva che Chloé provasse anche solo la metà delle sensazioni che stava provando lui. Era questo che chiedeva alla sua musica, di trasmettere agli altri quella bellezza che c’è in tutte le cose e che non può tuttavia essere espressa a voce.
 Istintivamente, Chloé sorrise. Osservare Luka immergersi nella musica, nel suo mondo,  le sembrava semplicemente giusto, come se l’ordine naturale delle cose fosse sbilanciato e si ripristinasse solamente quando il ragazzo toccava lo strumento. Lui e la chitarra sembravano essere diventati un tutt’uno.
 Dopo qualche attimo in cui la sua concentrazione era stata catturata dal suo strumento a corde, Luka tornò a guardare Chloé. Sorrise a sua volta, e con un semplice cenno del capo la invitò a rivolgere i suoi occhi al tramonto, la cui visione sarebbe stata accompagnata dalle sue note. E sebbene Chloé avesse subito ubbidito, l’attimo dopo si sentì come se corpo e mente ripudiassero quel gesto, perché era Luka il quadro  cui volevano rivolgere tutte le loro attenzioni. Infatti, Chloé si ritrovò più volte a occhieggiare in direzione del ragazzo, abbandonandosi ogni tanto a un sorriso quando leggeva  nel suo sguardo tutto il sentimento con cui accompagnava ogni singola nota.
 Ma quando cercò di concentrarsi unicamente sul tramonto che accarezzava l’orizzonte, e con esso il profilo cittadino che lo delineava, Chloé poté assodare che le parole di Luka corrispondevano a verità. Non le sembrava più di assistere a un semplice tramonto, ma a qualcosa di incredibile, unico nel suo genere; un fenomeno che ti porta ad abbandonare per un attimo i tuoi doveri, le tue preoccupazioni, e proietta il tuo sguardo in alto, lontano da tutto ciò che ti impedisce di esultare per la vita.
 Il tramonto che vestiva il cielo tutte le sere era come una pellicola vista e rivista, di cui si conoscono a memoria le vicende e i personaggi. Ma quello, di tramonto, era un piccolo gioiello, come se quella pellicola fosse stata rivisitata completamente e affinata con le giuste accortezze.
 Tutto questo era la musica che non aveva mai accompagnato nessun tramonto finora osservato da Chloé.
 Tutto questo era la musica di Luka.
 Poco dopo, l’ultima nota generata dalle sue esperte dita s’involò nell’aria come una farfalla, annunciando la fine del tramonto più bello cui Chloé avesse mai assistito, e, con esso, l’imminente arrivo della sera, ormai prossima ad avvolgere il cielo con le proprie vesti.
 Anche Luka, come Chloé, aveva concentrato le sue attenzioni sia sul tramonto sia sulla ragazza. Nel dare l’ultimo accordo, tuttavia, aveva scelto di porre fine alla melodia guardando lei, non il cielo, e nel momento stesso in cui aveva intercettato il suo sguardo, era certo di aver preso la decisione giusta. Chloé aveva visto lo stesso tramonto che aveva visto lui, lo si leggeva dai suoi occhi.
 Luka sorrise, lieto di essere riuscito nel suo intento. «Ti è piaciuto?» volle comunque indagare, quanto meno per dare inizio alla conversazione.
 «Sì» ammise, e nella sua risposta Luka vi lesse il tentativo di contenere il suo entusiasmo. «Sei bravino» si complimentò poi con un’espressione furba.
 Di nuovo, Luka paragonò il carattere di Chloé a un complicato quesito di matematica – un quesito che era più che determinato a risolvere. «Possiamo rifarlo quando vuoi» offrì.
 «Se vuoi ancora provare l’onore di passare del tempo con me, dovrai trovare qualcosa di più interessante di un semplice tramonto.»
 Con quest’ultima affermazione, era evidente il tentativo di Chloé di non cedere tanto facilmente alla proposta di Luka, probabilmente perché il suo orgoglio le suggeriva così; eppure, era innegabile che il suo cuore avesse perso un battito quando Luka aveva avanzato un secondo invito. Le piaceva trascorrere del tempo con lui. E, allo stesso tempo, le piaceva ancora di più che lui fosse dello stesso avviso. Era strano che una persona conosciuta da poco fosse disposta a spendere una parte delle sue giornate con lei, una ragazza il cui carattere aveva da sempre respinto l’affetto del prossimo.
 «Sfida accettata, allora.»
   
 
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